ASSEMBLEA COSTITUENTE
cv.
SEDUTA DI MARTEDÌ 29 APRILE 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
indi
DEL VICEPRESIDENTE PECORARI
INDICE
Congedi:
Presidente
Progetto di Costituzione della Repubblica Italiana (Seguito della discussione):
Presidente
Bruni
Corbino
Leone Giovanni
Selvaggi
Dossetti
Tumminelli
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione
Bernini
Giua
Malagugini
Longhena
Macrelli
Di Gloria
Marchesi
Codignola
Dossetti
Binni
Russo Perez
Preti Fabbri
Einaudi
Miccolis
Gronchi
Bianchi Bianca
Condorelli
Bozzi
Rescigno
Taviani
Lozza
Badini Confalonieri
Cremaschi Carlo
Caronia
Mazzei
Marconi
Federici Maria
Pistoia
Franceschini
Nobili Tito Oro
Mattarella
Ermini
Colitto
Valenti
Presentazione di un disegno di legge:
Sforza, Ministro degli affari esteri
Presidente
Votazione segreta:
Presidente
Votazione nominale:
Presidente
Interrogazioni con richiesta d’urgenza:
Presidente
Segni, Ministro dell’agricoltura e delle foreste
Lucifero
Sull’ordine dei lavori:
Presidente
Malagugini
La seduta comincia alle 15.10.
RICCIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta precedente.
(È approvato).
Congedi.
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i deputati: Falchi, La Pira, Pellizzari, Volpe e Aldisio.
(Sono concessi).
Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Riprendiamo le votazioni degli emendamenti all’articolo 27.
Comunico che è stato presentato il seguente emendamento al quale hanno aderito i presentatori di vari emendamenti sui quali non si sono svolte votazioni e che pertanto ritirano i propri.
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione.
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali.
«È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, per la maturità e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
«Alle istituzioni di alta cultura, università e accademie, è riconosciuto il diritto di darsi autonomi ordinamenti».
«Dossetti, Gonella, Bernini, Gronchi, Marchesi, Franceschini, Cremaschi Carlo, Tumminelli, Lozza, Silipo, Bernamonti».
Chiedo agli onorevoli Bruni, Corbino e Leone Giovanni di dichiarare se di fronte a questo testo concordato mantengono i loro emendamenti.
BRUNI. Mantengo i miei emendamenti.
CORBINO. Io le confesso, onorevole Presidente, che di fronte all’unanimità (Commenti) o quasi unanimità dei Gruppi sulla parte sostanziale, sono sicuro che il mio emendamento cadrà. Però, sono così nemico dell’esame di maturità nelle scuole medie che, anche se dovessi restare solo, insisto perché la votazione si faccia, riservandomi di presentare fra poco un nuovo testo dell’emendamento stesso. Insisto anche sull’emendamento aggiuntivo che reca oltre alla mia firma quella degli onorevoli Martino Gaetano, Labriola ed altri.
LEONE GIOVANNI. Insisto sul mio emendamento.
PRESIDENTE. Allora dobbiamo passare alle votazioni.
SELVAGGI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SELVAGGI. Ieri sera, per la seconda volta, si è proceduto ad una votazione che non ha deciso nulla. Come può oggi un emendamento sostituire un punto non deciso?
PRESIDENTE. Onorevole Selvaggi, ieri sera, constatata la mancanza del numero legale, non si è nulla deciso. Noi ci troviamo oggi di fronte ad un emendamento che i presentatori hanno dichiarato però di sostituire con un nuovo testo concordato.
Comunico che è stata presentata dagli onorevoli Marchesi e Scoccimarro la proposta di aggiungere in fine di questo testo le parole: «nei limiti consentiti dalle leggi dello Stato».
Prego gli altri firmatari del primo testo di dire se accettano questa formulazione aggiuntiva.
DOSSETTI. A nome del mio Gruppo dichiaro che accetto l’integrazione dell’ultimo comma.
TUMMINELLI. L’accetto anch’io.
PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo all’onorevole Tupini di esprimere l’avviso della Commissione.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione, in merito all’emendamento concordato ed all’aggiunta, pur essa accettata, dichiara che non solo non ha nulla in contrario a che questo emendamento sia posto in votazione, ma che è lieta se sarà accettato.
BERNINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERNINI. Desidero fare una breve dichiarazione: io sono tra i firmatari di questo emendamento e dichiaro, a nome mio e a nome del mio Gruppo – e credo che a questa dichiarazione si assocerà anche l’onorevole Dossetti – che alla formula della equipollenza di trattamento scolastico bisogna dare il valore di trattamento relativo all’organizzazione della scuola e ai diplomi, escluso nel modo più assoluto il trattamento economico. Facendo questa dichiarazione, credo di essere perfettamente d’accordo con gli altri firmatari dell’emendamento, dai quali mi aspetto analoga dichiarazione.
GIUA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUA. Rivolgo preghiera all’onorevole signor Presidente perché faccia distribuire questo emendamento concordato in quanto non ne ho compreso appieno tutti i particolari, per cui non posso votare con coscienza l’emendamento stesso, tanto più che su di esso, a quanto mi risulta, non vi è neanche l’accordo nel Gruppo del Partito socialista italiano.
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAGUGINI. Ho chiesto di parlare per informare l’Assemblea che ad un tentativo di trovare una formula conciliativa, io, personalmente interpellato in proposito dall’onorevole Dossetti, avevo dato fin da ieri, prima che si iniziasse la seduta, la mia cordiale adesione. Soltanto avevo pregato l’onorevole Dossetti di unirsi a me nel chiedere alla Presidenza, prima di passare alle votazioni, una sospensione di seduta per tentare fra i rappresentanti dei vari Gruppi quegli accordi che pare – dico pare, perché le campane fin qui sentite non han suonato all’unisono – si siano raggiunti questa mattina. Comunque, pur aderendo personalmente alla sostanza dei nuovi emendamenti proposti, penso che la forma non sia sempre e in tutto la più felice. D’altra parte, per rispetto ai deputati non solo del mio Gruppo, ma di tutti i Gruppi della Camera, non posso che associarmi alla proposta del compagno Giua perché dell’articolo concordato siano fatte copie da distribuire ai singoli colleghi, i quali possano poi votare a ragion veduta e non su una semplice affrettata lettura da parte dell’onorevole Presidente. (Applausi a destra).
PRESIDENTE. Fra dieci minuti sarà distribuito il testo stampato del nuovo emendamento.
LONGHENA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LONGHENA. Per le ragioni che ho sostenute nel mio discorso e per i miei convincimenti, dichiaro – malgrado si sia parlato di accordi – di votare contro l’emendamento, soprattutto perché in esso è consacrato l’esame di Stato che io ho combattuto.
MACRELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACRELLI. Onorevoli colleghi, ormai non ci meravigliamo più di niente. (Commenti). Siamo abituati a queste sorprese improvvise. Veniamo qui con un testo preciso, approvato dalla Commissione dei settantacinque o dai diciotto Soloni; discutiamo; poi ad un certo momento arriva il testo concordato, non sappiamo come e non sappiamo da chi. (Commenti).
Una voce. È firmato!
MACRELLI. Abbiamo assistito a questa ripetizione di sorprese fino a ieri sera. (Commenti).
BERNINI. Perché?
MACRELLI. Caro Bernini, perché è così. Siamo usciti ieri sera da una battaglia, se la vogliamo chiamare così… (Commenti – Interruzioni).
PRESIDENTE. Egregi colleghi, per favore, non rifacciamola adesso la battaglia!
MACRELLI. …campi divisi, posizioni nette e precise. Oggi, improvvisamente, convocati qui ci siamo visti presentare un testo «equipollente», un testo concordato; e abbiamo sentito dei nomi che hanno un significato, perché l’emendamento è firmato non soltanto dal valoroso amico Dossetti, rappresentante della Democrazia cristiana, ma dal professor Marchesi, che ieri ha diretto la lotta… (Commenti – Interruzioni) dall’amico Bernini, che mi interrompe e vuol chiedere a me le ragioni del nostro dissenso. Le dico subito: noi siamo sempre – l’ho già dichiarato prima – per le posizioni nette e precise…
Una voce. E serie!
MACRELLI. …e soprattutto serie. Ognuno abbia il coraggio di assumere delle responsabilità; noi le abbiamo assunte. (Commenti – Interruzioni).
Ci possiamo servire di tutti i mezzi consentiti dalla legge e dal regolamento! Oggi siamo qui, come siamo stati sempre in ogni momento e in ogni ora, amico ignoto che mi interrompi!
Le spiegazioni che ha dato l’amico Bernini, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione, non ci convincono in modo assoluto. Io attendo l’altra campana, che si è già annunciata, quella dell’onorevole Dossetti, il quale spiegherà che cosa significa «equipollente», che cosa significa «parità». Ma abbiamo proprio bisogno di sfogliare il vocabolario per conoscere certi termini? Ma abbiamo bisogno di venire proprio qui ad imparare che cosa significhi «parità» nel campo scolastico?
Onorevoli colleghi, noi abbiamo detto il nostro pensiero; lo abbiamo espresso chiaramente. Mi associo alla proposta dell’onorevole Giua, per quanto forse inutile…
PRESIDENTE. È già soddisfatta, onorevole Macrelli.
MACRELLI. Distribuite pure gli emendamenti, distribuite tutte le copie che volete: sappiamo già come avverrà la votazione, quale esito avrà. Fin da questo momento noi vi diciamo che siamo per la libertà della scuola, per la libertà dell’insegnamento (Commenti); ma appunto per quelle ragioni che voi portate, noi voteremo contro.
TUMMINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUMMINELLI. La mia firma all’emendamento concordato impegna soltanto me e non il mio Gruppo; ed ho firmato perché sostanzialmente si tratta della stessa cosa perché parificazione e parità sono sinonimi. Avendo firmato quel nuovo emendamento, non ritengo più di dover insistere sul comma terzo ed ultimo del mio vecchio emendamento.
DI GLORIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI GLORIA. La formula presentata dagli onorevoli Dossetti, Bernini ed altri non garantisce, a mio avviso, la piena libertà di insegnamento né come la concepiscono i democristiani né come la concepiscono i laicisti. Non potendo tollerare né i pasticci né i compromessi (Rumori), né quant’altro mai sa di posticcio, dichiaro di votare contro, augurando al mondo della cultura il riconoscimento di tutta la dignità che merita al di sopra e magari contro ogni malcelato interesse della politica ufficiale.
Naturalmente tutto quanto ho detto impegna me e me soltanto.
MARCHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCHESI. L’onorevole Macrelli ha detto che sono stato il direttore della lotta di ieri, e non posso trascurare questa affermazione, a distanza di così breve tempo. Dinanzi allo schieramento compatto delle forze democristiane, noi ieri sera abbiamo sentito le nostre file diradate; diradate per motivi che non dipendevano da incuria, perché la noncuranza è una votazione, è una maniera di votare e il noncurante è un votante: ma per varie necessità di partito che tenevano lontani da Roma non pochi dei nostri. (Interruzioni).
Dicevo dunque che nel votare un articolo che ritenevamo di capitale importanza per la vita pubblica italiana, non volevamo affidare alla fortuna di una sera una decisione irrevocabile. Perciò ritenemmo opportuno allontanarci, non per ingaggiare una battaglia, ma per mettere l’Assemblea in condizioni di misurare nella loro entità le forze contrastanti. (Commenti).
Voi non credete alle nostre parole, perché non avete mai la possibilità di credere alle vostre; dunque, dicevo, ci siamo allontanati per mettere l’Assemblea dinanzi ad uno schieramento di forze nella loro effettiva entità, e per dare, se mai, ai colleghi della Democrazia cristiana la soddisfazione di una più netta vittoria.
Ma stamane, siamo venuti fuori improvvisamente con la sorpresa, come voi dite onorevole Macrelli, con la sorpresa propria di coloro che non hanno una strada sicura, che non hanno una meta certa, come l’avete voi: certi privilegi appartengono soltanto a certi scanni! (Commenti). Noi abbiamo i sentieri tortuosi che tuttavia ci riportano sempre a una grande strada maestra, sulla quale speriamo di incontrare anche voi ed i vostri colleghi, onorevole Macrelli. Se siamo venuti oggi con un testo concordato, è perché non siamo amici sistematici della discordia. Ed all’onorevole Dossetti, il quale stamane, con nobili parole, ci ricordava il desiderio che l’unità democratica dei partiti di massa sia conservata, rispondemmo che noi comunisti quella unità abbiamo sempre invocata e difesa. E poiché ci è stato permesso stamane venire ad un accordo, a questo accordo siamo giunti, nell’interesse della scuola italiana e del popolo lavoratore che rappresentiamo in quest’Assemblea. (Applausi a sinistra).
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Io non ho firmato la proposta di emendamento sostitutivo, concordata fra l’onorevole Dossetti e alcuni colleghi socialisti e comunisti, perché ne sono venuto a conoscenza pochi minuti prima dell’inizio di questa seduta.
Devo dire che, contrariamente a quanto affermava poc’anzi l’onorevole Macrelli, non credo che, in via di principio, si debba respingere la possibilità di un accordo tra forze contrapposte. È chiaro che in via generale è anzi opportuno tentare di raggiungere un accordo che possa consentire una soluzione di interesse generale per il Paese. Ma questo solo alla condizione che l’accordo costituisca non un compromesso, ma un punto di incontro in cui le forze contrapposte siano capaci di trovare un minimo comune denominatore. Non mi sento perciò di dichiarare in questo momento, anche a nome del mio Gruppo, se voteremo a favore o contro il testo concordato: perché nell’emendamento sostitutivo, proposto dall’onorevole Dossetti e da altri colleghi, vi sono alcune parti che rappresentano veramente un punto serio d’incontro fra le diverse correnti politiche, e queste parti avranno il nostro appoggio; ma vi sono anche altre parti che non fanno che ribadire e forse peggiorare l’equivoco che abbiamo denunziato fin da principio nel testo proposto dalla Commissione.
Il primo comma dell’emendamento sostitutivo, che afferma che enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti educativi, è a nostro giudizio accettabile, in quanto ne sono state tolte le parole: «con la sola osservanza delle norme di diritto comune», che apparivano nel precedente emendamento Dossetti.
È apparsa evidentemente anche ai colleghi dei banchi democristiani l’opportunità di procedere a questa soppressione, e pertanto, per parte nostra, siamo disposti a votare a favore del primo comma dell’emendamento sostitutivo.
Altro discorso è da farsi per il secondo comma, che suona così: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà ed ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali».
Ora mi pare evidente dalla prima lettura – e tuttavia mi riservo di ascoltare le dichiarazioni dell’onorevole Dossetti, da cui potremo renderci conto dell’interpretazione che i democristiani danno a questo comma – che siano state riprodotte qui le medesime ragioni di equivoco per le quali noi ci dichiarammo contrari alla prima formulazione. Si parla infatti di parità. Ma che cosa significa parità? Significa parificazione, significa pareggiamento? Per quale ragione è stato prescelto questo termine, ancora più equivoco della primitiva formulazione? È evidente che domani qualsiasi Governo potrà interpretare secondo i suoi particolari intendimenti questa parola «parità». Si aggiunge: «La legge deve assicurare ad esse (scuole non statali) piena libertà». Quale libertà? Libertà di insegnamento? Siamo d’accordo, onorevoli colleghi. O libertà di organizzazione? O libertà in quel senso più vasto, che abbiamo già avuto occasione di denunciare nel nostro precedente intervento? Per quale ragione non è stato chiarito che questa libertà è libertà di insegnamento? Se i democristiani sono d’accordo nel sostituire alla parola «libertà» le parole «libertà di insegnamento», sarà questo un passo avanti per raggiungere una soluzione di effettivo soddisfacimento per tutte le parti.
Ancora: «…ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico». «Trattamento scolastico» esclude che questa equipollenza si riferisca al trattamento economico? Io sono di diverso parere. Parità di trattamento scolastico può non significare parità di trattamento economico, ma può anche significare parità di trattamento economico, perché quando noi diciamo «parità di trattamento scolastico» significa che noi vogliamo mettere gli alunni delle scuole parificate sullo stesso piano degli altri alunni. Questo punto deve essere chiarito, e non basta che il chiarimento sia fatto con una dichiarazione di voto da parte dell’onorevole Dossetti. Io pregherei i colleghi democristiani (se, come hanno ripetutamente dichiarato, non vogliono chiedere allo Stato un intervento economico in favore degli alunni delle scuole parificate) di proporre una formula che garantisca il Paese su questo punto, e la garanzia la chiediamo non per un partito, ma nell’interesse di tutti. E credo che anche i democristiani vorranno convenire sull’opportunità di questo chiarimento.
Finalmente, il terzo comma contiene l’esplicita dichiarazione che è prescritto l’esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, per la maturità e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Noi riteniamo che questa formulazione sia pienamente accettabile, in quanto siamo persuasi che è indispensabile per la serietà degli studi che sia mantenuto e rafforzato l’esame di Stato in tutti i passaggi da un grado all’altro, e nel conferimento dei titoli di studio. Noi pertanto voteremo a favore di questo comma.
Ed infine è stata aggiunta, con alcune opportune modifiche, in calce all’emendamento sostitutivo, una proposta ch’era stata già presentata da alcuni colleghi democristiani e liberali circa l’autonomia delle istituzioni universitarie.
Ricordo che nell’emendamento proposto dall’onorevole Martino, insieme ad altri colleghi liberali, si parlava anche del principio della inamovibilità dei professori universitari.
Noi ci dichiarammo a favore di questo principio, che non trovo riportato nell’ultimo comma dell’emendamento proposto. Quindi, chiedo ai sottoscrittori se siano disposti ad accettare una aggiunta, che sancisca questo principio della inamovibilità accanto al principio, qui riconosciuto, dell’autonomia dell’ordinamento universitario.
Entro questi limiti e con questa formulazione, che fa cadere le riserve, che a suo tempo avevamo avanzate sulla precedente formulazione, noi siamo d’accordo anche su quest’ultimo comma.
Per concludere, noi chiediamo all’onorevole Presidente di voler mettere in votazione questo articolo sostitutivo per divisione, comma per comma.
Noi voteremo a favore di quei commi che ci sembra rappresentino realmente un passo avanti nel tentativo di conciliazione, non apparente, ma sostanziale, delle opposte posizioni.
Voteremo contro il secondo comma, nel caso che la dichiarazione che farà l’onorevole Dossetti, ed eventualmente i chiarimenti che potranno essere introdotti nel testo di questo comma, non ci consentano una maggiore garanzia di rispetto della libertà di insegnamento. (Applausi a sinistra).
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Dagli inizi del lavoro in sede di Sottocommissione sul problema della scuola, sempre, fino a questa ultima riunione, noi ci siamo preoccupati fondamentalmente di una cosa e di una cosa soltanto: cioè, di assicurare che quella libertà di insegnamento e quella libertà di scuola, che tutti i settori dell’Assemblea hanno dichiarato di volere riconosciute, venissero garantite dalla Costituzione come libertà non soltanto nominali e apparenti, ma sostanziali e concrete.
Questo è stato il significato, che noi abbiamo attribuito alla frase, sulla quale abbiamo lavorato in sede di Sottocommissione, e nella quale abbiamo insistito in sede di Comitato di coordinamento, ed anche nella discussione in questa Assemblea: frase che doveva fare esplicito riferimento ad una «parità di trattamento».
Non abbiamo mai inteso con questo risolvere il problema di eventuali aiuti economici da parte dello Stato alla scuola non statale, ma garantire in modo concreto ed effettivo la libertà di questa scuola e la parità dei suoi alunni rispetto a quelli della scuola statale.
Questo era il concetto che ci aveva mossi nelle proposte iniziali e ancora nel testo presentato ieri che si riconduceva alle origini, cioè alla formula approvata in sede di prima Sottocommissione.
Per potere dare, però, un chiarimento ulteriore, che non lasci nessun dubbio al riguardo e che significhi in modo tassativo che in questo testo noi intendiamo solo ottenere una assicurazione della effettiva libertà della scuola, noi abbiamo acceduto a che si sostituisca alla espressione «parità di trattamento» l’altra «equipollenza di trattamento scolastico», la quale intende riferirsi specificamente alla equipollenza, cioè alla equivalenza a tutti gli effetti giuridici della carriera e dei titoli scolastici degli alunni delle scuole non statali di fronte a quelli delle scuole statali, senza che né la frase originaria né questa implicasse, nel nostro intendimento, o, comunque, implichi la necessità di un obbligo finanziario a carico dello Stato.
Con questo intendimento, che noi anche stamani abbiamo confermato in particolare all’onorevole Bernini e che, spero, sia da tutti riconosciuto nella portata, che esso appunto vuole avere, noi proponiamo come testo definitivo l’emendamento che oggi abbiamo presentato.
BINNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BINNI. Desidero brevemente spiegare lo spirito con il quale io ed il collega Preti abbiamo dato l’adesione all’emendamento concordato. È chiaro ed evidente, in seguito a quanto abbiamo già detto anche in sede di discussione generale, che noi, votando questo emendamento, non abbiamo inteso di rinunciare alla nostra linea nei riguardi della scuola.
Noi abbiamo inteso che quella formula: «equipollenza di trattamento scolastico» non debba implicare assolutamente neppure l’ombra di sovvenzioni che lo Stato debba dare alla scuola privata. Questo è lo spirito con cui abbiamo dato la nostra adesione all’emendamento.
PRESIDENTE. È stato presentato un emendamento aggiuntivo a firma degli onorevoli Leone Giovanni, Bettiol e Corbino così formulato:
«Ai professori di ruolo delle Università statali è garantita la inamovibilità».
È, quindi, implicita la decadenza dei precedenti emendamenti presentati, sullo stesso argomento, dagli onorevoli Leone e Corbino.
LEONE GIOVANNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEONE GIOVANNI. Desidererei chiedere all’onorevole Dossetti se è disposto ad accettare il nostro emendamento, come ultimo comma del suo emendamento sostitutivo.
DOSSETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOSSETTI. Consultati gli altri colleghi che hanno firmato il testo dell’emendamento concordato presentato oggi, è parso a loro, e per solidarietà pare anche a me, che questa norma non sia di immediato interesse costituzionale, e che sia conveniente rimettere al legislatore la disciplina in materia.
GIUA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUA. Leggendo questo emendamento mi rendo conto della bontà di quell’altro emendamento proposto dall’onorevole Codignola, che significava appunto questo: che nella Carta costituzionale il problema della scuola veniva trattato da un punto di vista generale, e non veniva considerato con particolari che appartengono, non alla Carta costituzionale, ma alla legislazione ordinaria.
Tuttavia, poiché i democristiani in sede di Commissione hanno creato una specie di schema di argomenti che interessano la politica della Democrazia cristiana, e poiché su questo schema era stato costruito anche l’emendamento dell’onorevole Dossetti, voglio fare alcune osservazioni su questo emendamento concordato.
Nel primo comma è affermato che: «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione». Io non credo che nella Carta costituzionale lo Stato si debba preoccupare in modo particolare di affermare che gli enti ed i privati hanno diritto di istituire scuole o istituti di educazione. Questo principio è stato affermato o tollerato dalla legislazione del passato, senza che nello Statuto italiano fosse esplicitamente detto «i privati hanno diritto di creare delle scuole». È un problema che dobbiamo considerare dal punto di vista storico. Noi abbiamo dichiarato che questo problema della scuola privata è un problema di scuola confessionale. Gli unici organi che sono interessati a conservare la scuola privata sono gli organi che appartengono alla Chiesa cattolica.
Quindi, noi dicevamo, ed io personalmente confermo in questo momento, che non vi è nessuna ragione perché nella Carta costituzionale venga affermato esplicitamente che enti o privati hanno il diritto di procedere all’insegnamento scolastico.
Il secondo comma afferma che gli alunni che frequentano le scuole non statali si debbono trovare dal punto di vista del trattamento scolastico in condizioni di parità con gli scolari che frequentano le scuole statali.
Che io mi sappia, anche in precedenza era affermato questo principio; ma lo Stato veniva garantito, prima di procedere al pareggiamento delle scuole private, facendo ispezioni, in maniera che le scuole private fossero nelle stesse condizioni delle scuole pubbliche. Quando queste condizioni non esistevano, le scuole private non avevano il diritto di dare certificati agli alunni, come l’avevano, invece, le scuole pubbliche. Per cui, anche sopra questo secondo comma, le osservazioni del collega Dossetti non sono convincenti. Vale a dire che allo stato attuale, scuola privata significa scuola confessionale, e non vi è ragione di affermare nella Carta costituzionale che lo Stato si preoccupa che queste scuole siano così efficienti da dare i titoli necessari, perché gli alunni possano prepararsi per esercitare la professione libera.
Sull’esame di Stato, dichiaro personalmente che sono contrario alle osservazioni degli onorevoli Corbino e Longhena, perché credo che questa sia una garanzia dello Stato, che gli alunni, grado a grado, nel passare da una scuola all’altra, o da un anno all’altro della stessa scuola, debbano subire un esame che deve essere un controllo della capacità e anche dell’insegnamento che gli stessi insegnanti danno nella scuola. Viceversa, affermando nell’ultimo comma di questo emendamento che le Università e gli istituti di alta cultura possono darsi ordinamenti autonomi, io non nascondo la mia preoccupazione.
Vi sono Stati, come la Germania prima dell’avvento di Hitler, che hanno dato un esempio del come le Università possano svilupparsi quando sono autonome. Ma le condizioni sociali della Germania guglielmina non sono le condizioni attuali dell’Italia. Noi usciamo dalla dittatura fascista; sotto la dittatura fascista le Università, e dal punto di vista dell’organizzazione interna e dal punto di vista degli insegnanti, non hanno migliorato, anzi hanno peggiorato. Se noi dichiariamo oggi le Università autonome, corriamo il pericolo di vedere creati in Italia tanti centri di insegnamento, che si possono contradire l’uno con l’altro, non solo nei programmi, ma soprattutto dal punto di vista della ricerca sperimentale, per quei mezzi che è necessario dare ai laboratori di ricerche, che, qualora le Università fossero assolutamente autonome, non potrebbero trovare né con le tasse degli alunni, né con altri mezzi, per cui oggi dare alle Università la perfetta autonomia, significa porre un problema che le Università italiane non possono risolvere, nel senso di favorire lo sviluppo delle Università stesse. A questo concetto dell’autonomia delle Università è legato anche l’emendamento proposto dall’onorevole Corbino e da altri colleghi, di creare l’inamovibilità dei professori universitari. L’onorevole Corbino è un insegnante universitario e sa che i professori universitari in Italia sono stati, anche in base alla legge Casati, sempre inamovibili. Non so se nel periodo fascista questo principio sia stato rimosso; tuttavia credo che non si possa addivenire subito e non si possa ritornare al principio della legge Casati unicamente perché oggi noi abbiamo il compito di rinnovare la vita universitaria, e quindi è necessario che lo Stato controlli anche l’attività dei professori universitari, perché la riforma universitaria per noi non è solo riforma strutturale dell’università, ma è anche rinnovamento degli insegnanti.
CORBINO. Così ragionava Bottai. (Commenti).
GIUA. Onorevole Corbino, posso risponderle che quando Bottai parlava della Carta della scuola, non potevo leggere quello che i giornali dicevano di Bottai. Quindi, questa consonanza di pensieri non è una consonanza fra lo spirito fascista di Bottai e lo spirito socialista mio. Io credo di essere rimasto sempre socialista, e credo di essere socialista affermando questo. Io pongo il problema dal punto di vista storico. Lei, onorevole Corbino, si pone al di sopra della storia, e noi sappiamo che il liberalismo che si pone al di sopra della storia talvolta ci dà quest’esempio: che i liberali sono dei conservatori, appunto perché vogliono restare fuori della storia. Noi socialisti vorremmo che i liberali si ponessero nel quadro della storia, ed allora li accetteremmo come nostri collaboratori.
Per questa ragione, credo che allo stato attuale stabilire nella Carta costituzionale l’inamovibilità dei professori universitari sia affermare un principio che contrasta con lo spirito che noi cerchiamo di affermare nella Carta costituzionale, che è quello di salvaguardare la Repubblica da tutte le possibili insidie.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Gli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol conducono una nobile battaglia per l’autonomia e l’inamovibilità dei professori universitari. La Commissione ne apprezza i moventi e lo spirito, ma, facendo proprie le considerazioni svolte dall’onorevole Dossetti, ritiene che non sia il caso di inserire in un testo costituzionale il principio sostenuto dagli onorevoli Bettiol e Leone Giovanni.
Identica proposta è contenuta nell’emendamento degli onorevoli Martino Gaetano, Labriola, Della Seta, Caronia, Lucifero e Corbino. Valga anche per questi la risposta da me data ai colleghi Leone e Bettiol.
La Commissione, invece, accetta – per tale materia – l’ultimo comma dell’emendamento Dossetti-Gonella del seguente tenore: «Alle istituzioni di alta cultura, Università e Accademie è riconosciuto il diritto di darsi autonomi ordinamenti». Con l’eventuale accettazione di questo emendamento, che già figura nel nuovo testo, si potrà ritenere sodisfatto anche il principio dell’inamovibilità dei professori universitari. Infatti, se le Università sono autonome, i professori ne risulteranno liberi, e quindi, inamovibili.
RUSSO PEREZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUSSO PEREZ. Desidero chiedere ai proponenti di quest’ultimo emendamento qualche chiarificazione, perché, in fondo, le sole modificazioni apprezzabili sono costituite dalla sostituzione della parola «parità» alla parola «parificazione» e della parola «equipollenza» al termine «parità». Evidentemente l’interprete di domani cercherà di sapere perché sono avvenuti questi cambiamenti e cercherà naturalmente i lavori preparatori. Ma siccome non ci sono lavori preparatori per questi accordi di carattere ufficioso, è giusto che i proponenti ci spieghino l’esatto significato delle modificazioni, in modo che il legislatore di domani eviti possibili errori d’interpretazione.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. È stato già detto.
All’onorevole Dossetti e all’onorevole Gonella faccio osservare, in ordine al testo da loro proposto, relativo all’abilitazione all’esercizio professionale e ai varî ordini o gradi di scuole per la maturità, in relazione alle prescrizioni dell’esame di Stato, che è molto esatta la formula contenuta nel testo del progetto là dove si dice, a proposito dei varî ordini e gradi di scuole, cioè «indicati dalla legge», e non «maturità»; perché il concetto di maturità gettato giù all’improvviso in un testo costituzionale, senza una sufficiente discussione e senza poterlo ancorare a questo o a quell’ordine o grado di scuole, crea una situazione incerta e confusa e, quindi, di difficile interpretazione. Se, al contrario, se ne rimanda la precisazione alla legge, secondo il testo del progetto, le conseguenze saranno chiare e ogni limitazione possibile.
PRESIDENTE. Dagli onorevoli Codignola, Matteotti, Sardiello e altri è stato presentato il seguente emendamento al secondo comma dell’emendamento concordato: «La legge assicura alle scuole non statali piena libertà di insegnamento e garantisce ai loro alunni parità di condizioni didattiche».
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Vorrei chiederle, onorevole Presidente, di consentire una sospensione della seduta per non più di dieci minuti. (Commenti). Sarebbe nell’interesse comune raggiungere una formulazione che sia accettata da tutte le parti. Credo, pertanto, che una sospensione di dieci minuti sarebbe opportuna. (Commenti).
PRESIDENTE. Onorevole Dossetti, siccome ella è un po’, come dire, il deus ex machina, vorrei dirle che potrei accedere al desiderio manifestato dall’onorevole Codignola ad una condizione, che soltanto lei può assumere impegno di soddisfare, cioè che vi sia almeno qualche possibilità che questo avvicinamento fra le posizioni concordate che lei rappresenta e la formulazione proposta dall’onorevole Codignola possa verificarsi veramente.
DOSSETTI. Sono molto dispiacente, ma ho il dovere di rispondere che mi pare che l’onorevole Codignola con la sua formula – che soltanto esteriormente presenta una certa assonanza con la nostra – intenda risolvere un problema diverso da quello che noi abbiamo risolto con il testo concordato, al quale io credo ci si debba invece attenere. Nel testo concordato si risolve il problema della condizione giuridica, sia pure senza nessuna specificazione in ordine al problema economico, degli alunni delle scuole non statali. Invece l’onorevole Codignola, parlandoci di «parità di condizioni didattiche» presenta una formula la quale riguarda tutt’altra questione; cioè sembra semplicemente affermare la necessità che sia assicurata agli alunni delle scuole non statali una condizione didattica pari a quella degli alunni delle scuole statali.
Ora, questa condizione didattica potrebbe essere tutt’altra cosa dalla condizione giuridica, è tutt’altra cosa dalla equipollenza dei titoli, alla quale noi ci richiamiamo.
Parità di condizioni didattiche potrebbe dire che si deve assicurare – e questo non tanto a vantaggio delle scuole non statali, ma quasi, direi, a loro carico – che effettivamente queste scuole non statali abbiano un’efficienza didattica pari a quella delle scuole statali. Quindi, problema totalmente diverso; soltanto assonanza formale di parole.
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO. Le dichiarazioni dell’onorevole Dossetti ho l’impressione che abbiano confuso più che chiarito la situazione, perché qui adesso si pone un problema di equipollenza non nei riguardi degli istituti, ma nei riguardi della legge.
L’emendamento Dossetti dice che «la legge… deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni equipollenza di trattamento». È la legge che deve assicurare questa equipollenza, ed allora può nascere il dubbio che la legge abbia anche l’obbligo di mettere gli istituti privati nelle condizioni di realizzare questa equipollenza.
Su questo punto credo che i chiarimenti sarebbero veramente necessari, perché, finché noi siamo sul terreno della parità puramente didattica fra alunni delle scuole di Stato ed alunni delle scuole private sorte per iniziativa di chiunque, e con mezzi propri, noi siamo perfettamente d’accordo. Ma, se dovesse nascere il dubbio che lo Stato a chiunque si presenti per voler fare una scuola privata abbia l’obbligo di metterlo in condizioni di costituire l’equipollenza con i giovani delle scuole pubbliche (Commenti), noi creeremmo l’anarchia nella pubblica istruzione, perché non ci sarebbero più mezzi sufficienti per tener fronte alle necessità dello Stato per le proprie scuole ed alle necessità di tutti i privati, di cui ciascuno si vorrebbe fare una scuola per conto proprio. Ecco perché io vorrei che si desse un’interpretazione autentica di questa disposizione che si ve a votare.
Ad attenuare un poco il peso della nostra responsabilità, debbo aggiungere che queste disposizioni si debbono a tempo debito convertire in leggi, che le leggi debbono trovare un parlamento che le approvi, e che, se ci saranno dei parlamenti che vorranno andare oltre le nostre attuali intenzioni, ci andranno, mentre, se vi saranno dei parlamenti che vorranno restare al di qua, vi resteranno.
In quanto poi agli studi universitari, io, per semplificare un po’, non insisto sull’emendamento che avevamo presentato nei riguardi dell’inamovibilità dei professori di Università. In tanto era stata richiesta l’inamovibilità in quanto nel progetto di Costituzione è prevista l’inamovibilità per i magistrati e, tanto per i magistrati che per i professori Universitari, la tradizione ha sempre rispettato il principio dell’inamovibilità.
Rimettiamoci, quindi, alla tradizione della legge Casati e speriamo che i professori saranno inamovibili come, nella gran massa, sono stati inamovibili anche quando i ministri fascisti abolirono, di fatto, l’inamovibilità.
PRETI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Egregi colleghi, mi pare che sia stata già larghissimamente chiarita ogni più piccola parte di quest’emendamento. Ad ogni modo, onorevole Preti, lei ha facoltà di parlare.
PRETI. Volevo dire che non solamente l’onorevole Dossetti ha sottoscritto questo emendamento, ma l’abbiamo sottoscritto anche noi e, di conseguenza, noi invitiamo lui ed il suo Partito ad accedere a questa richiesta dell’onorevole Codignola: può darsi che in tal modo si giunga a trovare una soluzione che accontenti tutti. (Commenti al centro).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi consentano un momento di attenzione. All’emendamento concordato sono stati ormai presentati altri cinque o sei emendamenti da parte di colleghi, i quali hanno avuto conoscenza dell’emendamento concordato soltanto all’inizio di seduta.
Ritengo, pertanto, sia opportuno che gli interessati si riuniscano immediatamente durante una breve sospensione della seduta.
(La seduta, sospesa alle 16.25, è ripresa alle 16.40).
FABBRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABBRI. Se non vi è un nuovo testo concordato, dichiaro che io voterò contro quello che, all’inizio della seduta, è stato detto testo concordato, perché non mi appare chiaro nel suo contenuto.
Infatti, mentre si parla di autonomi ordinamenti per le istituzioni di alta cultura, di università in genere, sul che io sarei perfettamente d’accordo, trovo che, corrispondentemente a questa caratteristica per gli istituti di alta cultura, università e accademia, gli autonomi ordinamenti sono consentiti nei limiti della legge; invece per le scuole inferiori si parla di garanzia di piena libertà, senza precisare di che e di che cosa, in guisa che, questa piena libertà, garantita dalla legge, mi pare qualche cosa di più di quella consentita agli istituti superiori che hanno liberi ordinamenti, nei limiti della legge.
D’altra parte, quando si parla anche di parità, non capisco esattamente che cosa l’espressione significhi ed essa risulta per me equivoca, perché sapevo all’ingrosso che cosa significa parificazione e pareggiamento, ma non so che cosa esattamente voglia dire parità. Voto contro anche perché non sono favorevole all’esame di Stato relativamente alla scuola statale. Ritengo che una delle precise funzioni dello Stato sia l’ordinamento scolastico e la funzione dell’istruzione e dell’educazione. Se lo Stato adempie adeguatamente questa sua funzione non deve aver bisogno di alcun controllo nel momento in cui i suoi funzionari e i suoi dipendenti, che conoscono perfettamente gli alunni per averli seguiti durante almeno un anno scolastico, decidono per il loro passaggio o non ai gradi superiori. Ritengo, quindi, che l’esame di Stato non sia concepibile nell’ambito della funzione dell’insegnamento scolastico da parte dello Stato se non nei rapporti delle scuole private. Ed allora bisogna sapere con precisione quando questo esame di Stato interviene, mentre l’espressione «maturità» mi pare che dica ben poco se non faccia riferimento ad un significato dell’espressione che sia già contenuta in legge. Noi non sappiamo se durante tutto lo svolgimento delle classi ginnasiali della scuola secondaria in genere interviene o non questo esame di maturità secondo l’ordinamento proposto. Per passare dal ginnasio al liceo c’è un esame di maturità? Oppure un esame di maturità è solo quello di ammissione all’università? C’è tutta una serie di equivoci per cui io non posso votare questo testo, mentre mi appariva chiarissimo quello della Commissione dei settantacinque, avendo io, è vero, un dissenso sull’ultimo comma, ma era un dissenso di concetto e di opinione e non un dissenso di interpretazione del contenuto dell’articolo, mentre nel testo concordato trovo una confusione, una imprecisione, una serie di compromessi sul significato delle parole e, quindi, una equivocità di interpretazione che mi pare sia poco plausibile per un testo di Costituzione che deve essere chiaro e comprensibile per quisque de populo.
EINAUDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EINAUDI. Dichiaro che voterò contro questo emendamento come avrei votato contro l’articolo 27, così come era stato proposto dalla Commissione, perché ritengo che questo articolo consacri non la libertà della scuola, ma la sua schiavitù. O la lingua italiana vuol dire qualcos’altro di quello che dice o è evidente che questo articolo consacra la schiavitù della scuola e non la sua libertà. Infatti, il primo comma, già votato, dice che l’arte e la scienza sono libere e libero è l’insegnamento. Poi l’articolo seguita nei commi successivi a dire che la legge fissa gli obblighi delle scuole non statali ed assicura un equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali. Non si sa che cosa ciò voglia dire. Acquista poi significato da quello che è detto dopo, quando si afferma che è prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini, quindi dal ginnasio inferiore al superiore, dal liceo all’università, e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Se la lingua italiana vuol dire qualche cosa, questo vuol dire che lo Stato o qualche organo pubblico stabilirà quali siano i programmi, quali siano gli insegnamenti che devono essere impartiti, programmi ed insegnamenti a cui tutti gli ordini di scuole pubbliche e private si devono uniformare. L’articolo significa letteralmente, per quello che dice, che si consacra ancora una volta il valore legale di quello che è il pericolo, la peste maggiore delle nostre università, il valore giuridico dei diplomi, dei titoli di dottorato e di licenza, che si rilasciano coi vari ordini di scuole. Mi si consenta di fare appello alla mia quasi cinquantennale esperienza di insegnante: ciò che turba massimamente le università è il fatto che gli insegnamenti, invece di essere indirizzati alla pura e semplice esposizione della verità scientifica, sono indirizzati al conseguimento di diplomi di nessun valore, né morale né legale. Poiché questo articolo consacra ancora una volta il valore legale a tutti questi pezzi di carta, io voterò contro.
Ricordiamo il colloquio che il Falloux, Ministro dell’istruzione pubblica, all’epoca di Napoleone II, ebbe con uno straniero. Interrogato intorno all’insegnamento scolastico in Francia, il Ministro tirò fuori l’orologio e disse: «Sono le undici; in tutti i licei francesi, pubblici e privati, si commenta quel determinato passo di Tacito alla terza classe liceale».
Questo noi non vogliamo e questo è concretato implicitamente nell’articolo in esame, in cui viene negata la libertà della scienza e dell’insegnante, proclamata nel primo comma. (Applausi).
MICCOLIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICCOLIS. Il primo comma dell’emendamento dice: «Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione».
Non vedo nessuna garanzia per la scuola, perché, secondo questa dizione, chiunque, anche non fornito di titolo di studio, può aprire una scuola.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del primo comma dell’emendamento Dossetti ed altri, così formulato:
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione».
Avverto che, dagli onorevoli Miccolis, Capua, Puoti, Tieri, De Falco, Mastrojanni, Venditti, Vilardi, Rodinò Mario, Colitto, Tumminelli, Tripepi, Abozzi, Giannini, Russo Perez, Perugi, Trulli, Bencivenga, Marinaro e Lagravinese Pasquale è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto.
Votazione segreta.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la votazione.
Invito il Segretario a fare la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
(Segue la votazione).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto sul primo comma dell’emendamento Dossetti ed altri.
Presenti e votanti 451
Maggioranza 226
Voti favorevoli 335
Voti contrari 116
(L’Assemblea approva).
Hanno preso parte alla votazione:
Abozzi – Adonnino – Alberganti – Alberti – Allegato – Amadei – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Assennato – Avanzini – Azzi.
Bacciconi – Badini Confalonieri – Baldassari – Balduzzi – Baracco – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basso – Bastianetto – Bazoli – Bei Adele – Bellato – Bellusci – Belotti – Bencivenga – Benedetti – Benedettini – Bennani – Benvenuti – Bergamini – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomelli – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bosi – Bovetti – Bozzi – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bucci – Bulloni Pietro – Burato.
Cacciatore – Caccuri – Caiati – Calamandrei – Caldera – Calosso – Camangi – Campilli – Camposarcuno – Canepa – Canevari – Caporali – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Capua – Carbonari – Carboni – Carignani – Caristia – Carmagnola – Caronia – Carpano Maglioli – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavallari – Cavalli – Cerreti – Cevolotto – Chatrian – Chiaramello – Chieffi – Chiostergi – Ciampitti – Cianca – Ciccolungo – Cifaldi – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colombo Emilio – Colonna di Paliano – Colonnetti – Conci Elisabetta – Condorelli – Conti – Coppi Alessandro – Corbi – Corbino – Corsanego – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cotellessa – Cremaschi Carlo – Cremaschi Olindo.
Damiani – D’Amico Diego – D’Amico Michele – D’Aragona – De Caro Gerardo – De Falco – De Filpo – De Gasperi – Del Curto – Della Seta – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Mercurio – De Michele Luigi – De Michelis Paolo – De Palma – De Unterrichter Maria – De Vita – Di Fausto – Di Gloria – Di Vittorio – Dominedò – D’Onofrio – Dossetti – Dozza – Dugoni.
Einaudi – Ermini.
Fabbri – Fabriani – Faccio – Fanfani – Fantoni – Fantuzzi – Faralli – Farini Carlo – Fedeli Armando – Federici Maria – Ferrarese – Ferrari Giacomo – Ferrario Celestino – Ferreri – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Firrao – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Foresi – Fornara – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Gallico Spano Nadia – Garlato – Gatta – Germano – Gervasi – Geuna – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacchero – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giordani – Giua – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale.
Jacini – Jacometti – Jervolino.
Laconi – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier – Lombardi Riccardo – Longhena – Lopardi – Lozza – Lucifero – Lupis – Lussu.
Macrelli – Maffì – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Malvestiti – Mancini – Mannironi – Manzini – Marazza – Marchesi – Marconi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinaro – Martinelli – Martino Enrico – Marzarotto – Massini – Massola – Mastino Gesumino – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattarella – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Matteotti Matteo – Mazza – Mazzei – Mazzoni – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merighi – Merlin Angelina – Merlin Umberto – Mezzadra – Miccolis – Micheli – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Monterisi – Monticelli – Montini – Moranino – Morelli Luigi – Morelli Renato – Morini – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia – Musolino – Musotto.
Nasi – Natoli Lamantea – Negro – Nenni – Nicotra Maria – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Notarianni – Novella – Numeroso.
Orlando Camillo – Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Pallastrelli – Paolucci – Paris – Pastore Giulio – Pastore Raffaele – Pat –Pecorari – Pella – Pera – Perassi – Perlingieri – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Petrilli – Piccioni – Piemonte – Pignedoli – Pistoia – Pollastrini Elettra – Ponti – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Proia – Pucci – Puoti.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Recca – Rescigno – Restagno – Ricci Giuseppe – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Mario – Rodinò Ugo – Romano – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Ruini – Rumor – Russo Perez.
Saccenti – Saggin – Salerno – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sansone – Saragat – Sardiello – Sartor – Scalfaro – Scarpa – Scelba – Schiavetti – Schiratti – Scoca – Scoccimarro – Scotti Alessandro – Scotti Francesco – Secchia – Segni – Selvaggi – Sforza – Siles – Silipo – Simonini – Spallicci – Spano – Spataro – Stampacchia – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Taddia – Tambroni Armaroli – Targetti – Taviani – Tega – Terranova – Tessitori – Tieri Vincenzo – Titomanlio Vittoria – Togni – Tomba – Tonello – Tonetti – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Tremelloni – Treves – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valiani – Valmarana – Vanoni – Venditti – Vernocchi – Veroni – Viale – Vicentini – Vigo – Vilardi – Villani – Vischioni.
Zaccagnini – Zagari – Zanardi – Zappelli – Zerbi – Zotta – Zuccarini.
Sono in congedo:
Aldisio – Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Caprani – Cartia – Cosattini.
Falchi.
Gavina.
Iotti Leonilde.
La Pira – Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Parri – Pellizzari – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
Volpe.
Presentazione di un disegno di legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Ministro degli affari esteri. Ne ha facoltà.
SFORZA, Ministro degli affari esteri. Mi onoro di presentare all’Assemblea il disegno di legge: «Approvazione degli accordi commerciali e di pagamento stipulati in Roma, tra Italia e la Svezia, il 24 novembre 1945».
PRESIDENTE. Do atto al Ministro degli affari esteri della presentazione di questo disegno di legge. Sarà trasmesso alla Commissione competente.
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. È stato presentato dagli onorevoli Corbino, Marchesi, Preti, Binni, Lozza, Fabbri, Zagari, Pacciardi, Rodinò Mario, Silipo, Codignola, Bernini, Badini Confalonieri, Cortese, Perrone Capano e altri il seguente emendamento aggiuntivo a quello testé approvato: «senza oneri per lo Stato».
GRONCHI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRONCHI. Non comprendiamo molto questa preoccupazione così bruciante che hanno i colleghi presentatori dell’emendamento, perché non arriviamo a pensare utile, opportuno e necessario che non si crei alcun obbligo per lo Stato di venire in aiuto ad enti e privati che intendono istituire scuole e istituti di educazione. Ma fo notare soprattutto ai colleghi, i quali sentono il valore delle scuole e degli istituti di educazione come strumenti di elevazione popolare, che è estremamente inopportuno precludere per via costituzionale allo Stato ogni possibilità di venire in aiuto ad istituzioni le quali possono concorrere a finalità di così alta importanza sociale. Vi sono enti comunali e provinciali che non hanno niente a che fare – badate bene, onorevoli colleghi – con enti confessionali o religiosi, i quali hanno per compito o fra i loro primari compiti di istituire opere ed istituti di educazione; e voi volete costituzionalmente impedire che lo Stato abbia la facoltà di integrare l’opera che questi enti possano compiere a vantaggio della collettività nazionale.
A noi pare che collocare un tale divieto in un testo costituzionale sia troppo restrittivo e controproducente ai fini stessi della educazione che noi abbiamo posto come uno dei primi compiti per lo Stato. Siamo perciò contrari e voteremo in conseguenza.
PRESIDENTE. Si dovrà ora passare alla votazione dell’emendamento aggiuntivo testé letto. Avverto che è stato chiesto l’appello nominale da parte dogli onorevoli Preti, Gullo Rocco, Nasi, Lozza, Mariani Enrico, Salerno, Villani, Lami Starnuti, Valiani, Bernini, Faralli, Pertini, Lombardi, Grilli, Malagugini, Lussu, Ghislandi, Foa, Codignola, Fogagnolo, Bocconi, Veroni, Crispo, Caporali, Tremelloni e altri.
BIANCHI BIANCA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCHI BIANCA. A nome del Gruppo parlamentare del Partito socialista dei lavoratori italiani, dichiaro che per il nostro concetto di concedere da parte dello Stato piena libertà di insegnamento alle scuole private, noi aderiamo al primo comma e, nello stesso tempo, all’emendamento in aggiunta al primo comma stesso, perché siamo assolutamente contrari al principio che lo Stato debba dare sovvenzioni ed aiuti economici e finanziari alle scuole private.
MALAGUGINI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAGUGINI. L’aggiunta proposta al comma già approvato non fa che tradurre in parole e concretare la dichiarazione esplicativa fatta dall’onorevole Dossetti alla frase «parità di trattamento scolastico». Stando così le cose, non comprendiamo la preoccupazione che ha ispirato l’intervento dell’onorevole Gronchi, a nome del Gruppo della democrazia cristiana. Riconosco che ci sono alcuni particolari istituti, che sono sovvenzionati dallo Stato e di tale sovvenzione han bisogno e sono meritevoli; è vero che ci possono essere anche dei comuni che istituiscano scuole, lo quali non sarebbero statali pur non essendo private. Ma in questi casi la legge potrà opportunamente rimediare considerandole come istituti parastatali o ricorrendo a quegli altri accorgimenti che eliminino l’apparente contradizione. (Commenti al centro).
Comunque, anche a prezzo di sacrificare qualcuna di queste istituzioni, noi teniamo all’affermazione del principio; e diciamo che o le parole dell’onorevole Dossetti rispondevano, come io personalmente credo, ad un reale convincimento e non vi deve perciò essere alcun motivo perché la legge non le concreti in una formula, oppure… faccio grazia ai colleghi dell’altro corno del dilemma. (Approvazioni a sinistra).
MARCHESI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCHESI. Dichiaro che il nostro Gruppo voterà l’emendamento.
CORBINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Lei è un firmatario dell’emendamento; perché chiede di parlare?
CORBINO. Vorrei chiarire brevemente il mio pensiero. Forse, da quello che avevo in animo di dire, il collega Gronchi avrebbe capito che le sue preoccupazioni sono infondate. Perché noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati; diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare.
GRONCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Gronchi; desidero farle presente che siamo in sede di dichiarazione di voto, la quale non è evidentemente una sede per riaprire una discussione polemica. Dica brevemente, ma si attenga alla dichiarazione di voto.
GRONCHI. È vero quello che lei dice, onorevole Presidente; mi inchino alla sua osservazione, però è utile che chiariamo esattamente la portata dell’aggiunta.
Prego i colleghi di credere che non c’è nessun retropensiero nella nostra valutazione. (Commenti a sinistra). Il mormorio, se voi credete dargli valore di commento, è assolutamente fuori di luogo; specialmente quando queste dichiarazioni vengono da me, che dovreste conoscere abbastanza bene nel pensiero e negli atteggiamenti.
Io vi faccio osservare che una dizione quale quella che si chiede in aggiunta al primo articolo potrà essere anche interpretata come vuole l’onorevole Corbino, ma può essere anche interpretata in senso assai più estensivo. Allora vi domando in quali condizioni si troverebbero tutte le scuole professionali – o quella gran parte di scuole professionali – che oggi non sono di Stato e pur vivono col concorso dello Stato. Voglio vedere come e da chi si ritiene ragionevole, per prevenzione contro queste ombre immaginarie di scuole confessionali che vanno a mendicare i mezzi della loro sussistenza allo Stato, sostenere che risponda a fini sociali di generale interesse precludere allo Stato di adempiere alla sua funzione integratrice verso istituti ed enti che si propongono, per esempio, l’istruzione professionale. (Commenti).
BRUNI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Commenti al centro).
Anche un deputato isolato ha diritto di fare la sua dichiarazione di voto, pur se dietro di sé non ha duecento colleghi di Gruppo.
BRUNI. Dichiaro di essere contrario all’emendamento, perché ho proposto un’aggiunta all’articolo 28, con la quale si dichiara che lo Stato deve provvedere ad un congruo finanziamento delle scuole private, se vuole difendere il principio della libertà di insegnamento e della parità di obblighi e di doveri da parte delle scuole private.
CODIGNOLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Dichiaro che voteremo a favore, chiarendo ai colleghi democristiani che, con questa aggiunta, non è vero che si venga ad impedire qualsiasi aiuto dello Stato a scuole professionali: si stabilisce solo che non esiste un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto. Questo è bene chiarirlo. (Commenti – Interruzioni).
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Pongo pertanto, in votazione, per appello nominale, l’emendamento aggiuntivo degli onorevoli Corbino, Marchesi ed altri, di cui do ancora lettura: «senza oneri per lo Stato».
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
Comincerà dall’onorevole Negarville.
Si faccia la chiama.
RICCIO, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Abozzi – Allegato – Amadei – Assennato – Azzi.
Badini Confalonieri – Baldassari – Barbareschi – Bardini – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basile – Basso – Bei Adele – Bellusci – Bencivenga – Bennani – Bernabei – Bernamonti – Bernini Ferdinando – Bianchi Bianca – Bianchi Bruno – Bianchi Costantino – Bibolotti – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomelli – Bosi – Bozzi – Bucci.
Cacciatore – Calamandrei – Calosso – Camangi – Canepa – Canevari – Caporali – Capua – Carboni – Carmagnola – Carpano Maglioli – Cavallari – Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chiostergi – Cianca – Cicerone – Cifaldi – Codignola – Colitto – Colombi Arturo – Colonna di Paliano – Condorelli – Conti – Corbi – Corbino – Corsi – Cortese – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.
Damiani – D’Amico Michele – D’Aragona – De Falco – De Filpo – Della Seta – De Mercurio – De Michelis Paolo – De Vita – Di Gloria – Di Vittorio – D’Onofrio – Dozza – Dugoni.
Fabbri – Faccio – Fantuzzi – Faralli – Farini Carlo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Filippini – Finocchiaro Aprile – Fiore – Fiorentino – Fioritto – Flecchia – Foa – Fogagnolo – Fornara.
Gallico Spano Nadia – Gervasi – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacometti – Giannini – Giolitti – Giua – Grassi – Grazi Enrico – Grazia Verenin – Grieco – Grilli – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Imperiale.
Jacometti.
Laconi – La Gravinese Nicola – Lagravinese Pasquale – La Malfa – Lami Starnuti – Landi – La Rocca – Lombardi Riccardo – Longhena – Lopardi – Lozza – Lupis – Lussu.
Macrelli – Maffi – Magnani – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini – Marchesi – Mariani Enrico – Mariani Francesco – Marinaro – Martino Enrico – Massini – Massola – Mastino Pietro – Mastrojanni – Mattei Teresa – Matteotti Carlo – Matteotti Matteo – Mazzei – Mazzoni – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Miccolis – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Montagnana Rita – Montalbano – Montemartini – Morandi – Moranino – Morelli Renato – Musolino – Musotto.
Nasi – Natoli Lamantea – Nenni – Nitti – Nobile Umberto – Nobili Oro – Noce Teresa – Novella.
Pacciardi – Pajetta Gian Carlo – Pajetta Giuliano – Paolucci – Paris – Pastore Raffaele – Pera – Perassi – Persico – Pertini Sandro – Perugi – Pesenti – Piemonte – Pistoia – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preti – Preziosi – Priolo – Pucci – Puoti.
Ravagnan – Reale Eugenio – Reale Vito – Ricci Giuseppe – Rodi – Rodinò Mario – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Roveda – Rubilli – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo – Russo Perez.
Saccenti – Salerno – Sansone – Saragat – Sardiello – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Selvaggi – Sereni – Silipo – Silone – Simonini – Spallicci – Spano – Stampacchia.
Taddia – Targetti – Tega – Tieri Vincenzo – Tomba – Tonello – Tonetti – Tremelloni – Treves – Tripepi – Tumminelli.
Valiani – Venditti – Vernocchi – Veroni – Vilardi – Vischioni.
Zagari – Zanardi – Zappetti – Zuccarini.
Rispondono no:
Adonnino – Alberti – Ambrosini – Andreotti – Angelucci – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Bacciconi – Balduzzi – Baracco – Bastianetto – Bellato – Belotti – Benedetti – Benvenuti – Bergamini – Bertini Giovanni – Bertola – Bertone – Bettiol – Biagioni – Bianchini Laura – Bonomi Paolo – Borsellino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Bruni – Brusasca – Bubbio – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Campilli – Camposarcuno – Cappa Paolo – Cappelletti – Cappi Giuseppe – Cappugi – Carbonari – Carignani – Caristia – Caronia – Carratelli – Caso – Cassiani – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Chatrian – Chieffi – Ciampitti – Ciccolungo – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Coccia – Codacci Pisanelli – Colombo Emilio – Colonnetti – Conci Elisabetta – Coppi Alessandro – Corsanego – Cotellessa – Cremaschi Cario.
D’Amico Diego – De Caro Gerardo – De Gasperi – Del Curto – Delli Castelli Filomena – De Maria – De Martino – De Michele Luigi – De Palma – De Unterrichter Maria – Di Fausto – Dominedò – Dossetti.
Ermini.
Fabriani – Fanfani – Fantoni – Federici Maria – Ferrarese – Ferrario Celestino – Ferreri – Firrao – Foresi – Franceschini – Fresa – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Gatta – Germano – Geuna – Giacchèro – Giordani – Gonella – Gortani – Gotelli Angela – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini – Jervolino.
Lazzati – Leone Giovanni – Lettieri – Lizier.
Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marconi – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mattarella – Meda Luigi – Medi Enrico – Mentasti – Merlin Umberto – Micheli – Monterisi – Monticelli – Montini – Morelli Luigi – Moro – Mortati – Motolese – Mùrdaca – Murgia.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Pecorari – Pella – Perlingieri – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia.
Quarello – Quintieri Adolfo.
Raimondi – Recca – Rescigno – Restagno – Riccio Stefano – Rivera – Rodinò Ugo – Romano – Rumor.
Saggin – Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Scoca – Scotti Alessandro – Segni – Siles – Spataro – Stella – Storchi – Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli – Taviani – Terranova – Tessitori – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Tosi – Tozzi Condivi – Trimarchi – Tupini – Turco.
Uberti.
Valenti – Valmarana – Vanoni – Viale – Vicentini – Vigo.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta.
Astenuti:
Benedettini.
Lucifero.
Morini.
Orlando Vittorio Emanuele.
Sono in congedo:
Aldisio – Angelini – Arata.
Bernardi – Bordon.
Cairo – Caprani – Cartia – Cosattini.
Falchi.
Gavina.
Iotti Leonilde.
La Pira – Li Causi – Lombardo Ivan Matteo.
Parri – Pellizzari – Penna Ottavia.
Rapelli – Roselli.
Volpe.
Presidenza del Vicepresidente PECORARI
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli segretari a procedere al computo dei voti.
(Gli onorevoli Segretari fanno il computo dei voti).
Presidenza del Presidente TERRACINI
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione nominale:
Presenti 452
Votanti 448
Astenuti 4
Maggioranza 225
Hanno risposto sì 244
Hanno risposto no 204
(L’Assemblea approva l’emendamento aggiuntivo).
Si riprende la discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Passiamo al comma successivo del testo concordato:
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali».
Vi è, a questo proposito, un emendamento già presentato dall’onorevole Bruni, e che l’onorevole Bruni ha dichiarato di mantenere, sostitutivo del terzo, quarto e quinto comma del primo testo della Commissione:
«Le scuole, che ottengono il riconoscimento giuridico dei loro titoli, acquistano nella libertà del loro particolare indirizzo educativo gli stessi diritti e si sottopongono agli stessi obblighi di quelle statali. La legge determina le condizioni di tale riconoscimento».
Lo pongo in votazione.
(Non è approvato).
Alla formulazione del testo concordato, sono stati presentati due emendamenti parziali.
Il primo, dell’onorevole Condorelli e altri, è del seguente tenore:
«Sostituire alle parole: equipollenza di trattamento scolastico» le altre: pari condizioni scolastiche».
L’altro, degli onorevoli Codignola e Bianchi Bianca, è il seguente:
«Aggiungere alle parole: piena libertà, le parole: di insegnamento».
Vi è inoltre l’emendamento già presentato, prima della sospensione della seduta, dagli onorevoli Codignola, Matteotti ed altri.
CODIGNOLA. Non vi insisto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prima parte del comma nel testo concordato:
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà».
(È approvata).
Pongo in votazione l’aggiunta, proposta dagli onorevoli Codignola e Bianchi Bianca, delle parole: «di insegnamento».
(Non è approvata).
Passiamo alla seconda parte del comma nel testo concordato: «e ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali».
L’onorevole Condorelli ha proposto di sostituire alle parole: «equipollenza di trattamento scolastico» le altre: «pari condizioni scolastiche».
CONDORELLI. Desidererei illustrare brevemente l’emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Secondo me l’espressione «equipollenza di trattamento scolastico» è un po’ oscura.
Il trattamento scolastico è il trattamento che si fa agli scolari nelle scuole; prima di tutto l’insegnamento e poi tutto il resto.
Non mi pare che il principio della libertà della scuola voglia la parità, nelle diverse scuole, di tale trattamento. Si è voluto parlare di parità di condizioni giuridiche e di diritti degli alunni delle scuole statali e di quelli delle scuole non statali.
Perciò, mi pare che questo concetto di parità di condizioni giuridiche sia espresso più esattamente con la formula da me proposta.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Condorelli.
(Non è approvato).
Pongo in votazione la seconda parte del comma nel testo concordato, di cui ho già datò lettura.
(È approvata).
Passiamo al comma successivo del testo concordato:
«È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, per la maturità e per l’abilitazione all’esercizio professionale».
Questo testo è stato modificato dagli stessi firmatari dell’emendamento nel seguente modo:
«È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi, nonché per l’abilitazione all’esercizio professionale».
L’onorevole Codignola ha proposto di sostituire alle parole: «per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole» le seguenti: «per i vari ordini e gradi di scuole».
Chiedo all’onorevole Codignola se mantiene l’emendamento.
CODIGNOLA. Lo ritiro.
PRESIDENTE. L’onorevole Corbino ha proposto che al primo testo concordato si sopprimano le parole: «per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, per la maturità e». È evidente che tale emendamento dovrà adeguarsi al nuovo testo per quanto riguarda le precise parole da sopprimere. Onorevole Corbino, insiste?
CORBINO. Penso che costi meno metterlo in votazione anziché motivarne il ritiro.
FABBRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABBRI. Mi pare che il novissimo testo finisce per dire letteralmente che anche per entrare nelle scuole elementari ci vuole l’esame di Stato. Infatti, il testo dice: «per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole». (Si ride).
PRESIDENTE. Lei propone qualche formulazione diversa?
FABBRI. No, perché ho dichiarato che voterò contro. Così semplifico.
CORBINO. Mi sembra che l’emendamento Codignola risolva questo inconveniente.
PRESIDENTE. È stato ritirato. L’onorevole Dossetti potrà dirci se vi sia qualche modo per superare il rilievo dell’onorevole Fabbri.
BOZZI. Vorrei dare un chiarimento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Si potrebbe ovviare all’inconveniente dicendo: «È prescritto un esame di Stato per l’ammissione agli ordini e gradi di scuole indicati dalla legge».
PRESIDENTE. Chiedo il parere della Commissione.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. Ove si accetti l’emendamento testé proposto dall’onorevole Bozzi, che è, poi, l’emendamento che era stato proposto a mio mezzo dalla Commissione, evidentemente l’altra formula «per la conclusione di essi» verrebbe meno e ci si dovrebbe limitare alla formula «indicati dalla legge», il che chiarirebbe anche l’osservazione dell’onorevole Fabbri.
Io riprendo il mio emendamento, a condizione che sostituisca anche quello relativo alla conclusione dei corsi.
BOZZI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOZZI. Se lasciamo la formula «per l’ammissione», dobbiamo poi aggiungere l’altra «per la conclusione»; perché ad esempio, se diciamo solamente «per l’ammissione», l’esame di Stato per la licenza liceale non ci sarà più, mentre noi vogliamo che ci sia, sia per l’ammissione all’università, sia come conclusione di un corso di studi.
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. L’emendamento proposto dall’onorevole Bozzi cambia interamente il senso del comma.
Con la proposta dell’onorevole Bozzi si consente in sostanza l’abolizione dell’esame di Stato, in quanto si prescrive che questo si dovrà sostenere solo nei casi indicati dalla legge.
Quindi, coloro che hanno proposto l’emendamento concordato, devono ora respingere l’emendamento Bozzi, che significa appunto il rovesciamento di quanto abbiamo concordato.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Corbino, in base al quale il comma dell’articolo risulterebbe del seguente tenore:
«È prescritto un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale».
(Non è approvato).
Dobbiamo ora prendere in esame la formulazione proposta dall’onorevole Bozzi:
«È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole indicati dalla legge o per la conclusione di essi, nonché per l’abilitazione all’esercizio professionale».
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAGUGINI. L’onorevole Tupini aveva precisato che, nel caso si accettasse l’emendamento Bozzi, bisognerebbe togliere la frase «o per la conclusione di essi».
Noi respingiamo l’emendamento Bozzi, perché crediamo che l’emendamento concordato renda meglio il nostro pensiero ed elimini ogni possibilità di equivoci.
RESCIGNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RESCIGNO. Credo che la dizione la quale meglio risponda all’attuale ordinamento degli studi in Italia sia questa: «È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari gradi delle scuole secondarie, per la maturità, e per l’abilitazione all’esercizio professionale».
PRESIDENTE. Onorevole Rescigno, non si tratta di stabilire una formula che corrisponda allo stato attuale, ma stabilire una formula che risponda a quei criteri che la maggioranza dell’Assemblea ritiene debbano valere anche per l’avvenire.
RESCIGNO. La formula proposta da Bozzi è alquanto confusionaria in relazione agli ordini di studio (Commenti). Comunque non insisto nella proposta.
TAVIANI. Onorevole Presidente, sarebbe forse opportuno di sospendere per qualche minuto la seduta allo scopo di chiarire il testo concordato in relazione al rilievo dell’onorevole Fabbri.
PRESIDENTE. Onorevole Taviani, mi duole di non poter aderire al suo desiderio. D’altra parte l’onorevole Dossetti, primo firmatario dell’emendamento proposto, al quale ho rivolto una domanda, in merito all’osservazione dell’onorevole Fabbri, non ha creduto di fare una nuova proposta.
LOZZA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LOZZA. A proposito dell’espressione «ammissione o conclusione» dell’emendamento concordato fo notare all’onorevole Fabbri che riferendoci alla scuola elementare pur dicendo «ammissione o conclusione» non intendiamo parlare di ammissione, ma di conclusione. Infatti per le scuole elementari non esiste l’ammissione, ma l’iscrizione. D’altra parte l’esame di quinta elementare è un vero e proprio esame di Stato, con una commissione di maestri e di direttori, davanti alla quale passano gli alunni sia delle scuole di Stato, e parificate, che delle scuole paterne. Noi diciamo quindi «ammissione o conclusione» sicuri di non incorrere nell’errore a cui ha accennato il collega Fabbri.
BINNI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BINNI. Mi associo a quanto ha detto il collega Lozza. Vorrei far rilevare che quanto l’onorevole Fabbri ha osservato circa l’ammissione alla scuola elementare è insussistente, perché nella scuola elementare non si ha un esame di ammissione, ma si ha solo l’iscrizione. Vi sono invece altri ordini di scuole in cui occorre, oltre all’esame di conclusione degli studi, anche l’esame di ammissione. Noi siamo quindi per la formula «ammissione o conclusione».
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAGUGINI. Pregherei i colleghi, che hanno contribuito insieme con noi alla redazione dell’emendamento concordato, di attenersi alla formula che era stata trovata con molta buona volontà da parte di tutti. Gli argomenti che sono stati addotti dagli altri non hanno portato alcun elemento chiarificatore. Anche se la frase «ammissione o conclusione» fosse sovrabbondante, credete a me, per tutti i dubbi che possano nascere in una materia come questa è meglio sovrabbondare e quindi attenerci alla formula concordata «per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, o alla conclusione ecc.». Tutt’al più arriverei ad accettare l’aggiunta proposta dall’onorevole Bozzi, qualora però il testo rimanesse nella sostanza quello concordato, tanto per ovviare all’unica osservazione fondata che è stata fatta circa la necessità di indicare chi è che determina i vari ordini e gradi di scuole.
BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BADINI CONFALÓNIERI. Mi pare fuor di dubbio che l’osservazione dell’onorevole Fabbri sia fondata. Dice l’onorevole Malagugini che l’espressione: «ammissione o conclusione» è sovrabbondante: a me pare che sia inesatta, per non dire di più. Quando noi diciamo «conclusione» e concludiamo un determinato ordine di scuole, evidentemente non ci potranno essere due esami di Stato, ma un unico esame di Stato che, mentre conclude quel ciclo di studi relativo ad un ordine, significa anche ammissione all’altro ordine. Mi pare che nessuno di noi voglia due esami di Stato, l’uno che concluda e l’altro che ammetta; quella garanzia che noi pretendiamo si può esaurire in un unico esame di Stato, che concluda un ordine e che ammetta all’ordine superiore.
Proporrei, pertanto, che siano soppresse le parole: «ammissione o».
CODIGNOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CODIGNOLA. Accettando l’emendamento Badini Confalonieri otterremmo questa conclusione, che dei privatisti che si presentassero ad una qualsiasi scuola di qualsiasi grado potrebbero entrare in questa scuola senza esame di Stato, perché con esso si stabilisce il principio che l’esame di Stato è prescritto solo per la conclusione di ogni grado di studi, mentre è indispensabile – come è già stato riconosciuto in sede di discussione fra i vali gruppi interessati – stabilire il principio dell’esame di Stato tanto per la conclusione quanto per l’ammissione ai vari gradi. Siccome abbiamo usato la disgiuntiva «o», significa che per ogni grado o si fa l’esame di ammissione o si fa l’esame di conclusione.
MICCOLIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICCOLIS. L’onorevole Fabbri ci ha portato allo scompiglio, perché ha fatto una osservazione che merita di essere guardata, sì, ma non presa troppo sul serio, in quanto alla scuola elementare si accede per iscrizione e noi non possiamo ammettere che vi sia un esame di Stato, quando non c’è una precedente preparazione.
A me pare che, così come è compilato, il comma stia bene. Si potrebbe, se mai, aggiungere, dopo le parole: «ordini e gradi di scuole» la parola: «secondarie»; comunque non faccio una proposta formale.
CREMASCHI CARLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CREMASCHI CARLO. Noi voteremo per la formula concordata.
BADINI CONFALONIERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BADINI CONFALONIERI. In questo caso a me non rimane che ritirare il mio emendamento, il quale voleva essere soltanto un tentativo di esprimersi in un italiano chiaro.
PRESIDENTE. L’onorevole Caronia ha proposto la seguente formula sostitutiva:
«È prescritto un esame di Stato al termine degli studi secondari e per l’abilitazione all’esercizio delle professioni».
Onorevole Caronia, la mantiene?
CARONIA. Mantengo quanto è già detto nel terzo comma dell’emendamento ieri presentato e che porta anche la mia firma assieme a quella di molti altri. Non m’intrattengo sul danno che apporta allo svolgimento degli studi la molteplicità degli esami. Su questo non posso che associarmi a quanto ha già detto l’onorevole Corbino. Mi limito soltanto a far rilevare che la lunga serie di esami di Stato, dall’asilo alle elementari, dalle elementari alle secondarie inferiori, da queste alle secondarie superiori e da queste all’università, finisce per incidere fortemente sulla libertà di insegnamento. (Commenti). Insisto pertanto sul mio emendamento che limita gli esami di stato soltanto a quelli sufficienti per garantire la serietà degli studi e la loro efficienza.
PRESIDENTE. Sta bene. Pongo allora in votazione l’emendamento dell’onorevole Caronia.
(Non è approvato).
Onorevole Bozzi, ella insiste nell’emendamento proposto?
BOZZI. Non insisto.
PRESIDENTE. Pongo allora in votazione il terzo comma della formula concordata: «È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi, nonché per l’abilitazione all’esercizio professionale».
RESCIGNO. Chiedo di parlare per dichiarazioni di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RESCIGNO. Parlo a nome mio personale e non del gruppo. Dichiaro che voterò contro questa formulazione, perché ancora più equivoca dell’altra, specialmente perché induce a ritenere che al termine degli studi universitari ci possano essere due esami di Stato. (Commenti).
(La formulazione è approvata).
PRESIDENTE. Passiamo all’ultimo comma del testo concordato, con l’aggiunta proposta dall’onorevole Marchesi e accettata dall’onorevole Dossetti e dalla Commissione: «Alle istituzioni di alta cultura, università e accademie, è riconosciuto il diritto di darsi autonomi ordinamenti, nei limiti consentiti dalle leggi dello Stato».
(È approvato).
Vi è ora un comma aggiuntivo proposto dagli onorevoli Leone Giovanni, Bettiol e Corbino del seguente tenore:
«Ai professori di ruolo delle Università statali è garantita l’inamovibilità».
L’onorevole Corbino ha già dichiarato di non insistervi. Onorevole Leone, lo mantiene?
LEONE GIOVANNI. Ritiro l’emendamento perché, in seguito alle dichiarazioni di alcuni onorevoli colleghi e della stessa Commissione, pur risultando concordemente riconosciuta l’inamovibilità dei professori di ruolo delle università (vigente per antica tradizione, che neppure il fascismo tentò di scalfire), è apparso discutibile trattarsi di materia da disciplinare nella Costituzione.
Pur dissentendo da quest’ultimo rilievo (che avrebbe dovuto, peraltro, investire anche l’ultimo comma testé votato), ritiro l’emendamento, constatandone la sostanziale rispondenza alla coscienza dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Vi è, infine, un comma aggiuntivo proposto dall’onorevole Bruni, del seguente tenore:
«Le scuole di qualsiasi tipo compiono un servizio pubblico, e sono tenute ad impartire un insegnamento ed una educazione civica d’ispirazione democratica e nazionale».
Chiedo alla Commissione di esprimere il proprio parere.
TUPINI, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione non lo accetta.
PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.
(Non è approvato).
L’articolo 27 risulta pertanto, nel suo complesso, così approvato:
«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
«La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
«Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni equipollenza di trattamento scolastico rispetto agli alunni degli istituti statali.
«È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi, nonché per l’abilitazione all’esercizio professionale.
«Alle istituzioni di alta cultura, università ed accademie, è riconosciuto il diritto di darsi autonomi ordinamenti, nei limiti consentiti dalle leggi dello Stato».
CARONIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARONIA. Vorrei far presente che non è stato posto in votazione il mio emendamento aggiuntivo al primo comma.
PRESIDENTE. Onorevole Caronia, il suo emendamento è costituito da due parti: la prima si riferisce all’autonomia delle università, ed è già assorbita. La seconda si riferisce alla inamovibilità dei professori universitari di ruolo, della quale si è parlato in sede dì svolgimento di emendamenti, su cui si è pronunciata la Commissione e su cui gli onorevoli Leone Giovanni e Corbino non hanno insistito. Comunque, se lei insiste, porrò il suo emendamento in votazione.
CARONIA. Non insisto.
PRESIDENTE. Passiamo all’articolo 28:
«La scuola è aperta al popolo.
«L’insegnamento inferiore, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito.
«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione.
«La Repubblica assicura l’esercizio di questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e parificate».
A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti. Il primo è dell’onorevole Mazzei, e dice:
«Sostituirlo col seguente:
«L’insegnamento inferiore, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito.
«La Repubblica assicura agli allievi meritevoli, privi di mezzi, la possibilità di raggiungere i più alti gradi dell’istruzione mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da conferirsi per concorso».
L’onorevole Mazzei ha facoltà di svolgerlo.
MAZZEI. L’emendamento sostitutivo da me presentato riorganizza tecnicamente tutta la materia dell’articolo 28 del progetto. Innanzitutto sopprime il primo comma dell’articolo 28, che suona così: «La scuola è aperta al popolo».
È stato osservato che questo primo comma è del tutto pleonastico. Io trovo che esso può essere al più un mediocre slogan propagandistico, non certo un comma di Costituzione. Comunque l’espressione è tecnicamente errata e politicamente inaccettabile.
La Scuola è stata sempre aperta al popolo. Quindi non si instaurerebbe, con quell’enunciazione, un principio nuovo né si fisserebbe una linea d’azione diversa da quella seguita finora. Questo almeno se alla parola «popolo» dell’articolo 28 si dovesse dare il significato che ha nel primo articolo della Costituzione.
È un’esigenza tecnica indiscutibile che in un testo costituzionale i termini – specie certi termini di importanza fondamentale, come la parola «popolo» – vengano usati sempre nel medesimo senso. Ora è chiaro che la parola «popolo», come è usata nell’articolo 28 del progetto, ha un significato profondamente differente da quello che ha nell’articolo 1. Quivi, infatti, il termine «popolo» equivale a «universalità dei cittadini», mentre nel caso attuale sta ad indicare il complesso dei ceti meno abbienti, dei ceti «popolari», come suol dirsi con una espressione che non si può accettare perché è o classista, o significativa di una inferiorità sociale che siamo ben lungi dall’ammettere. Per noi mazziniani il popolo è tutta la società nazionale.
Questo per quanto riguarda l’esigenza di sopprimere il primo comma.
C’è poi nei commi successivi l’affermazione di un «diritto» che avrebbero i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, «di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione».
Ma non si può configurare un diritto di questo genere. Si potrebbe configurare un diritto di accesso a tutte le scuole di tutti gli ordini e gradi: ma questo è un diritto non contestato e non contestabile, di cui è superfluo fare menzione.
E allora di che si tratta? Evidentemente la Commissione, nel formulare il terzo ed il quarto comma, aveva l’intenzione di esprimere l’esigenza di assicurare a tutti la possibilità di percorrere tutti i gradi dell’istruzione: più precisamente, di assicurare a tutti, anche ai non abbienti, attraverso opportune provvidenze economiche, la possibilità di frequentare le scuole medie e superiori di ogni ordine.
Proprio ad esprimere in modo tecnicamente corretto e preciso è inteso il secondo comma del mio emendamento, nel quale si dichiara che «la Repubblica assicura a tutti la possibilità di raggiungere i più alti gradi dell’istruzione mediante borse di studio, ecc.». Quindi non si configura un «diritto di raggiungere i più alti gradi dell’istruzione» – che giuridicamente non ha senso – ma si garantiscono agli allievi meritevoli, privi di mezzi, aiuti economici e provvidenze adeguate da parte dello Stato.
Io, poi, mentre ripeto testualmente l’espressione adottata dal progetto a proposito delle borse di studio e delle provvidenze da conferirsi per concorso agli alunni, ometto la specificazione «delle scuole statali e parificate».
Lo Stato potrà avere interesse, per esempio, ad incrementare e potenziare con borse di studio ed assegni alle famiglie le scuole professionali, anche se si tratti di scuole private. E lo farà. Ma non si può stabilire un diritto per gli alunni delle scuole non statali a fruire delle borse di studio istituite dallo Stato. In fondo, la scuola non statale è un’impresa economica privata che ha lo scopo di gestire un istituto di istruzione. Ora, l’istruzione dei cittadini è un precipuo interesse pubblico e in considerazione di ciò lo Stato può trovare utile ed opportuno di accordare dei benefici anche a scuole private o agli allievi di scuole private. Ma una cosa è che possa farlo e lo faccia quando lo ritiene utile ed opportuno, altro è che sia tenuto, giuridicamente e costituzionalmente, a farlo, cosa questa evidentemente inammissibile.
Infine, desidero richiamare l’attenzione dei colleghi sul fatto che tutta la formulazione dell’articolo 28 risulta decisamente migliorata nel mio emendamento.
PRESIDENTE. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:
«Sostituirlo col seguente:
«L’insegnamento, impartito fino al 13° anno di età, è obbligatorio e gratuito.
«I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione.
«Lo Stato assicura l’esercizio di questo diritto con mezzi idonei allo scopo.
«Lo Stato riconosce a Enti privati la facoltà di formare scuole e istituti di educazione.
«La legge determina i diritti e gli obblighi delle scuole che chiedono la parificazione e prescrive le norme per la loro vigilanza.
«È prescritto l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale e per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole indicati dalla legge.
«Tumminelli».
«Sostituirlo col seguente:
«La scuola, in ogni ordine e grado, è aperta a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche di ciascuno, e la Repubblica assicura ai non abbienti l’esercizio di questo diritto.
«Bruni».
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La scuola è aperta a tutti.
«Bosco Lucarelli».
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La scuola è aperta a tutti.
«Rodi».
L’onorevole Marconi ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, sostituire alle parole: al popolo, le parole: a tutti».
Ha facoltà di svolgerlo.
MARCONI. Rinunzio all’emendamento.
PRESIDENTE. Il seguente emendamento è stato già svolto:
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«L’insegnamento, nei limiti dell’obbligo di frequenza scolastica, è gratuito.
«Bianchini Laura, Titomanlio Vittoria, Gortani».
Gli onorevoli Federici Maria, Fabriani, Ermini hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«L’insegnamento inferiore, obbligatorio e gratuito, deve essere preceduto dalla scuola materna e deve avere la durata di almeno otto anni».
L’onorevole Federici Maria ha facoltà di svolgerlo.
FEDERICI MARIA. Rinunzio all’emendamento.
PRESIDENTE. Segue l’emendamento presentato dagli onorevoli Preti, Binni, Silipo, Lozza, Bernamonti, Tega, Tonello, Badini Confalonieri:
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«L’insegnamento elementare e postelementare, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito».
L’onorevole Preti ha facoltà di svolgerlo.
PRETI: Si tratta semplicemente di questione di carattere tecnico.
Sembra a noi che sia più esatto dire: «insegnamento elementare e postelementare» anziché «insegnamento inferiore».
PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Pistoia, Vischioni, Tonello, Giua, Merlin Angelina:
«Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:
«Lo Stato provvede all’alunno tutta l’assistenza di cui ha bisogno per la frequenza della scuola».
L’onorevole Pistoia ha facoltà di svolgerlo.
PISTOIA. Onorevoli colleghi, mi limiterò a brevissime considerazioni per giustificare la presentazione del mio emendamento aggiuntivo. L’articolo 28 dice che: «La scuola è aperta al popolo».
È un principio altamente nobile, che noi socialisti approviamo in pieno.
Senonché, questo principio è consacrato nella legislazione da circa cento anni, risale cioè al 1859 con la legge Casati. Ma poiché, per quanto la scuola fosse aperta al popolo, non era sempre frequentata, il legislatore pensò di renderla obbligatoria ed il 15 luglio 1877 sanciva questa norma. Noi siamo, onorevoli colleghi, a cento anni quasi dalla consacrazione del principio secondo cui la scuola è aperta al popolo, ed a 60 anni dal giorno in cui è stata resa obbligatoria l’istruzione pubblica. Tuttavia fa brutta mostra di sé l’analfabetismo in determinate regioni e in certi strati sociali d’Italia. Perché? Perché lo Stato non ha creato le condizioni atte a far sì che il popolo possa frequentare questa scuola. Si dice che l’insegnamento deve avere almeno otto anni di durata; ma qui vi sono dei padri di famiglia, e pensino un po’ quanto occorre per mantenere, per vestire, per provvedere a tutto il materiale scolastico a dei ragazzi dai sei fino ai quattordici anni. Lasciamo stare certe eccezioni, certi ragazzi che per il loro sviluppo fisico precoce sono addirittura degli uomini; ma tutti sanno quanto occorre per mantenere questi ragazzi a scuola per otto anni.
Se lo Stato non provvede a tutta l’assistenza necessaria per il mantenimento di questi ragazzi noi, votando l’articolo 28, non potremo assolutamente mettere in pratica il nobile principio che la scuola è aperta al popolo: questo principio rimarrà un pleonasmo, e di qui la ragione del mio emendamento.
Io non mi nascondo a quali compiti va incontro lo Stato; penso che lo Stato avrà un compito gravissimo, specialmente dal lato finanziario, ma, onorevoli colleghi, io penso pure, e voi lo sapete più di me, che ove si spende molto per la pubblica istruzione, meno si spende per reprimere i delitti che trovano la loro sorgente nell’analfabetismo.
PRESIDENTE. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:
«Sostituire il terzo comma col seguente:
«Solo i meritevoli hanno diritto di raggiungere i più alti gradi dell’istruzione.
«Colonnetti».
«Sostituire il terzo comma col seguente:
«Solo i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione.
«Malagugini, Bernini, Basso, Binni, Di Gloria, Preti, Cevolotto, Codignola, Lozza, Silipo, Bernamonti, Giua, Longhena, Tonello, Tega, Foa, Badini Confalonieri».
Segue l’emendamento degli onorevoli Franceschini, Gortani, Bosco Lucarelli, Bianchini Laura:
«Al terzo comma, aggiungere le seguenti parole:
«L’istruzione professionale è sviluppata e diffusa secondo le esigenze del lavoro».
L’onorevole Franceschini ha facoltà di svolgerlo.
FRANCESCHINI. Onorevoli colleghi, il pregio intrinseco maggiore della nascente Costituzione italiana sta senza dubbio nello sforzo generoso di trasferirsi dal piano tradizionale giuridico-tecnico a quello eminentemente pratico e sociale. Lungi dall’essere un difetto, come può sembrare a taluno, è questa invece una conquista, è un superamento, che il primo articolo dello Statuto solennemente consacra: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Su questo terreno sociale e pratico del lavoro si pone, e deve porsi, la scuola: non più per vana e gesticolante demagogia, di cui è stato fatto il recente tristo esperimento, ma proprio per conseguenza naturale e logica, e direi per stretta coerenza.
Ora, se diamo uno sguardo anche sommario alle attuali condizioni della scuola italiana, in ordine alle esigenze che scaturiscono da queste premesse, noi rileviamo da un lato il prevalente, eccessivo carattere umanistico, intellettualistico, culturalistico che domina il nostro indirizzo pedagogico; dall’altro lato, la necessità urgente di un rapido sviluppo intensivo ed estensivo dell’istruzione tecnico-professionale che sentono masse numerosissime di nostri giovani, i quali, dopo le scuole elementari, si avviano oggi, nella loro maggior parte, ad una vita operaia di eterni apprendisti, senza appropriate qualifiche, senza quasi la possibilità di razionale perfezionamento e, quindi, di miglioramento sociale.
Dico quasi senza, e non esagero; basteranno alcune cifre, onorevoli colleghi; alcune cifre che io desumo dagli studi di Costantino Pecorelli, l’autore forse più informato ed uno dei più appassionati e valenti in materia. Sopra otto milioni e mezzo di coltivatori e di salariati agricoli, si trovano oggi meno di 50.000 alunni in tutte le scuole agrarie; di fronte ad oltre 5 milioni di addetti all’industria si contano a mala pena 150.000 alunni in tutte le scuole industriali. Quasi altrettanto dicasi per i lavoratori del commercio, mentre su 75.000 addetti ai trasporti marittimi vi sono, sì e no, 5.000 alunni di scuole marittime. E ciò senza contare l’artigianato, questa branca di lavoro così antica ed illustre in Italia, vanto ed orgoglio di tutta la nostra tradizione comunale, titolo di sommo prestigio per l’estero; l’artigianato italiano che è il padre dell’industria contemporanea; che ha così profonde e fresche radici in quasi tutte le nostre regioni storiche e che, purtroppo, nonostante i bisogni, nonostante gli sforzi compiuti, non ha ancora nella scuola quel valido aiuto e quella particolare preparazione, onde solo può incrementarsi uno dei nostri cespiti di esportazione, una delle nostre risorse maggiori di vita economica.
E non parlo neppure del problema di istruire professionalmente le nostre masse di emigrazione, destinate ancor oggi – purtroppo – per la quasi totale mancanza di qualifiche tecniche, ad essere sfruttate fuori d’Italia in una manovalanza generica estremamente faticosa e mal retribuita.
Ora, onorevoli colleghi, questo stato di cose, che appena ho accennato e che meriterebbe ben altro approfondimento, deve cessare, deve dare luogo ad una salutare mutazione.
Ma noi riteniamo che per un compito così vasto e così profondo, che non è tanto di riformare, ma proprio di creare un ordine tutto nuovo, didattico e tecnico, noi crediamo che non basti per nulla il fidarsi di ipotetiche future provvidenze legislative; noi riteniamo necessario che lo Stato assuma, nella stessa sua Costituzione, l’impegno preciso di curare in ogni modo la Scuola del lavoro.
Per questo, onorevoli colleghi, insieme agli amici Gortani, Bosco Lucarelli e Bianchini Laura, io propongo che sia approvato il nostro emendamento aggiuntivo, il cui spirito è già del resto nella primitiva redazione del nuovo testo statutario.
Si potrà obiettare ciò che disse l’altro ieri l’onorevole Orlando, a proposito delle molte, delle troppe promesse che si vogliono fatte dallo Stato. Come – si dirà – può la Repubblica far fronte ad un impegno qual è questo, che, oltre alle spese edilizie e organizzative, implica miliardi di spesa per adatti macchinari? L’obiezione sembra grave; ma la mia risposta è tranquillante. Onorevoli colleghi, l’industria italiana non solo può, ma oggi desidera concorrere a questo scopo e sostenerne quindi in gran parte gli oneri. L’industria sente profondamente la mancanza di mano d’opera qualificata e specializzata; la sente a tal punto, che già da anni sono sorti in più luoghi, presso vari grandi stabilimenti, delle vere e proprie scuole di addestramento, dei corsi per meccanici di precisione. Cito, fra molte, le Officine «Galilei» di Firenze, dove capitecnici e ingegneri specializzati si alternano nell’impartire lezioni tecniche e pratiche a diecine e diecine di giovani operai. Lo Stato non avrà che a dichiarare le sue intenzioni perché i mezzi e i contributi affluiscano a facilitarne l’opera di organizzazione e di coordinamento. La formula che io ancora desumo dal già citato Pecorelli «la scuola serve l’industria, l’industria serve la scuola» è così chiara, così pratica, così intuitiva che non fa bisogno di molte parole per dimostrarla. C’è solo da desiderare che l’unione del capitale e del lavoro, questa unione che tutti auspichiamo, protesi verso la rinascita della nostra Patria, debba incominciare proprio qui, proprio nella scuola professionale, come in un’alba di promesse. Libera iniziativa, controllo di Stato, non potranno non avere quel felice esito che, nell’interesse del miglioramento effettivo delle categorie operaie, noi ci ripromettiamo dalla favorevole votazione dell’emendamento proposto. (Applausi).
PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis, Barbareschi:
«Aggiungere al terzo comma il seguente:
«Gli alunni che dimostrino attitudini speciali congiunte a meriti di profitto costante, saranno segnalati dagli insegnanti all’ente che la legge indicherà per la più estesa valorizzazione».
L’onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgerlo.
NOBILI TITO ORO. Lo manteniamo, ma rinunciamo a svolgerlo.
PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Mattarella, Bosco Lucarelli, Colombo e Camposarcuno:
«Sostituire gli ultimi due commi con il seguente:
«La Repubblica assicura ai meritevoli privi di mezzi, con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferire per concorso agli alunni di scuole statali e parificate, la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione».
L’onorevole Mattarella ha facoltà di svolgerlo.
MATTARELLA. Abbiamo presentato alla Commissione un altro emendamento, che sostituisce quello testé letto e che è firmato anche dagli onorevoli Zerbi, Lazzati, Bertola, Colombo, Galati, Cremaschi Carlo, Benvenuti, Monticelli, Medi. Abbiamo proposto, cioè, di sostituire gli ultimi due commi dell’articolo 28 col seguente:
«La Repubblica assicura ai meritevoli privi di mezzi, mediante adeguate provvidenze da conferirsi per pubblico concorso agli alunni appartenenti a qualsiasi scuola statale e non statale, la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione».
Nel formulare il primo emendamento siamo stati spinti soprattutto dalla considerazione, già svolta anche dal collega Mazzei, che il terzo comma dell’articolo 28 sostanzialmente non aveva un contenuto giuridico concreto. Il contenuto era dato dall’ultimo comma, e la fusione del terzo e del quarto comma rende più adeguata all’esigenza tecnica la dizione dell’articolo. Nella nuova formulazione abbiamo rinunciato alla elencazione delle provvidenze, citandole genericamente, proprio per non creare una limitazione a quello che il legislatore in futuro potrà stabilire.
E abbiamo insistito anche nella formulazione nuova nel ritenere che il concorso per queste provvidenze debba essere esteso, oltre che agli alunni delle scuole statali, anche agli alunni delle scuole non statali, per un evidente dovere di rispetto della libertà di scelta, da parte dell’alunno, della scuola che vuol frequentare e anche per un doveroso riconoscimento verso quelle scuole non statali che tanto contributo hanno portato e porteranno certamente alla serietà della scuola e alla educazione e formazione intellettuale della gioventù. Se è vero che anche in questo campo – come è stato rilevato pure in quest’Aula – vi sono delle iniziative di carattere mercantile, è anche vero che vi sono dei luminosi esempi di spirito di sacrificio e di alla dedizione alla attività educativa, che meritano di essere altamente riconosciuti ed additati alla riconoscenza e alla gratitudine del Paese. Noi pensiamo che queste provvidenze che la Repubblica doverosamente deve disporre per rendere possibile l’accesso ai più alti gradi dell’istruzione di tutti gli alunni capaci e meritevoli che non dispongono dei mezzi, attraverso le varie iniziative che potranno essere escogitate e sancite dal legislatore, non possono riguardare soltanto gli alunni delle scuole statali, ma anche gli alunni delle scuole non statali. Ed è perciò che abbiamo sostituito nella nuova dizione all’espressione «parificate», l’espressione «scuole non statali», per non sanzionare nella Costituzione un’espressione mutevole e una definizione che rientra nella competenza del legislatore ordinario. Abbiamo voluto usare una dizione molto più lata che renda possibile l’accesso a queste provvidenze agli alunni che frequentano qualsiasi scuola, perché qualunque alunno che meriti per la sua capacità e per la sua attitudine allo studio di essere incoraggiato, deve trovare aiuto ed incoraggiamento, anche se frequenta una scuola non riconosciuta.
PRESIDENTE. Gli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis, Barbareschi hanno proposto di sostituire il quarto comma col seguente:
«La Repubblica, ponendo a profitto anche la mutualità scolastica, assicura l’esercizio di tale diritto mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni che gli organi segnalatici dimostrino meritevoli di parteciparvi».
L’onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgerlo.
NOBILI TITO. ORO. Lo manteniamo senza svolgerlo.
PRESIDENTE. Il seguente emendamento è stato già svolto:
«Sostituire il quarto comma col seguente:
«La legge rende effettivo questo diritto mediante speciali provvidenze.
«Bernini, Binni, Di Gloria, Malagugini, Basso, Preti, Codignola».
Segue l’emendamento dell’onorevole Ermini:
«Al quanto comma, alle parole: agli alunni di scuole statali e parificate, sostituire: agli alunni che intendono compiere gli studi nelle scuole statali o parificate».
Ha facoltà di svolgerlo.
ERMINI. Il tenue emendamento che propongo ha una finalità di natura eminentemente pratica. Nell’articolo 28 si dice: borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e non statali.
Ora lo scopo principale del conferimento di queste borse di studio mi pare sia senza dubbio quello di consentire ai giovani privi di mezzi di iscriversi nelle scuole e di iniziare la frequenza ai corsi. Parlandosi però nella formulazione di alunni, si intende alludere evidentemente a coloro soltanto che sono già iscritti nelle scuole. Con l’emendamento che propongo intendo invece che sia consentito, a chi non ha i mezzi, di iniziare gli studi in una scuola come di continuarli; e per questo chiedo di sostituire le parole «agli alunni di scuole statali e parificate» con l’espressione più comprensiva «agli alunni che intendono compiere gli studi nelle scuole statali o parificate», con allusione in tal modo tanto agli alunni che già frequentano le scuole, quanto a quelli che intendono frequentarle, come per esempio a coloro che, provenendo da scuola paterna, abbisognano per iscriversi nella scuola di Stato di ottenere una borsa, che consenta di frequentare la scuola stessa.
PRESIDENTE. Segue l’emendamento degli onorevoli Lozza, Bernamonti, Silipo, Maltagliati, Farina, Lombardi Carlo, Musolino, Saccenti, Bardini, Platone:
«Al quarto comma, alle parole: agli alunni di scuole statali e parificate, sostituire le seguenti: agli alunni provenienti da qualsiasi scuola».
L’onorevole Lozza ha facoltà di svolgerlo.
LOZZA. Il nostro emendamento è dettato dalle preoccupazioni, che noi abbiamo ascoltato, di due onorevoli colleghi che mi hanno preceduto, e particolarmente del collega Ermini; ma in qualche cosa noi differiamo.
Il terzo comma dell’articolo 28 dice:
«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione».
E il quarto comma dice:
«La Repubblica assicura l’esercizio di questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e parificate».
Il nostro emendamento intende estendere il diritto di partecipazione ai concorsi a borse di studio a tutti i cittadini di buona volontà e intelligenti, cioè a tutti i giovani capaci e meritevoli, privi di mezzi. Se vogliamo che la scuola sia davvero aperta al popolo e se pensiamo che tutti i meritevoli abbiano diritto di raggiungere i più alti gradi dell’istruzione, non possiamo limitare le provvidenze solo a quei giovani che sono già alunni di scuole di Stato o parificate: dobbiamo estenderle a tutti i giovani capaci e meritevoli, siano di scuole pubbliche o private, siano autodidatti. La legge, se mai, dirà – la legge che considera tutti eguali gli alunni davanti ai concorsi di studio – se debba poi andare a studiare nelle scuole di Stato, nelle scuole parificate o in un istituto apposito, anche in un istituto privato, l’alunno cui è stata concessa la borsa.
E siamo d’accordo con l’onorevole Mazzei che il sussidio non debba essere dato alla scuola, ma all’alunno, al giovane. Il giovane vedrà dove dovrà andare a studiare e questo, se mai, sarà indicato dalla legge.
Abbiamo questa preoccupazione: la guerra ha tenuto lontani dalle scuole per molti anni i giovani. Oggi, e ancora per qualche anno futuro, i giovani tornati dalla prigionia, i partigiani, i combattenti cercano di ricuperare il tempo perduto, cercano di raggiungere al più presto una sistemazione. Mi pare che la Repubblica abbia tutto l’interesse che i giovani si sistemino seriamente il più presto possibile, ma senza quella precipitazione che andrebbe a scapito dei giovani, della cultura professionale e della stessa società.
In verità il comma quarto dell’articolo 28 forse scende in specificazioni che potrebbero essere lasciate al legislatore. Il nostro emendamento ha la preoccupazione di chiarire le specificazioni che a noi sono sembrate limitative nel testo sottopostoci dalla Commissione. E poiché vi è un emendamento Bernini che dice: «La legge rende effettivo questo diritto mediante speciali provvidenze», noi potremmo accettarlo solo se fossero aggiunte le parole: «da conferirsi per concorso agli alunni provenienti da qualsiasi scuola». In caso contrario, manterremmo il nostro emendamento.
PRESIDENTE. L’onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere i seguenti due commi:
«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l’educazione e l’avviamento al lavoro e professionale dei cittadini inabili, con speciale riferimento ai minorati della vista, per un dovere di solidarietà umana e sociale e col proposito di recuperarne alla collettività nazionale le residue capacità di lavoro.
«La Repubblica assicura l’esercizio di questo diritto con la creazione di appositi istituti e di corsi specializzati, con borse di studio ed assegni familiari, e soprattutto con la emanazione di norme per il collocamento obbligatorio e la previdenza per la vecchiaia degli inabili, servendosi degli enti, istituti ed organizzazioni esistenti o da costituire».
Ha facoltà di svolgerlo.
COLITTO. L’emendamento da me proposto è stato suggerito dalla Unione italiana dei ciechi, di cui è presidente nazionale l’illustre professore Paolo Bentivoglio. Ritengo di non ingannarmi, se affermo che sia dovere e insieme interesse dello Stato, di rivolgere il proprio sguardo ai cittadini spesso giovanissimi, che la guerra o altre cause hanno dolorosamente posto in condizioni di minorità di fronte ai propri simili.
Si tratta di una massa davvero cospicua di persone, che non può da noi essere obliata. E per ragioni di carattere etico-sociale, che sono evidentissime, e per ragioni di carattere economico, perché, sotto tale aspetto, non v’è chi non veda quanta importanza, proprio economicamente valutabile, abbia il recupero alla società, per mezzo di cure sanitarie, di apparecchi di protesi, rieducazione fisica e professionale, delle tante energie, di cui ho parlato.
E, poiché l’Italia si trova all’avanguardia in questo campo, possedendo scuole, istituti, corsi specializzati e leggi (quali quelle del 1917 e del 1921) per l’avviamento al lavoro e per il collocamento obbligatorio, per cui centinaia di migliaia di invalidi sono rientrati nel circolo produttivo del Paese, non si tratta ora, a mio sommesso avviso, che di consacrare nella Carta costituzionale una norma che tenga conto di questa realtà, di questa situazione di fatto, e, meglio definendola, affermi l’obbligo dello Stato di provvedere gratuitamente alla rieducazione ed all’avviamento al lavoro degli invalidi e di estendere gradualmente a tutte le categorie degli invalidi qualsiasi legge disciplini il collocamento obbligatorio.
Io ritengo, perciò, che l’emendamento da me proposto possa trovare il consenso dell’Assemblea, anche perché esso è perfettamente aderente alle altre norme consacrate, in materia di lavoro, nella nostra Costituzione. L’emendamento è affidato molto al senno, ma anche moltissimo al cuore dell’Assemblea.
PRESIDENTE. L’onorevole Bruni ha già svolto il seguente emendamento:
«Aggiungere il seguente comma:
«La Repubblica prenderà tutte le misure necessarie perché l’eguaglianza dei diritti, di fronte all’istruzione e all’educazione, sia di fatto rispettata anche nelle scuole non statali, col provvedere ad un congruo finanziamento di esse e con l’istituire scuole statali – nel quadro della libertà d’insegnamento – del tipo richiesto dalle famiglie».
L’onorevole Valenti ha presentato il seguente emendamento:
«Aggiungere il seguente comma:
«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l’educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili».
Ha facoltà di svolgerlo.
VALENTI. Devo essere necessariamente breve, perché l’emendamento aggiuntivo proposto coincide esattamente, anzi completamente, con la sostanza dell’emendamento presentato e svolto in questo momento dal collega onorevole Colitto. È la stessa istanza dell’Unione Ciechi che ha trovato una formulazione diversa, in un oggetto identico.
Mantengo però l’emendamento; pur concordando e potendo aderire anche alla formulazione presentata dall’onorevole Colitto. È una ragione di sistematica, è un fare coincidere il pensiero laddove il progetto costituzionale parla in un punto di un particolare oggetto ed in altro di altro oggetto. All’articolo 28 ho presentato l’emendamento unicamente nel senso di richiedere che la Repubblica assuma gratuitamente la educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili, perché la parte successiva, cioè quella che riguarda il collocamento, pare a me che più facilmente, anzi più ragionevolmente trovi la sua collocazione all’articolo 34, laddove precisamente si parla di inabili al lavoro, sprovvisti dei mezzi necessari alla vita, e del diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale. Per similarità e conseguenzialità di pensiero, io credo che qui troverebbe invece la sua collocazione l’emendamento aggiuntivo da me presentato. È questa la ragione per la quale insisto nel raccomandare l’emendamento così come è formulato, perché mi pare che aderisca ad un criterio di precisa sistematica giuridica costituzionale.
Le ragioni di merito mi pare che siano di una precisione che aderisce alla coscienza ed alla intelligenza di questa veramente sensibile Assemblea. È nel quadro dell’articolo primo che apre le affermazioni che costituiscono il nostro progetto di Costituzione, laddove si dice che «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro»; è in questo quadro che noi troviamo giusto che all’articolo 28, come proponiamo, si veda di fare l’aggiunta proposta.
È un’affermazione solenne quella che facciamo, «Repubblica fondata sul lavoro»: e un’affermazione grandemente impegnativa. Essa proietta su tutto quanto il progetto di Costituzione una luce di inconfondibile chiarezza ed un indirizzo: tutela della dignità del lavoro che è tutta la ricchezza, specie per un Paese come il nostro, che di altre ricchezze è veramente in difetto. Valutare il lavoro, porlo su un piano morale, giuridico, economico di grande dignità, perché lavoro è attività dell’uomo ed in esso l’uomo dà alle cose il suo volto, la bellezza e la luce del suo pensiero che qualche volta si esprime nell’opera d’arte: onde il lavoro è diritto, diritto dell’uomo ad esprimere se stesso. Ma il lavoro è soprattutto un mezzo per procurarsi il pane, onde giova al singolo; ed è un contributo alla formazione del bene comune, cui ciascuno ha diritto di attingere e dovere di contribuire. Così è che il lavoro diventa problema morale, politico, economico e sociale insieme. Alla luce di questo pensiero noi diciamo: guardiamo a quella che è la verità sugli inabili al lavoro. Vediamo, allora, che il testo costituzionale, a proposito del lavoro in relazione alla scuola, pone e considera due soli soggetti aventi diritto alla educazione ed alla assistenza: ossia l’uomo pienamente capace e l’uomo assolutamente incapace (articolo 28 e articolo 34); l’uomo, cioè, che ha una piena capacità di lavorare e quello che non ne ha nessuna. Ma in mezzo a queste due categorie ve ne è una terza, cioè quella degli inabili, inabili dalla nascita, inabili per causa o di lavoro o di guerra, la categoria di coloro che non posseggono intere ed intatte le proprie capacità lavorative. Sono centinaia di migliaia di unità lavorative minorate, rese parzialmente inabili ad un proficuo lavoro. Basti pensare ai 500.000 mutilati della guerra 1915-18, basti pensare agli inabili dalla nascita, come i ciechi civili, basti pensare al numero enorme dei minorati dalla guerra e particolarmente ai moltissimi della guerra mondiale, per intendere l’imponenza del problema.
Per costoro non ha nulla da fare la scuola? Io ricordo a titolo veramente di onore quello che ho potuto vedere nella mia città di Parma, dove per iniziativa della post-bellica, laddove vi era un centro ospitaliero militare, è sorto oggi un centro di rieducazione dei minorati di guerra. È una iniziativa mirabile, che commuove ed allieta: è ragione di conforto e di speranza, per coloro che sono posti nella condizione di potere riacquistare una capacità lavorativa, e per quanti sanno che, per queste scuole, tanta somma di lavoro rientra nel circolo, della produzione e della vita anche a profitto della collettività. La scuola, con i sistemi pedagogico-scientifici più aggiornati, può fare miracoli e può recuperare al lavoro, qualche volta in toto, comunque e sempre in larghissima misura, gli inabili. E se è possibile, si deve fare in maniera che lo Stato assuma la educazione e la rieducazione professionale di questi cittadini inabili. Il che non significa che lo Stato debba dimenticare o negare le iniziative caritatevoli e benefiche già in atto o che potrebbero venire a soccorrere alla bisogna. Significa solo che lo Stato deve sentire il suo impegno di dare agli inabili la gratuita possibilità di una rieducazione professionale. Vedrà il legislatore in qual modo ciò potrà attuarsi. Esigenza inderogabile, però, è quella di aiutare le iniziative esistenti da chiunque prese e di coordinarle ed integrarle in un quadro organico al fine che il diritto affermato all’educazione e alla rieducazione professionale degli inabili abbia la possibilità pratica di effettuarsi. Perché: 1°) lo Stato non può caricarsi il mantenimento al cento per cento di questi bisognosi; 2°) ai minorati della guerra noi paghiamo, in base alla legge del 1917, soltanto il 14 per cento di quello che paga la Francia ai propri minorati. Paghiamo ad ogni modo assolutamente quanto è insufficiente per garantire loro la vita; e ciò perché il nostro sistema di assistenza, a differenza di quello che avviene negli altri paesi, Francia compresa, si basa sul presupposto che il minorato, con la residua capacità lavorativa, integri quel poco che lo Stato gli fornisce.
Estendendo il trattamento dei mutilati di guerra a tutti gli inabili noi non avremmo ancora risolto il problema di consentire loro la possibilità di guadagnarsi un pane. Occorre che il minorato possa recuperare ed utilizzare le proprie capacità lavorative e, recuperate che le abbia, occorre garantirgli, attraverso una legge speciale – ed è ciò che proponiamo con l’articolo 34 – la possibilità di collocamento.
Ecco perché invoco la iniziativa scolastica in questo campo degli inabili.
Io raccomando alla sensibile coscienza di questa Assemblea, così sensibile a percepire, e così pronta a muovere tutto ciò che afferma ragioni di umanità e di giustizia, io raccomando di accogliere queste mie proposte.
Desidero dire che insisto per queste ragioni sul mio emendamento e confido che sarà accettato dalla Commissione e votato dall’Assemblea. (Applausi).
PRESIDENTE. Avverto che l’onorevole Mario Rodinò ha comunicato di ritirare il seguente emendamento da lui presentato:
«Aggiungere il seguente comma:
«La Repubblica assume gratuitamente l’educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili e tutela il loro diritto al lavoro».
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento degli emendamenti presentati all’articolo 28.
Il seguito della discussione è rinviato a domani.
Interrogazioni con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono pervenute le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e del tesoro, sull’urgente necessità di adeguare il trattamento economico dei dipendenti statali e degli enti pubblici a quello dei lavoratori delle aziende private, mediante l’accoglimento delle note rivendicazioni minime presentate dalla Confederazione generale italiana del lavoro.
«Di Vittorio».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e del tesoro, per sapere se non credano opportuno provvedere d’urgenza a migliorare le tristi condizioni economiche dei dipendenti statali e degli altri enti pubblici, parificando la scala mobile a quella dei lavoratori delle aziende private e giusta le rivendicazioni minime presentate dalla C.G.I.L.
«Lizzadri, Mariani Francesco, Carmagnola, Giua».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere come il Governo intenda, nel quadro della presente situazione economica, risolvere il dibattuto problema dei dipendenti statali e dei dipendenti degli altri enti pubblici, in relazione alle richieste dagli stessi avanzate.
«Pastore Giulio».
«Al Ministro di grazia e giustizia, per conoscere se non sia doveroso accogliere con particolare benevolenza il grido di disperazione dei magistrati d’Italia, decisi a tutto in questo momento fuorché a barattare la giustizia e l’onore, di cui si sentono, oggi più che mai, gelosi tutori.
«Caccuri».
«Al Ministro dei lavori pubblici, per sapere:
- a) con quale programma e con quali direttive, se ne ha, intende svolgere la politica dei lavori pubblici nel Mezzogiorno e specialmente in Basilicata e se crede di ascoltare i suggerimenti dei rappresentanti politici di quelle regioni;
- b) se crede di poter abolire, arbitrariamente senza ricorrere ad una legge, l’esistenza e la funzione dei Provveditori alle opere pubbliche;
- c) se i lavori pubblici debbano essere eseguiti secondo una graduatoria d’utilità e di produttività o se unico scopo del Ministro sia la coltura degli elettori comunisti, o delle regioni nel partito.
«Reale Vito».
«Al Ministro dell’interno, per conoscere se e quali misure abbiano preso le competenti autorità nei confronti di tutti coloro che il 28 aprile 1947, nella chiesa di Sant’Andrea di Mantova, inscenavano, al canto di inni legionari, una provocatoria manifestazione dei loro nostalgici sentimenti fascisti, violando per tal modo le disposizioni che vietano gli atti diretti ad esaltare pubblicamente le persone e le ideologie del fascismo.
«Dugoni, Avanzini, Bianchi Bruno».
«Al Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti intenda adottare nei confronti del Prefetto di Napoli, il quale il giorno 26 aprile ha autorizzato l’affissione di manifesti il cui contenuto offende i combattenti della guerra di liberazione, e con essi le riconquistate libertà democratiche del nostro Paese, facendosi complice di un grave atto di provocazione fascista.
«Corbi, Rossi Maria Maddalena, Pertini, Foa, La Rocca, Fabriani, Codignola».
Chiedo al Governo quando intendo rispondere.
SEGNI, Ministro dell’agricoltura e delle foreste. Il Governo si riserva di comunicare quando intende rispondere.
LUCIFERO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIFERO. Fo presente che da alcuni giorni ho presentato anch’io un’interrogazione d’urgenza, riferentesi all’Amministrazione straordinaria del Comune di Roma.
Mi pare strano che nel nostro Paese proprio la Capitale debba essere eternamente retta da un’Amministrazione straordinaria.
L’urgenza della mia interrogazione era suggerita da un termine che scade il 7 luglio. Quindi, è necessario che, se si vogliono fare le elezioni, tempestivamente il Governo si decida a farle; oppure ci dica quali sono le ragioni, per le quali non vuol farle.
Prego, quindi, il rappresentante del Governo che vedo presente nell’Aula, cioè il Ministro Segni, di dire al suo collega dell’Interno se intende dare una risposta.
PRESIDENTE. Prego il Ministro Segni di fare presente ai Ministri suoi colleghi che la seduta mattutina di lunedì prossimo potrebbe essere dedicata a tutte le interrogazioni d’urgenza che da molti giorni sono state presentate.
Sull’ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Penso che domani, come abbiamo fatto alcuni giorni or sono, alla vigilia di una breve interruzione dei nostri lavori, potremmo avere soltanto una seduta, dalle 11 fino alle 15, in modo da consentire a molti colleghi, che lo hanno richiesto, di partire con i treni del pomeriggio per trascorrere nelle loro sedi la giornata festiva del primo maggio, nella quale non vi saranno sedute dell’Assemblea.
Avverto che nella seduta di domani, subito dopo la votazione sugli articoli 28 e 20 del progetto di Costituzione, l’Assemblea procederà all’esame e alla decisione di alcune misure atte a dare un ritmo più adeguato e nel tempo stesso più sostanzioso alla discussione della Costituzione.
MALAGUGINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAGUGINI. Vorrei pregare l’onorevole Presidente di assicurare che il 2 maggio si terrà seduta solo nel pomeriggio, per dar modo ai deputati che hanno lasciato Roma, di rientrarvi in tempo utile per prendere parte ai lavori dell’Assemblea.
PRESIDENTE. Mi rincresce di non poterle dare questa assicurazione, prima di tutto perché ritengo di essere già venuto notevolmente incontro alle esigenze che mi sono state prospettate con una breve sospensione dei lavori; in secondo luogo perché penso che le necessità dei lavori della nostra Assemblea debbano prevalere; e se domani decideremo alcune misure per dare ai nostri lavori un ritmo più intenso e più efficace, annulleremmo questi vantaggi con eventuali proroghe. Comunque l’ora della seduta del 2 maggio sarà fissata al termine della seduta di domani, il cui inizio, come ho detto è fissato per le 11.
La seduta termina alle 20.45.
Ordine del giorno per la seduta di domani.
Alle ore 11:
- – Elezione contestata per la circoscrizione di Catania (Antonio Romano). (Documento III, n. 4).
- – Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.