Come nasce la Costituzione

GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 1946 (Seconda sezione)

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

(SECONDA SEZIONE)

3.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI

INDICE

Potere giudiziario (Seguito della discussione)

Presidente – Leone Giovanni, Relatore – Bozzi – Calamandrei, Relatore – Targetti – Uberti – Ravagnan – Mannironi – Castiglia, Relatore – Di Giovanni – Laconi – Cappi – Bulloni.

La seduta comincia alle 9.

Seguito della discussione sul potere giudiziario.

PRESIDENTE ricorda che la Sezione aveva stabilito di procedere ad un esame degli articoli proposti, al fine anche di precisare quale di essi si ritenesse opportuno rinviare ad altre Sottocommissioni per la loro migliore collocazione nella Costituzione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, propone di iniziare l’esame degli articoli 18, 24, 26, 23 e 25 della relazione Patricolo, perché ritiene che potrebbero essere rinviati ad altra Sottocommissione.

PRESIDENTE dà lettura dell’articolo 18:

«Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla giustizia».

LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che questo articolo corrisponde all’articolo 16 del suo progetto: «Nessun divieto o limite può essere posto all’esercizio del diritto di agire in sede giudiziaria».

BOZZI obietta che questo articolo non tratta precisamente della stessa cosa, per quanto sia connesso con l’ultimo comma dell’articolo 15 del progetto Calamandrei: «Nessuna autorizzazione è necessaria per agire in via civile o in via penale contro i pubblici funzionari per responsabilità assunte nell’esercizio delle loro funzioni». A suo avviso, l’articolo 16 dell’onorevole Leone potrebbe essere aggiunto come secondo comma dell’articolo 18 in discussione.

Afferma che tutte le restrizioni attualmente vigenti devono cadere, come quella, ad esempio, che vieta di procedere nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza secondo il Codice penale senza una speciale autorizzazione dell’autorità.

LEONE GIOVANNI, Relatore, pensa che il concetto ispiratore dell’articolo in discussione e del corrispondente articolo dell’onorevole Calamandrei non sia precisamente quello al quale è informato il suo articolo 16. Egli era preoccupato dal timore che in sede processuale si potesse eludere questa eguaglianza di carattere sostanziale, stabilendo nella legge processuale dei limiti all’esercizio di determinate azioni.

L’onorevole Bozzi indicava un altro concetto, pure apprezzabile: quello di impedire che vengano poste delle condizioni alla procedibilità, nei riguardi di certe categorie di persone, come è appunto il caso degli appartenenti alla pubblica sicurezza, in quanto oggi lo Stato può impedire che la giustizia abbia il suo corso nei confronti di determinale persone.

Propone di fondere i due concetti nello stesso articolo, formandone due commi distinti. L’articolo così formulalo dovrebbe trovar posto nella prima parte della Costituzione, dove si statuisce sui diritti del cittadino. Nella parte invece che definisce il potere giudiziario occorre limitare le disposizioni a quanto concerne il complesso delle funzioni con le quali tale potere si esercita, infatti nella sua relazione vi è un paragrafo in cui si fissano le garanzie giurisdizionali per il cittadino.

CALAMANDREI, Relatore, è favorevole alla inserzione, fra i diritti del cittadino, di una norma corrispondente all’articolo 18 del progetto Patricolo, quantunque ritenga che questa norma sia già compresa in quella votata dalla prima Sottocommissione e che afferma che «tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge» e quindi, a fortiori, di fronte alla giustizia, attraverso la quale la legge si applica.

Nulla in contrario, quindi, a che si menzioni questa eguaglianza anche nei confronti dei giudici; ma tiene a far rilevare quale sia la portata pratica di questo principio: se si vuol dire che sono vietate le giurisdizioni speciali o straordinarie, v’è, a questo proposito, la norma nella parte che si riferisce all’ordinamento giudiziario. Quanto ai rapporti tra potere giudiziario e potere amministrativo, la relativa norma dovrebbe essere collocata dopo quelle che si riferiscono alla formulazione generale attinente al potere giudiziario. Ma vi sono giurisdizioni che non rientrano in quelle ricordate, e questo è il caso delle giurisdizioni ecclesiastiche. In materia matrimoniale il fatto che certi cittadini, per chiedere l’annullamento del matrimonio, debbano adire non i Tribunali dello Stato, ma quelli della Chiesa, ed altri possano invece adire i Tribunali dello Stato, costituisce una norma che va contro il principio della eguaglianza dei cittadini di fronte alla giustizia, in quanto pone due giustizie, quella ecclesiastica e quella civile, aperte ai cittadini.

Pur dichiarandosi favorevole a tale principio, invita i colleghi a ben ponderare la portala di questi articoli.

TARGETTI ritiene opportuno, prima di iniziare la discussione di merito sui problemi indicati, che la Sezione si metta d’accordo su un principio generale, cioè sulla necessità che la Costituzione comprenda anche in questa parte un numero di articoli molto minore di quelli presentati, limitandosi a quello che è strettamente attinente all’esercizio della funzione giurisdizionale. I progetti in discussione, invece, contengono molte norme che troveranno la loro più corretta collocazione, o nel Codice penale, o nella legge sull’ordinamento giudiziario.

PRESIDENTE fa rilevare che è appunto questa discriminazione il fine da raggiungere con la delibazione degli articoli presentati.

BOZZI trova esatto quanto dice l’onorevole Targetti; le norme della Costituzione riguardanti il potere giudiziario debbono essere limitate; ma la discussione ha lo scopo di giungere ad una discriminazione fra quello che va inserito nella parte generale e quello che deve trovar posto nelle disposizioni che la Sezione è chiamata a preparare. Ma anche degli articoli che si intende rinviare al Comitato di redazione è opportuno procedere ad una formulazione concreta.

TARGETTI osserva che, per giungere ad una formulazione concreta, occorre discutere sul merito, mentre la discussione dovrebbe essere riservata soltanto a quegli articoli che riflettono la materia assegnata alla Sezione.

PRESIDENTE conviene con l’onorevole Targetti, ma fa osservare che, per guadagnare tempo, è opportuno considerare il contenuto degli articoli per poterne definire la relativa collocazione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che l’onorevole Targetti ha sollevato due questioni: una di impostazione generale delle norme sul potere giudiziario, delle quali vorrebbe ridurre il numero, e l’altra su quelle norme che dovrebbero essere di pertinenza di altre Sottocommissioni. Poiché si ha notizia di norme elaborate e approvate da altre Sottocommissioni, di queste è inutile ripetere l’esame, ma ove se ne manifesti un profilo nuovo, è doveroso segnalarlo a quelle Sottocommissioni.

Alcuni degli articoli dei progetti riferentisi al potere giudiziario potranno cadere, ma non va dimenticato che a questo tema va data la maggiore estensione, perché la Magistratura ne aspetta una formulazione completa. Se, in definitiva, si elaborerà una Costituzione alquanto diffusa, non sarà un male, perché fissare un principio lasciandone alla legge la disciplina, data la rigidità della Costituzione, può diventare inutile, in quanto sarà facile, con la legge, eluderlo. Quindi preferirebbe che, norma per norma, fosse stabilito quali saranno lasciate fuori della Costituzione e rinviate alla legge sull’ordinamento giudiziario.

CALAMANDREI, Relatore, riterrebbe opportuno cominciare l’esame degli articoli senza indugiarsi in una discussione sui criteri da seguire.

TARGETTI aggiunge che il dissenso può nascere sulla sorte che si vuol riservare a questi articoli; di questo la Sezione non dovrebbe occuparsi, perché il fatto di rinviarli ad una Sottocommissione non implica un giudizio sulla materia.

UBERTI, per evitare che questa discussione si prolunghi, propone che, di tutti gli articoli proposti, si esaminino quelli che riguardano l’organizzazione del potere giudiziario, e si trascurino gli altri che trattano materie non sottoposte all’esame della Sezione.

RAVAGNAN si associa a quanto hanno detto il Presidente e il Relatore. Fa presente che forse la Costituzione, nella sua parte riguardante il potere giudiziario, condurrà alla riforma dei Codici, e allora occorrerà preoccuparsi che il futuro legislatore trovi delle indicazioni precise sulla via da seguire.

MANNIRONI ritiene che molte delle norme fissate negli articoli progettali troverebbero il loro posto più adatto nei Codici.

BOZZI, per riunire in un’unica disposizione i due principî, che tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, e che i cittadini, per far valere i loro diritti, non hanno bisogno di eventuali autorizzazioni, propone di formulare con gli articoli 16 della relazione Leone, 18 della relazione Patricolo e ultimo comma dell’articolo 15 della relazione Calamandrei, un solo articolo così concepito:

«Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge e possono far valere i loro diritti o interessi innanzi ai Tribunali senza limitazioni o speciali autorizzazioni».

LEONE GIOVANNI, Relatore, accetta l’emendamento proposto dall’onorevole Bozzi.

Poiché nell’articolo dell’onorevole Calamandrei si afferma un principio che risponde d’una esigenza di carattere morale ed anche economico nei rapporti tra cittadino e giustizia, crede che lo si potrebbe riportare nell’articolo in discussione.

CALAMANDREI, Relatore, è favorevole all’emendamento proposto dall’onorevole Bozzi. Quanto alla proposta relativa all’articolo 15 del suo progetto fatta dall’onorevole Leone, preferirebbe che se ne discutesse al momento opportuno, perché ha dei riferimenti alla tutela giudiziaria e al potere amministrativo.

TARGETTI è contrario all’emendamento Bozzi, perché pensa che là dove si tratta del potere giudiziario non dovrebbero essere fissate norme ad esso estranee.

BOZZI fa osservare che l’articolo da lui proposto dovrà essere rinviato ad altra Sottocommissione.

TARGETTI si dichiara contrario anche a questo.

CASTIGLIA, Relatore, è favorevole all’emendamento proposto.

LEONE GIOVANNI, Relatore, propone che si voti l’articolo proposto e lo si trasmetta poi alla Presidenza, che dovrà decidere a quale Sottocommissione dovrà essere rinviato.

TARGETTI si chiede come si possa approvare una norma che dovrebbe essere poi trasmessa ad altra Sottocommissione affinché la introduca nella Costituzione.

PRESIDENTE ricorda all’onorevole Targetti che la Sezione è una Commissione di studio.

Pone ai voti l’emendamento proposto dall’onorevole Bozzi.

UBERTI dichiara che voterà contro, perché non ritiene che riguardi materia costituzionale.

(È approvato).

PRESIDENTE pone in discussione l’articolo 24 del progetto Patricolo.

«Un fatto di natura esclusivamente politica non può costituire reato. Il movente politico non esclude il reato comune, ma non può costituire aggravante».

CALAMANDREI, Relatore, propone che sugli articoli 23, 24, 25 e 26 del progetto Patricolo e sull’articolo 9 del suo progetto sia fatta un’unica discussione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, teme che una siffatta discussione possa riuscire disordinata.

DI GIOVANNI osserva che il contenuto degli articoli citati rientra nel campo penale.

PRESIDENTE risponde che, poiché gli articoli sono stati formulati, debbono pur essere esaminati.

LEONE GIOVANNI, Relatore, ricorda che quanto è stabilito negli articoli dal 23 al 26 del progetto Patricolo, ai quali corrisponde l’articolo 9 del progetto Calamandrei, è stato già deciso dalla prima Sottocommissione.

Pensa che si potrebbe pregare il Presidente di passare questi articoli alla Commissione, affinché siano sottoposti al Comitato di coordinamento.

CALAMANDREI, Relatore, fa rilevare che anche se la materia è stata già esaminata dalla prima e dalla terza Sottocommissione, è compito della Sezione, prima di inviarla al Comitato di redazione, di cercarne la migliore formulazione, per contribuire ad accelerare il lavoro.

BOZZI osserva che l’onorevole Targetti ha sollevato una questione sostanziale quando ha detto che si tratta di materia che non può entrare nella Costituzione. Recenti esperienze, però, dimostrano che è necessario inserire questi principî nella Costituzione.

PRESIDENTE apre la discussione sull’articolo 23 del progetto Patricolo:

«Il cittadino non può esser punito per un fatto che nel tempo in cui fu commesso non era espressamente considerato dalla legge come reato»; e sulla prima parte dell’articolo 9 del progetto Calamandrei:

 

«Irretroattività della legge penale:

abolizione della pena di morte».

 

«Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge vigente al tempo in cui è stato commesso, né con pene che non siano da essa stabilite; nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato».

LEONE GIOVANNI, Relatore, è favorevole alla formula dell’on. Calamandrei e pensa che possa essere approvata perché più completa.

PRESIDENTE mette ai voti la prima parte dell’articolo 9 del progetto Calamandrei.

(È approvata).

Mette ai voti il suo rinvio al Comitato di redazione.

(È approvato).

Apre la discussione sul capoverso dell’articolo 9 del progetto Calamandrei:

«La pena di morte è abolita, e non potrà essere ristabilita neanche per legge, all’infuori dei casi in cui sia dichiarato lo stato di pericolo pubblico o lo stato di guerra, secondo le disposizioni della presente Costituzione»;

e sull’articolo 25 del progetto Patricolo:

«Nessun cittadino può essere punito con la pena capitale, se non durante lo stato di guerra e quegli stati di emergenza nei quali vige la legge marziale».

LEONE GIOVANNI, Relatore, premette che è stato sempre contrario alla pena di morte, ma pensa che occorra preoccuparsi, specialmente in un periodo come l’attuale, di un dopoguerra non ancora in via di sistemazione, della possibilità che lo Stato debba aver bisogno di ricorrere a quella sanzione per gravissime forme di delitti. Tanto questo è vero che, nonostante che con la legge Tupini sia stata abolita la pena di morte, per certe forme di delitti si è dovuto prevederne il ripristino. L’ambiente sociale non è ancora normalizzato e non si può impedire allo Stato di applicare tale sanzione per certe forme di delitto.

Propone quindi che sia dato allo Stato il potere di adottare, in casi eccezionali, la pena di morte, mediante legge votata a maggioranza parlamentare qualificata, in modo che non si debba eventualmente procedere ad una revisione della Costituzione. È inoltre d’avviso di inserire una norma transitoria, con validità retroattiva, diretta ad instaurare una forma straordinaria di impugnazione per le sentenze emanate da quelle giurisdizioni speciali o straordinarie attualmente esistenti e disciplinate senza alcun controllo della Corte di Cassazione.

LACONI è d’opinione che la Sezione dovrebbe approvare una formulazione più semplice, ad esempio: «La pena di morte è abolita», in modo da evitare una discussione dettagliata sulla materia. Le riserve dell’onorevole Leone potrebbero poi essere presentate in altra sede.

DI GIOVANNI si dichiara contrario a tale compromesso, ritenendo che la Sezione debba approvare una formula completa, analoga a quella proposta dall’onorevole Calamandrei. Non aderisce, inoltre, alle idee dell’onorevole Leone in quanto, se si lasciasse al potere esecutivo la facoltà di applicare, con una qualsiasi procedura, la pena di morte, il principio della sua abolizione sarebbe praticamente reso inutile.

CAPPI, premettendo di essere favorevole alla abolizione della pena di morte, chiede all’onorevole Calamandrei a quali disposizioni della Costituzione egli intenda riferirsi nell’ultima parte dell’articolo 9 da lui proposto.

CALAMANDREI, Relatore, risponde che nella Costituzione dovranno evidentemente essere contemplate norme relative allo stato di guerra e di pericolo pubblico, così come lo sono nelle altre Costituzioni.

CAPPI fa osservare che, con ciò, si subordina l’esistenza della pena di morte a norme che devono ancora essere sancite nella Costituzione.

MANNIRONI ritiene che si debba approvare un testo di articolo compiutamente formulato, salvo a introdurre poi, come disposizione transitoria, la proposta dell’onorevole Leone.

Dichiara di preferire, all’articolo proposto dall’onorevole Calamandrei, quello dell’onorevole Patricolo che, in luogo della dizione vaga ed imprecisa «in caso di pericolo pubblico o di stato di guerra secondo le disposizioni della presente Costituzione», parla espressamente di stato di guerra e stati di emergenza nei quali vige la legge marziale.

BOZZI fa notare che la dizione Patricolo non ha carattere tecnico giuridico e, di conseguenza, non potrebbe essere inserita nella Costituzione; mentre quella di Calamandrei esprime un concetto squisitamente giuridico. Ricorda che, in determinati casi e per particolari circostanze, deve essere proclamato nel territorio dello Stato o di una Regione lo stato di pericolo pubblico; e allora si determinano vincoli e imposizioni e può rendersi necessaria l’applicazione della pena di morte.

Concordando con quanto ha detto l’onorevole Leone, dichiara che, pur essendo contrario alla pena di morte, perché la pena deve essere prevalentemente educativa, pensa che questa possa essere adottata in casi eccezionali, oltre a quelli previsti dall’onorevole Calamandrei, con una legge votata a maggioranza qualificata. In tal modo si avrebbe la massima garanzia nei riguardi del legislatore e verrebbe tolta allo Stato la possibilità di ricorrere alla dichiarazione di pericolo pubblico al fine di applicare la pena di morte.

BULLONI è favorevole alla formulazione Calamandrei, essendo d’avviso che si debba sancire senza riserve l’abolizione della pena di morte, per non indebolire la solennità dell’affermazione stessa.

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Leone ha presentato il seguente emendamento: «La pena di morte potrà essere statuita solo con legge votata a maggioranza qualificata (da stabilirsi), tranne che per i reati politici».

CASTIGLIA, Relatore, è favorevole all’emendamento Leone, ma ritiene che debba essere coordinato con il capoverso dell’articolo 9 Calamandrei. Rileva tuttavia che la frase riguardante i reati politici potrebbe prestarsi ad interpretazioni opposte.

LEONE GIOVANNI, Relatore, fa osservare che la sua formula tende a semplificare in concreto la procedura per stabilire, in casi eccezionali, la pena di morte, senza dover ricorrere a modifiche della Costituzione; ma lascia, nello stesso tempo, al principio dell’abolizione della pena di morte la solennità voluta da tutti.

Ritenendo giusta l’osservazione dell’onorevole Castiglia, dichiara di modificare l’emendamento nel modo seguente: «La pena di morte potrà essere stabilita solo con legge votata a maggioranza qualificata (da stabilirsi) e in nessun caso per reati politici».

PRESIDENTE pone anzitutto in votazione la frase:

«La pena di morte è abolita».

(È approvata).

LEONE GIOVANNI, Relatore, chiede che sia consacrato a verbale che egli ha votato favorevolmente.

MANNIRONI domanda se l’emendamento Leone si debba intendere come sostitutivo o aggiuntivo dell’articolo Calamandrei.

LEONE GIOVANNI, Relatore, riconoscendo necessarie le due eccezioni previste dall’onorevole Calamandrei, ritiene che il suo emendamento debba considerarsi aggiuntivo.

PRESIDENTE, data la precisazione dell’onorevole Leone, pone in votazione il seguito dell’articolo Calamandrei:

«e non potrà essere ristabilita neanche per legge, all’infuori dei casi in cui sia dichiarato lo stato di pericolo pubblico o lo stato di guerra, secondo le disposizioni della presente Costituzione».

(È approvato).

Pone in votazione l’emendamento aggiuntivo dell’onorevole Leone:

«La pena di morte potrà essere ristabilita solo con legge votata a maggioranza qualificata (da stabilirsi) e in nessun caso per reati politici».

UBERTI dichiara di votare contro, perché contrario ad introdurre nella Costituzione qualsiasi norma tendente al ristabilimento della pena di morte.

TARGETT1 si asterrà dalla votazione per i motivi già indicati e in particolare perché ritiene che l’argomento del sistema delle pene e della pena di morte esuli completamente dalla materia in esame.

(Non è approvato).

LEONE GIOVANNI, Relatore, poiché la Sezione non ha creduto di accettare la sua proposta, chiede che il Presidente si faccia interprete, nel modo che riterrà più opportuno, presso il Governo affinché sia riveduta la legge istitutiva dei Tribunali militari straordinari, con la quale è stata ripristinata la pena di morte, senza possibilità di impugnativa neppure per difetto di giurisdizione. Ricorda in proposito che il Capo provvisorio dello Stato ha recentemente convertito in ergastolo la pena capitalo irrogata da uno di quei Tribunali, il che sta a dimostrare che la sua coscienza di giurista si è ribellata all’eccezionalità della procedura.

PRESIDENTE assicura l’onorevole Leone che, tramite il Presidente della Commissione per la Costituzione, farà pervenire al Governo la sua raccomandazione.

Pone quindi in votazione il rinvio dell’articolo approvato al Comitato di redazione.

(È approvato).

Apre la discussione sull’articolo 24 della relazione Patricolo:

«Un fatto di natura esclusivamente politica non può costituire reato.

«Il movente politico non esclude il reato comune, ma non può costituire aggravante».

CALAMANDREI, Relatore, si dichiara contrario ad includere tale articolo nella Costituzione.

BULLONI è d’accordo con l’onorevole Calamandrei.

CASTIGLIA, Relatore, sostituendo nelle funzioni di Relatore l’onorevole Patricolo, dichiara di ritirare l’articolo in discussione.

PRESIDENTE apre la discussione sull’articolo 26 della relazione Patricolo:

«Le pene e la loro esecuzione non possono essere lesive della dignità della personalità umana».

Non essendovi osservazioni, lo pone ai voti, con l’intesa di rinviarlo al Comitato di redazione.

(È approvato).

Apre la discussione sull’articolo 10 della relazione Calamandrei:

«Risarcimento alle vittime

degli errori giudiziari».

«Lo Stato risarcirà i cittadini dei danni da essi risentiti per errori giudiziari o per delitti commessi dai funzionari giudiziari, nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge».

BOZZI chiede che cosa si intenda per delitti commessi dai funzionari giudiziari.

CALAMANDREI, Relatore, risponde citando l’esempio di un giudice che si lasci corrompere nell’esercizio delle sue funzioni.

BOZZI fa osservare che tale genere di delitto è imputabile a qualsiasi funzionario che lo commetta.

DI GIOVANNI crede in questo caso si voglia affermare la responsabilità dello Stato verso i cittadini danneggiati da delitti commessi dai funzionari giudiziari.

BOZZI chiede allora che la discussione venga rinviata, essendo sua intenzione di proporre sull’argomento una formulazione più ampia, comprendente anche i fatti colposi.

LEONE GIOVANNI, Relatore, dichiara di approvare il principio innovativo dell’onorevole Calamandrei, che concede una riparazione alle vittime di errori giudiziari. Ritiene tuttavia che, dato che la prima Sottocommissione ha affermato in un articolo il principio della responsabilità dello Stato per i danni prodotti dai suoi funzionari, sia necessario rinviare la discussione per prendere visione della formula approvata e per ascoltare le proposte dell’onorevole Bozzi.

PRESIDENTE, accogliendo il desiderio espresso, rinvia la discussione sull’articolo 10, invitando l’onorevole Bozzi a riferire su di esso in una successiva seduta.

Apre la discussione sull’articolo 11 della relazione Calamandrei:

 

«Gratuità della giustizia».

«La giustizia è gratuita per i cittadini indigenti, nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge.

«La produzione in giudizio di documenti e scritture a scopo probatorio non può essere assoggettata a restrizioni motivate da ragioni di carattere tributario».

BULLONI dichiara di essere d’accordo sul principio che la produzione in giudizio di documenti non sia sottoposta a restrizioni in sede penale; mentre in sede civile le norme restrittive dovrebbero sussistere per ragioni di carattere fiscale.

LEONE GIOVANNI, Relatore, è favorevole alla proposta Calamandrei, facendo presente che spesso l’orientamento della giustizia viene deviato dalla necessità delle parti di rinunciare alla presentazione di atti decisivi, per ragioni fiscali.

DI GIOVANNI concorda con quanto ha detto l’onorevole Leone, ricordando l’iniquità della disposizione per la quale in materia civile il magistrato non può tener conto dei documenti non regolarizzati dal punto di vista fiscale.

MANNIRONI dichiara di essere contrario al principio contenuto nel secondo comma, in quanto, se venisse applicato, il fisco ne subirebbe un grave danno. La legge non vieta alle parti di produrre in giudizio i documenti ritenuti necessari, ma prescrive che la parte che vuol far valere un diritto debba sottostare a determinati obblighi fiscali. Non ritiene che ciò sia così grave da giustificare il provvedimento proposto, che andrebbe contro l’interesse dello Stato, facendo anche presente che per gli indigenti esiste la legge sul gratuito patrocinio, che esenta anche dalla spesa di registrazione degli atti.

LEONE GIOVANNI, Relatore, ribadendo la sua tesi, sostiene la necessità di togliere qualsiasi limite all’azione del magistrato nell’accertamento della verità. Non pensa che vi possa essere danno per il fisco, perché la produzione in giudizio di documenti esenti da bollo non impedisce che in sede di registrazione della sentenza si possano imporre obblighi fiscali.

La proposta Calamandrei tende ad evitare che le parti debbano sopportare a priori gravami fiscali, ed a lasciar loro la possibilità di presentare tutti quei documenti che possano interessare e facilitare lo svolgimento del processo.

PRESIDENTE pone ai voti il primo comma dell’articolo:

«La giustizia è gratuita per i cittadini indigenti nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge».

(È approvato).

Pone in votazione il secondo comma:

«La produzione in giudizio di documenti e scritture a scopo probatorio non può essere assoggettata a restrizioni motivate da ragioni di carattere tributario».

MANNIRONI dichiara di votare contro, non ritenendo che la materia sia da inserire nella Costituzione.

BULLONI dichiara pure di votare contro per le ragioni esposte in precedenza.

(È approvato).

PRESIDENTE pone in votazione il rinvio dell’articolo approvato al Comitato di redazione.

(È approvato).

Apre la discussione sui primi due commi dell’articolo 15 della relazione Calamandrei:

«Divieto di limitazioni

alla tutela giurisdizionale».

«La tutela giurisdizionale, accordata in via generale dalla legge per tutti gli atti della pubblica amministrazione, non può neanche per legge essere soppressa o limitata per determinate categorie di atti.

«Nelle controversie di diritto tributario è abolita la limitazione per la quale gli atti di opposizione dei contribuenti non sono ammissibili in giudizio, se non preceduti dal pagamento del tributo».

BOZZI ritiene che il primo comma potrebbe essere aggiunto all’articolo, precedentemente approvato, sull’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

CALAMANDREI, Relatore, accetta questa proposta.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell’onorevole Bozzi.

(È approvata).

DI GIOVANNI ritiene che il seconda comma debba essere aggiunto all’articolo 11 della relazione Calamandrei, già approvato, riguardante la gratuità della giustizia.

LEONE GIOVANNI, Relatore, pensa che anche il secondo comma dovrebbe essere aggiunto all’articolo riguardante l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, in quanto applicazione dello stesso principio. In tal modo si avrebbe un articolo completo, che nella prima parte affermerebbe l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; nella seconda il divieto di limitazione della tutela giurisdizionale e nella terza il principio che nelle controversie in materia tributaria non è ammesso vincolo alcuno per gli atti di opposizione del contribuente.

Dichiara di essere favorevole ai principî espressi nel comma in discussione, ritenendo che l’imposizione da parte dello Stato del principio del solve et repete rappresenta un’ingiustizia, in quanto molto spesso i cittadini sono costretti a rinunciare al ricorso per l’impossibilità di pagare determinati tributi.

DI GIOVANNI si associa alla proposta Leone, rinunciando alla propria.

PRESIDENTE pone in votazione la proposta dell’onorevole Leone di aggiungere il secondo comma in esame al primo articolo, approvato e inviato al Comitato di redazione.

(È approvata).

Avverte che, essendo esaurito l’esame degli articoli da rinviare al Comitato di redazione, si passerà alla discussione delle materie riguardanti specificatamente il potere giudiziario.

Apre quindi la discussione sull’articolo 1 del progetto Calamandrei:

«Statualità della giurisdizione;

intestazione delle sentenze».

«Il potere giudiziario appartiene esclusivamente allo Stato che lo esercita per mezzo di giudici indipendenti, istituiti e ordinati secondo le norme della presente Costituzione e della legge sull’ordinamento giudiziario. Le sentenze e gli altri provvedimenti dei giudici sono resi in nome della Repubblica».

BOZZI approva il principio, ma fa presente, per lealtà, che la formulazione potrebbe far sorgere dubbi (che, secondo lui, tuttavia, non avrebbero seria ragion d’essere) sulla validità, ad esempio, delle giurisdizioni non statali in materia matrimoniale o ecclesiastica.

LEONE GIOVANNI, Relatore, riconosce che la definizione della statualità della giurisdizione può correre il rischio segnalato dall’onorevole Bozzi. Per la giurisdizione ecclesiastica però non si richiede un giudizio di delibazione.

Si domanda se, ai fini dei rapporti internazionali derivanti dal Concordato e anche per altri rapporti internazionali, valga la pena di stabilire questo principio della statualità.

Quello che a lui sembra indispensabile è di definire il potere giudiziario c di stabilire, sia pure con una definizione approssimativa, quale è la funzione del potere giudiziario. Il dire semplicemente che appartiene esclusivamente allo Stato potrebbe far sorgere, nei non tecnici, il sospetto che dipenda dal potere esecutivo. Occorre quindi sganciare il concetto di potere giudiziario da quello di potere dello Stato, per non ingenerare confusione nel grosso pubblico. E ciò tanto più in quanto non sono stati ricollegati allo Stato gli altri due poteri. Propone pertanto che nella definizione che ne dà l’onorevole Calamandrei il potere giudiziario sia sganciato dal riferimento allo Stato.

BOZZI crede necessaria l’affermazione della statualità del potere giudiziario, tanto più in quanto si profila un ordinamento regionale. La giurisdizione emana dallo Stato, ed è bene affermarlo nella Costituzione.

CALAMANDREI, Relatore, prima di tutto propone di intitolare la parte della Costituzione che riguarda il potere giudiziario con l’espressione «Del potere giudiziario». Avverte poi che nell’articolo 1 si afferma il principio della statualità della giurisdizione, ma non si affronta il problema della definizione di quello che sia il potere giudiziario: la definizione è riservata all’articolo 2.

L’affermazione della statualità della giurisdizione esisteva già nello Statuto Albertino, che diceva: «La giustizia emana dal Re»; ed era stata introdotta nella Carta costituzionale per ragioni storiche, perché prima della Rivoluzione francese la giurisdizione veniva talvolta esercitata anche da enti o da corporazioni e le cariche giudiziarie avevano carattere patrimoniale. A fortiori è necessario affermare questo principio in un ordinamento che sarà fondato sulle autonomie regionali.

A questo punto si affacciano problemi di carattere contingente. Affermato questo principio, nascerà la questione se con esso siano conciliabili i vari casi di sentenze di cui si riconosce l’efficacia, per quanto emanate da autorità non statali. Poi il problema delle sentenze straniere nei giudizi di delibazione; il problema delle sentenze dei Tribunali ecclesiastici, che sono sottoposte per la trascrizione alla Corte di appello. Finora, nonostante che questo principio fosse già affermato nello Statuto, è stata data applicazione alle sentenze dei Tribunali ecclesiastici.

DI GIOVANNI dichiara di essere d’accordo nell’affermazione del principio, ma sostituirebbe all’espressione «appartiene allo Stato» la seguente: «è emanazione diretta della sovranità dello Stato».

Anche nel caso accennato dall’onorevole Leone, lo Stato afferma la propria sovranità attraverso il giudizio di delibazione.

CALAMANDREI, Relatore, alla parola «emanazione» preferirebbe l’altra: «manifestazione».

BOZZI propone che sia tolto l’avverbio «esclusivamente», perché gli sembra che diminuisca il valore dell’affermazione.

LEONE GIOVANNI, Relatore, insiste nelle sue riserve circa la necessità e la opportunità di un’espressione che affermi l’appartenenza allo Stato del potere giudiziario. Agli onorevoli Bozzi e Calamandrei, i quali ritengono che l’affermazione di questo principio sia necessaria, poiché la nuova Costituzione pone le autonomie regionali, osserva che non v’è dubbio che il potere giudiziario debba essere dello Stato, ma non perciò occorre dirlo: la natura dell’istituto si ricava dalla sua disciplina e, quando nell’articolo che riguarda il potere giudiziario di regionalismo non si parla, resterà affermato tacitamente che il potere giudiziario non subisce influenze da parte di organizzazioni amministrative decentrate dello Stato.

Il secondo rilievo che si fa è che il principio della statualità era già affermato nello Statuto Albertino; ma a questo proposito fa rilevare che lo Statuto Albertino non era una Costituzione rigida, tanto che lentamente alcune sue disposizioni furono modificate o abrogate: quindi questo non è un argomento decisivo. A quale finalità si obbedisce stabilendo esplicitamente la statualità? Se è per precisare che si tratta di una emanazione dello Stato, ritiene che la parola «appartiene» sia la più esatta, e preferibile a «manifestazione». Ma, ripete, che si tratti di uno dei poteri dello Stato risulta dalla sua disciplina: è uno dei tre poteri tradizionali, attraverso i quali si afferma la sovranità dello Stato.

Più che stabilire questo principio, sarebbe conveniente definire la giurisdizione e stabilire la sua normale funzione, anche nei confronti dell’autorità esecutiva.

La seduta termina alle 11.

Erano presenti: Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Conti, Di Giovanni, Farini, Laconi, Leone Giovanni, Mannironi, Ravagnan, Targetti, Uberti.

Interviene, in sostituzione dell’onorevole Patricolo, l’onorevole Castiglia.

Assenti: Ambrosini, Porzio.