Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 10 LUGLIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

CLXXIX.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI GIOVEDÌ 10 LUGLIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Congedo:

Presidente

Per lo scoppio della polveriera di Castenaso:

Zanardi

Gingolani, Ministro della difesa

Presidente

Disegno di legge (Seguito della discussione):

Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

Presidente

Pella, Ministro delle finanze

Chiostergi

Dugoni

La Malfa, Relatore

De Vita

Pesenti

Crispo

Marinaro

Corbino

Scoccimarro

Micheli

Dominedò

Condorelli

Bertone

Caroleo

Persico

Adonnino

Scoca

Cifaldi

La seduta comincia alle 10.30.

RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Congedo.

PRESIDENTE. Comunico che ha chiesto congedo il deputato Musotto.

(È concesso).

Per lo scoppio della polveriera di Castenaso.

ZANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANARDI. Onorevoli colleghi, la nostra città, Bologna, è in lutto: i giornali di stamane annunciano che nel paese di Castenaso, limitrofo alla città, è scoppiata una polveriera. Molti operai sono morti e moltissimi sono i feriti, di cui neppure si può precisare il numero. Castenaso è già stata vittima dell’ultima guerra ed è un paese semidistrutto, di modo che continua per questa operosa borgata il lungo e tragico calvario.

Ho preso la parola – e credo di interpretare il pensiero di tutti i colleghi del collegio di Bologna – per rendere omaggio alle vittime, per invocare una sollecita inchiesta c per domandare al Governo generosa solidarietà verso tutti coloro che sono rimasti senza conforto e senza sostegno.

Nel contempo sono però sicuro che Bologna generosa interverrà, come sempre, in aiuto dei figli che sono rimasti senza padre, o dei vecchi che sono rimasti senza i figli, che erano il sostegno della famiglia. Con questo sentimento, mosso dall’amore e dal dolore, chiedo che l’onorevole Presidente, nel presentare le condoglianze ai sindaci di Bologna e di Castenaso, porga l’espressione della nostra solidarietà per questi nuovi martiri del lavoro. (Applausi).

CINGOLANI, Ministro della difesa. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CINGOLANI, Ministro della difesa. Il Governo si associa alle nobili parole pronunciate dall’onorevole Zanardi a nome della Assemblea tutta. Come Ministro della difesa, posso assicurare che ho disposto immediatamente per un’inchiesta, e posso assicurare anche l’onorevole Zanardi che già cinque giorni prima del luttuoso fatto, ho mandato una circolare urgentissima a tutti gli stabilimenti del genere, perché rinnovassero le premure a tutte le maestranze di usare quell’oculatezza che c’è sempre, ma che l’onorevole Zanardi, chimico illustre, sa che con la consuetudine di maneggiare materiale così delicato molte volte si perde.

Comunque, il Governo non solo si unisce alle parole commosse dell’onorevole Zanardi, ma può anche assicurare che tutte le provvidenze a favore delle vedove e degli orfani saranno sollecitamente messe in atto dal Ministero della difesa.

PRESIDENTE. La Presidenza dell’Assemblea, accogliendo l’invito dell’onorevole Zanardi, esprimerà ai sindaci di Bologna e di Castenaso la piena solidarietà dell’Assemblea stessa per il lutto che ha colpito queste due città. E l’onorevole Zanardi ha espresso con parole acconce il sentimento che riempie tutti i nostri cuori in questo momento.

Seguito della discussione sul disegno di legge: Convalida del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato in data 29 marzo 1947, n. 143, concernente l’istituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (14).

PRESIDENTE. L’Assemblea si è riconvocata stamane, in base ad una disposizione regolamentare, direi automaticamente, poiché, essendosi proceduto ieri ad una votazione per appello nominale, l’Assemblea non è risultata in numero legale per deliberare. Noi ci ritroviamo, quindi, nella seduta dì stamane ad affrontare quello stesso problema di fronte al quale ieri i nostri lavori hanno dovuto necessariamente interrompersi.

Si trattava del seguente ordine del giorno, a firma degli onorevoli Macrelli e Chiostergi e altri, presentato nel corso della discussione sul progetto di legge della patrimoniale:

«L’Assemblea Costituente, nel mentre riconosce la necessità di procedere senz’altro alla discussione e alla votazione della legge sulla imposta patrimoniale, richiamandosi agli impegni assunti dai precedenti Ministeri, invita il Governo a dare corso a provvedimenti intesi ad ottenere il cambio della moneta».

Dobbiamo ora procedere alla nuova votazione, allo scopo di decidere in relazione all’ordine del giorno presentato appunto dagli onorevoli Macrelli, Chiostergi ed altri colleghi.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA Ministro delle finanze. Onorevoli colleghi, nella seduta di ieri mattina avevo ritenuto opportuno fare appello al senso di responsabilità dei firmatari dell’ordine del giorno e dell’intera Assemblea prospettando le conseguenze che avrebbero potuto riflettersi sull’applicazione dell’imposta straordinaria sul patrimonio, qualora la questione contenuta nell’ordine del giorno avesse trovato il consenso della maggioranza. Resta ferma la preoccupazione cui accennavo ieri mattina: l’ordine del giorno, se dovesse essere messo in votazione e venisse accolto, comporterebbe praticamente la sospensione dell’applicazione dell’imposta straordinaria sul patrimonio per un periodo di tempo certamente lungo. Il Governo, che aveva ed ha nel proprio programma l’applicazione più sollecita di questo tributo straordinario, non potrebbe che constatare con dolore che le correnti tuttora contrarie all’applicazione di questo tributo, approfittando della buona fede di taluni dei nostri colleghi, avrebbero finito coll’avere il sopravvento.

Ma c’è un’altra ragione per cui io debbo pregare gli onorevoli firmatari dell’ordine del giorno di voler benevolmente rivedere la loro posizione. Purtroppo, da ieri mattina, appena si è diffusa la sensazione che la questione del cambio della moneta potrebbe rappresentare un argomento di nuove discussioni, un argomento che potrebbe essere, cioè, riaperto, l’andamento dei prezzi si è nettamente orientato al rialzo. (Commenti).

Ora, tutto ciò non può non preoccupare il Governo, il quale intende perseguire una sua politica decisamente antinflazionistica e di assestamento dei prezzi.

Desidero, quindi, caldamente raccomandarmi al senso di responsabilità e di civismo degli onorevoli firmatari dell’ordine del giorno, affinché esaminino se, in nome di queste alte opportunità che intendiamo tutti perseguire, non ritengano opportuno di ritirare il loro ordine del giorno.

CHIOSTERGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIOSTERGI. Onorevoli colleghi, credevo di essere stato ieri molto preciso dichiarando che non era nostra intenzione di attaccare il Governo nella sua politica deflazionista. I repubblicani volevano riaffermare una questione di principio per la quale erano entrati nel primo Governo della Repubblica, per la quale ne erano usciti e non vi erano più tornati poi. Volevamo e vogliamo che la nostra affermazione suoni rampogna ai Governi che si sono succeduti e che hanno promesso sempre e non hanno mai mantenuto l’impegno di cambiare la moneta. Se il cambio fosse stato eseguito in tempo opportuno, avrebbe dato all’Erario un guadagno di diecine e diecine di miliardi, annullando una gran parte di quelle banconote che sono state rubate al nostro Paese, che sono state portate all’estero. Non volevamo, col nostro ordine del giorno, combattere la legge sull’imposta patrimoniale, alla quale siamo profondamente attaccati; ed è per questo che ho accettato di modificare l’ordine del giorno in assenza del collega Macrelli, ammalato, perché risultasse chiaro, inequivocabile, che i repubblicani volevano la discussione immediata e la votazione dell’imposta sul patrimonio.

Evidentemente, il pericolo d’una affermazione di questo genere – rilevato dal Ministro Pella – esiste. Non possiamo nasconderci che vi possono essere conseguenze poco liete che avremmo voluto e vorremmo evitare. Ma, d’altra parte, noi desideravamo che in sede di discussione della legge sulla imposta patrimoniale (e lo vogliamo più che mai oggi) si correggessero, con gli emendamenti che presenteremo, quelle sperequazioni che il mancato cambio della moneta rende così evidenti e così gravi.

Ad esempio, noi insisteremo ed insistiamo fin d’ora sulla necessità di tassare gli enti collettivi, comprese le società; insistiamo su una maggiore rateizzazione dell’imposta e sulla determinazione di un diverso minimo imponibile per l’imposta patrimoniale, in modo che sia difesa la piccola proprietà; insistiamo anche sulla necessità dell’accertamento dei depositi bancari.

Ho accennato soltanto a qualcuno degli elementi fondamentali che ci hanno spinto ad iniziare questa nostra azione.

Non vogliamo noi, come hanno scritto alcuni giornali, falsando le nostre intenzioni, dare battaglia al Governo, e fare una questione di successione del Governo attuale. Abbiamo preso posizione di fronte al Governo politicamente; manteniamo questo nostro atteggiamento; ma non ci avvarremo mai di metodi di questo genere per dare battaglia al Governo stesso.

PRESIDENTE. Onorevole Chiostergi, lei mantiene il suo ordine del giorno?

CHIOSTERGI. Con queste richieste e dopo le eventuali dichiarazioni del Governo, noi siamo disposti a ritirare l’ordine del giorno (Applausi al centro).

PRESIDENTE. Il Governo ha fatto una dichiarazione in questo momento. Onorevole Chiostergi, le prego di chiarire il suo pensiero.

CHIOSTERGI. Dichiaro di essere disposto, a nome dei miei compagni repubblicani, a ritirare l’ordine del giorno presentato ieri, a condizione che ci siano date assicurazioni che le sperequazioni esistenti nel progetto dell’imposta patrimoniale, per il mancato cambio della moneta, siano corrette con gli emendamenti cui ho accennato (Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro delle finanze può esprimere il suo pensiero.

PELLA, Ministro delle finanze. Quando ebbi l’onore di parlare all’Assemblea, chiudendo la discussione generale sul progetto di legge, pregai l’Assemblea di dare la migliore delle leggi, assicurando che il Governo aveva un’unica preoccupazione: quella di dare la migliore delle esecuzioni alla migliore delle leggi. Evidentemente, partendo da tale ordine di idee, e ricordando le reiterate preghiere fatte alla Commissione di finanza e all’Assemblea di collaborare per il perfezionamento del decreto, là dove esso possa presentare delle lacune, corrispondo largamente al desiderio dell’onorevole Chiostergi: tutte le proposte che significano perfezionamento del decreto non possono che incontrare il più largo gradimento da parte del Governo. (Applausi al centro).

CHIOSTERGI. Dichiaro di ritirare l’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Non essendo presente l’onorevole De Mercurio, si intende che egli abbia rinunziato al suo ordine del giorno già svolto e sul quale il Ministro delle finanze ha espresso il suo parere:

«L’Assemblea Costituente, interpretando le particolari necessità delle popolazioni dell’Italia meridionale, le quali risentiranno il maggior onere fiscale, che loro deriverà dal decreto istitutivo dell’imposta progressiva e proporzionale sul patrimonio – in rapporto specialmente a criteri di valutazione in esso contenuti – che incide notevolmente sulla piccola e media proprietà, da cui è caratterizzata l’economia del Mezzogiorno, ritiene opportuno apportarvi quegli emendamenti che valgano a mitigarne gli effetti deleteri».

Dichiaro pertanto chiusa la discussione generale.

Passiamo all’esame degli articoli del decreto legislativo.

Il Governo accetta che la discussione si svolga sul testo proposto dalla Commissione?

PELLA, Ministro delle finanze. Accetto.

PRESIDENTE. Sta bene.

Esaminiamo il primo articolo, Titolo I. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

Titolo I.

IMPOSTA STRAORDINARIA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO

Capo I. – Soggetti passivi dell’imposta.

Art. 1.

È istituita un’imposta straordinaria progressiva sul patrimonio complessivo posseduto da ciascun contribuente alla data del 28 marzo 1947.

PRESIDENTE. Non essendovi emendamenti, l’articolo si intende approvato.

Passiamo all’articolo 2. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Sono soggette all’imposta straordinaria le persone fisiche.

Sono, altresì, soggetti all’imposta straordinaria le società, ditte ed enti costituiti all’estero, limitatamente al capitale comunque investito od esistente nello Stato, con deduzione dell’ammontare delle partecipazioni alla società, ditta o ente, che risultino accertate al nome di persone fisiche, proporzionalmente agli investimenti della società, ditta o ente in Italia».

PRESIDENTE. Su questo articolo 2 sono stati presentati i seguenti emendamenti:

«Sostituirlo col seguente:

«Sono soggetti a questa imposta:

  1. a) le persone fisiche;
  2. b) gli enti collettivi che sono tassati di imposta di ricchezza mobile in base a bilancio.

«Dugoni».

«Al primo comma, aggiungere: e gli enti collettivi.

«Pesenti, Valiani, Barbareschi, Lombardi Riccardo».

«Aggiungere, dopo il primo comma, il seguente come nuovo secondo comma:

«L’imposta straordinaria non si applica alle società assoggettate ad imposta di ricchezza mobile in forma diversa da quella stabilita con l’articolo 25 della legge 24 agosto 1877 e successive modificazioni.

«Pesenti, Valiani, Lombardi Riccardo».

L’onorevole Ministro delle finanze ha facoltà di esprimere il parere del Governo.

PELLA, Ministro delle Finanze. Gli emendamenti che vengono proposti all’articolo 2 configurano la questione molto importante della tassazione degli enti collettivi parallelamente alla tassazione del patrimonio delle persone fisiche.

Su questo argomento ho avuto l’onore di intrattenere brevemente l’Assemblea in sede di discussione generale. Avevo assicurato allora ed assicuro ancor oggi che quel progetto di tassazione delle rivalutazioni patrimoniali, il quale tecnicamente, ad avviso del Governo, avrebbe meglio raggiunto lo scopo, era ed è pronto, e avevo sollecitato, dalla benevolenza del Presidente della Commissione parlamentare di finanza, una forma di collaborazione preventiva per esaminare il provvedimento prima che venisse portato alla approvazione del Consiglio dei Ministri.

In occasione di tale collaborazione vi sono stati degli scambi di idee anche in ordine all’attuale tassazione degli enti collettivi.

Non posso in questo momento anticipare il giudizio di merito che il Governo potrà dare in materia.

Riconosco però che vi è, sia da parte della Commissione, sia da parte del Governo, la massima buona volontà di arrivare ad una soluzione concordata, la quale non potrà che essere determinata dalla preoccupazione di creare in questa sede lo strumento tecnicamente più perfetto.

Siccome in ogni caso l’eventuale adozione del principio della tassazione degli enti collettivi comporterebbe la creazione di un certo numero di norme che dovrebbero trovare collocamento in un titolo separato della legge, io vorrei pregare gli onorevoli presentatori di tali emendamenti di soprassedere alla loro illustrazione e di rinviarla a una prossima seduta in attesa che il Governo possa esprimere definitivamente il suo punto di vista al riguardo.

PRESIDENTE. Prego i presentatori degli emendamenti all’articolo 2 di esprimere il loro pensiero sulla richiesta del Ministro delle finanze.

DUGONI. Aderisco alla richiesta del Ministro delle finanze.

DE VITA. Accetto la proposta del Ministro delle finanze.

PESENTI. Aderisco alla proposta del Governo, senza rinunciare, naturalmente, allo svolgimento in sede opportuna del mio emendamento.

PRESIDENTE. In adesione alla richiesta del Ministro delle finanze, accolta da tutti i presentatori degli emendamenti, propongo di accantonare l’articolo 2 e di discuterne al momento in cui il Ministro delle finanze avrà sciolto la riserva alla quale ha accennato.

(L’Assemblea approva).

Passiamo all’articolo 3. Se ne dia lettura.

RICCIO, Segretario, legge:

«Ai fini dell’imposta straordinaria, si considerano nel patrimonio del marito i beni acquistati dalla moglie, a titolo oneroso, dopo il 28 marzo 1937.

«È fatta eccezione per i beni per i quali sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dalla moglie anteriormente al matrimonio o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimento di redditi proprî, conseguiti durante il matrimonio, o di fondi provenienti da accensione di debiti.

«Ai medesimi fini, si considerano nel patrimonio degli ascendenti i beni da essi ceduti ai discendenti dopo il 28 marzo 1937, quando la cessione dipenda:

  1. a) da trasferimenti a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico;
  2. b) da trasferimenti a titolo oneroso, salvo non sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dall’acquirente anteriormente alla data predetta o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimento di redditi propri o di fondi provenienti da accensioni di debiti.

«Quando si fa luogo al cumulo previsto nel presente articolo, il contribuente ha il diritto di rivalersi, verso gli intestatari dei beni cumulati, della quota proporzionale d’imposta afferente i beni medesimi».

PRESIDENTE. Su questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

Il primo è dell’onorevole Costa:

«Al secondo comma, alle parole: anteriormente al matrimonio, sostituire: anteriormente a detta data; alle parole: conseguiti durante il matrimonio, sostituire: realizzati anteriormente alla stessa data del 28 marzo 1937; alle parole: di fondi provenienti da accensione di debiti, sostituire: di capitali provenienti da accensione di debiti».

Non essendo presente l’onorevole Costa, l’emendamento si intende decaduto.

DUGONI. Faccio mio l’emendamento dell’onorevole Costa.

PRESIDENTE. Ha facoltà di svolgerlo.

DUGONI. L’emendamento presentato dall’onorevole Costa ha uno scopo, per così dire, puramente ordinativo della legge: cioè, avendo la Commissione proposto un emendamento il quale sposta la data di suspicione riguardante i beni della moglie entrati nel patrimonio familiare al 28 marzo 1937, bisogna adattare anche il secondo capoverso della legge alla stessa data e alla stessa armonia di disposizione. Per questo ho ripreso l’emendamento dell’onorevole Costa.

PRESIDENTE. Onorevole Dugoni, poiché ha la parola, la prego di svolgere anche i due emendamenti da lei presentati:

«Aggiungere al secondo comma il seguente:

«Si considerano egualmente nel patrimonio del marito le azioni acquistate a titolo oneroso dopo il 28 marzo 1937, anche se intestate al nome della moglie al momento della istituzione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari, disposta dal regio decreto-legge 25 ottobre 1941».

«Al terzo comma, lettera a), sopprimere a partire da: esclusi quelli effettuati…, sino alla fine».

DUGONI. Ho presentato un emendamento successivo che è nello stesso spirito. Al momento della trasformazione dell’anonimità dei titoli azionari in nominatività obbligatoria, ci sono state, si ha fondata ragione di supporre, numerose intestazioni di questi beni a membri della famiglia: figli, moglie, ecc. Allo scopo di garantire il ritorno alla consistenza reale del patrimonio, io ho proposto che i beni intestati alla moglie, in occasione dell’obbligatorietà della nominatività dei titoli azionari, vengano considerati nel patrimonio del marito. L’altro mio emendamento…

LA MALFA, Relatore. Signor Presidente, non converrà approvare le modificazioni per commi?

PRESIDENTE. Lo svolgimento si fa articolo per articolo.

DUGONI. Io ho proposto che alla lettera a) dell’articolo 3 della legge sia abolita la dispensa di rapporto nel patrimonio dell’ascendente dei beni, quando questi siano stati dati ai discendenti per costituzione di dote in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico.

La ragione per la quale io ho proposto questo emendamento è molto grave. Di fronte alla tendenza moderna della legislazione di colpire progressivamente i patrimoni, le grandi famiglie e le grandi fortune hanno preso l’abitudine di spezzettare, almeno apparentemente, questi cospicui patrimoni prendendo tutte le occasioni possibili, fra le quali quelle del matrimonio dei discendenti è uno dei casi tipici in cui i grandi proprietari cedono una parte della loro fortuna, mentre, sia attraverso le costituzioni di usufrutto, sia attraverso altre formule giuridiche, mantengono nelle loro mani la disponibilità ed il godimento di questi beni. Noi consideriamo che questa imposta debba avere un reale carattere di progressività. Consideriamo che questo spezzettamento del patrimonio sia una fraus legum e non una fraus legis.

Questa legge non si conosceva e non si poteva prevedere, ma c’era una tendenza di tutto il sistema tributario di colpire progressivamente i patrimoni o quanto meno i redditi di questi patrimoni. Quindi vi è da anni una tendenza a spezzettare queste fortune. Per colpire veramente con una imposta progressiva questi grandi patrimoni, non c’è che un mezzo: far rientrare tutto quello che noi abbiamo diritto di credere che sia stato disperso in frode a questa tendenza moderna nella legislazione di cui l’attuale legge sull’imposta straordinaria è un’applicazione.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Pesenti, Valiani, Lombardi Riccardo, Foa hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Aggiungere, dopo il secondo comma, il seguente, come nuovo terzo comma:

«Si considerano acquistate a titolo oneroso dopo il 28 marzo 1937 le azioni intestate al nome della moglie in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari, disposta dal regio decreto-legge 25 ottobre 1941, n. 1148, convertito nella legge 9 febbraio 1942, n. 9».

Aggiungere come nuovo penultimo comma:

«Ai medesimi fini si considerano nel patrimonio del padre le azioni intestate al nome dei figli in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari disposta dal regio decreto-legge 25 ottobre 1941, n. 1148, convertito nella legge 9 febbraio 1942, n. 9, salvo non sia dimostrato che le azioni erano state acquistate dal figlio – a titolo gratuito o a titolo oneroso – prima della conversione».

L’onorevole Pesenti ha facoltà di svolgerli.

PESENTI. I due emendamenti proposti stabiliscono alcune presunzioni per evitare evasioni fiscali, in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari. Noi consideriamo che facciano parte rispettivamente del marito o del padre, le azioni intestate a nome della moglie o dei figli. Questa norma serve appunto ad evitare la possibilità che, in occasione della nominatività, vi siano fittizie intestazioni a nome della moglie e dei figli di un patrimonio che, in realtà, sia del marito o del padre. I due emendamenti sono stati discussi e, in linea di massima, approvati dalla Commissione.

PRESIDENTE. L’onorevole De Vita ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, sostituire la lettera a) con la seguente:

  1. a) da trasferimenti a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote o per donazione in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico».

Ha facoltà di svolgerlo.

DE VITA. L’articolo 3 del progetto dice, al primo comma: «Ai fini della imposta straordinaria, si considerano nel patrimonio del marito i beni acquistati dalla moglie, a titolo oneroso, dopo il 28 marzo 1937. Al terzo comma dice: «Ai medesimi fini, si considerano nel patrimonio degli ascendenti, i beni da essi ceduti ai discendenti dopo il 10 giugno 1940, quando la cessione dipenda:

  1. a) da trasferimento a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico, ecc.

Questo articolo non prevede il caso della donazione in occasione del matrimonio, tanto diffusa nelle provincie del Meridione. A mio giudizio, questa diversità di trattamento tra la costituzione di dote e la donazione in occasione di matrimonio non trova giustificazione alcuna. Per questo motivo ho presentato un emendamento inteso ad escludere dalla cumulazione dei patrimoni anche i beni trasferiti dall’ascendente al discendente per costituzione di dote in occasione di matrimonio.

PRESIDENTE. Gli onorevoli Crispo, Morelli Renato, Bozzi, Cifaldi hanno presentato il seguente emendamento:

«Alla lettera a) del terzo comma, eliminare le parole: «per costituzione di dote».

L’onorevole Crispo ha facoltà di svolgerlo.

CRISPO. Il mio emendamento è uguale a quello dell’onorevole De Vita, in quanto io dico che va eliminato dal comma a) dell’articolo 3 l’inciso: «per costituzione di dote». Penso che la ragione della esclusione contemplata nella lettera a) dell’articolo 3, sia questa: risultando da atto pubblico che parte del patrimonio degli ascendenti fu trasferita nel patrimonio dei discendenti, sarebbe ingiusto colpire questa parte già uscita in modo certo dal patrimonio del contribuente.

Onde dicevo: è necessario eliminare l’inciso: «per costituzione di dote», perché, quando in contemplazione di matrimonio, si eseguono comunque donazioni da parte del padre al figlio, la stessa ragione della legge, per la quale il legislatore ha ritenuto di escludere i beni trasferiti per costituzione di dote, permane quando questo trasferimento ha luogo per atto pubblico a titolo di donazione. Ecco il motivo per cui insisto che sia eliminata l’espressione: «per costituzione di dote».

PRESIDENTE. L’onorevole Marinaro ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, lettera a), sopprimere le parole: in occasione di matrimonio ed aggiungere, dopo le parole: patrimonio ecclesiastico, le altre: o per fare altra assegnazione ai discendenti per causa di matrimonio».

Ha facoltà di svolgerlo.

MARINARO. Il fine essenziale dell’articolo 3 della legge è, a mio avviso, quello di evitare che il patrimonio tassabile venga diminuito, nella sua consistenza, fraudolentemente.

Ora, il terzo comma dell’articolo stabilisce che ai fini dell’imposta si considerano nel patrimonio dell’ascendente i beni da esso ceduti a discendenti in seguito a trasferimenti a titolo gratuito. Da questi trasferimenti a titolo gratuito sono escluse le costituzioni di dote e le costituzioni dei patrimoni ecclesiastici. Io ho chiesto la soppressione delle parole «in occasione di matrimonio», perché si sa che la costituzione di dote viene fatta in occasione di matrimonio. Inoltre, il nostro Codice civile consente che la costituzione di dote sia fatta anche successivamente al matrimonio. Ho chiesto poi che dai trasferimenti a titolo gratuito siano escluse anche le assegnazioni che, comunque, vengano fatte a discendenti per causa di matrimonio. Io penso che quando, per tabulas, risultasse che il trasferimento a titolo gratuito abbia avuto luogo per le stesse giustificate ragioni per cui si tiene conto dei trasferimenti previsti dalla lettera a), cioè la costituzione di dote e la costituzione del patrimonio ecclesiastico, non ci sia ragione di escludere le altre assegnazioni che siano state fatte in occasione di matrimonio di ascendenti, in genere, come quelle che avvengono, specialmente nel Mezzogiorno d’Italia, in occasione della creazione di nuovi nuclei familiari, dell’avviamento dei figli alla professione, e via di seguito.

Anche in tali casi, a mio avviso, il concetto fondamentale della legge rimane fermo e non si verificano diminuzioni fraudolente di patrimonio. Pertanto, chiedo che sia introdotta nella legge anche la esclusione dai trasferimenti a titolo gratuito delle assegnazioni a discendenti per causa di matrimonio».

PRESIDENTE. L’onorevole Persico ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere alla lettera a) le seguenti parole: o per divisione inter liberos, a titolo di successione ereditaria anticipata».

L’onorevole Persico ha facoltà di svolgerlo.

PERSICO. Lo mantengo, rinunziando a svolgerlo.

PRESIDENTE. L’onorevole Costa aveva presentato un secondo emendamento, del seguente tenore:

«Al terzo comma, lettera b), alla parola fondi, sostituire: capitali».

Onorevole Dugoni, lo fa suo?

DUGONI. Lo sostengo, e mi risulta che la Commissione stessa, sostanzialmente, lo accetta.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore di esprimere l’avviso della Commissione sugli emendamenti svolti.

LA MALFA, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento Costa, che corregge un errore formale. Emendato il primo comma, bisognava emendare il secondo, cioè renderlo coerente al nuovo criterio stabilito dalla Commissione, che ha come punto di partenza il 28 marzo 1937.

CORBINO. Perché il 28 marzo 1937?

LA MALFA, Relatore. Abbiamo molto discusso intorno alle date e ai periodi cosiddetti di sospetto per la finanza. Abbiamo avuto inoltre una questione specifica, di cui è fatto cenno nella relazione, relativa agli israeliti. La data a partire dalla quale, si faceva il coacervo dei beni familiari, ledeva particolarmente gli ebrei che erano stati colpiti dalle leggi razziali. La comunità ebraica ci aveva chiesto di portare la data al periodo successivo alla liberazione, periodo in cui la disponibilità dei patrimoni ebraici sarebbe risultata libera per i possessori. Noi abbiamo ritenuto di mettere tutti i cittadini in condizione di parità, arretrando le date.

Per quanto riguarda tali date, in generale, avevamo tre scelte: il luglio 1943 (cioè armistizio e liberazione); il 10 giugno 1940 (dichiarazione di guerra) e il periodo precedente alla dichiarazione della grande guerra mondiale, periodo in cui si è fatta la guerra di Abissinia ed in cui la guerra minacciava di scoppiare in Europa da un momento all’altro.

Per il matrimonio siamo andati al 28 marzo 1937, conglobando in questa data il periodo nel quale si poteva ritenere che ciascun patrimonio fosse soggetto a diversi rischi. È una data come un’altra; non abbiamo avuto presente nessun criterio rigido, ma una questione di opportunità.

La Commissione accetta la sostanza degli emendamenti Pesenti e Dugoni. Essi vogliono colpire il fatto che, essendosi dichiarata la nominatività obbligatoria dei titoli azionari, si fosse, in quell’occasione, distribuito il patrimonio azionario fra i membri della famiglia. Tuttavia alla Commissione sembra che gli emendamenti non siano precisi.

Non si comprende che cosa voglia dire: «acquistati a titolo oneroso dopo il 1937» (Interruzione dell’onorevole Corbino). L’espressione può dar luogo ad equivoci: può significare che in definitiva non si possa fare la presunzione di frode; anzi, il contrario. Anche l’emendamento dell’onorevole Dugoni ha questo inconveniente: di non colpire esattamente il fatto.

La Commissione proporrebbe questo testo: «Ai fini della imposta straordinaria – come dice l’articolo 3 – si considerano il patrimonio del marito e i beni acquistati dalla moglie»; e poi ripetere: «Agli stessi fini si considerano nel patrimonio del marito, le azioni intestate a nome della moglie, in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari disposta dal decreto, ecc.». Mi pare che questa sia la formulazione più chiara.

Se il marito ha trasferito le azioni alla moglie in altro periodo, questo rientra nella presunzione generale!

Una voce al centro. Dovrebbe essere juris et de jure quella disposizione.

LA MALFA, Relatore. In sostanza, avremmo accettato gli emendamenti Pesenti e Dugoni.

Adesso c’è la questione dei discendenti.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, prima di entrare in argomento, siccome sono stati presentati altri due emendamenti, ne do lettura.

Il primo è quello dell’onorevole Pesenti:

«Alla lettera a) del comma terzo sostituire: in occasione di matrimonio, con le parole: all’atto del matrimonio, e aggiungere: a meno che non ci sia riserva di usufrutto o di abitazione».

C’è poi un secondo emendamento presentato dagli onorevoli Dominedò, Micheli, Carbonari, Valenti, Coccia, Adonnino, Alberti, Ambrosini, Balduzzi:

«Sostituire alla data: 28 marzo 1937, quella: dell’8 settembre 1943, o subordinatamente: 10 giugno 1940».

L’onorevole Dominedò ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

DOMINEDÒ. Signor Presidente, pensavo e penso che, trattandosi di una presunzione assoluta, la quale colpisce retroattivamente con efficacia juris et de jure e non solo juris tantum dei negozi giuridici validi, sia opportuno tener presente che il fondamento razionale di ogni presunzione assoluta debba ricollegarsi ad un evento cui facciano capo dei presupposti dai quali possano discendere le conseguenze eccezionali, sulle quali poggia la norma legislativa.

Ed allora, per quanto riguarda i negozi giuridici anteriori all’evento, che possa in ipotesi giustificare la norma, a me sembra che questo fatto fondamentale non debba essere se non quello della guerra.

In analogia all’emendamento dell’onorevole Micheli, presentato all’articolo 8 del progetto e allo stesso modo in cui questo emendamento fa capo alla data dell’8 settembre 1943, abbiamo proposto in via principale questa data come quella che conclude il fatto della guerra. Laddove la Commissione, il Governo o l’Assemblea, come giudice sovrano, non ritenessero di dover accedere a questo criterio, proporrei di ritornare, in subordinata, al testo ministeriale, cioè alla data del 10 giugno 1940.

PRESIDENTE. L’onorevole La Malfa ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

LA MALFA, Relatore. Per quanto riguarda i discendenti, il criterio della Commissione è stato più restrittivo. Il decreto-legge porta la data del 10 giugno 1940. La Commissione, un po’ per analogia, un po’ perché ha scelto il 28 marzo 1937 come periodo di suspicione, ha voluto parificare la condizione della moglie a quella dei discendenti ed ha preso il decennio per tutti e due i rami familiari.

Se noi troviamo che la data del 28 marzo è opportuna per quanto riguarda la moglie, credo che si possa superare l’obiezione del collega Dominedò e adottare la stessa data del 28 marzo 1937 per i discendenti.

Come dico, la Commissione non ha avuto un criterio razionale per questo; ha scelto soltanto la data che potesse rappresentare l’inizio di un periodo di gravi perturbazioni e di altrettante preoccupazioni di ordine familiare e patrimoniale. Dovrei insistere sulla data scelta, pur rendendomi conto di alcune ragioni esposte dall’onorevole Dominedò. Elementi informativi raccolti dai colleghi, specie da quelli che conoscono le strutture patrimoniali in provincia, confermano che molte divisioni di patrimoni si sono fatte prima della dichiarazione di guerra. La data del 28 marzo 1937 verrebbe quindi a colpire tutto un periodo che si può chiamare di sospetto generico.

Una questione largamente discussa in seno alla Commissione, è quella riguardante l’esclusione dal coacervo dei trasferimenti a titolo gratuito effettuati per costituzione di dote in occasione di matrimonio, o per costituzione di patrimonio ecclesiastico. In seno alla Commissione si sono manifestate al riguardo due tendenze. La prima, di carattere restrittivo, è quella rispecchiata dai due emendamenti degli onorevoli Dugoni e Pesenti, consistente nel non ammettere se non in misura ristrettissima questa esclusione; o escluderla del tutto (emendamento Dugoni). La seconda è intesa a far sì che si tenga conto non solo dei casi specifici di costituzione di doti, ma di qualsiasi donazione per matrimonio, intesa cioè all’adozione di un criterio più largo. Mi pare che questo secondo atteggiamento sia espresso dagli emendamenti De Vita e Marinaro. La Commissione, come ho già detto, ha largamente discusso intorno a questa disposizione ed ha trovato una linea di conciliazione nel senso di lasciare il testo così come è stato redatto dal Governo.

La Commissione ha ridiscusso il problema dopo la presentazione degli emendamenti ed ha deliberato a maggioranza di accettare l’emendamento dell’onorevole Marinaro, con la sostituzione alla frase «di matrimonio», della frase «di seguito matrimonio».

Naturalmente gli emendamenti presentati dall’onorevole Persico cadono perché troppo larghi. Accettiamo l’emendamento dell’onorevole Costa, consistente in una modificazione formale, e accettiamo quello dell’onorevole Pesenti nei riguardi della nominatività obbligatoria dei titoli azionari.

PRESIDENTE. Invito allora l’onorevole Ministro delle finanze a pronunciarsi a nome del Governo.

PELLA, Ministro delle finanze. Sostanzialmente il Governo condivide il pensiero espresso dal Presidente della Commissione in ordine ai diversi emendamenti presentati. Vorrei aggiungere però qualche osservazione di dettaglio. Il primo emendamento dell’onorevole Costa, ove si propone di sostituire alla parola «anteriormente al matrimonio» le parole «anteriormente a detta data» e alle parole «conseguiti durante il matrimonio» le parole «realizzati anteriormente alla stessa data del 28 marzo 1937», può prestare il fianco a censure, nell’ipotesi di matrimonio che sia stato effettuato posteriormente al 28 marzo 1937; ed è per questa ipotesi che suggerisco di aggiungere alle parole «realizzati anteriormente alla stessa data del 28 marzo 1937» le parole «o anteriormente al matrimonio, qualora esso sia successivo a tale data». In altri termini, nell’ipotesi di un matrimonio che abbia avuto luogo successivamente al 28 marzo 1937, non si può pretendere dalla donna la dimostrazione di reimpiego anteriore al 28 marzo 1937.

DUGONI Questo è in re ipsa, onorevole Pella. Possiamo aggiungerlo, se lei crede.

PELLA, Ministro delle finanze. Sì, se si crede riterrei opportuno introdurre questa modificazione.

Per quanto riguarda le intestazioni in capo alla moglie in occasione della nominatività dei titoli, il Governo è perfettamente d’accordo nella formula proposta dalla Commissione col suo emendamento, il quale emendamento dovrebbe assorbire quello degli onorevoli Pesenti, Valiani e altri e quello dell’onorevole Dugoni.

DUGONI. Alla formulazione della Commissione si dovrà aggiungere che i titoli devono essere acquistati posteriormente al 28 marzo 1937, altrimenti spostiamo tutta l’economia del paragrafo.

PELLA, Ministro delle finanze. Onorevole Dugoni, mi sembra che sia errata la formula del suo emendamento: «Aggiungere al secondo comma il seguente».

DUGONI. È giusto; bisognava dire: «Aggiungere come secondo comma il seguente».

PELLA, Ministro delle finanze. Così che il terzo comma investirebbe sia il primo che il secondo. In questo senso, il Governo è d’accordo.

Il Governo accetta quindi l’emendamento Marinaro, con l’espressione suggerita dalla Commissione «di seguìto matrimonio»; l’emendamento Costa, quello dell’onorevole Pesenti; non può accettare l’emendamento proposto dall’onorevole Dominedò.

Quanto all’emendamento Persico devo farmi carico delle osservazioni che al riguardo sono state fatte dalle Commissioni di studio per la preparazione del progetto governativo e delle osservazioni fatte in sede di Commissione parlamentare.

A nome del Governo non posso aderire all’emendamento dell’onorevole Persico.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, la Commissione accoglie l’emendamento dell’onorevole Persico?

LA MALFA. Relatore. La Commissione non lo accoglie.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Sulla questione della data si potrebbe trovare un accomodamento fra una di quelle proposte dall’onorevole Dominedò e quella accettata dalla Commissione, fermandoci al primo settembre 1939, che è la data dello scoppio della guerra in Europa. In effetti è da questo momento che si sono cominciate a manifestare le prime distribuzioni di patrimonio da parte di coloro i quali avevano la sensazione precisa che l’Italia sarebbe entrata in guerra e che, quindi, tutto il sistema tributario avrebbe potuto risentire gli effetti della guerra medesima.

La data del 10 giugno 1940 non mi sembra la più esatta, perché viene a saltare proprio il periodo in cui coloro che avevano intenzione di preparare le evasioni le hanno potuto preparare più tranquillamente, in attesa della guerra imminente.

Ecco perché alla data del 28 marzo 1937 (che in ogni caso vorrei sostituita con la indicazione di un periodo, anche per giustificare perché noi la scegliamo) io penso si possa sostituire quella del 1° settembre 1939.

PRESIDENTE. L’onorevole Corbino propone, quindi, che la data del 28 marzo 1937 sia sostituita da quella del 1° settembre 1939.

SCOCCIMARRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCCIMARRO. Io devo ricordare che questa data del 28 marzo 1937 è già essa stessa il risultato di un compromesso. Il concetto che ha ispirato la Commissione è questo: il momento che fa sorgere la presunzione di un rimaneggiamento dei patrimoni è lo scoppio della guerra; ma non alla data 1939-40, poiché la guerra in Italia è cominciata nel 1935 con l’impresa d’Abissinia. È da quel momento che appaiono elementi obiettivi tali da far presumere che sin da allora si è cominciato a premunirsi contro provvedimenti fiscali straordinari.

Allora la Commissione, fra la data del 1935 e quella del 1940, ha deciso di considerare il decennio; da ciò la data del 28 marzo 1937.

Perciò io penso che si possa rimanere su questa posizione di compromesso, perché altrimenti bisognerebbe discutere quale delle due date, 1935 o 1940, occorra mettere nella legge.

MICHELI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELI. Dichiaro che avendo presentato un emendamento all’articolo 8, il quale propone una modificazione più radicale, per ora non posso accedere alla nuova proposta, ed in questa veste ho anche firmato l’emendamento dell’onorevole Dominedò. Voterò quindi contro a proposta della Commissione, perché la data indicata elimina rapporti giuridici, che non sono creati, a mio modesto avviso ed anche per una certa esperienza professionale, in un periodo che giustifichi effettivamente l’ipotesi della evasione fiscale.

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Poiché la Commissione aderisce all’emendamento Marinaro, che è più comprensivo del mio, io rinuncio al mio emendamento e aderisco a quello Marinaro.

DOMINEDÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMINEDÒ. Dopo le dichiarazioni dell’onorevole Corbino, ed avendo ascoltato anche quelle dell’onorevole Scoccimarro, rinunzio al mio emendamento per associarmi alla proposta Corbino di scegliere la data del 1° settembre 1939, come quella che ha effettivamente aperto il conflitto mondiale.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. Effettivamente l’onorevole Scoccimarro ha riferito esattamente i termini in cui la questione si è posta in seno alla Commissione. Abbiamo dovuto esaminare anche il termine previsto della dichiarazione di guerra all’Abissinia, come periodo di sospetto. D’altra parte, quando abbiamo modificato le norme del decreto, non modificando tutto il periodo matrimoniale, abbiamo incontrato molte obiezioni da parte del Ministro e degli uffici finanziari, che ritenevano di dovere esaminare tutto il periodo matrimoniale per stabilire la situazione patrimoniale ed i rapporti fra marito e moglie.

La Commissione, adottando la data del 28 marzo 1937, ha ristretto effettivamente molto il criterio fiscale e tributario. Non vorrei che spostassimo di troppo questo periodo, perché se da un certo punto di vista abbiamo peggiorato la situazione per quanto riguarda i discendenti, per quanto riguarda i rapporti matrimoniali abbiamo messo gli uffici finanziarî in una certa situazione di difficoltà in questi accertamenti. Quindi, la Commissione mantiene il suo punto di vista, ed avendo accettato questo compromesso sul decennio, prega i colleghi di accettare il 28 marzo 1937.

PRESIDENTE. Passeremo allora innanzi tutto alla votazione dell’emendamento Corbino, accettato dall’onorevole Dominedò, tendente a sostituire, nel primo comma dell’articolo 3, la data del 1° settembre 1939 a quella del 28 marzo 1937.

DUGONI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Voterò per la data del 28 marzo 1937.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Corbino.

(Dopo prova e controprova non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma nel testo proposto dalla Commissione.

«Ai fini dell’imposta straordinaria, si considerano nel patrimonio del marito i beni acquistati dalla moglie, a titolo oneroso, dopo il 28 marzo 1937».

(È approvato).

Dopo il primo comma occorre inserire, come secondo comma, gli emendamenti dell’onorevole Pesenti e altri e dell’onorevole Dugoni: due emendamenti che sono stati unificati dalla Commissione nel seguente testo:

«Agli stessi fini si considerano nel patrimonio del marito le azioni intestate a nome della moglie in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari, disposta dal regio decreto-legge 25 ottobre 1941, n. 1148, convertito nella legge 9 febbraio 1942, n. 9».

L’onorevole Pesenti aderisce a questa formulazione. Anche lei, onorevole Dugoni?

DUGONI. Non aderisco, perché manca la specificazione della data di acquisto di questi titoli. Deve essere, a mio giudizio, specificato che questi titoli siano stati acquistati dopo il 28 marzo 1937, per mantenere integra l’economia dell’articolo.

LA MALFA, Relatore. La data del 28 marzo si riferisce agli acquisti della moglie, non del marito. Il primo comma dice che si considerano nel patrimonio del marito i beni acquistali dalla moglie a titolo oneroso dopo il 28 marzo 1937. Ora questo acquisto a titolo oneroso è rappresentato anche nel secondo comma dalla intestazione delle azioni a qualsiasi data risalga l’acquisto da parte del marito. Quindi mi pare che il comma proposto dalla Commissione esaurisca la questione.

PRESIDENTE. Ella mantiene l’emendamento, onorevole Dugoni?

DUGONI. Di fronte all’insistenza della Commissione, lo ritiro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il testo unificato proposto dalla Commissione, che diventerà secondo comma dell’articolo 3.

(È approvato).

Passiamo al secondo comma, che diviene terzo:

«È fatta eccezione per i beni per i quali sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dalla moglie anteriormente al matrimonio o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimento di redditi propri, conseguiti durante il matrimonio, o di fondi provenienti da accensione di debiti».

L’onorevole Costa ha presentato alcuni emendamenti, svolti dall’onorevole Dugoni e accettati dalla Commissione e dal Governo.

Il primo è il seguente:

«Alle parole: anteriormente al matrimonio, sostituire: anteriormente a detta data».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il secondo emendamento è del seguente tenore:

«Alle parole: conseguiti durante il matrimonio, sostituire le altre: realizzati anteriormente alla stessa data del 28 marzo 1937».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Il terzo emendamento è il seguente:

«Alle parole: di fondi provenienti da accensione di debiti, sostituire: di capitali provenienti da accensione di debiti».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

Pertanto il terzo comma risulta nel suo complesso del seguente tenore:

«È fatta eccezione per i beni per i quali sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dalla moglie anteriormente a detta data o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimenti di redditi proprî realizzati anteriormente alla stessa data del 28 marzo 1937 o di capitali provenienti da accensione di debiti».

PELLA. Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Avevo accennato all’ipotesi del matrimonio che sia stato celebrato dopo il 28 marzo 1937, ed avevo rappresentato l’opportunità di inserire una modifica all’emendamento per fotografare questo caso.

L’onorevole Dugoni, credo con una certa esattezza, ha osservato che doveva intendersi sottinteso nello spirito dell’emendamento.

Se così è, l’Amministrazione finanziaria, potrà, in sede di istruzioni, interpretare la portata dell’emendamento rispetto al caso particolare che accennavo. Ma siccome non vorrei che si eccepisse poi un eccesso di potere dell’Amministrazione finanziaria in sede di applicazione, desidererei restasse traccia, nel processo verbale della seduta, che effettivamente la Commissione e l’Assemblea ritengono che lo spirito dell’emendamento è quello accennato dall’onorevole Dugoni; che se cioè il matrimonio ha avuto luogo dopo il 28 marzo 1937, anziché fare aritmetico riferimento al 28 marzo 1937, occorre fare riferimento alla data di matrimonio.

Chiedo, quindi, alla Commissione ed alla stessa Assemblea, con quelle forme procedurali di cui l’onorevole Presidente è maestro, di consacrare nel processo verbale tale ordine di idee.

Una voce. Non sarebbe meglio fare una formulazione?

LA MALFA, Relatore. È implicito.

DUGONI. Comunque siamo d’accordo.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo al terzo comma che diviene quarto:

«Ai medesimi fini, si considerano nel patrimonio degli ascendenti i beni da essi ceduti ai discendenti dopo il 28 marzo 1937, quando la cessione dipenda:

  1. a) da trasferimenti a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico;
  2. b) da trasferimenti a titolo oneroso, salvo non sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dall’acquirente anteriormente alla data predetta o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimento di redditi propri o di fondi provenienti da accensioni di debiti.

«Quando si fa luogo al cumulo previsto nel presente articolo, il contribuente ha il diritto di rivalersi, verso gli intestatari dei beni cumulati, della quota proporzionale d’imposta afferente i beni medesimi».

Alla lettera a) l’onorevole Dugoni ha proposto di sopprimere, a partire da: «esclusi quelli effettuati…» sino alla fine.

DUGONI. Ritiro l’emendamento per associarmi all’emendamento Pesenti.

PRESIDENTE. Sta bene. Alla stessa lettera a) l’onorevole Marinaro ha proposto di sopprimere le parole: «in occasione di matrimonio» e di aggiungere, dopo le parole: «patrimonio ecclesiastico», le altre «o per fare altra assegnazione ai discendenti per causa di matrimonio».

L’onorevole Marinaro è presente?

CRISPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CRISPO. Avevo presentato un emendamento inteso ad eliminare le parole «per costituzione di dote» allo scopo di far comprendere nell’esclusione tutte le donazioni in occasione di matrimonio. Poiché la formula proposta dell’onorevole Marinaro mi sembra più comprensiva, rinunzio al mio emendamento e fo mio quello dell’onorevole Marinaro.

PRESIDENTE. Ricordo che la Commissione e il Governo hanno accettato l’emendamento Marinaro, fatto proprio dall’onorevole Crispo, aggiungendovi alla fine la parola: «seguìto».

Lo pongo in votazione.

(Dopo prova e controprova è approvato).

 

DE VITA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE VITA. Ricordo di aver presentato un emendamento sostitutivo alla lettera a) del seguente tenore:

  1. a) da trasferimenti a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote o per donazione in occasione di matrimonio o per costituzione di patrimonio ecclesiastico».

Ora desidero far presente che con tale emendamento si rende più agevole l’opera degli uffici finanziari che debbono procedere all’accertamento, in quanto dicendo: «donazioni in occasione di matrimonio», fissiamo un elemento certo, mentre con la formulazione dell’onorevole Marinaro introduciamo un elemento di incertezza, che può mettere in serio imbarazzo gli uffici finanziari competenti. Ecco il significato del mio emendamento. Purtroppo si è già votato. Avrei desiderato che il Governo manifestasse il proprio pensiero in merito alla mia formulazione.

PRESIDENTE. Onorevole De Vita, le faccio osservare che l’emendamento che noi abbiamo ora approvato è più ampio della sua formulazione, perché parla di «altra assegnazione ai discendenti, ecc.». È evidente che la donazione è compresa tra le altre assegnazioni.

DE VITA. La donazione precede il matrimonio. Quando avviene il matrimonio, come fa l’ufficio finanziario a trovare il nesso tra la donazione ed il matrimonio?

PRESIDENTE. Dato che la votazione è avvenuta, ed essendo stato accettato l’emendamento dell’onorevole Marinaro, ritengo che la proposta dell’onorevole De Vita sia assorbita nel testo approvato.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Propongo il seguente emendamento aggiuntivo all’emendamento dell’onorevole Marinaro: «purché non siano limitati da usufrutto o diritto di abitazione».

PRESIDENTE. Osservo che vi è già un emendamento in tal senso presentato dall’onorevole Pesenti, il quale ha proposto di aggiungere: «a meno che non vi sia riserva di usufrutto o di abitazione».

DUGONI. Desidero riprendere tale emendamento come modifica all’emendamento Marinaro.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Voterò contro questa aggiunta, perché se la riserva di usufrutto o di abitazione può essere un elemento induttivo di frode allorché si fa il trasferimento a titolo gratuito a favore di terzi, non è stato mai indice di frode quando il trasferimento stesso si faccia a favore dei discendenti, perché è nella normalità delle cose che, donando ai figli una parte del patrimonio, i genitori se ne conservino il godimento vita durante. Dunque, richiamare questo preteso indice di frode alla legge, mi pare assolutamente inopportuno e fuori della realtà dei negozi di cui ci occupiamo.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Questi emendamenti sono stati presentati stamane e siamo tutti un po’ incerti. Non è il caso di improvvisare in una materia, che, viceversa, dovrebbe essere studiata ponderatamente. Per quanto riguarda l’usufrutto, abbiamo l’articolo 14 che regola, in linea generale, il valore dell’usufrutto stesso. Ritengo che non possiamo adottare una disposizione speciale.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. Indubbiamente, questo emendamento tenderebbe a inserire una presunzione di frode, che era già, per le riserve di usufrutto nelle alienazioni a favore dei discendenti, inserita dell’articolo 811 del Codice del 1865, e che il nuovo legislatore del 1942 ha creduto di abolire, ragionando precisamente così: non si può presumere, in via assoluta, la simulazione di un atto e non si può mettere il giudice di fronte a presunzioni assolute, anche per casi in cui la simulazione non ci sia stata. Ora, dal momento che nella nostra legislazione ordinaria questa presunzione juris et de jure di frode, nei confronti dei discendenti, per le riserve di usufrutto, è stata superata, mi pare che sia un tornare indietro il volerla riprodurre in questa legge con l’emendamento in questione.

PRESIDENTE. Onorevole Dugoni, mantiene l’emendamento?

DUGONI. Lo conservo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione tale emendamento.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Desidero far presente lo stato di disagio in cui ci troviamo discutendo una materia delicatissima come questa; chiedo pertanto, rispettosamente al Presidente che voglia sospendere questa discussione finché non abbiamo sott’occhio tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Bertone, mi pare che ella cada in un equivoco allorché sostiene questa necessità, perché gli emendamenti si trovano effettivamente tutti pubblicati in un voluminoso fascicolo, che è stato regolarmente distribuito. In ogni caso vi è l’archivio sempre aperto e a disposizione degli onorevoli colleghi.

Non so se l’onorevole Bertone faccia una richiesta formale; comunque, debbo far presente che noi ci troviamo generalmente in questa situazione: che molti emendamenti sono presentati all’ultimo momento, cosicché se tutti pretendessero di averli in tempo, non si potrebbe praticamente procedere alla discussione.

Per esempio, sull’articolo che stiamo esaminando sono stati presentati diversi emendamenti proprio in questo momento; e questi debbono essere accettati, a meno che non si decida che siano respinti tutti gli emendamenti che non sono stati presentati almeno 48 ore prima.

MICHELI. Basterebbero 24 ore.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Mi associo al desiderio unanime dell’Assemblea che gli emendamenti siano presentati in tempo utile per prepararsi alla discussione. Fra le 48 ore fissate dal Regolamento e il limite estremo a cui si è arrivati di presentarli durante la seduta, non potrebbe la Presidenza escogitare un termine breve che permetta di assicurare la celerità del lavoro, ma che consenta, nello stesso tempo, di avere conoscenza degli emendamenti prima che si apra la seduta?

PRESIDENTE. Onorevole Pella, il Regolamento prevede che si possono presentare emendamenti anche nel corso della discussione, quando abbiano dieci firme, e sappiamo che, data la cordialità e l’accordo che vi è tra i colleghi, è difficile che non si trovino le firme necessarie per presentare un emendamento. Bisognerebbe modificare il Regolamento; ma l’esperienza ci dice che, qualunque disposizione noi prendessimo, praticamente non sarebbe mai osservata, perché sono sei mesi che insistiamo a questo proposito, sono sei mesi che si discutono la Costituzione e progetti di legge e gli emendamenti sono sempre presentati in questo modo.

Sarei ben lieto di aderire all’ordine di idee che è stato manifestato, ma bisognerebbe che tutti coloro che in questo momento plaudono alle parole dell’onorevole Bertone, si chiedessero se non è mai avvenuto che essi stessi abbiano presentato emendamenti in ritardo.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. La Commissione non si trova in grado di esprimere un giudizio su molti emendamenti, venendone a conoscenza all’ultimo momento. Pregherei, pertanto, i colleghi, a nome della Commissione, di presentare gli emendamenti almeno 24 ore prima della discussione.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, lei ha sempre diritto, in base al Regolamento, quando si trova di fronte ad un emendamento presentato nel corso della seduta, di chiedere che ne sia rinviato di 24 ore l’esame; ma questa richiesta deve esser fatta per ogni singolo emendamento.

In fondo, si vuol salvaguardare fino all’ultimo minuto la possibilità ai membri dell’Assemblea di dare alta discussione a quel contributo che essi ritengono necessario. Talvolta, può veramente accadere che la discussione stessa sia di stimolo a qualche nuova formulazione. Non si può contrastare questo diritto; ma bisognerebbe servirsene veramente in caso di necessità

In ogni modo, onorevole Bertone, siamo alla fine di questo articolo, che si potrebbe completare. La discussione potrebbe poi essere rinviata a domani in modo che si possa avere il tempo di far stampare altri esemplari degli emendamenti.

Prego comunque gli onorevoli colleghi di volersi interessare per ritirare ogni mattina in archivio tutto il materiale di stampa di cui hanno bisogno per la discussione.

Passiamo all’emendamento dell’onorevole Persico:

«Aggiungere alla lettera a) le seguenti parole: o per divisione inter liberos, a titolo di successione ereditaria anticipata».

Onorevole Persico, mantiene questo emendamento?

PERSICO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. La Commissione ed il Governo hanno dichiarato di non accettare questo emendamento. Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

La lettera a) rimane pertanto così formulata:

«a) da trasferimenti a titolo gratuito, esclusi quelli effettuati per costituzione di dote o per costituzione di patrimonio ecclesiastico o per fare altra assegnazione ai discendenti per causa di seguìto matrimonio».

Passiamo alla lettera b):

«b) da trasferimenti a titolo oneroso, salvo non sia dimostrato che l’acquisto rappresenta trasformazione di beni posseduti dall’acquirente anteriormente alla data predetta o acquisiti successivamente a titolo gratuito, ovvero investimento di redditi proprî o di fondi provenienti da accensioni di debiti».

L’onorevole Costa ha proposto di sostituire: «alla parola: fondi, la parola: capitali».

Questa proposta è accettata dalla Commissione e dal Governo.

La pongo in votazione.

(È approvata).

Vi è poi l’emendamento degli onorevoli Pesenti, Valiani, Lombardi Riccardo e Foa:

«Aggiungere come nuovo penultimo comma:

«Ai medesimi fini si considerano nel patrimonio del padre le azioni intestate al nome dei figli in occasione della nominatività obbligatoria dei titoli azionari disposta dal regio decreto-legge 25 ottobre 1941, n. 1148, convertito nella legge 9 febbraio 1942, n. 9, salvo non sia dimostrato che le azioni erano state acquistate dal figlio – a titolo gratuito o a titolo oneroso – prima della conversione».

La Commissione ha dichiarato di accettarlo ed anche il Governo si è pronunciato favorevolmente. Lo pongo, pertanto, in votazione.

(È approvato).

Passiamo all’ultimo comma dell’articolo 3:

«Quando si fa luogo al cumulo previsto nel presente articolo, il contribuente ha il diritto di rivalersi, verso gli intestatari dei beni cumulati, della quota proporzionale d’imposta afferente i beni medesimi».

Gli onorevoli Adonnino, Micheli, Bosco Lucarelli ed altri hanno ora proposto di aggiungere, alla fine, le parole: «nei limiti del valore del bene ceduto».

Invito l’onorevole La Malfa, relatore, a pronunciarsi nei confronti di questo emendamento.

LA MALFA, Relatore. Onorevole Presidente, non sono in grado di esprimere un giudizio su un emendamento come questo, che va meditato.

Pregherei l’onorevole Adonnino di illustrarlo.

PRESIDENTE. Onorevole Adonnino, vuole illustrare il suo emendamento?

ADONNINO. Lo scopo del mio emendamento è questo: in sostanza con questo articolo, in parte si annulla il trasferimento, in parte, nei riguardi reciproci dei due individui – padre e figlio, poniamo – si mantiene, perché il bene resta al figlio.

Facciamo un esempio. Un padre ha donato al figlio, parecchi anni addietro, un fondo di 100 mila lire. Adesso noi, ai fini dell’imposta progressiva, prendiamo questo fondo e lo consideriamo come un fondo del padre; e naturalmente, unito ai molti milioni che questo padre può avere, la quota proporzionale di imposta che graverà su questo fondo di 100 mila lire, potrà forse essere superiore alle 100 mila lire stesse. Perciò il padre, o gli eredi del padre, vanno da questo figlio e gli dicono: Pagaci più di 100 mila lire.

Paghi quindi esso per lo meno 100 mila lire e si consideri distrutto e come non avvenuto quel passaggio. In altri termini, la proporzione di aumento della progressione non deve incidere su quello che è personalmente del figlio. Mi pare chiaro.

PRESIDENTE. Chiedo al Relatore di esprimere il suo parere.

LA MALFA, Relatore. In sostanza mi pare che il collega Adonnino voglia evitare che si applichi al patrimonio un’aliquota che non sia quella ad esso pertinente in base al criterio della progressività.

PRESIDENTE. Lei è dunque d’accordo per quello che riguarda il concetto, onorevole La Malfa?

LA MALFA, Relatore. Vorrei valutarne tutta la portata.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Se ho ben capito, il pensiero dei proponenti è questo: che la rivalsa dell’imposta nei confronti di coloro che avrebbero dovuto essere i contribuenti, e non lo sono stati per quello specifico bene a causa del cumulo, cioè, nell’esempio citato, la rivalsa che viene esercitata nei confronti del figliuolo, non superi il valore del bene donato. Quindi, non è questione di evitare una progressività maggiore o minore; è questione di fare in modo che il limite della rivalsa non oltrepassi il valore del bene.

ADONNINO. Nei rapporti tra padre e figlio, lo Stato non c’entra.

PELLA, Ministro delle finanze. Così stando le cose – pur esprimendo qualche preoccupazione circa l’esattezza del termine «ceduto» – accolgo senz’altro l’emendamento a nome del Governo.

ADONNINO. Il termine si può anche modificare. Io parlavo di «ceduto», perché sopra si parla pure di «ceduto».

PRESIDENTE. Chiedo all’onorevole La Malfa se ha qualche cosa da aggiungere dopo le dichiarazioni del Ministro delle finanze.

LA MALFA, Relatore. Forse più esattamente si potrebbe emendare la dizione della «quota proporzionale al bene» dicendo: «ha diritto di rivalsa della quota che si applicherebbe a quel bene».

SCOCA. Qui supponete che si abbia una aliquota superiore al cento per cento. È assurdo.

LA MALFA, Relatore. Mi pare che ci sia un equivoco. Qui la dizione «quota proporzionale di imposta» – e do ragione al collega – può significare che si divide secondo i valori l’imposta, e si applica, quindi, a quel bene un’imposta superiore a quella che sarebbe applicata se il bene fosse tassato direttamente. E allora mi pare più semplice dire: «ha diritto di rivalsa di quell’aliquota che si applica a quel bene» (Commenti). Non può essere il valore del bene ceduto, cioè il valore di cessione, perché questo valore muta nel tempo. Quindi, se io accerto presso il figlio un bene ceduto ad un prezzo x, oggi lo accerto al suo valore reale; e quindi, se io accertassi presso il figlio quel solo bene, applicherei una certa aliquota, rispondente al valore reale di oggi. L’onorevole Adonnino vuol dire questo: che il padre si possa rivalere della quota d’imposta che si applicherebbe a quel bene, qualora fosse il solo bene posseduto da un soggetto fisico.

PELLA, Ministro delle finanze. Non è questa la portata dell’articolo.

CAROLEO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLEO. A me pare che debba restare fermo il testo della Commissione, fissando il criterio della proporzionalità, perché, se anche si accettasse il correttivo proposto dall’onorevole Relatore, ci si potrebbe trovare di fronte ad un cespite per il quale non si saprebbe come determinare la percentuale di imposta, in quanto potrebbe trattarsi di un valore al di sotto del limite imponibile.

LA MALFA, Relatore. Allora non c’è diritto di rivalsa.

CAROLEO. Se si stabilisce questo, sì. Ma non mi pare che sia giusto, perché, se ci sono dieci figli, a cui siano stati date eguali quote, inferiori al limite imponibile, e per le quali, nel complesso, il genitore sopporta anche il criterio della progressione, si lascerebbero esenti tutti gl’intestatari da ogni obbligo di rivalsa. Questo è un eccesso a cui non si potrebbe arrivare. Quindi mi pare che debba mantenersi fermo il testo della Commissione, che è esattissimo e che ci porta ad un criterio di proporzionalità. Tutti coloro che subiscono il cumulo finiranno col pagare rispettivamente una quota proporzionale al valore dei beni ricevuti.

BERTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERTONE. Ci troviamo di fronte ad una questione di una grande delicatezza e gravità, ed io raccomando al Ministro delle finanze di voler bene ponderare, anche per la finanza e per gli uffici fiscali, le conseguenze alle quali si potrebbe andare incontro adottando un provvedimento senza avere prima ben meditato.

L’onorevole Adonnino diceva che lo Stato qui non c’entra. Viceversa c’entra e moltissimo! Questa questione sorgerà al momento in cui l’intestatario di tutti i beni ha avuto liquidato dalla finanza l’imposta progressiva che deve pagare. Dovrà pagare – supponiamo – 50. Egli ha il diritto di rivalersi, verso gli intestatari dei beni cumulati nel suo patrimonio per una quota, e vedremo quale essa possa essere. Questa quota certamente non può essere la progressiva a cui egli è stato sottoposto, perché egli paga in base ad un patrimonio di 100, mentre colui il quale ha conferito fittiziamente i suoi beni, attraverso il cumulo pagherebbe soltanto 10, 8, 5. Quindi evidentemente si ha una diversità d’imposta.

In secondo luogo, supponiamo che si faccia uno scarico verso il possessore reale dello stabile o del fondo. Costui rimborserà la sua quota, ma l’importante è che colui che è stato tassato d’una imposta progressiva ha il diritto, per ragioni di onestà e di moralità, di essere scaricato della parte d’imposta che si riferisce ad un bene per cui ha diritto di rivalersi.

E allora ecco dove entra l’ufficio fiscale! Si dovrà rivedere la tassazione, ed ogni volta che sorgerà un caso del genere, bisognerà esaminare la posizione del riversante e del riversato, il che vuol dire ritoccare, rivedere le tassazioni.

Non so se a questo si voglia addivenire. Io mi permetto di far presente all’Assemblea la questione, la quale – a mio modestissimo avviso – è importantissima non soltanto per il contribuente, ma anche per lo Stato e per gli uffici fiscali.

Quindi è opportuno meditare bene sull’emendamento prima di prendere una decisione.

SCOCA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCOCA. Io non vedo la gravità del problema. Credo che ci figuriamo un castello che è un castello in aria. La norma del progetto che stiamo discutendo mi sembra sufficientemente chiara. Che cosa vuole la legge? La legge vuole che si facciano i cumuli del patrimonio ai fini dell’applicazione dell’imposta e considera due, tre, quattro patrimoni, giuridicamente divisi, come un patrimonio unico ai fini dell’applicazione dell’imposta progressiva. Ma siccome la realtà giuridica è diversa dalla finzione della legge, il legislatore (ed è proprio il legislatore, perché ci troviamo di fronte ad un provvedimento che ha già efficacia di legge), il legislatore che ci ha preceduti ha considerato il caso per risolvere la questione del riparto dell’imposta sul piano normale: cioè ha dato possibilità a chi ha pagato l’imposta di rivalersi verso l’intestatario, cioè colui che giuridicamente appare il proprietario dei beni.

Il timore che l’onorevole Adonnino affacciava nel proporre il suo emendamento era questo: che siccome l’imposta è progressiva e siccome si arriva a pagare una somma diversa da quella che si pagherebbe se la tassazione avvenisse separatamente, la rivalsa potrebbe assorbire completamente il valore del bene cumulato.

Se questo è il timore dell’onorevole Adonnino, esso non ha ragione di essere, perché, per quanto sia alta l’aliquota, non arriva mai al cento per cento, mentre perché si verifichi l’ipotesi prospettata dall’onorevole Adonnino bisognerebbe che l’imposta superasse il cento per cento.

Qual è il caso che si può verificare? Che il diritto di rivalsa superi la quota di imposta proporzionale che quel determinato intestatario dovrebbe pagare se i beni fossero tassati separatamente. Ma questo è nello spirito della legge che considera più entità patrimoniali come formanti un unico oggetto di tassazione.

Comunque, a me pare lampante che il timore prospettato dall’onorevole Adonnino non ha luogo di essere e che, quindi, si possa in piena tranquillità votare la formula come è stata proposta: porre il limite di cui all’emendamento equivale a supporre una condizione di cose che non può verificarsi.

DUGONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DUGONI. Mi pare si debba premettere che in questa questione della ripartizione il fisco non c’entra. Il fisco percepisce dalle mani del cumulatario, cioè da colui a favore del quale è stato fatto il cumulo, ma lascia che cumulante e cumulatario se la vedono fra di loro.

La rivalsa, secondo me, dovrebbe essere proporzionale, cioè pari al tasso d’imposta che viene pagato dal cumulatario. Perché questo? Perché in generale queste suddivisioni di patrimonio vanno da persona che deve probabilmente premorire verso persona che normalmente vive più a lungo.

Quindi coloro che dovrebbero vivere più à lungo riceverebbero al momento dell’eredità il bene diminuito della quantità d’imposta che avrebbe dovuto pagare il cumulatario. Sostanzialmente quindi, dobbiamo fare come nel caso della divisione ereditaria in cui facciamo pagare ad ognuno una quota proporzionale di quello che è stato pagato complessivamente al fisco. La situazione è la stessa e perciò deve essere mantenuto il testo del Governo.

CORBINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CORBINO. Sono d’accordo con l’onorevole Scoca nel ritenere che non vi sia materia di discussione. Il cespite sarà colpito con una aliquota, ma siccome l’aliquota anche la più alta, è sempre inferiore al valore del cespite, non può presentarsi il caso che un contribuente debba pagare un’imposta più alta del valore del cespite medesimo (Commenti).

Ci sarà una differenza di aliquota fra quello che il conferente avrebbe pagato se il patrimonio fosse stato suo e quello che invece paga il patrimonio cumulato. Non può sorgere il problema che Tizio sia chiamato a pagare per l’imposta pagata dal padre più di quello che valgono i beni che il padre gli ha concesso.

C’è piuttosto una questione che affiora dall’articolo 3, e che è in relazione con l’articolo 60, per quello che concerne le sanzioni per coloro che non pagano. Perché noi qui concediamo il diritto alla rivalsa, ma potrebbe darsi che il fisco domandi a colui che viene ad essere privato dell’obbligo di pagare, di contribuire con il suo patrimonio all’imposta del contribuente principale. Questa è la questione che noi dobbiamo porre fin da questo momento, riservandoci di esaminarla in sede di articolo 60.

Le preoccupazioni dell’onorevole Bertone mi pare siano infondate, perché il fisco in tutto questo non c’entra. Io devo pagare per me ed i miei figli: è un affare che devo regolare con i miei figli, non è un affare che il fisco deve regolare con me e con i miei figli.

CIFALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIFALDI. A me pare che la questione sia ormai chiara in un punto iniziale; che, cioè, l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Adonnino non possa creare nessun pregiudizio in riferimento agli obblighi del cumulatario di diversi patrimoni, nel quale cioè si accumulano i patrimoni, sui quali si deve pagare. Non vi possono essere preoccupazioni al riguardo. Quello che diceva l’onorevole Bertone non ha fondamento, perché l’emendamento aggiuntivo tende a disciplinare i rapporti tra colui che è proprietario fittizio e colui che è proprietario effettivo degli immobili. Vi è una garanzia reale dello Stato verso questi immobili, per modo che non sarà possibile a colui che è fittizio proprietario di sfuggire al pagamento della imposta. Dopo di che rimane da chiarire il rapporto fra coloro che pagano e coloro che sono esenti. Per questi rapporti mi pare che quanto è detto nell’ultimo capoverso dell’articolo non sia preciso, perché dire: «Il contribuente ha il diritto di rivalersi, verso gli intestatari dei beni accumulati con quota proporzionale d’imposta afferente i beni medesimi» fa nascere il quesito: ma qual è la quota proporzionale afferente i beni? Ve n’è una che appare nei rapporti dei beni cumulati, ma ve n’è un’altra, e non interessa il fisco, quella che si riferirebbe agli immobili qualora fossero tassati separatamente. A questo riguardo vi può essere anche un bene il quale non giungerebbe ad essere tassato. Per questo bene non tassato, indubbiamente, l’individuo proprietario non deve niente al fisco, ma ha il dovere di dare la quota proporzionale a colui che è fittizio proprietario. L’onorevole Adonnino dice: Possiamo avere l’ipotesi che l’imposta che grava su questo cespite per il fittizio cumulo sia una imposta che superi addirittura il valore del cespite. Mi pare che questa ipotesi si possa verificale agevolmente, perché, ad esempio, la quota del 61 per cento riflette l’interezza dei beni, i quali fittiziamente vengono a cumularsi, ma non si riferisce a ciascun cespite. Faccio questa ipotesi: in un patrimonio di centinaia di milioni, che varca lo scatto ultimo per centomila lire, questo cespite, singolarmente preso, non è tassabile. Quando viene ad essere tassato proporzionalmente agli altri beni accumulati fittiziamente, raggiunge una quota altissima: il 30 o il 40 per cento di tutti i beni. Questa percentuale rappresenterà una quota di venti milioni di imposta. Allora l’emendamento aggiuntivo tende a dire: il massimo della quota che il cumulato può pretendere dall’intestatario non deve superare il valore del cespite. Onde credo che si possa aderire a questo emendamento, il quale tende a far sì che la quota proporzionale di colui che deve pagare per un cespite inserito fittiziamente nei beni del cumulante non possa superare al massimo il valore del cespite stesso.

CONDORELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONDORELLI. Io penso che la parola della saggezza portata dall’onorevole Bertone sia quella da seguire.

È sorta una grave questione che più si discute e più complicata diventa, perché vedo per esempio questo: che i colleghi che si sono occupati della questione hanno guardato alla lettera a) ma non hanno guardato alla lettera b).

Sono colpiti anche i trasferimenti a titolo oneroso che si presumono, ai fini puramente fiscali, fittizi, simulati, ma che però sono tanto veri per quanto il padre chiama il figlio a rimborsare la proporzionale. In questo caso noi avremo la certezza che questo trasferimento, che è ritenuto fittizio ai fini fiscali, è reale giuridicamente. Tanto è vero che il figlio non può opporre al padre: io ho fatto questo negozio per farti un favore, quindi nulla ti devo.

Se non gli risponde questo è perché il negozio, che fiscalmente è fittizio, giuridicamente è reale. E in questo caso noi ci troveremo di fronte a un compratore che dovrebbe riversare milioni al suo venditore, che potrebbe essere anche un altro prezzo della cosa, che potrebbe essere anche il 61 per cento.

Vi prego di considerare anche il caso, che è stato tenuto presente, di una donazione vera e propria.

Qui si avrebbe che il donatario dovrebbe scontare gli effetti della ricchezza del donante. E considerate poi la situazione in cui si troverà questi quando dovrà fare i conti in sede di divisione ereditaria coi proprî fratelli. Che cosa dovrà imputare alla propria quota? Quello che avrà avuto al momento della donazione o questo tanto poi diminuito di quel 61 per cento che in ipotesi avrebbe rimborsato subito?

Mi pare che sorgono delle questioni talmente gravi che meritano che noi rinviamo il seguito di questa discussione a domani mattina, perché si faccia una disposizione sensata, e in questo senso faccio formale proposta che la discussione sia rinviata a domani mattina.

SCOCCIMARRO. Se si accetta la proposta dell’onorevole Condorelli, io mi riservo di intervenire nella discussione in seguito.

PELLA, Ministro delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLA, Ministro delle finanze. Sulla proposta dell’onorevole Condorelli, premetto che ne raccomanderò l’accoglimento.

Quando l’onorevole Adonnino ha proposto il suo emendamento, istintivamente abbiamo sentito che vi potevano essere delle ragioni di giustizia per determinare un limite all’esercizio della rivalsa; ma forse il calcolo aritmetico porterà a pregare l’onorevole Adonnino di ritirare il suo emendamento.

Infatti, premesso che questo ultimo comma spiega i suoi effetti esclusivamente nei rapporti interni fra cumulatario e cumulato, per cui il fisco è fuori discussione, salvo le eventuali ripercussioni in sede di garanzia per la riscossione, se l’ultimo comma stabilisce che l’imposta deve essere ripartita in proporzione dei valori attribuiti ai diversi cespiti, è esatto che la preoccupazione dell’onorevole Adonnino non ha ragione d’esistere, in quanto mai vi potrà essere una quota di imposta superiore al valore del cespite cumulato.

La portata dell’ultimo comma, così come è stato presentato davanti all’Assemblea, è nel senso che l’imposta deve essere ripartita proporzionalmente ai valori dei cespiti, e pertanto io debbo arrivare alla conclusione – anche a modifica di quanto ho detto prima – che l’onorevole Adonnino potrebbe tranquillamente ritirare il suo emendamento.

Però è affiorata un’altra questione, a cui ha accennato qualche oratore, relativa alla tecnica della rivalsa.

Se fosse esatto che tutto questo complesso di cumuli rappresenta il rimedio contro le simulazioni che sonò state poste in essere a danno del fisco, evidentemente non dovremmo neanche configurare un diritto di rivalsa, posto che il frazionamento del patrimonio sarebbe interamente fittizio.

Tenuto all’imposta è il vero contribuente, ma il diritto di rivalsa nasce dalla presunzione di simulazione fiscale, che può parzialmente o totalmente essere in contrasto con una determinata realtà giuridica.

Ed allora nasce il problema se in tale ipotesi – ed è tutta una gamma di ipotesi che soprattutto possono differire fra loro, a seconda che ci troviamo sul piano dei trasferimenti a titolo gratuito o a titolo oneroso – la forma di rivalsa configurata dall’ultimo comma dell’articolo in discussione sia la più felice. Ed è allo scopo di riesaminare tutta questa materia, che aderisco alla proposta dell’onorevole Condorelli di rinviare la discussione ad una successiva seduta.

LA MALFA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LA MALFA, Relatore. Desidererei dare un chiarimento che può servire al Governo, non essendo perfettamente d’accordo con la dichiarazione del Ministro. L’onorevole Adonnino ha portato all’estrema conseguenza un caso di questo genere: si tassa un miliardo con una aliquota progressiva del 50 per cento. Se divido proporzionalmente l’imposta su qualsiasi cespite io applico il 50 per cento. Se raggiungo il miliardo, cumulando 100 milioni di un discendente, questi cento milioni sono tassati al 17 per cento, cioè io pagherei di imposta 17 milioni. Se invece pago proporzionalmente, pago 50 milioni. Questa è la questione che pone l’onorevole Adonnino, ed è questione molto importante. In effetti, se divido una imposta proporzionalmente, non tenendo conto dell’entità patrimoniale, gravo i patrimoni piccoli di rivalsa molto di più dei grandi. (Commenti).

SCOCA. Allora aboliamo il cumulo!

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviata alla seduta antimeridiana di domani.

La seduta termina alle 13.