ASSEMBLEA COSTITUENTE
LXXIII.
SEDUTA ANTIMERIDIANA DI LUNEDÌ 24 MARZO 1947
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CONTI
INDICE
Sul processo verbale:
Mastrojanni
Congedo:
Presidente
Interrogazioni (Svolgimento):
Presidente
De Filpo, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste
Natoli
Perrone Capano
Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni (Seguito della discussione):
Presidente
Costa
Carboni, Relatore
Scelba, Ministro dell’interno
Condorelli
Colitto
Mannironi
Persico
Cosattini
Dozza
Zotta
Fuschini
Cingolani
Tonello
Votazione nominale:
Presidente
Risultato della votazione nominale:
Presidente
Interrogazioni e interpellanze con richiesta d’urgenza:
Presidente
Scelba, Ministro dell’interno
Caroleo
Bonino
Interrogazioni (Annunzio):
Presidente
La seduta comincia alle 10.
MOLINELLI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.
Sul processo verbale.
MASTROJANNI. Chiedo di parlare, per fatto personale, sul processo verbale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASTROJANNI. Onorevoli colleghi, sono dolente di dover prendere la parola sui fatti di Sant’Elpidio, perché avrei desiderato che tali incidenti fossero stati ritenuti ormai chiusi ed esauriti; ma l’onorevole Molinelli, sabato scorso, ha ritenuto di prender la parola per precisare alcune situazioni che non rispondono alla realtà dei fatti.
Egli ha fatto due dichiarazioni, la prima delle quali di carattere specificamente soggettivo, la seconda di constatazione oggettiva.
La prima si riferisce ad una conversazione che avrei avuto con l’onorevole Molinelli durante il viaggio da Roma ad Ancona, fra il pomeriggio e la sera del 15 marzo 1947. Egli attribuisce, sia pure in modo soggettivo, al succo della mia conversazione, malcontento da parte mia per quanto tratta la essenza del nostro partito, nel senso che avrei, secondo l’onorevole Molinelli, manifestato il desiderio che il Partito qualunquista uscisse da questa situazione di calderone di ogni scontento nazionale. Poiché si tratta di opinione individuale, io non posso intervenire per persuadere diversamente l’onorevole Molinelli. Sta di fatto però che questo io non ho detto, ma che invece, riferendomi alle accuse che giudicavo ingiuste nei confronti del nostro partito, definito fascista, mi sforzavo di far comprendere all’onorevole Molinelli che noi, per snebbiare da tutte le insinuazioni il nostro partito, avevamo ritenuto necessario, anche dal punto di vista esteriore e formale, di dare una denominazione che non consentisse ulteriori equivoci, cioè Fronte liberale democratico dell’Uomo Qualunque.
Per quanto riguarda gli incidenti di Sant’Elpidio, egli assume che in quel giorno in Sant’Elpidio ci fossero diversi repubblichini fascisti, secondo le indagini fatte da lui stesso, onorevole Molinelli. Io non ho né la veste né la possibilità di fare indagini, e non ho quindi dati sull’argomento; ma per quanto riguarda i fatti contestuali all’aggressione, dichiaro nel modo più preciso, specifico ed inequivocabile che nessuno di coloro che sedevano con me a tavola ebbe a diffidare o minacciare coloro che erano intervenuti nella sala per consumare l’aggressione.
Per quanto riguarda i miei alti e profondi sentimenti di ammirazione e di solidarietà con i veri partigiani, ricordo che l’altro giorno nel «Transatlantico», allorché l’onorevole Molinelli, che ringrazio cordialmente per i sentimenti verso di me così gentilmente espressi, ebbe a dirmi che sarebbe stato desiderio dei partigiani offrirmi quel distintivo di invalido di guerra che con orgogliosa fierezza portavo, non rimasi insensibile a tali dichiarazioni e dissi che con commozione mi sentivo, come mi sento, legato verso tutti coloro che hanno combattuto per la Patria, che ritenevo e ritengo, al disopra di ogni competizione e di ogni ideologia politica, i fratelli prediletti, perché con me e come me hanno combattuto per la Patria ed hanno versato il sangue per la Patria, e dicevo all’onorevole Molinelli che, commosso di questo gesto, l’avrei accolto con fraterna solidarietà.
Ciò premesso, per quanto riguarda i miei sentimenti verso i veri partigiani, rettifico che nessuna intimidazione, nessuna provocazione partì da parte nostra verso coloro che si introdussero nei locali dove ci accingevamo a consumare la colazione; che io fui aggredito da dieci, quindici, venti o più persone, le quali, per prima cosa, mi strapparono il distintivo di invalido di guerra; che nessuno di noi ebbe la possibilità di validamente difendersi, data la sorpresa dell’azione. Che se poi fra di noi ci fosse stato, in ipotesi che escludo, qualcuno già repubblichino fascista, dichiaro lealmente che questo a me non constava, perché io, ospite dei qualunquisti di Sant’Elpidio, avevo accettato la colazione offertami e mi ero seduto a tavola con persone che ritenevo e ritengo nulla abbiano a che vedere con la giustizia.
Concludo col dire che, comunque, nulla giustifica l’aggressione. Mi auguro che questa democrazia libera della Repubblica italiana possa far comprendere al popolo che se le leggi dello Stato consentono ai liberi cittadini di espletare liberamente la loro missione nella vita, di lavorare, di frequentare pubblici locali, di partecipare insomma alla vita di relazione con la società, nella quale sono immessi, e nella quale noi ad essi riconosciamo possibilità di vita libera ed onesta, non vale sostituirsi alle leggi dello Stato ed aggredire i propri simili, anche se alcuna pecca contro di costoro esistesse e anche se la presenza di costoro potesse suscitare emozioni isteriche.
Invocando la concordia, il rispetto delle leggi, il rispetto delle autorità e la possibilità per ognuno, a qualunque partito appartenga, di poter espletare la propria missione, il proprio mandato nella vita, nell’interesse reciproco, credo di esprimere il vivo desiderio di tutto il popolo sano. Se ciò non avvenisse, stiano ben certi, e resti per fermo nella mente di tutti, che nessuno di noi è disposto a subire violenze, ma seguirà il detto latino vis vi repellitur. (Applausi a destra – Rumori e proteste a sinistra).
PRESIDENTE. Non essendovi altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Congedo.
PRESIDENTE. Ha chiesto congedo l’onorevole Martino Gaetano.
(È concesso).
Interrogazioni.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: interrogazioni. La prima è quella degli onorevoli Finocchiaro Aprile, Castrogiovanni, Gallo, Varvaro, Cannizzo, al Ministro della pubblica istruzione, «per sapere se e come intenda di ridare vita ed incremento alle rappresentazioni classiche di Siracusa, conformemente alle insistenti richieste di quella cittadinanza ed alle imprescindibili esigenze della cultura e dell’arte».
Non essendo presente l’onorevole Finocchiaro Aprile, si intende vi abbia rinunciato.
Seguono due interrogazioni dell’onorevole Volpe:
ai Ministri degli affari esteri e del lavoro e previdenza sociale, «per sapere se è a loro conoscenza l’inconveniente derivante ai nostri emigrati nel Belgio, i quali, contrariamente al noto accordo con quel Governo, non riescono a far pervenire tempestivamente le rimesse in denaro alle loro famiglie, costrette pertanto ad una durissima vita di stenti e di privazioni»;
ai Ministri degli affari esteri, dell’interno e del lavoro e previdenza sociale, «per sapere se sono a conoscenza dell’emigrazione clandestina, specialmente verso la Francia, di migliaia di nostri lavoratori, accompagnati spesso da tutti i componenti familiari; che agenti francesi sono a tal uopo in giro per ingaggiare nostri lavoratori, che vengono avviati all’estero clandestinamente e, arrivati a destinazione, abbandonati e sfruttati. E per conoscere, anche, quali provvedimenti intendano attuare i Ministeri competenti per evitare i dolorosi fatti segnalati; a qual punto siano le trattative con il Governo francese per l’emigrazione dei nostri lavoratori».
Non essendo presente l’onorevole Volpe, si intende abbia rinunciato alle due interrogazioni.
Segue l’interrogazione degli onorevoli Rossi Paolo, Longhena, Malagugini, Binni, al Ministro della pubblica istruzione, «per conoscere quale sorte abbia avuto lo schema di decreto già disposto dai suoi onorevoli predecessori per riparare l’ingiustizia perpetrata dal regime fascista contro i professori esclusi, per motivi politici e razziali, dai concorsi a cattedre negli istituti d’istruzione secondaria; provvedimento che acquista un carattere d’urgenza di fronte al fatto che professori, provveditori e presidi, già epurati per faziosità fascista, vengono via via riammessi in servizio».
Non essendo presente l’onorevole Rossi Paolo, si intende vi abbia rinunciato.
Segue l’interrogazione dell’onorevole Natoli, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per sapere quali provvedimenti intenda adottare per impedire l’impoverimento progressivo e pericoloso del mare di Sicilia. Da qualche tempo, nelle acque della costa occidentale – come nella zona di Castellammare del Golfo – e specialmente nelle acque di Lampedusa, si procede ad una pesca di rapina. Come la terra dell’isola, da secoli, è vittima di una coltura di rapina, cominciata col disboscamento che ha inaridito il centro dell’isola, così ora si procede nelle acque. Pescherecci che arrivano da varie direzioni pescano con esplosivi, distruggendo enormi quantità di pesci piccoli e di uova; d’altra parte, i pescherecci usano reti dalle maglie troppo strette, le quali imprigionano anche pesciolini di misura molto più ridotta di quelle prescritte. Infine, malgrado la legge lo proibisca, si pesca la cosiddetta «neonata» di sardella, distruggendo banchi interi. La «neonata» viene pubblicamente venduta sui mercati di Palermo. La vigilanza è quasi inesistente, sia sui mari di Lampedusa – dove le industrie della pesca e delle conserve di pesce sono in crisi, con grave danno della popolazione dell’isola e dell’economia nazionale – sia sulle spiagge. Una ricchezza isolana e nazionale è minacciata seriamente e s’impongono misure energiche. Si potrebbe cominciare con l’inviare a Lampedusa una barca a motore – non ne esiste nessuna – per la sorveglianza; inoltre si potrebbero autorizzare i pescatori onesti a sorvegliare essi stessi, come guardie giurate, onde procedere contro i trasgressori delle leggi già esistenti e delle disposizioni nuove che il Ministero dell’agricoltura e delle foreste vorrà adottare per evitare che la pesca di distruzione privi l’Italia e la Sicilia, già stremate, di un’importante risorsa alimentare e di merce di esportazione»..
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste ha facoltà di rispondere.
DE FILPO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Il dilagare della pesca con esplosivi è purtroppo un fenomeno post-bellico che si verificò anche dopo la prima guerra mondiale.
Il Ministero dell’agricoltura è intervenuto più volte, presso le autorità tutorie, per frenare la pesca abusiva.
Risulta però che l’agitazione di Lampedusa è dovuta non all’impoverimento della pesca, ma alle ricche pescate eseguite dai ciancioli, che abbassano il prezzo dei mercati.
Per tale vertenza sorta fra i pescatori e la motopesca armata con rete «cianciolo», il Ministero diede disposizioni per la riunione di una Commissione mista presso la locale Capitaneria di porto e contemporaneamente impartì l’ordine che la pesca con il «cianciolo» fosse esercitata a distanza non superiore a sette miglia dalla costa dell’isola di Lampedusa; ed un accordo fra le parti contendenti si è raggiunto, accordo che verrà ratificato dal Ministero.
Comunque il Ministero ha anche disposto l’invio a Lampedusa di un proprio funzionario tecnico per studiare gli inerenti problemi.
L’uso di consumare il pesce neonato è purtroppo un’abitudine siciliana; ma le conseguenze, dato che si tratta di pesce turchino migratorio di larghissima riproduzione, non sono fortunatamente gravi.
Dato l’altissimo costo delle reti, la sostituzione con altre a più larghe maglie, a parte il fatto che al riguardo esistono pareri contrari, porterebbe ad ingentissime spese per il rinnovo degli attrezzi.
PRESIDENTE. L’onorevole Natoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
NATOLI. Sono in parte soddisfatto della risposta data dall’onorevole Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Devo però dire che invece di mandare un funzionario per studiare il problema, sarebbe meglio che si esercitasse una maggiore vigilanza. Lampedusa non ha nessuna barca a motore e non esistono guardie che possano vigilare la pesca e la resa della pesca. Chiedo perciò al Ministero dell’agricoltura e foreste che voglia organizzare un servizio di vigilanza non solo a Lampedusa, ma lungo tutta la costa siciliana. Anche a Cefalù, si lagnano perché non esiste vigilanza. Giorni sono è stata presentata una denuncia al comando della vigilanza che ha provveduto subito. Un finanziere addetto alla sorveglianza della spiaggia, alla denuncia precisa fatta da un pescatore che la barca che veniva dal mare aveva pescato con esplosivo, rispondeva che se ne infischiava. Alle rimostranze rispose che un rapporto contro di lui aveva provocato la sua promozione a brigadiere e il secondo rapporto avrebbe provocato quella a maresciallo.
Ringrazio il Comando delle guardie di finanza, al quale è stato denunziato il fatto, per aver punito immediatamente il finanziere; ma, in queste condizioni, la vigilanza sulla pesca nella costa siciliana non esiste.
Ora, sappiamo che le massime ricchezze della Sicilia sono costituite dall’agricoltura e dalla pesca. Si parla molte volte di nuove industrie che dovrebbero sorgere, ma non proteggiamo quelle industrie che sono naturali e che dovremmo proteggere energicamente.
Ognuno fa quello che può e quello che vuole.
Noi domandiamo al Ministero dell’agricoltura e delle foreste che voglia preoccuparsi di questi fatti importanti per la economia nazionale ed essenziali per la vita dei siciliani.
PRESIDENTE. Segue l’interrogazione dell’onorevole Perrone Capano, al Ministro dell’agricoltura e delle foreste, «per conoscere quali provvedimenti ha presi e intende finalmente prendere per assicurare il buon governo del Consorzio agrario provinciale di Bari, dopo la recente appropriazione da parte di quel cassiere di oltre dieci milioni di lire e di fronte alla pressante insistenza degli agricoltori di quella terra perché il Consorzio stesso sia affidato ad elementi meno tendenziosi e più competenti».
L’onorevole Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste ha facoltà di rispondere.
DE FILPO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Il Consorzio agrario provinciale di Bari è amministrato da un commissario, nominato con decreto ministeriale 26 gennaio 1945 nella persona del signor Raffaele Pastore. Poiché questi è segretario nazionale della Federazione dei lavoratori della terra e non ha modo di dedicarsi con la necessaria assiduità all’adempimento dell’incarico, è stato posto al suo fianco un vicecommissario, attualmente l’ingegnere Dante Marano, a favore del quale il commissario Pastore ha rinunciato alla propria indennità di carica.
È poi attualmente in corso l’istruttoria per la nomina di un secondo vicecommissario, incarico per cui è stato proposto l’avvocato agronomo Michele di Zonno, liquidatore della locale Unione degli agricoltori.
L’ammanco di cassa di lire 12.497.000, recentemente verificatosi, costituisce un doloroso episodio che non può essere addebitato in alcun modo agli amministratori dell’Ente. L’organizzazione contabile-amministrativa del Consorzio era stata ordinata in modo tecnicamente perfetto dallo stesso direttore, assunto alla direzione del Consorzio nel 1942, dopo aver esercitata la libera professione di commercialista, ottenendo brillanti affermazioni e generale stima.
Naturalmente non v’è accorta amministrazione nella quale non possano verificarsi, per un certo tempo almeno, abusi ed anche azioni delittuose, quando gli organi di esecuzione si coalizzano in danno dell’amministrazione stessa con quelli che dovrebbero effettuarne il controllo.
Questo è accaduto presso il Consorzio di Bari. L’ammanco è stato scoperto dallo stesso direttore, e i due impiegati infedeli sono stati denunziati all’autorità giudiziaria; il capo contabile è stato tratto in arresto, mentre il cassiere è latitante.
La Federazione italiana dei consorzi agrari, che ha fatto eseguire un’accurata ispezione ai servizi del Consorzio, ha confermato che l’organizzazione interna è tecnicamente perfetta ed ha assicurato che il danno sofferto non ha intaccato la solidità dell’Ente, colpito più moralmente che patrimonialmente.
PRESIDENTE. L’onorevole Perrone Capano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
PERRONE CAPANO. Non posso dichiararmi soddisfatto.
Devo, anzitutto, far rilevare che questa interrogazione risale, se non sbaglio, al luglio dell’anno scorso, e che soltanto oggi ha avuto l’onore di una risposta.
Intanto dal luglio ad oggi si sono verificati, a danno del Consorzio di Bari, altri fatti, anche più gravi di quelli da me deplorati e dei quali ha parlato l’onorevole Sottosegretario di Stato.
È esatto che è stato nominato un vice commissario.
Premetto che io non ho niente di personale, e nessuna critica voglio fare personalmente all’onorevole Pastore, commissario di quel Consorzio.
Ma appunto perché, come ha detto il Sottosegretario, l’onorevole Pastore ha altre incombenze, e molto rilevanti, si sentiva e si sente tuttora vivissimo il bisogno, per quel Consorzio agrario provinciale, di chi possa direttamente e serenamente interessarsene.
È vero che è stato nominato un vice commissario, ma a questo vice commissario non si è fatto prendere possesso sino a ieri dell’ufficio e si indugia tuttora. Sento soltanto oggi dall’onorevole Sottosegretario che egli sarebbe stato immesso nel possesso della sua carica. Prendo atto della notizia che è in corso la nomina di un secondo subcommissario; faccio però rilevare che, più che il fatto della nomina di uno o due subcommissari, importa che finalmente si addivenga in questa materia ad una disciplina, ad un regolamento organico e di carattere nazionale.
Al Consorzio provinciale di Bari, è stata nominata una consulta, ma essa non è stata convocata mai. Soltanto in questi ultimi giorni finalmente si è avuta la prima convocazione.
Si provveda quindi, con tutta urgenza, ad una disciplina organica di questa materia e, poiché il Ministero ha fatto sapere che aveva già studiato la materia stessa e predisposto un disegno di legge a questo riguardo, la mia raccomandazione, che ho già avuto altra occasione di fare in quest’Aula, è che si addivenga finalmente alla discussione di questa legge.
DE FILPO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE FILPO, Sottosegretario di Stato per l’agricoltura e le foreste. Posso assicurare l’onorevole interrogante che sono autorizzato a rendere di pubblica ragione che è imminente la pubblicazione della legge con la quale i consorzi agrari saranno restituiti alle loro originarie funzioni cooperative.
PERRONE CAPANO. Benissimo: mi auguro che i fatti corrisponderanno a codesta assicurazione.
PRESIDENTE. Seguono due interrogazioni dell’onorevole Arata:
al Ministro delle finanze, «per sapere: se non ritiene urgente proporre opportune modifiche al decreto legislativo 27 maggio 1946, n. 598, che istituisce – rendendola obbligatoria per tutti i comuni – un’imposta straordinaria progressiva sull’ammontare complessivo delle spese non necessarie. Sarà certamente venuto a conoscenza dell’onorevole Ministro e del Governo che tale decreto, in quanto stabilisce (articolo 3) un minimo imponibile soltanto eccezionalmente accertabile e perseguibile, ha incontrato la generale avversione delle Amministrazioni comunali, molte delle quali si vedono costrette ad aprire, nel loro già stremato bilancio, una nuova voce passiva costituita dalle spese di funzionamento degli uffici preposti all’applicazione dell’imposta»;
al Ministro del tesoro, «per sapere: se non sia possibile porre un qualche rimedio all’eccessiva e abituale lentezza da parte della Direzione generale della Cassa depositi e prestiti e Istituti di previdenza nella liquidazione degli assegni di pensione o indennità a favore di dipendenti pubblici collocati a riposo, o alle loro vedove. Non si vede perché – supposto che la liquidazione definitiva richieda un certo periodo di tempo (che dovrebbe, comunque, essere contenuto in limiti ragionevoli), non possa provvisoriamente provvedersi con l’assegnazione di acconti entro uno o due mesi al massimo dalle domande degli interessati, venendosi così a portare un qualche immediato sollievo e a dare un doveroso riconoscimento a chi, dopo una vita di lavoro, ha il diritto di non dover considerare l’entrata in pensione come l’anticamera della fame».
Non essendo presente l’onorevole interrogante, si intende che abbia rinunciato alle due interrogazioni.
Sono così esaurite le interrogazioni inscritte all’ordine del giorno di oggi.
Seguito della discussione del disegno di legge: Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni (2).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni.
Nella seduta passata abbiamo discusso l’articolo 4-bis, esaurendone la trattazione, tanto che eravamo sul punto di passare alla votazione, ma, essendo stato presentato un emendamento dall’onorevole Dozza, si è convenuto che se ne sarebbe discusso in altro momento.
Riprendiamo ora l’esame dell’articolo 4-bis:
«E aggiunto l’articolo 98-bis del seguente tenore:
«Nei comuni aventi popolazione superiore ai 500.000 abitanti sono sottoposte alla approvazione della G.P.A. le deliberazioni che riguardano i seguenti oggetti:
1°) bilancio preventivo e storni di fondi da una categoria all’altra del bilancio medesimo;
2°) spese vincolanti il bilancio per oltre cinque anni, salvo il disposto del secondo comma dell’articolo 332;
3°) applicazione dei tributi e regolamenti relativi;
4°) acquisto di azioni industriali;
5°) liti attive e passive e transazioni per un valore eccedente le lire 2.500.000 o di valore indeterminato;
6°) impieghi di danaro che eccedono nell’anno le lire 5.000.000, quando non si volgano alla compra di stabili od a mutui con ipoteca o a depositi presso gli istituti di credito autorizzati dalla legge od all’acquisto di titoli emessi o garantiti dallo Stato;
7°) alienazioni d’immobili, di titoli del debito pubblico, di semplici titoli di credito o di azioni industriali, quando il valore del contratto superi la somma di lire 5.000.000, nonché la costituzione di servitù attive o di enfiteusi, quando il valore del fondo ecceda la somma anzidetta;
8°) locazioni e conduzioni d’immobili oltre i dodici anni o quando l’importo complessivo del contratto superi la somma di lire 2.500.000;
9°) prestiti di qualsiasi natura;
10°) assunzione diretta dei pubblici servizi;
11°) piani regolatori, edilizi, di ampliamento e di ricostruzione;
12°) regolamenti di uso dei beni comunali, d’igiene, edilità, polizia locale e quelli concernenti le istituzioni che appartengono al comune;
13°) ordinamento degli uffici e servizi e regolamenti concernenti il trattamento economico e lo stato giuridico del personale».
COSTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSTA. Ritengo che l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa per l’oggetto di cui al n. 1°): «bilancio preventivo e storni di fondi da una categoria all’altra del bilancio medesimo» dovrebbe limitarsi al caso in cui lo storno da una categoria all’altra vada a beneficio di uno stanziamento che si riferisca a spese facoltative, non obbligatorie. Perché – ad esempio – se dal fondo della manutenzione stradale facciamo uno storno a favore del fondo di spedalità, in quanto vi sia una spedalità da pagare e il fondo sia insufficiente, è eccessivo che si vada alla Giunta provinciale.
Aggiungo che il punto è stato già risolto dal Governo fascista. Non tutto ciò che è fascista è cattivo. (Commenti a sinistra). Alludo al decreto del 30 dicembre 1923, che è stato ricordato in taluni emendamenti, il quale stabilisce precisamente questo principio: che quando si tratti di storni da categoria a categoria per impinguare un fondo destinato a spese obbligatorie, non soltanto non occorre la Giunta provinciale amministrativa, ma non occorre nemmeno il Consiglio comunale: basta la Giunta comunale.
Quanto al numero 5°): «liti attive e passive e transazioni per un valore eccedente le lire 2.500.000 o di valore indeterminato», non mi sembra chiaro se questi due milioni e mezzo si riferiscano anche alle liti attive e passive. Avrei piacere che il Relatore della Commissione lo specificasse. Nel caso che non si riferissero alle liti attive e passive, mi parrebbe opportuno porre un limite, nel senso che quando si è nei limiti della competenza del pretore, non ci sia bisogno di questa formalità.
CARBONI, Relatore. Si riferisce anche alle liti sia attive che passive.
COSTA. Allora siamo intesi in questo senso.
Al numero 7°), si parla di servitù attive. Credo che si tratti di un errore di stampa.
CARBONI, Relatore. D’accordo. Abbiamo già chiarito che si tratta di servitù passive.
COSTA. Allora il mio emendamento si riferisce soltanto al numero 1°) ed è così formulato:
«Aggiungere al numero 1°) le parole: quando lo stanziamento che deve essere integrato si riferisca a spesa facoltativa».
PRESIDENTE. Invito la Commissione e il Governo, a esprimere il loro parere su questo emendamento.
CARBONI, Relatore. Nessuna obiezione da parte della Commissione all’emendamento dell’onorevole Costa.
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo lo accetta.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento Costa, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(È approvato).
Ha chiesto di parlare l’onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Ho presentato, insieme con l’onorevole Colitto, un emendamento all’articolo 5, che dovrebbe essere inserito anche all’articolo 4-bis. Esso è del seguente tenore:
Sostituire il n. 2 col seguente:
2°) spese vincolanti il bilancio per il tempo successivo alla durata normale dell’amministrazione in carica.
PRESIDENTE. Onorevole Relatore, quale è il suo avviso?
CARBONI, Relatore. È esatto che di questo dell’emendamento si debba discutere anche a proposito dell’articolo 4-bis. La proposta dell’onorevole Condorelli fu fatta già in sede di Commissione, e fu respinta con questa osservazione: che non sia il caso di aggiungere alle deliberazioni sottoposte all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa quelle riguardanti spese vincolanti il bilancio per il tempo successivo alla vita normale dell’amministrazione in carica, perché non c’è motivo apprezzabile per riguardare queste deliberazioni con un senso di sfiducia o di considerarle senz’altro e sempre di tale gravità da parificarle a quella di maggiore rilievo per le quali soltanto si richiede nel testo unico l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa. Sembra giusto invece che anche le deliberazioni di cui si preoccupa l’onorevole Condorelli siano sottoposte a detta approvazione solo quando riguardano alcuno degli oggetti previsto nel testo unico. Perciò la Commissione è contraria all’emendamento Condorelli.
COSTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSTA. Anch’io ho presentato all’articolo 5 un emendamento, che credo debba essere inserito nell’articolo 4-bis:
In fine all’articolo aggiungere: «Le deliberazioni non avranno bisogno di conferma in seconda lettura».
Se noi non precisiamo che le deliberazioni non avranno bisogno di conferma in seconda lettura, la conferma è necessaria, perché la legge del 7 gennaio 1946, che ha ricostituito i Consigli comunali, la Giunta e il sindaco, ha stabilito che il funzionamento e le attribuzioni di questi organi ricostituiti sono regolati dal testo unico del 1915.
Dai compilatori di quella legge è stato dimenticato – dico dimenticato, e subito lo dimostro – che il testo unico del 1915 era stato modificato dal decreto 30 dicembre 1923, n. 2839, preparato prima del 28 ottobre 1922, decreto che dichiara abrogato il n. 2 dell’articolo 190 del testo unico del 1915, ed inoltre abrogato l’ultimo capoverso dello stesso articolo. Che cosa dicevano questi testi? Che quando si tratta di deliberazioni relative a mutui oppure che vincolano il bilancio per oltre 5 anni, occorre che siano adottate due volte dal Consiglio comunale alla distanza di 20 giorni l’una dall’altra. L’ultimo capoverso attribuisce al prefetto la facoltà di abbreviare i termini della metà.
Il decreto del 30 dicembre 1923, sopprimendo queste disposizioni, ha liberato i comuni dalla pastoia della doppia lettura e della domanda di abbreviazione di termini per i casi d’urgenza.
Io chiedo dunque che si ritorni a questa che sarebbe la normalità degli ultimi tempi democratici, e si dica espressamente che per le deliberazioni in parola, anche se sono di quelle sottoposte all’approvazione dell’autorità tutoria, non occorre la conferma in doppia lettura. Questo mio emendamento va, come è logico, riprodotto per tutti gli articoli che trattano della competenza della Giunta provinciale amministrativa, quindi anche per gli articoli 5, 6 e 7.
Se la Commissione e il Ministro accettano il mio emendamento, chiedo intanto che si estenda anche all’articolo 4-bis ora in esame.
PRESIDENTE. Onorevole Relatore, quale è il suo avviso?
CARBONI, Relatore. La proposta dell’onorevole Costa trova sostanzialmente concorde la Commissione, concorde nel senso che non ci sia bisogno della formalità della seconda lettura. Però la Commissione opina che l’emendamento sia superfluo, perché il decreto legislativo luogotenenziale del 7 gennaio 1946, n. 1, con il quale si provvide alla ricostituzione delle amministrazioni comunali su base elettiva, richiamando in vita per il funzionamento degli organi comunali il testo unico del 1915, non ha potuto non tener conto delle modificazioni che vi erano state apportate prima dell’approvazione del successivo testo unico, e quindi dell’abrogazione della formalità della seconda lettura stabilita col decreto del 1923.
Comunque, sottopongo alla considerazione dell’onorevole Costa e dell’Assemblea un’altra osservazione: non mi pare, cioè, che l’emendamento proposto possa trovare la sua sede opportuna in tema di articolo 4-bis, 5, ecc., della legge comunale e provinciale.
Questi articoli stabiliscono soltanto quali deliberazioni debbano essere sottoposte all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa. Questo è l’oggetto delle disposizioni che stiamo discutendo. In questo oggetto non entra affatto la procedura con la quale devono essere adottate le deliberazioni da sottoporre all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa, la quale procedura, per ciò che forma oggetto della preoccupazione dell’onorevole Costa, è disciplinata, invece, dall’articolo 190 del testo unico del 1915. Perciò l’emendamento dell’onorevole Costa, qualora si ritenesse necessaria un’espressa dichiarazione di soppressione della formalità della doppia lettura, dovrebbe fare riferimento all’articolo 190 del testo unico 1915 della legge comunale e provinciale.
Concludendo, la Commissione invita l’onorevole Costa a ritirare l’emendamento, col chiarimento che resta ferma l’abrogazione del 1923, o quanto meno a trasformare l’emendamento stesso in un articolo aggiuntivo, modificativo dell’articolo 190 del testo unico del 1915.
PRESIDENTE. Chiedo al Governo di esprimere il suo parere.
SCELBA, Ministro per l’interno. Il Ministro accetta le conclusioni della Commissione.
COLITTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLITTO. È necessario che anche io prenda la parola brevemente su questo articolo, prima della sua approvazione, per richiamare l’attenzione dei colleghi su alcuni emendamenti da me proposti all’articolo 5.
Parlandosi di liti passive e attive e di transazioni, io avevo proposto che fossero aggiunte anche le parole «o di valore indeterminato».
CARBONI, Relatore. Abbiamo accettato.
COLITTO. La Commissione ha accettato l’emendamento e, quindi, su questo punto non aggiungo parola.
Avevo anche proposto che al n. 8° dell’articolo 5, là dove si parla di locazioni e conduzioni di immobili oltre i dodici anni, che si sostituisse, a quell’«o» disgiuntivo, una virgola.
Il Relatore, onorevole Carboni, mi ha fatto rilevare nella seduta di sabato che, di proposito, la Commissione aveva voluto che alla Giunta amministrativa, fossero sottoposte non soltanto le deliberazioni riguardanti le locazioni e conduzioni di immobili oltre i dodici anni, ma anche le deliberazioni riguardanti le locazioni e conduzioni, il cui importo superasse la somma di lire 2.500.000.
Io non ho obiezioni da fare alla decisione della Commissione; mi permetto, però, di far rilevare che, approvandosi il n. 8° così come redatto, si viene a stabilire una sostanziale diversità di trattamento fra le deliberazioni delle amministrazioni dei comuni della Repubblica e quelle della amministrazione del comune di Roma.
Come già altra volta ebbi a dire, quando con il decreto legislativo luogotenenziale 17 novembre 1944 venne soppresso il Governatorato di Roma e venne effettuata la disciplina giuridica dell’amministrazione comunale della Capitale, si stabilì che fra le deliberazioni, che avrebbero dovuto essere sottoposte all’approvazione non della Giunta provinciale amministrativa, ma del Ministro dell’interno, vi sarebbero state anche le deliberazioni riguardanti locazioni e conduzioni di immobili oltre i 12 anni, quando l’importo complessivo del contratto superi la somma di lire 500.000. Non c’è nel decreto predetto quell’«o», che è nel progetto in esame. Ed allora si viene a stabilire, dicevo e ripeto, un diverso trattamento fra le deliberazioni che dovrebbero per il comune di Roma essere sottoposte ad approvazione del Ministro dell’interno e le deliberazioni degli altri comuni della Repubblica, che dovrebbero essere sottoposte alla Giunta provinciale amministrativa.
Il rilievo mio, quindi, ed il relativo emendamento si riferivano più ad una ragione di euritmia legislativa che non proprio ad una ragione di sostanza. Se fosse possibile eliminare questa disparità di trattamento tra le deliberazioni, noi redigereremmo un testo di legge, mi pare, più preciso…
Ho poi proposto, all’articolo 5, che fosse ripristinato il n. 12° del testo unico:
«Cambiamenti nella classificazione delle strade e progetti per l’apertura e la ricostruzione delle medesime».
Già l’altra volta ebbi a dire che per me ha grande interesse sociale il sistema della viabilità, non potendosi disconoscere come dalla discriminazione delle strade nell’elenco, dalla cancellazione di esse dall’elenco per iscrizione in altri elenchi e per la sclassifìca, cioè per la soppressione dell’uso pubblico, derivino oneri di durata spesso indefinita.
Non bisogna, poi, dimenticare, a questo proposito, che l’articolo 17 della legge 20 marzo 1855 sui lavori pubblici dispone che la Giunta provinciale amministrativa decide, in materia di strade, sui ricorsi presentati dagli interessati, per cui si avrebbe questa conseguenza che, ove fosse approvato il progetto, così come redatto, la Giunta provinciale amministrativa dovrebbe sempre occuparsi delle strade, a seguito e per effetto dei ricorsi dei singoli interessati.
Non mi rendo conto, d’altra parte, perché si sia soppresso questo n. 12° e si sia tenuto in vita il numero che riguarda i piani regolatori edilizi, di ampliamento, di ricostruzione. Quale importanza maggiore abbiano le deliberazioni relative a questi piani nei confronti di quelle relative alle strade a me non appare. Ed ecco perché, ammettendosi il n. 11°, io penso che non debba essere soppresso il n. 12°.
MANNIRONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANNIRONI. A me pare che quest’ultimo emendamento proposto dall’onorevole Colitto debba essere accolto.
Agli argomenti che egli ha addotto per giustificare la necessità dell’accoglimento del suo emendamento, aggiungo che, quando determinate strade vengono considerate vicinali e sono sottoposte a pubblico transito, il comune è obbligato a concorrere nella spesa per la manutenzione in ragione di un quinto, fino ad un terzo; e che per poter far questo ha diritto di costituire un fondo speciale, imponendo anche delle sovrimposte.
Ora, se questo avviene, indubbiamente l’ente può essere sottoposto all’aggravio di una spesa per la quale è giusto che ci sia il controllo di merito da parte della Giunta provinciale amministrativa. Si può trattare talvolta di spese notevoli, ben superiori al valore di certe liti e di altri contratti per i quali è richiesta l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa. Non vi è quindi ragione per adottare, in tema di spese per le strade, un diverso trattamento. Perciò dichiaro di aderire all’emendamento Colitto.
PERSICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERSICO. Vorrei osservare all’onorevole Costa che il suo emendamento, a parte la collocazione che, come osservava il Relatore, andrebbe nell’articolo 190 e non in questo punto, è superfluo, perché non c’è dubbio che l’articolo 10 del decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946, n. 1, stabilendo che le attribuzioni ed il funzionamento degli organi previsti dal presente titolo, nonché le modalità, ecc., ecc., sono regolate dalle norme del testo unico della legge comunale e provinciale del 1915, lascia in vigore totalmente quella legge con tutte le successive modificazioni. Quindi, la doppia lettura sparisce. Ed allora, mi sembra inutile l’emendamento.
Invece, mi pare molto opportuno l’emendamento dell’onorevole Colitto, perché è strano che, mentre si mantiene l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa al n. 11° per i piani regolatori edilizi, di ampliamento e di ricostruzione, si sopprima poi la stessa approvazione per i cambiamenti nella classificazione delle strade, per i progetti di apertura e costruzione delle medesime. Logicamente, il n. 11° e il n. 14° proposto dall’onorevole Colitto, che poi sarebbero il n. 12° del vecchio testo, si completano e si integrano a vicenda. Quindi, sono favorevole all’emendamento Colitto.
CONDORELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CONDORELLI. Desidero chiarire la portata del mio emendamento, che tende a sostituire il n. 2 col seguente: «Spese vincolanti il bilancio per tempo successivo alla durata normale dell’amministrazione in carica».
La legge attuale parla di spese vincolanti il bilancio per un tempo ulteriore ai cinque anni. Io credo che sia necessario modificare nel senso da me indicato perché la legge attuale presenta un inconveniente, ed è questo: che un’amministrazione, magari nell’ultimo anno, o negli ultimi mesi di sua permanenza in carica, con una serie di provvedimenti e di deliberazioni può impegnare il bilancio entro i cinque anni successivi limitando completamente le possibilità dell’amministrazione che deve succederle. Ora, mentre è giusto che questo si possa fare all’inizio dell’esercizio di una amministrazione, non sembra corretto che l’amministrazione spirante possa completamente vincolare l’attività e la libera scelta di un programma amministrativo da parte dell’amministrazione successiva. Nessuno, è vero, si nasconde la necessità che l’amministrazione, anche sino all’ultimo giorno della sua durata in carica, possa provvedere per l’avvenire. Possono sorgere delle necessità, ma in questo caso si sottoponga la deliberazione all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa, talché se i provvedimenti corrispondono a giuste esigenze dell’amministrazione comunale, la Giunta provinciale amministrativa li approverà; ma se fossero invece la «freccia del Parto» che il partito che sta per essere scavalcato dal potere lancia contro il partito che deve subentrare, non sarebbe giusto che venissero approvati. Mi pare quindi che un controllo di merito della Giunta provinciale amministrativa sugli impegni che vincolino il bilancio oltre la durata normale dell’amministrazione in carica sia molto opportuno.
Si è osservato, in sede di Commissione, ma non si è ripetuto qui, che, in fondo, sarebbe superflua questa precauzione, perché, su quelle che sono deliberazioni di una certa importanza, il controllo della Giunta provinciale amministrativa verrebbe a interferire per ragioni di valore; mentre se sono di poca importanza è eccessivo che siano sottoposte a tale controllo. Ma io ho fatto osservare che, attraverso una serie di deliberazioni il cui oggetto, separatamente, non raggiunga quei limiti di valore, si può impegnare tutto quanto il bilancio. Non è giusto quindi lasciare questa possibilità di arbitrio alla lotta dei partiti, perché se ancora questa esperienza noi non l’abbiamo rinnovata, perché tutte le amministrazioni sono ancora giovani, coloro che hanno esperienza della vita comunale dei tempi prefascisti sanno che realmente questo era un accorgimento che si usava in articulo mortis dalle amministrazioni e voglio dire – per dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio – che questo emendamento mi è stato suggerito da esperti dell’amministrazione, che lo ritengono tutti quanti necessario, per impedire consueti arbitri delle amministrazioni spiranti.
Io, perciò, insisto su questo emendamento.
L’altro emendamento che proponevo è stato già illustrato dall’onorevole Colitto ed anche dall’onorevole Persico; io perciò non ripeterò le cose che essi hanno detto chiaramente e perspicuamente.
Mi riferisco a quel n. 12° dell’articolo 98 della legge che coll’articolo 5 del progetto si vorrebbe abrogare: cioè, cambiamenti nella classificazione delle strade e provvedimenti per la riapertura e ricostruzione delle medesime.
Nella relazione al progetto è detto che non si vede perché nella prima redazione della legge si sia incluso questo numero.
Io, invece, ritengo – e la mia opinione è sorretta dalla mia modesta esperienza di avvocato – che questo numero dell’articolo 98 abbia la sua importanza.
PRESIDENTE. Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.
CARBONI, Relatore. La proposta di soppressione era stata fatta dal Governo ed aveva trovato l’adesione della Commissione, la quale era partita da un concetto liberale: di favorire tutto quello che andasse incontro alla libertà dei comuni.
Risponderò ora alle considerazioni fatte dagli onorevoli Colitto e Condorelli a proposito dell’altro emendamento.
Riguardo al disgiuntivo «o», la Commissione è partita dal concetto che sia la durata di 12 anni, sia l’entità economica del contratto giustificano, ciascuna da sola, l’inquadramento di queste deliberazioni tra quelle che debbono essere sottoposte all’approvazione delle Giunte provinciali amministrative. E ciò anche per una ragione di armonia con tutto il resto dell’articolo, che si riferisce precisamente a contratti che abbiano una certa entità economica. E non è una innovazione introdotta dalla Commissione, ma è l’accettazione pura e semplice del testo proposto dal Ministero.
Per quanto riguarda le spese vincolanti il bilancio oltre la vita residua dell’amministrazione deliberante, la Commissione insiste nel suo concetto, e v’insiste per una ragione che è nella direttiva del disegno di legge, ispirato al proposito di andare incontro al bisogno di libertà delle amministrazioni comunali, di alleggerire i controlli. A questo scopo è stata deliberata dall’Assemblea l’abolizione del controllo generale di merito da parte del prefetto; a questo scopo è stata sostituita la facoltà di annullamento al visto preventivo di legittimità. Gli onorevoli Condorelli e Colitto vorrebbero invece fare un passo indietro nei confronti anche della legge fascista, sottoponendo all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa atti per i quali essa non era richiesta dal testo unico del 1934.
COSTA. Onorevole Presidente, vorrei aggiungere qualche considerazione per chiarire meglio l’emendamento che ho presentato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
COSTA. Ritengo che gli istituti di credito non si accontentino delle deliberazioni in unica lettura, sostenendo che il richiamo in vita del testo unico del 1915 non implica anche il richiamo del decreto del 30 dicembre 1923.
Io ho fatto il mio dovere, destando l’attenzione dei miei colleghi su ciò, specialmente di quelli che hanno la responsabilità di un’amministrazione comunale.
Aggiungo che non è esatto che questa non sia la sede, perché non posso proporre la modifica del disegno di legge del 1915, se il progetto in esame non è che una modifica del testo unico del 1934.
Non posso che inserire in questa proposta di modifiche del testo unico del 1934 quelle che possono essere le modifiche che si estendono al testo unico del 1915.
In secondo luogo, sta il fatto che intanto la stessa Commissione ha intitolato l’attuale disegno di legge: «Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni», il che significa che il richiamo delle successive modificazioni è necessario per togliere ogni equivocità.
Il testo unico del 1915 è un testo abrogato dalla legge del 1934. Con questa è stato abrogato anche il decreto 30 dicembre 1923. Quando si richiama in vigore un sistema abrogato, se i testi sono due, bisogna richiamarli tutti e due: il richiamo dell’uno non implica necessariamente il richiamo dell’altro. Questa è la tesi che sostengono gli istituti di credito. Dobbiamo essere precisi e non fare dell’accademia. Come avvocato, potrei anche accedere alla tesi dell’onorevole Carboni, ma come sindaco e con quella vecchia esperienza anche di segretario comunale che ho comune col collega Bubbio, so che si incontrano delle difficoltà, e bisogna trovare il modo di superarle. D’altra parte, rimane sempre opinabile che il decreto del 1923 si possa intendere automaticamente richiamato. Ne volete una prova? Chi di voi, che sia sindaco o, comunque, amministratore di Comune, può dire che le prefetture abbiano riconosciuto l’estensione dei poteri della Giunta in danno di quelli del Consiglio, che è contemplata dal decreto del 1923? Non la riconoscono. E l’istituto della delega delle potestà consiliari maggiori, che è previsto dal decreto del 1923, non è neppure riconosciuto dalle prefetture. Lo stesso testo del 1923, che estende la competenza della Giunta a danno del Consiglio, stabilisce anche che le attribuzioni maggiori, le quali sono istituzionalmente del Consiglio, possono essere delegate alla Giunta. Chi di voi può dire che sia riconosciuta questa delega in base alla legge del gennaio 1946, la quale ha rimandato al solo testo unico del 1915?
Concludo: posso ritirare il mio emendamento dopo le dichiarazioni fatte dal Relatore, ma lo ritiro soltanto per questo: perché alla fine del testo del progetto c’è un mio emendamento complessivo, riassuntivo, il quale richiama espressamente in vigore il decreto del 30 dicembre 1923. Per questo solo motivo ritiro l’emendamento fin qui esaminato e credo che i chiarimenti siano stati utili.
PRESIDENTE. L’onorevole Costa ha così ritirato il suo emendamento.
Passiamo alla votazione degli altri emendamenti degli onorevoli Condorelli e Colitto.
C’è anzitutto il seguente:
«Sostituire il n. 2°) col seguente:
«2°) spese vincolanti il bilancio per tempo successivo alla durata normale dell’amministrazione in carica».
La Commissione ha dichiarato di non accettare questo emendamento. Qual è il parere del Governo?
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si oppone all’emendamento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento.
(Non è approvato).
Passiamo all’emendamento dell’onorevole Colitto:
«Aggiungere dopo il n. 13°):
«14°) cambiamenti nella classificazione delle strade e progetti per l’apertura e ricostruzione delle medesime».
CARBONI, Relatore. La Commissione si è rimessa all’Assemblea.
PRESIDENTE. Il Governo accetta l’emendamento?
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo credeva di venire incontro a una maggiore esigenza di libertà da parte dei Comuni. Vi sono state a questo riguardo parecchie richieste. Il Governo si rimette all’Assemblea, perché considera più liberale il progetto del Governo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento.
(Non è approvato).
PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Colitto per la soppressione della disgiuntiva «o» al n. 8°) dell’articolo.
(Non è approvato).
Metto ai voti il testo definitivo dell’articolo 4-bis che diventerà il 98-bis della legge modificata:
«Nei comuni aventi popolazione superiore ai 500,000 abitanti sono sottoposte alla approvazione della Giunta provinciale amministrativa le deliberazioni che riguardano i seguenti oggetti:
1°) bilancio preventivo e storni di fondi da una categoria all’altra del bilancio medesimo, quando lo stanziamento che deve essere integrato si riferisca a spese facoltative;
2°) spese vincolanti il bilancio per oltre cinque anni, salvo il disposto del secondo comma dell’articolo 332;
3°) applicazione dei tributi e regolamenti relativi;
4°) acquisto di azioni industriali;
5°) liti attive e passive e transazioni per un valore eccedente le lire 2,500,000 o di valore indeterminato;
6°) impieghi di danaro che eccedono nell’anno le lire 5,000,000, quando non si devolvano alla compra di stabili od a mutui con ipoteca o a depositi presso gl’istituti di credito autorizzati dalla legge od all’acquisto di titoli emessi o garantiti dallo Stato;
7°) alienazioni d’immobili, di titoli del debito pubblico, di semplici titoli di credito o di azioni industriali, quando il valore del contratto superi la somma di lire 5.000.000, nonché la costituzione di servitù passive o di enfiteusi, quando il valore del fondo ecceda la somma anzidetta;
8°) locazioni e conduzioni d’immobili oltre i dodici anni o quando l’importo complessivo del contratto superi la somma di lire 2.500.000;
9°) prestiti di qualsiasi natura;
10°) assunzione diretta dei pubblici servizi;
11°) piani regolatori, edilizi, di ampliamento e di ricostruzione;
12°) regolamenti di uso dei beni comunali, d’igiene, edilità, polizia locale e quelli concernenti le istituzioni che appartengono al comune;
13°) ordinamento degli uffici e servizi e regolamenti concernenti il trattamento economico e lo stato giuridico del personale».
(È approvato).
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 5:
L’articolo 99 del testo unico predetto è abrogato e sostituito dal seguente:
«Nei comuni aventi popolazione superiore ai 100.000 abitanti sono sottoposte all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa le deliberazioni che riguardano i seguenti oggetti:
1°) bilancio preventivo e storni di fondi da una categoria all’altra del bilancio medesimo;
2°) spese vincolanti il bilancio per oltre cinque anni, salvo il disposto del secondo comma dell’articolo 332;
3°) applicazione dei tributi e regolamenti relativi;
4°) acquisto di azioni industriali;
5°) liti attive e passive e transazioni per un valore eccedente le lire 500.000;
6°) impieghi di denaro che eccedono nell’anno le lire 1.000.000, quando non si volgano alla compra di stabili ed a mutui con ipoteca o a depositi presso gli istituti di credito autorizzati dalla legge od all’acquisto di titoli emessi o garantiti dallo Stato;
7°) alienazioni di immobili, di titoli del debito pubblico di semplici titoli di credito o di azioni industriali, quando il valore del contratto superi la somma di lire 1.000.000, nonché la costituzione di servitù o di enfiteusi, quando il valore del fondo ecceda la somma anzidetta;
8°) locazioni e conduzioni di immobili oltre i dodici anni o quando l’importo complessivo del contratto superi la somma di lire 500.000;
9°) prestiti di qualsiasi natura;
10°) assunzione diretta dei pubblici servizi;
11°) piani regolatori edilizi, di ampliamento e di ricostruzione;
12°) regolamenti di uso dei beni comunali, di igiene, edilità, polizia locale e quelli concernenti le istituzioni che appartengono al comune;
13°) ordinamento degli uffici e servizi e regolamenti concernenti il trattamento economico e lo stato giuridico del personale».
Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.
CARBONI, Relatore. A seguito della compilazione dell’articolo 4-bis riguardante i comuni con popolazione superiore ai 500 mila abitanti, l’articolo 5 deve essere corretto innanzi tutto, relativamente al soggetto, facendosi riferimento non più ai comuni con popolazione superiore ai 100 mila abitanti, ma a quelli aventi popolazione superiore ai 100 mila e non ai 500 mila abitanti.
Di più, poiché l’Assemblea ha già accettato l’emendamento Mannironi circa il passaggio di tutti i comuni con popolazione non superiore a 100 mila abitanti che siano capoluoghi di provincia nella categoria dei comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti, soggetto di questo articolo 5 dovranno anche essere i comuni che, pur non avendo popolazione superiore ai 100 mila abitanti, siano capoluoghi di provincia.
Ora, formulando l’articolo 5 con riferimento a queste due categorie di comuni, per speditezza di formulazione, non è necessario ripetere specificatamente le deliberazioni indicate ai numeri 1 a 4 e 9 a 13 dell’articolo 4-bis, le quali, dovendo essere considerate invariatamente anche nell’articolo 5, potranno essere indicate, col semplice richiamo di numeri dell’articolo 4-bis. La specificazione occorre, invece, per gli atti considerati ai numeri 5, 6, 7 e 8, per i quali varia il valore in ragione della minore popolazione.
La Commissione, accettando per i singoli valori quelli indicati nell’emendamento Preti-Villani, che esprime il criterio ormai approvato dall’Assemblea, ha formulato l’articolo in questi termini:
«Nei comuni aventi popolazione superiore ai 100 mila o che, pur non avendo popolazione superiore ai 100 mila abitanti, siano capoluoghi di provincia, oltre che nei casi indicati ai numeri da 1 a 4 e da 9 a 14 dell’articolo 98-bis, sono sottoposte all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa le deliberazioni che riguardano i seguenti oggetti:
1°) liti attive o passive e transazioni per un valore eccedente le lire 1.000.000 o di valore indeterminato;
2°) impieghi di denaro che eccedano nell’anno le lire 2.000.000, quando non si devolvano alla compera di stabili o a mutui con ipoteca, o a depositi presso gli istituiti di credito autorizzati dalla legge, od all’acquisto di titoli emessi e garantiti dallo Stato;
3°) alienazione di immobili, di titoli di debito pubblico, di semplici titoli di credito o di azioni industriali, quando il valore del contratto superi la somma di lire 2.000.000, nonché la costituzione di servitù passive o di enfiteusi quando il valore del fondo ecceda la somma anzidetta;
4°) locazione e conduzioni di immobili oltre i 12 anni o quando l’importo complessivo del contratto superi la somma di lire 1.000.000».
PRESIDENTE. Onorevole Carboni, vuole esaminare gli emendamenti che sono stati proposti a questi articoli?
CARBONI, Relatore. Implicitamente mi pare di avere, nelle passate giornate, risposto a tutti gli emendamenti.
PRESIDENTE. Sarà bene che lei li indichi.
CARBONI, Relatore. C’è l’emendamento Meda-Fuschini relativo ai comuni con più di 500 mila abitanti, che non è più oggetto di discussione, perché è passato nell’articolo 4-bis.
L’emendamento Mannironi è accettato.
L’altro emendamento Meda-Fuschini, relativo ai valori, è assorbito da quello Preti-Villani, che la Commissione ha preferito.
Così pure l’emendamento di Dozza, Molinelli, Platone, Ravagnan e Ruggeri che d’altronde è pressoché conforme a quello Preti-Villani.
Dei tre emendamenti Colitto è accettato solo quello relativo al valore indeterminato delle liti e delle transazioni, accolto per l’articolo 4-bis e quindi anche per l’articolo 5.
Resta l’emendamento Cosattini riguardante la questione delle farmacie.
PRESIDENTE. Risolviamo anche la questione delle farmacie e poi passeremo all’approvazione dell’articolo 5 nella redazione della Commissione, salvo a sentire il parere del Governo su questa formulazione.
L’emendamento Cosattini è così formulato:
Aggiungere al n. 10°) le parole: «e apertura di farmacie municipali, deliberata in deroga alle disposizioni vigenti circa l’esercizio delle farmacie».
Cosattini, Faccio, De Michelis, Costa, Giacometti, Piemonte, Luisetti, Tonello, Vigna, Giua, Persico, Merighi, Bordon, Targetti, Fioritto, Filippini, Tega, Grazi, Villani, Chiaramello, Pertini, Costantini, Cairo, Fogagnolo, Vischioni, Grazia.
L’onorevole Cosattini ha facoltà di svolgerlo.
COSATTINI. Nel quadro dell’assistenza sanitaria, gli amministratori comunali sanno quanto grave sia il carico che deriva ai comuni dalla distribuzione gratuita dei medicinali ai poveri, ora affidata in appalto a farmacie private.
Questa funzione si trova difficultata dal sistema invalso della confezione di medicinali sotto quelle forme standardizzate, che corrono sotto il nome di specialità, e che ci sono presentate con grande lusso di carta, con involucri ben congegnati, con nomi strani e con ostentazione di marchi e di firme depositate rivendicanti la esclusiva del ritrovato. Spesso sono lanciate con sfarzo di propaganda spettacolare, che naturalmente pesa sul prezzo del prodotto. Avviene così che questi medicinali rappresentano una specie di consumo di lusso riservato a chi abbia disponibilità.
Nella fornitura dei medicinali ai poveri la specialità è di norma preclusa. La sorveglianza degli uffici sanitari dei comuni e lo spontaneo riserbo dei sanitari nel prescrivere medicinali costosi fanno sì che ai poveri siano riservate le ricette che rappresentano forme primitive, direi deteriori della confezione della medicina. Ne deriva l’impressione che ai poveri sia riservata un’assistenza di seconda classe. Non occorre aggiungere che in questo campo ha un particolare valore anche l’apparenza. Ma soprattutto è da considerare quanto sia gravoso l’onere che da questo servizio deriva alle amministrazioni comunali.
Di eguali malanni, e di eguali pesi soffrono le opere di assistenza, le mutue, gli istituiti di previdenza: tutti grandemente onerati per il carico di spese, che devono sopportare per la somministrazione di medicinali a sussidiati od a assicurati. Si impone per ciò la necessità di studiare se non sia possibile, attraverso una migliore organizzazione e più adeguati apprestamenti, provvedere a risparmiare notevoli oneri ai comuni e a detti enti, curando nel contempo una migliore esecuzione di questi servizi.
Sono state avanzate varie proposte. Lo Stato è già intervenuto nella materia: vi è il chinino di Stato, vi è la farmacia militare centrale che provvede alla confezione di medicinali per l’esercito. Vi sono farmacie spedaliere anche aperte al pubblico. Ma ai comuni interessa non solo disporre di un organo facilmente accessibile, cui affidare, a sollievo dei loro bilanci, questo servizio, ma esercitare nell’interesse della generalità dei cittadini una cospicua utilissima funzione di calmiere.
Quali sono i mezzi per poter portare a pratica soluzione questo problema? Ogni iniziativa si trova ad urtare contro l’organizzazione attuale dell’esercizio delle farmacie. È notorio che mentre la legge del 1913 aveva cercato di emancipare la proprietà delle farmacie, consentendo si avviasse ad esser anche ragione di dominio pubblico, tanto che era consentita la costituzione di cooperative di consumatori per la conduzione di farmacie, e soprattutto era riservato ai comuni con la legge sulla municipalizzazione dei pubblici servizi (articolo 1, n. 6) la possibilità di esercirle, quando è sopravvenuto il fascismo, la tutela professionale dei farmacisti è stata congiunta con la creazione del privilegio del commercio farmaceutico e della proprietà dell’azienda farmaceutica. E si è chiuso duramente questo baluardo corporativo, spodestando la collettività delle iniziative che essa aveva prese a tutela e difesa del consumatore, e vietando categoricamente alle cooperative ed ai comuni di esercire farmacie. Si sono spezzate iniziative nobilissime pure in questo campo; solo poche di queste hanno potuto essere salve. Cito fra gli altri il comune di Reggio Emilia con le sue 14 farmacie comunali, di cui otto nel contado della città, tenute aperte a sollievo della popolazione rurale con oneri particolari per l’amministrazione comunale, mentre le altre nel centro, hanno potuto esercitare un molto proficuo calmiere anche con ottimo vantaggio per le finanze cittadine. È notorio come altrove sia stata rispettata qualche farmacia spedaliera con la facoltà di vendere al pubblico. Ma è tutto un terreno che poteva essere fertilissimo e che il fascismo ha distrutto.
Con l’emendamento, che unitamente ad altri colleghi ho proposto al n. 10 dell’articolo 5, si chiede venga specificatamente consentito ai comuni, oltre alla assunzione diretta di pubblici servizi, anche l’apertura di farmacie, deliberata in deroga alle disposizioni vigenti circa l’esercizio delle stesse.
Al nostro emendamento è stata fatta una prima obiezione. Si dice che in questo modo si tenta di introdurre nella legge comunale e provinciale una disposizione che dovrebbe trovare la sua sede nella legge sanitaria e particolarmente fra le norme riguardanti l’esercizio delle farmacie.
Mi permetto di osservare che invece è proprio qui l’esatta sede, in cui queste rivendicazioni devono essere incluse. Noi stiamo ora esaminando quali siano le deliberazioni dei comuni che devono essere sottoposte alla approvazione della Giunta provinciale amministrativa e troviamo elencata nell’articolo in esame una serie di ipotesi. Il n. 10 parla di assunzione di pubblici servizi. Tale è appunto il provvedere per l’apertura di farmacie. Se vi è pubblico servizio, questo è proprio quello della farmacia, che deriva il carattere di pubblicità, oltre che dalla sua funzione, dalla sua sottoposizione alla vigilanza dello Stato. Non nella legge sanitaria, ma nella legge comunale deve trovare sede la reintegrazione di ciò di cui i comuni sono stati spogliati.
Né si dica che in questo modo si intacca il regolamento dell’esercizio delle farmacie. Se questo è un rudere fascista e corporativo, noi mancheremmo al nostro dovere, se, esaminando le funzioni in cui i Comuni possono estrinsecare le loro attività, non provvedessimo a restituire quanto fu loro tolto.
Il Relatore ed il Ministro dell’interno, che pure sono acuti ed insigni giuristi, non hanno tenuto presente come nella nostra legislazione siano infiniti i casi in cui, attraverso disposizioni particolari di una legge, se ne modificano altre in tutt’altro campo. È questa una consuetudine invalsa da lungo tempo, che non ha dato inconvenienti. Mi permetto ricordare, ad esempio, nel campo della procedura, che nel precedente processo civile dinanzi al tribunale, la disposizione circa il mandato in calce alla citazione e l’obbligo del procuratore di autenticarvi la firma del cliente deriva dalla modificazione di un articolo della tariffa sul bollo. E simili casi sono infiniti, per cui non si comprende perché ci si debba arrestare di fronte alla parvenza di questa difficoltà.
D’altra parte, la disposizione di cui al nostro emendamento già esisteva nelle vecchie leggi comunali e fu tolta dal fascismo.
Quando tale spoliazione è avvenuta certo nessuno si è posto il dubbio che occorresse riformare la legge comunale e provinciale e non si è esitato a compierla attraverso la legge sanitaria.
Non possiamo quindi sottrarci all’imperativo che ci deriva dall’ora trascurando l’urgente necessità di provvedere.
Impellenti esigenze impongono ai Comuni di provvedere alla restaurazione dei loro bilanci: qui vi è la possibilità di realizzare rilevanti risparmi sulle spese e qualche non disprezzabile vantaggio nelle entrate, spiegando tutta un’opera a sollievo dell’umanità sofferente ed a difesa delle collettività. Ingiustamente pertanto la Commissione ha opposto ostacoli meramente formali all’emendamento presentato, che tutto auspica debba essere approvato. (Applausi a sinistra).
PRESIDENTE. Anche l’onorevole Dozza ha presentato sullo stesso argomento un emendamento firmato anche dagli onorevoli Pellegrini, Scarpa, Bolognesi, Maffi, Scotti Francesco, Cavallotti, Ricci, Platone, Colombi, Bernamonti, Farina, Leone Francesco:
Aggiungere al n. 10°) le parole:
«e apertura di farmacie municipali, deliberata in applicazione delle disposizioni vigenti prima del 28 ottobre 1922».
L’onorevole Dozza ha facoltà di svolgerlo.
DOZZA. Sottoscrivo pienamente alle dichiarazioni dell’onorevole Cosattini. Volevo soltanto spiegare la lieve differenza formale che esiste fra l’emendamento che io e altri colleghi abbiamo proposto e quello proposto dall’onorevole Cosattini.
La differenza consiste in questo: è stato osservato all’emendamento del collega Cosattini che non si prendono delle deliberazioni in deroga o soltanto in deroga a disposizioni vigenti. Bisogna che sia stabilito in base a quali disposizioni, in senso positivo, vengono prese queste deliberazioni. È per questa ragione che io mi sono riferito, nel mio emendamento, alle disposizioni vigenti prima del 28 ottobre 1922; per significare che si domanda che siano restituite ai Comuni le facoltà che erano state abolite dal fascismo. Debbo dire che diverse amministrazioni municipali sono state sollecitate a domandare che la facoltà di istituire farmacie municipali sia ristabilita: da associazioni di reduci, da associazioni di mutilati, da organizzazioni mutue e altre consimili le quali desidererebbero trovare nell’esistenza di farmacie municipali, una difesa dei loro interessi che non sono soltanto interessi privati, ma interessi di carattere generale.
D’altra parte mi si informava testé che il commercio dei medicinali nel nostro Paese importa un movimento – non so se la cifra sia esatta – di 40 miliardi all’anno.
Trattandosi di servizio evidentemente pubblico si ritiene sia opportuno che istituzioni di carattere pubblico possano intervenire per regolare in certa misura questo commercio.
Mi pare che le richieste fatte da queste Associazioni ed anche praticamente dalla totalità dei consigli comunali delle città capoluoghi di provincia debbano essere accolte, perché rispondono effettivamente ad un bisogno sentito dalle nostre popolazioni; e non vedo per quali motivi questa richiesta, avanzata da milioni e milioni di cittadini, non dovrebbe essere accolta in questo momento.
So che contro questa richiesta è stata fatta una campagna da parte di gruppi interessati, di farmacisti; e, probabilmente, dietro ad essi agivano grosse aziende del ramo.
Ma non credo che, nel prendere le nostre deliberazioni, noi dobbiamo uniformarci ai desideri delle aziende monopolistiche piuttosto che alla volontà liberamente espressa da masse così importanti di cittadini e dai loro rappresentanti, seppure si debbano rispettare i legittimi interessi dei farmacisti.
Credo, anzi, che noi siamo in ritardo in questa materia e per questo motivo ritengo che ogni rinvio sarebbe fuori luogo.
Vi è un’altra questione: introdurre all’articolo 5 questo emendamento equivarrebbe a decidere che soltanto nelle città superiori ai 100 mila abitanti o capoluoghi di provincia possono essere istituite farmacie di carattere comunale.
È evidente che una limitazione di questo genere sarebbe inopportuna; e quindi la disposizione dovrebbe essere di carattere generale, lasciando, poi, alle Giunte provinciali l’esame del merito, caso per caso, per le decisioni in proposito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Cosattini. Ne ha facoltà.
COSATTINI. La mia proposta è molto più ampia di quella del collega Dozza; in quanto consente ai comuni di non osservare, per ragioni di ordine superiore, né la limitazione del numero, né quella della distanza, com’è richiesto dalla particolarità dei servizi a cui debbono provvedere, mentre l’emendamento Dozza subordinerebbe all’osservanza di tutte queste disposizioni l’apertura delle farmacie.
DOZZA. Rinunzio al mio emendamento e mi associo a quello dell’onorevole Cosattini.
PRESIDENTE. Invito il Relatore ad esprimere il parere della Commissione.
CARBONI, Relatore. Non vorrei dare l’impressione che la Commissione, a nome della quale parlo, sia contraria al sentimento che ha ispirato i colleghi onorevoli Cosattini e Dozza. Anzi, tengo a dichiarare che la Commissione unanime si associa all’aspirazione di questi valorosi colleghi ed augurando che essa possa essere attuata al più presto raccomanda all’onorevole Ministro di farsi iniziatore di una riforma legislativa ispirata ai criteri da loro espressi.
La Commissione è però, non dico perplessa, ma convinta che lo scopo propostosi dagli onorevoli Cosattini e Dozza non sia raggiungibile attraverso l’approvazione dei loro emendamenti e che comunque non sia tecnicamente opportuno ed esatto il sistema da essi preferito.
Pensa la Commissione che sia più che necessario dare ai comuni, e specialmente ai piccoli comuni, la possibilità di gestire farmacie, nell’interesse dei non abbienti. Può però questo scopo raggiungersi attraverso un emendamento all’articolo 5? E, badate, dico tra parentesi che, se si adottasse il criterio proposto dagli onorevoli Dozza e Cosattini, lo si dovrebbe adottare anche per l’articolo 4-bis, perché non ci sarebbe nessunissima ragione di differente trattamento. (Commenti – Approvazioni). Dovremmo quindi tornare un passo indietro ed includere anche nell’articolo 4-bis una dizione analoga.
Ma dicevo: credete che, con un emendamento come quello proposto dall’onorevole Cosattini, si darebbe al comune un’arma efficiente? Che cosa si dice in questo emendamento? Si dice forse quello che dovrebbe essere l’oggetto della disposizione, che cioè i comuni siano autorizzati ad aprire farmacie e a gestirle? Si dice invece soltanto che saranno soggette all’approvazione della giunta provinciale amministrativa le deliberazioni di apertura di farmacie municipali.
Con modesto criterio giuridico, di cui ci dobbiamo preoccupare, perché la questione che noi oggi vorremmo risolvere legislativamente risorgerà poi in sede giuridica, dobbiamo indagare se la dizione proposta consacri effettivamente il diritto dei comuni ad aprire e a gestire farmacie ed eviti la possibilità di contestazioni in sede giurisdizionale da parte di farmacisti protetti dalla legislazione vigente.
Con questa semplice osservazione presumo – forse presumo troppo – di avere sollevato un dubbio, il quale deve essere meditato profondamente tanto più che tra gli stessi onorevoli Cosattini e Dozza – per quanto poi il dissidio si sia conciliato col ritiro dell’emendamento Dozza – si è manifestata una divergenza di opinioni, che è sintomatica. L’onorevole Dozza, presentando, a modificazione di quello Cosattini, un emendamento, che diceva : «deliberata in applicazione delle disposizioni precedenti al 28 ottobre 1922», si è preoccupato evidentemente di un problema giuridico e legislativo importantissimo, di dare cioè una base giuridica e legislativa alle deliberazioni di apertura delle farmacie municipali; quella base che manca nell’emendamento Cosattini, il quale, parlando di : «apertura di farmacie municipali deliberata in deroga alle disposizioni vigenti», riflette soltanto l’aspetto negativo del problema, senza neppure affrontare quello positivo; toglie di mezzo le disposizioni della legge sanitaria del 1934, ma non conferisce ai comuni il diritto di aprire e gestire farmacie.
Quindi la Commissione è dell’opinione che si debba andare incontro al desiderio degli onorevoli Cosattini e Dozza, di tutta quella parte della Camera, alla quale mi onoro di appartenere e della quale condivido in pieno il pensiero; ma ritiene che ciò si debba fare non con una proclamazione astratta, destinata a rimanere lettera morta e inefficiente, bensì attraverso una disposizione legislativa chiara, netta e precisa. La vigente legge sanitaria consacra il principio che le farmacie possono essere esercite soltanto da farmacisti; si fa eccezione soltanto per le istituzioni di assistenza e beneficenza, le quali, possono essere autorizzate a gestire farmacie interne, esclusa qualsiasi facoltà di vendita al pubblico.
NOBILI ORO. Il comune, quando vende medicinali ai poveri, è ente di assistenza per i poveri;
CARBONI, Relatore. Che cosa significa questo? Dicevo che la legge del 1934 limita la possibilità di esercizio delle farmacie, da parte di chi non sia farmacista, alle sole istituzioni di assistenza e di beneficenza. È opportuno che si estenda tale possibilità a beneficio dei comuni, perché essi possano garantire una distribuzione economica di medicinali a coloro che ne hanno bisogno. A questo concetto la Commissione aderisce; però essa ritiene che tale concetto debba essere espresso in una formula legislativa efficiente. Questo è il semplice divario che c’è fra noi e i proponenti: non un divario di sostanza. E, badate, la norma proposta dall’amico Cosattini è di una genericità e di una latitudine tali, che potrebbe costituire la fonte di non si sa quante e quali discussioni e di non si sa quanti e quali pericoli. «Deroga alle disposizioni legislative» significa deroga a tutta la legislazione che regola la materia. Tanto è vero che l’onorevole Cosattini, insistendo nel proprio emendamento, sottolineava ch’esso è più ampio di quello Dozza, perché comporta anche la possibilità di aprire farmacie in deroga alle limitazioni in ragione della popolazione e delle distanze.
Una voce. Ma è naturale!
CARBONI, Relatore. Sarà naturale, ma non so se sia opportuno, e se sia opportuno derogare anche a tutte le altre disposizioni della legge sanitaria, comprese quelle dettate specificatamente a tutela della sanità pubblica.
PERSICO. Non è vero.
COSATTINI. Fate semplicemente un articolo aggiuntivo, allora.
CARBONI, Relatore. Presentatelo voi, se volete, un articolo aggiuntivo, o meglio un complesso di articoli aggiuntivi che, con riferimento alla legge del 1934, regolino la materia con la necessaria ponderazione e completezza, e nei quali sia esplicitamente attribuita ai Comuni la facoltà di aprire e gestire farmacie, ne siano stabilite le modalità e le condizioni. Occorrono norme di diritto sostanziale e non soltanto di procedura come quella proposta.
Io vorrei concludere queste mie dichiarazioni invitando tutti ad essere concordi in questo: nel fare una calorosissima raccomandazione al Ministro perché prenda impegno di presentare…
DOZZA. … ma allora, lo avremmo fra dieci anni!
CARBONI, Relatore …di presentare immediatamente all’Assemblea un disegno del genere; o vorrei addirittura proporre che l’Assemblea, se crede di poterlo fare, prenda l’iniziativa di deliberare, con procedimento d’urgenza, la riforma della legge sanitaria in maniera corrispondente alle sollecitazioni di numerosi colleghi.
Solo così il problema sarebbe risolto adeguatamente ed efficientemente. Altrimenti faremo opera vana.
PRESIDENTE. Domando all’onorevole Cosattini se mantiene il suo emendamento.
COSATTINI. Potrei aderire alla proposta di ritirare l’emendamento, purché sia presentato l’articolo aggiuntivo di cui ha parlato il Relatore.
PERSICO. Chiedo di parlare quale firmatario dell’emendamento Cosattini.
PRESIDENTE. Ella non può svolgere l’emendamento.
PERSICO. Desidero soltanto dire che non lo si può ritirare, perché l’articolo aggiuntivo non può far rientrare l’apertura delle farmacie nella competenza della Giunta provinciale amministrativa. Dovremo sempre aggiungere che tali proposte sono soggette all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa. Ad ogni modo, qualora l’emendamento sia ritirato dall’onorevole Cosattini, quale firmatario lo mantengo.
DOZZA. Mi associo all’onorevole Persico.
COSATTINI. Il mio ritiro dell’emendamento è subordinato all’approvazione dell’articolo aggiuntivo. In ogni caso lo mantengo.
PRESIDENTE. Chiedo al Governo di esprimere il suo parere intorno all’emendamento Cosattini.
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo è contrario, non per ragioni di merito ma per ragioni di forma.
L’emendamento Cosattini o dice nulla o dice troppo.
Se l’emendamento vuol significare che le deliberazioni in materia vengono sottoposte all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa, allora non si solleverebbe la questione sostanziale che è quella di concedere ai comuni la facoltà di aprire farmacie. In questo senso l’emendamento direbbe troppo poco.
Se con l’emendamento si vuol affermare il diritto dei comuni di aprire farmacie senza alcun controllo, questo sarebbe un diritto assolutamente illimitato, perché nell’emendamento non c’è nessuna disposizione concreta che regolamenti questo diritto che si propone di dare ai comuni.
Evidentemente la gravità della materia è tale che coinvolge interessi indiscutibili anche di carattere privato, che devono essere subordinati all’interesse collettivo, ma devono essere tenuti presenti, e non possiamo risolvere il problema sotto questa forma di emendamento. Ora, se l’emendamento Dozza precisava almeno dei poteri e dei limiti, l’emendamento Cosattini non precisa alcun limite: sancisce l’illimitato diritto dei comuni di aprire farmacie in deroga alle disposizioni vigenti, e il Governo non trova che la questione possa risolversi con l’accettazione dell’emendamento.
Sono però d’accordo nel merito della richiesta e, se l’Assemblea emette un voto nel senso che il Governo provveda in questa materia, io chiederò all’Alto Commissario per la sanità, perché è l’Alto Commissario per la sanità che ha soprattutto competenza specifica in questa materia, di predisporre tempestivamente il provvedimento, da sottoporre alla decisione dell’Assemblea nel modo più sollecito.
DOZZA. Perché non l’ha fatto in 14 mesi?
SCELBA, Ministro dell’interno. A capo dell’Alto Commissariato per la sanità c’è l’onorevole Perrotti. Penso che l’onorevole Dozza non possa dubitare che l’onorevole Perrotti possa contrastare un simile provvedimento. Abbiamo aspettato 25 anni e possiamo aspettare anche un mese per risolvere questo problema. La materia è di tale importanza che non si presta a soluzioni per vie traverse, ma va affrontata nel merito e con piena cognizione.
PRESIDENTE. Le spiegazioni fornite dal Governo e dalla Commissione possono essere prese in esame dall’Assemblea per decidere sul voto che può dare. Comunque si può mettere in votazione l’emendamento, qualora vi si insista.
ZOTTA. Chiedo di parlare contro l’emendamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZOTTA. L’emendamento, effettivamente, rappresenta un procedimento nuovo e strano: quello di inserire una disposizione, che trova la sua naturale collocazione in un testo organico già esistente, in un altro testo del tutto difforme, che disciplina una materia tanto distante da quella di cui all’emendamento stesso.
Questo significa venir meno alle esigenze fondamentali di tecnica legislativa.
Vi è il testo del 1934 che stabilisce le condizioni per l’esercizio delle farmacie: autorizzazioni, distanze, popolazione, ecc.
Ora, voi, con una disposizione così lata, strana ed inusitata, cioè dicendo «una deliberazione emessa in deroga alle disposizioni vigenti» dimenticate che una siffatta deliberazione è illegittima. (Commenti).
Chi dovrebbe legittimarla? Dovrebbe essere legittimata – secondo il vostro testo che appunto per ciò è difettoso – dall’organo di controllo, che è preposto precisamente all’osservanza della legge. (Commenti).
Ed allora avremo questo fenomeno strano e grottesco, che un organo di controllo, il quale per sua essenza è preposto alla tutela ed alla osservanza della legge, cioè a dichiarare irregolari ed inefficaci gli atti illegittimi, in questo caso dovrebbe dichiarare regolare ed efficace un atto che sorge illegittimo. (Commenti – Rumori a sinistra).
Sarebbe una funzione strana questa dell’organo di controllo, così come voi lo concepite. (Commenti a sinistra).
Parlo di tecnica legislativa la quale ha dei principî fissi, assoluti e, direi, autoritari.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Zotta.
ZOTTA. Occorre rimandare l’esame di questa proposta alla revisione della legge speciale sulla materia sanitaria, ove sono raccolte le norme contenenti l’esercizio delle farmacie.
La necessità e l’esigenza di un testo organico che riunisca la materia omogenea s’impongono, perché la legge deve poter essere nota a tutti, non deve avvenire cioè che il cittadino sia costretto ad arrampicarsi per le tortuose, complicate, labirintiche vie del corpus iuris, di questa complessa e pesante legislazione italiana, per trovare, per avventura, una norma – nel nostro caso nientemeno nella legge comunale e provinciale – la quale deroghi alle disposizioni stabilite nella legge sanitaria.
Inoltre è da considerare che qui vi è anche una categoria di professionisti (Rumori) da tener presente e noi, che oggi parliamo di protezione di classi, non possiamo trascurare questi categoria di lavoratori. (Interruzioni a sinistra – Rumori – Commenti).
PRESIDENTE. L’emendamento che vuole introdurre la disposizione mi sembra dal punto di vista tecnico fuori posto, perché non risolve il problema integralmente. C’è stata la proposta veramente opportuna dell’articolo aggiuntivo, il quale può risolvere il problema. Le osservazioni dell’onorevole Zotta possono essere valide anche in confronto di questa proposta. Quindi io pregherei i colleghi che hanno proposto l’emendamento di non insistere, mantenendo la proposta relativa all’articolo aggiuntivo.
FUSCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FUSCHINI. Possiamo dire che tutti di quest’Assemblea pensiamo che un’attenzione particolare in questo momento vada rivolta ai poveri che hanno bisogno di medicinali. Credo che voi pensiate che noi abbiamo nel cuore quello stesso spirito di carità e di fraternità che deve rendere meno gravosa la vita agli indigenti e agli ammalati.
Ma qui vogliamo semplicemente porre una questione dal punto di vista giuridico e legislativo. Voi domandate di inserire nell’articolo 5 della legge, il quale tratta di disposizioni determinate da sottoporre alla deliberazione della Giunta provinciale amministrativa, l’apertura di farmacie municipali. Quando voi volete sottoporre l’apertura delle farmacie alla Giunta provinciale amministrativa, dovete ammettere che ci sia il presupposto che i comuni abbiano dalla legge speciale, che si riferisce alle farmacie, l’autorità di aprirle. Ora, cosa dovrebbe fare una Giunta di fronte ad una deliberazione di apertura di farmacia? Dovrebbe senz’altro respingere la deliberazione, perché non vi è il substrato legislativo sufficiente che autorizza il comune ad aprire la farmacia.
È necessario, dunque, che indipendentemente dall’approvazione della Giunta provinciale amministrativa esista in precedenza il diritto del comune di aprire la farmacia. Ecco perché non vi è qui posto per quest’articolo, e ritengo che non vi sia nemmeno il posto in questa legge.
Non c’è niente di male, egregi colleghi, che noi sollecitiamo il Governo perché entro un breve tempo presenti la modifica alla legge sanitaria in modo che l’assistenza farmaceutica ai reduci, ai partigiani, a coloro che sono ammalati, ai poveri abbia una maggiore applicazione di quella che non abbia avuto fino ad oggi.
Onorevoli colleghi, è meglio che ne parliamo chiaramente ed esplicitamente. Al Governo ci siamo noi, ma ci siete pure voi con noi. E perché non possiamo insieme fare in modo che il Governo assuma questa responsabilità, perché non dobbiamo avere fiducia in questa possibilità quando un Ministro dell’interno dichiara che farà studiare dagli organi adatti la legge sanitaria? (Interruzioni – Rumori a sinistra).
PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, la prego di concludere.
FUSCHINI. Per queste ragioni chiedo la sospensiva, perché è necessario ed indispensabile che l’argomento sia maturato dagli organi competenti.
PRESIDENTE. Onorevole Fuschini, mi duole, ma il Regolamento non consente di proporre la sospensiva su un emendamento che, se mantenuto, deve essere messo in votazione.
Metto, quindi, ai voti l’emendamento dell’onorevole Cosattini e altri così formulato:
Aggiungere al n. 10°) le parole: «e apertura di farmacie municipali, deliberata in deroga alle disposizioni vigenti circa l’esercizio delle farmacie».
CINGOLANI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CINGOLANI. Il nostro gruppo dichiara di votare contro l’emendamento, udite le parole del Governo e nella fiducia che presto sia presentato un progetto di legge che investa tutta la materia, anche quella riguardante la riforma sanitaria, per venire incontro al popolo in questi tragici momenti.
DOZZA. Chiedo la parola per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOZZA. Mi rendo perfettamente conto che il voto che noi stiamo per emettere, ammesso anche che dia la maggioranza all’emendamento proposto dall’onorevole Cosattini, non risolverebbe completamente la questione, perché renderebbe necessario il coordinamento fra questo voto e la legge sanitaria. Però noi voteremo a favore dell’emendamento perché desideriamo che l’Assemblea esprima la sua volontà, in modo inequivocabile (Approvazioni a sinistra), affinché la legge creata dal fascismo di non consentire alle amministrazioni municipali di esercire farmacie sia rapidamente abrogata. (Approvazioni a sinistra).
Questa è una necessità perché le amministrazioni comunali da 14 mesi domandano che si proceda ad una modificazione della legge che finora non ha potuto essere fatta. (Applausi a sinistra – Commenti).
CARBONI, Relatore. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARBONI, Relatore. A nome mio personale e del collega Fornara, dichiaro che, prendendo atto delle dichiarazioni dell’onorevole Dozza, il quale in certo senso ha convenuto nel nostro dubbio circa l’insufficienza pratica del proposto emendamento, e pur convinto che non sia questa la sede opportuna, nella quale risolvere la questione, tuttavia, poiché la nostra finalità coincide con quella espressa dagli onorevoli Cosattini e Dozza, ci asteniamo dal voto.
TONELLO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TONELLO. Mi asterrò dal voto.
(Segue la votazione per alzata e seduta).
PRESIDENTE. Poiché l’esito della votazione per alzata e seduta è incerto, procediamo alla votazione per divisione.
(Segue la votazione per divisione).
Avverto che dal seggio della Presidenza è oltremodo difficile accertare con piena sicurezza l’esito della votazione.
Comunico che è stata fatta proposta di votazione per appello nominale dall’onorevole Pallastrelli ed altri.
Domando se sia appoggiata.
(È appoggiata).
Votazione nominale.
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione per appello nominale. Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale avrà inizio la chiama.
Esso è Cairo.
Si faccia la chiama.
SCHIRATTI, Segretario, fa la chiama.
Rispondono sì:
Allegato – Assennato.
Baldassari – Bargagna – Barontini Anelito – Barontini Ilio – Basile – Bassano – Bennani – Bernamonti – Bianchi Bruno – Binni – Bitossi – Bocconi – Bolognesi – Bonomelli – Bonomi Ivanoe – Bordon – Buffoni Francesco.
Cacciatore – Cairo – Caldera – Candela – Canepa – Caporali – Caprani – Caroleo – Carpano Maglioli – Cartìa – Cavallotti – Cerreti – Cevolotto – Chiaramello – Chiostergi – Cianca – Codignola – Colombi Arturo – Cosattini – Costa – Costantini – Cremaschi Olindo.
D’Amico Michele – D’Aragona – De Filpo – De Mercurio – De Michelis Paolo – Di Vittorio – Dozza – Dugoni.
Faccio – Fantuzzi – Farina Giovanni – Fedeli Aldo – Fedeli Armando – Ferrari Giacomo – Fietta – Fiorentino – Fioritto – Foa.
Gavina – Gervasi – Ghidetti – Ghidini – Ghislandi – Giacometti – Giua – Gorreri – Grazia Verenin – Grilli – Gullo Fausto – Gullo Rocco.
Iotti Leonilde.
Jacometti.
Laconi – Lami Starnuti – Landi – Leone Francesco – Li Causi – Lombardi Riccardo – Longhena – Longo – Lozza – Luisetti.
Macrelli – Maffi – Magrini – Malagugini – Maltagliati – Mancini –. Mariani Enrico – Martino Enrico – Massola – Mastino Pietro – Mazzei – Merighi – Merlin Angelina – Mezzadra – Minella Angiola – Minio – Molinelli – Momigliano – Montagnana Mario – Montagnana Rita – Montalbano – Morandi – Morini – Musolino – Musotto.
Nasi – Natoli Lamantea – Negro – Nobili Oro.
Pajetta Giuliano – Paolucci – Paris – Parri – Pellegrini – Pera – Perassi – Persico – Pertini Sandro – Piemonte – Platone – Pollastrini Elettra – Pressinotti – Preti – Priolo – Pucci.
Ravagnan – Reale Eugenio – Romita – Rossi Giuseppe – Rossi Maria Maddalena – Ruggeri Luigi – Ruggiero Carlo.
Saccenti – Salerno – Santi – Scarpa – Schiavetti – Scoccimarro – Scotti Francesco – Secchia – Sereni – Sicignano – Silipo – Spallicci – Stampacchia.
Taddia – Tomba – Tonello – Tonetti – Tremelloni.
Valiani – Varvaro – Vernocchi – Veroni – Vigna – Vigorelli – Villabruna – Vischioni.
Zagari – Zanardi – Zappelli – Zuccarini.
Rispondono no:
Abozzi – Adonnino – Alberti – Aldisio – Ambrosini – Andreotti – Angelini – Arcaini – Arcangeli – Avanzini.
Bacciconi – Balduzzi – Bastianetto – Bellato – Belotti – Bencivenga – Bertola – Bertone – Bettiol – Bianchini Laura – Bonino – Bosco Lucarelli – Bovetti – Braschi – Bulloni Pietro – Burato.
Caccuri – Caiati – Camposarcuno – Cappi Giuseppe – Carbonari – Caronia – Carratelli – Castelli Edgardo – Castelli Avolio – Cavalli – Ciccolungo – Cicerone – Cimenti – Cingolani Mario – Clerici – Codacci Pisanelli – Colitto – Conci Elisabetta – Condorelli – Coppa Ezio – Coppi Alessandro – Corbino – Corsanego – Cortese – Cremaschi Carlo.
Del Curto – De Michele Luigi – De Palma.
Fabriani – Falchi – Fanfani – Ferrarese – Ferrano Celestino – Firrao – Foresi – Franceschini – Froggio – Fuschini.
Gabrieli – Galati – Garlato – Germano – Giacchèro – Gonella – Gotelli Angela – Grassi – Gronchi – Guariento – Guerrieri Emanuele – Guerrieri Filippo – Gui – Guidi Cingolani Angela.
Jacini.
La Gravinese Nicola – Leone Giovanni – Lizier – Lucifero.
Malvestiti – Mannironi – Manzini – Marazza – Marina Mario – Marinaro – Martinelli – Marzarotto – Mastino Gesumino – Mastrojanni – Mattarella – Mazza – Medi Enrico – Merlin Umberto – Miccolis – Micheli – Montini – Moro – Mùrdaca – Murgia.
Nicotra Maria – Notarianni – Numeroso.
Pallastrelli – Pastore Giulio – Pat – Patricolo – Penna Ottavia – Perugi – Petrilli – Piccioni – Pignedoli – Ponti – Proia.
Quintieri Adolfo.
Raimondi – Rapelli – Recca – Rescigno – Restagno – Rodinò Mario – Romano – Roselli – Rumor.
Salizzoni – Salvatore – Sampietro – Sartor – Scalfaro – Scelba – Schiratti – Segni – Siles – Stella – Storchi.
Tambroni Armatoli – Taviani – Titomanlio Vittoria – Togni – Tosato – Trimarchi – Tripepi – Tumminelli – Tupini.
Valenti – Valmarana – Venditti – Viale – Vicentini – Vigo – Volpe.
Zaccagnini – Zerbi – Zotta.
Si sono astenuti:
Carboni.
Fornara.
Scotti Alessandro.
Sono in congedo:
Spano – Fiore – D’Amico Diego – Treves – Cappugi – Martino Gaetano.
Risultato della votazione nominale.
PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 325
Maggioranza 163
Hanno risposto sì 165
Hanno risposto no 157
Astenuti 3
(L’Assemblea approva).
Il seguito della discussione è rinviata alla prossima seduta antimeridiana.
Interrogazioni e interpellanze con richiesta d’urgenza.
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti interrogazioni con richiesta d’urgenza:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, per sapere se – nell’interesse ed a salvaguardia della dignità dello sport nazionale – non ritenga urgente e necessario far cessare lo scandalo della monopolizzazione del totalizzatore del giuoco del calcio da parte ed a favore di una società privata – la S.I.S.A.L. – la quale si è in tal modo assicurato, senza alea e rischio alcuno, il lucro ingiustificato di molti milioni la settimana, mentre elementari ragioni di opportunità e di giustizia richiedono che gli ingenti guadagni siano interamente devoluti a scopi benefici e sportivi di carattere nazionale.
«Morini, Cairo, Amadei».
«Al Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se è vero che il Ministero della pubblica istruzione stia per istituire una Commissione per la riforma della scuola; e, in caso affermativo, con quali criteri e a quali fini essa venga costituita, considerato che l’ordinamento costituzionale della scuola deve essere ancora oggetto di esame da parte dell’Assemblea Costituente, e considerato altresì il grave onere, che non sembra per il momento sufficientemente giustificato, che dalla istituzione di tale organo deriverebbe al bilancio dello Stato.
«Codignola, Schiavetti».
«Al Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti abbia preso, o intenda subito prendere in merito alle disastrose condizioni finanziarie in cui versa l’Asilo inabili al lavoro «Concetta Maselli» di San Severo, in provincia di Foggia, eretto in ente morale con Regio decreto 25 giugno 1903. La sullodata istituzione, che ospita decine e decine di poveri, vecchi inabili al lavoro, ha avuto i suoi locali requisiti da truppe alleate che li hanno lasciati in condizioni pietose e senza mobili, suppellettili, biancheria. Le rendite in base a titoli di Stato, per il valore della lira, non sono più sufficienti per il funzionamento dell’Ente in parola, ed i fornitori non sodisfatti minacciano di sospendere, da un momento all’altro, le loro prestazioni, per cui la pia e benefica istituzione corre il rischio di chiudere i battenti, con grande nocumento dei ricoverati che rimarrebbero sul lastrico senza cure e senza assistenza. Sin dal 24 novembre 1946, il ripetuto Asilo richiedeva al Ministro dell’interno, Direzione generale dell’Amministrazione civile, un sussidio di lire 500.000, onde pareggiare il bilancio 1946 e far fronte alle spese straordinarie occorrenti, e mentre per molte Opere pie, asili e ricoveri, sono stati elargiti ingenti soccorsi, per l’Asilo inabili al lavoro di San Severo nulla è stato disposto, lasciando addirittura inevasa la istanza.
«Recca, Allegato».
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo risponderà a queste interrogazioni in una delle prossime sedute.
PRESIDENTE. Sono pure pervenute alla Presidenza le seguenti interpellanze con richiesta di urgenza:
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere, essendo rimaste vane le ripetute richieste, elevate da ogni settore, cosa intenda fare il Governo per risolvere lo scandaloso problema della provincia di Napoli, problema molte volte agitato in Assemblea, mai onorato da particolare attenzione governativa, sia nel campo dell’approvvigionamento, sia in quello della disoccupazione, sia in quello dell’assistenza che nel più complesso campo industriale economico.
«Mazza».
«Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere le ragioni che indussero ad accordare il permesso di pubblicazione del quotidiano fiorentino La Nazione Italiana.
«Benedetti».
Chiedo al Governo quando intende rispondere.
SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo risponderà all’interpellanza dell’onorevole Mazza in una delle prossime sedute dedicate alle interpellanze. Così per l’interpellanza dell’onorevole Benedetti, che sarà discussa unitamente ad altra analoga dell’onorevole Codignola ed altri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Caroleo. Ne ha facoltà.
CAROLEO. Ho presentato un’interpellanza a proposito del trattamento economico dei pensionati fin dal 10 dicembre 1946. Gradirei sapere quando il Governo intende discuterla.
SCELBA, Ministro dell’interno. La metteremo insieme alle altre interpellanze che saranno discusse in un’apposita seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Bonino. Ne ha facoltà.
BONINO. Nella discussione delle interpellanze e delle interrogazioni non si procede con un ordine cronologico, poiché quelle con richiesta d’urgenza hanno sempre la precedenza. Bisognerebbe ovviare a questo inconveniente.
PRESIDENTE. Nella seduta che sarà dedicata alle interpellanze, saranno discusse tutte.
Interrogazioni.
PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MOLINELLI, Segretario, legge:
«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri della difesa e delle finanze e tesoro, per conoscere se, di fronte alla inevitabile attuale staticità di alcune categorie del personale delle varie Amministrazioni dello Stato (che pur dovrebbero essere trasferite per esigenze di servizio), non si possa ovviare all’inconveniente, dando al personale suddetto la indennità di missione per 6 mesi e, per risolvere il problema degli alloggi, trasformare una delle caserme dei capoluoghi di provincia in case di abitazione per gli statali ovvero adibire le medesime caserme ad uffici, onde lasciare liberi gli appartamenti privati attualmente occupati da pubblici uffici.
«Caso, Sampietro».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere le ragioni, per le quali gli impiegati di gruppo C e di grado XII, dipendenti dalla Direzione generale del catasto e servizi tecnici erariali, non hanno ancora ottenuto la promozione al grado XI, pur essendo rimasti nel grado XII da sei ad oltre dieci anni.
«L’interrogante chiede che il Ministro voglia provvedere perché dette promozioni abbiano luogo al più presto possibile e che l’anzianità, tanto agli effetti giuridici che a quelli economici, sia fissata in data non posteriore alle promozioni già effettuate per il gruppo B.
«Colitto».
«I sottoscritti chiedono di interrogare il Ministro della difesa, per conoscere se non ritenga necessario e giusto emanare una disposizione di legge intesa ad assicurare la sistemazione in servizio attivo permanente del personale dell’Aeronautica di complemento e richiamato di tutti i gradi, categorie e specialità (il cui numero complessivo è ristrettissimo, anche in rapporto ai nuovi organici), soprattutto quello navigante, il quale, l’8 settembre 1943, rispondeva al dovere di servire l’Italia antifascista e attraversava le linee, salvava apparecchi e partecipava a tutta la guerra di liberazione. Tale sistemazione, oltre che rispondere a un obbligo morale e a impegni precisi assunti in tal senso dal Ministero dell’aeronautica durante la guerra di liberazione, deve costituire un atto di riconoscenza nazionale verso i suoi migliori cittadini.
«Se non ritenga, inoltre, opportuno dare la precedenza assoluta a detto personale che abbia i titoli richiesti e lo richieda, nell’assunzione da parte delle società aeree civili, e infine se non ritenga indispensabile trattenerlo in servizio fino a sistemazione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Lussu, Natoli, Amendola, Molè, Lombardo Ivan Matteo, Canevari, Matteotti Matteo, Pellizzari».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle finanze e del tesoro, per conoscere se non ritenga opportuno ammettere la numerosa categoria dei piccoli coltivatori di tabacco alla gestione diretta delle «concessioni speciali», ad essa fino ad oggi preclusa, per quanto abbia dato prova, durante lunghi anni di coltivazione del tabacco e di costante cooperazione data nelle attività delle concessioni, della sua capacità e preparazione tecnica; e se, accertata l’esistenza di un’adeguata attrezzatura tecnica e la disponibilità finanziaria, non si debba riservare la priorità alla concessione a carattere interaziendale e cooperativistico, quale riconoscimento di una antica e legittima aspirazione dei piccoli coltivatori di tabacco; e se non ritenga opportuno, ammesso il principio della parità di diritti e di competenza, procedere ad una graduale riduzione delle concessioni a tipo industriale, che comunque vengano a scadere o a decadere ed a quelle di nuova costituzione, assegnandole a cooperative ed alle intraprese interaziendali di coltivatori diretti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Bonomi Paolo».
«I sottoscritti chiedono di interrogare i Ministri della marina mercantile, dell’agricoltura e foreste e delle finanze e tesoro, per sapere se non ritengano doveroso e urgente andare incontro alla umana richiesta della laboriosa popolazione di Chioggia, città con oltre 50 mila abitanti, che vive quasi esclusivamente dell’industria della pesca e dei trasporti marittimi, la quale troppo spesso conosce momenti angosciosi per assistere impotente all’improvviso scatenarsi degli elementi ed a piangere sovente i suoi figli travolti dal mare insieme col naviglio; mentre la tanto invocata stazione di salvataggio o – almeno – una motobarca di salvataggio (della quale fu autorizzata la costruzione dal Ministero delle comunicazioni nel 1939, ma la di cui esecuzione fu differita per mancanza di fondi) consentirebbero di salvare tante preziose vite umane, e ridonare tranquillità a tutta una operosa popolazione. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Ghidetti, Pellegrini, Ravagnan».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per richiamare la sua attenzione sulla importanza fondamentale che, per la ripresa della nostra attività industriale, hanno lo sviluppo della cultura tecnica ed il riordinamento dei nostri Istituti scientifici. Considerando che la produzione di strumenti ottici, per le sue caratteristiche di essere una produzione di qualità, basata essenzialmente sull’impiego di tecnici e maestranze specializzate, ha bisogno dell’apporto degli Istituti scientifici; che il complesso delle industrie ottiche italiane, per impianti e per numero di maestranze impiegate è di notevole importanza nazionale; che la produzione di apparecchiature ottiche, impiegando pochissime materie prime e moltissima mano d’opera, è particolarmente adatta al nostro Paese; che, a ragione della depressione industriale tedesca, la nostra industria ottica si trova oggi in favorevoli possibilità di affermazione anche per quanto riguarda le esportazioni; che a Firenze l’Istituto nazionale di ottica da circa tre anni langue in gravissime difficoltà economiche, che impediscono un’adeguata ripresa delle sue attività e che lo stesso, per le ragioni suesposte, è oggi più che mai indispensabile all’attività ottica italiana; considerando, pure, che il finanziamento offerto dalle maggiori industrie ottiche italiane fin dal 22 gennaio 1946 non si è potuto realizzare per la mancanza di un regolare Consiglio di amministrazione ed il perdurare della gestione commissariale; e che detta gestione commissariale straordinaria si protrae da quasi tre anni durante i quali l’Istituto senza un direttore, senza professori di ruolo che dovrebbero essere nominati per concorso, non esplica le funzioni per cui è stato creato; l’interrogante – rendendosi interprete anche dei voti dell’Amministrazione del comune di Firenze, della Deputazione provinciale di Firenze, dell’Associazione ottica italiana – chiede che venga posto termine alla gestione commissariale e venga provveduto immediatamente alla nomina di un normale Consiglio direttivo secondo il vigente statuto. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Bitossi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, per conoscere l’esatta situazione statistica dei pensionati di tutte le categorie, ed il relativo bilancio finanziario, in quanto lo stato di disagio in cui versano tutti i pensionati, da quelli di Stato a quelli della previdenza sociale, determina in essi una continua agitazione di bisogni, di speranze, di rivendicazioni, che non è possibile affrontare, senza previamente conoscere partitamente con una certa esattezza la reale situazione, che possa eventualmente fornire gli elementi, sui quali impostare la doverosa soluzione del problema nei limiti delle reali possibilità. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Roselli».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, ed i Ministri dell’interno, delle finanze e tesoro e dei lavori pubblici, per conoscere i provvedimenti, reclamati da tutta la cittadinanza del comune di Porretta-Terme, necessari al ripristino delle antiche attività degli stabilimenti termali, unica fonte di lavoro per una numerosa popolazione, stremata dalla guerra, isolata per mancanza di comunicazioni ferroviarie, priva di ogni risorsa.
«La mancanza di funzionamento di detti stabilimenti, per l’ingiustificato ritardo di provvidi interventi per parte delle autorità statali, rende precaria l’esistenza di un intero Comune, che, fedele alle sue tradizioni, intende ricostruire in forma degna il più importante centro termale e turistico della provincia di Bologna. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Zanardi».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare i Ministri dell’interno e delle finanze e tesoro, per sapere quali provvidenze intendano adottare, onde rimediare alla tragica ed ormai insostenibile situazione dell’Ente comunale di assistenza di Cava dei Tirreni, primo in provincia di Salerno per importanza patrimoniale e per numero di Opere pie amministrate (ben 54, tra cui l’Asilo di mendicità, l’Orfanotrofio femminile Santa Maria del Refugio, il Monte del Povero con Asilo infantile, ecc.), attualmente versanti in pietose condizioni edilizie e finanziarie: situazione segnalata al Ministero dell’interno con telegrammi 1° ottobre 1945 e 1° dicembre 1945 e con rapporti 19 settembre 1946 e 22 gennaio 1947, invocanti adeguati fondi integrativi di bilancio, a colmare l’enorme disavanzo in continuo aumento dal 1944. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Rescigno».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, per conoscere le ragioni per cui il Consiglio di amministrazione del Ministero non abbia ancora deciso in ordine alla istanza di riammissione in servizio, inoltrata dal primo ufficiale signor Salvati Leonardo, nel marzo 1946.
«Stante l’attitudine di intransigenza antifascista tenuta dal Salvati durante il passato regime, come è documentato da una inchiesta del 1924 dell’ammiraglio Pession, a seguito di un duro confino a L’Aquila e alla intollerabile e tenace persecuzione disposta dal Pession, il Salvati venne indotto a chiedere il trattamento di quiescenza. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Di Fausto».
«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dei trasporti, per sapere se – in considerazione della importanza della città di Salerno quale centro e testa di linee di una vasta zona eminentemente turistica, e perciò mèta di notevole numero di visitatori – non reputi opportuno disporre che il treno R529 in partenza da Roma alle ore 18, la cui corsa ha termine a Napoli Piazza Garibaldi, la prosegua invece fino a Salerno, ed il treno R524, in partenza da Napoli Piazza Garibaldi alle ore 6,55, inizi, congruamente anticipandola, la sua corsa da Salerno; e per sapere ancora se, completando i ritocchi di orario con cortese comprensione già concessi, voglia disporre le seguenti altre modifiche improrogabilmente necessarie a soddisfare le esigenze delle provincie di Salerno ed Avellino e ad appagare il vivo desiderio delle loro popolazioni:
- a) che il treno viaggiatori 2665, in partenza da Avellino alle ore 19,30 ed in arrivo a Mercato San Severino alle ore 20,35, sia messo in coincidenza col treno viaggiatori 3963, in partenza a sua volta da Mercato San Severino alle ore 20,18 ed in arrivo a Salerno alle ore 20,56, ritardandosi il detto treno 3963 di appena 20 minuti;
- b) che il treno merci 6957 (espletante servizio viaggiatori), in partenza da Avellino alle ore 6 ed in arrivo a Mercato San Severino alle ore 8,10, sia messo in coincidenza col treno viaggiatori 3965, in partenza a sua volta da Mercato San Severino alle ore 7,45, anticipandosi la partenza del detto TM6957 da Avellino alle ore 5,30, e cioè di appena 30 minuti. (L’interrogante chiede la risposta scritta).
«Rescigno».
«I sottoscritti chiedono d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri della difesa, delle finanze e tesoro, e dei lavori pubblici, per conoscere che cosa è stato fatto per alleviare le gravi condizioni di disagio degli ufficiali e sottufficiali dell’esercito costretti, da inderogabili esigenze di servizio, a frequenti trasferimenti che li obbligano a vivere lontano dalle famiglie ed a sobbarcarsi a sacrifici notevoli, aggravando le criticissime condizioni economiche in cui si dibattono.
«La costruzione di alloggi di servizio nelle località sedi di comandi, corpi e reparti militari si impone, dato che le cooperative per gli impiegati dello Stato non risolvono il problema, perché presuppongono una stabilità di residenza che non sussiste, e favorirebbe anche la sistemazione civile perché ufficiali e sottufficiali non graverebbero sulle già scarse disponibilità edilizie.
«Le spese per la costruzione di detti alloggi non vanno considerate come spese di carattere strettamente militare, perché il problema rientra in quello della ricostruzione nazionale, e debbono perciò rientrare nella competenza del Ministero dei lavori pubblici.
«Gli interroganti chiedono che il problema sia risolto al più presto nelle forme ritenute più opportune, provvedendo intanto ad un primo stanziamento di fondi a carico del Ministero dei lavori pubblici. (Gli interroganti chiedono la risposta scritta).
«Pucci, Amendola, Dozza».
PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.
La seduta termina alle 14.