Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 16 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

TERZA SOTTOCOMMISSIONE

30.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MERCOLEDÌ 16 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GHIDINI

INDICE

Controllo sociale dell’attività economica (Seguito della discussione)

Presidente – Marinaro – Pesenti – Giua – Fanfani, Relatore – Togni.

La seduta comincia alle 10.45.

Seguito della discussione sul controllo sociale dell’attività economica.

PRESIDENTE dato che l’onorevole Marinaro ha chiesto che nella parte riguardante il controllo sia inserito un articolo sul credito, lo invita ad illustrare il suo punto di vista.

MARINARO pone in luce che ove si ravvisi la necessità dell’intervento dello Stato nel campo del credito e della raccolta del risparmio, sorge il problema di stabilire in quale modo e fino a quale punto tale azione debba essere esercitata, senza intralciare il buon andamento delle aziende di credito, e cioè senza spingere l’ingerenza dello Stato fino a burocratizzare le aziende stesse, le quali per loro natura, per le finalità che perseguono e per le delicate funzioni che sono chiamate a svolgere, debbono avere la maggiore libertà d’azione possibile.

A tale riguardo afferma che, mentre da un lato scarsissime sono le titubanze circa il controllo statale per ciò che concerne la proporzione fra investimento e liquidità, la formazione delle riserve, e il rapporto fra patrimonio e passività, molto discutibile è, invece, l’obbligatorietà di norme minuziose che limitino, soprattutto se al di fuori del campo degli investimenti, l’iniziativa degli organi direttivi e amministrativi delle aziende di credito, alla cui responsabilità debbono essere affidate l’organizzazione tecnico-contabile e la gestione amministrativa.

La parte preminente del problema in esame concerne, a suo avviso, la distribuzione del credito, che dovrebbe essere disciplinata dallo Stato in senso funzionale e territoriale.

In sostanza, occorre assicurare il migliore impiego del risparmio in rapporto ai bisogni regionali, e stimolare e potenziare i rami di industria e di commercio che maggiormente interessino l’economia del Paese.

Quanto alla distribuzione funzionale, bisogna tener presente che l’elemento su cui si impernia l’organizzazione creditizia è il «termine», il quale va inteso come mezzo di sincronizzazione fra raccolta di risparmio (depositi) e impiego del medesimo. E poiché gli utenti del credito – a seconda dello scopo perseguito dalla loro attività – hanno bisogno di credito a breve, a media ed a lunga scadenza, l’organizzazione creditizia deve fondarsi su tre tipi di aziende classificate in relazione al suddetto termine.

Non molto rigida e profonda dovrebbe essere la distinzione fra aziende dei primi due tipi, benché talvolta l’estensione delle operazioni di medio termine alle aziende che raccolgono risparmio a breve termine non sia scevra di pericoli. Infatti il credito a medio termine può spesso divenire, per la sua stessa natura, credito a lungo termine, dando origine a situazioni di immobilizzo con conseguenti perdite. Ad ogni modo, non si dovrebbe ravvisare alcun impedimento a consentire l’estensione dell’azione creditizia degli istituti a breve termine a tutto il ciclo produttivo.

Sempre in tema di ordinamento funzionale, dichiara di non ritenere utile la creazione di banche specializzate, classificate per rami di attività economica. Pur non negando i pregi della specializzazione, i suoi difetti, anche se non sono molti, sono però assai gravi. Basti pensare al fatto che la banca specializzata è vincolata ai perturbamenti dell’attività economica, oggetto della sua specializzazione, per poter dedurre tutta la serietà dei pericoli ai quali viene ad essere esposta senza alcuna difesa, mancando ad essa la possibilità di trovare una compensazione in altri campi, non essendo, per la sua natura, in condizione di distribuire il credito fra diversi rami di attività.

Un altro grave inconveniente della specializzazione va ricercato nel fatto che il richiedente di fido, una volta che la banca alla quale è obbligato a rivolgersi, data l’attività economica da lui esercitata, glielo abbia negato, non può richiederlo ad altre banche, essendo a queste vietato di concedere fidi a clienti che esercitano un’attività economica diversa da quelle per cui sono state create.

Aggiunge, infine, la considerazione che ogni attività economica, avendo un periodo di maggiore necessità di capitali, che evidentemente non coincide con quello di altre attività, dalla specializzazione verrebbe come conseguenza che nello stesso spazio di tempo in alcune banche la situazione di liquidità sarebbe scarsa, mentre in altre sarebbe eccessiva.

A giudizio suo, pertanto, non è la specializzazione di banche quella che può dar luogo ad un’efficace disciplina del credito, ma, ferma restando la distinzione tra aziende a breve, a medio ed a lungo termine, tale disciplina potrebbe raggiungersi mediante l’istituzione di un organo centrale di «manovra del credito». Tale organo distribuirebbe il credito per le varie attività economiche in relazione sia all’importanza di ciascuna di queste nel quadro dell’economia generale del Paese, che alle necessità delle economie regionali ed alle disponibilità delle varie aziende bancarie di ciascuna regione. Come si vede, nella manovra del credito dovrebbe entrare in funzione anche il concetto della distribuzione territoriale, intesa però nel senso sopra accennato.

In particolare ritiene che in base ad apposite statistiche, le quali dovrebbero essere periodicamente predisposte, potrebbero essere determinate le direttive della distribuzione degli investimenti bancari, che, sia per quanto riguarda l’importo per rami di attività, sia nel volume totale, invece di essere affidati alle iniziative delle singole amministrazioni e delle direzioni delle banche, sarebbero disciplinati nell’interesse dell’economia del Paese, vista però in funzione dei bisogni delle zone in cui ciascuna banca raccoglie i depositi ed opera.

Nell’attuazione di questa disciplina funzionale e territoriale, crede non debba temersi che le aziende di credito possano perdere la loro individualità, diventando passivi strumenti di esecuzione nelle mani dei dirigenti di un organo estraneo alle banche stesse, perché tale disciplina regolerebbe solo a grandi linee le direttive di marcia del credito, senza entrare nella competenza e quindi nell’iniziativa delle direzioni locali delle banche.

In conclusione, propone che nella Costituzione sia inserito un articolo del seguente tenore:

«Lo Stato stimola, coordina e controlla il risparmio. L’esercizio del credito è parimenti sottoposto a controllo dello Stato, al fine di disciplinarne la distribuzione con criteri funzionali e territoriali».

Riassumendo: il risparmio dovrebbe essere in tutti i modi stimolato, coordinato e controllato dallo Stato; la distribuzione del credito dovrebbe avvenire secondo criteri di funzionalità e di territorialità.

Conclude affermando che il risparmio ed il credito debbono essere armi in mani dello Stato le quali, se manovrate bene, potranno giovare in grande misura alla ripresa economica. Considera inutile scendere ai dettagli e prevedere fin da ora gli organi con i quali lo Stato potrà esercitare la sua vigilanza sul risparmio e sulla sua distribuzione, essendo importante, per il momento, di affermare il principio.

PESENTI rileva che, affermandosi il principio generico del controllo su tutta la attività economica, debba considerarsi compreso anche quello, particolare, del controllo sulla attività creditizia.

Qualora tuttavia la Sottocommissione credesse di dover scendere al particolare e di contemplare in un apposito comma il controllo sul risparmio e sul credito, in funzione sociale, si dichiara d’accordo con l’onorevole Marinaro.

GIUA non può non accettare i principî esposti nella precedente riunione dal Relatore Fanfani, i quali collimano con gli insegnamenti di Carlo Marx, che nel «Capitale» ha affermato che la società socialistica sarà l’erede di una società capitalistica pletorica. Quindi tutto quello che vale a sviluppare la produzione – e di conseguenza anche la stessa società capitalistica – non può non essere accettato.

Dà lettura della seguente formulazione, che vuole soltanto essere un contributo con intenti chiarificativi, alle conclusioni cui perverrà la Sottocommissione:

«Allo scopo di incrementare la produzione dei beni nell’interesse della comunità, la Repubblica protegge, oltre l’iniziativa privata, anche quella cooperativa e statale, mercé il controllo dell’attività economica della Nazione. La legge regolerà la creazione del Consiglio economico nazionale, del Consiglio nazionale del lavoro e di enti a carattere regionale atti a favorire il razionale sviluppo delle aziende industriali, agricole e del credito».

In tale formulazione ha voluto insistere sul concetto della razionalizzazione, che è ormai acquisito anche dalle società più tipicamente capitalistiche, come gli Stati Uniti d’America e l’Inghilterra. I liberoscambisti possono, a suo avviso, mettersi il cuore in pace, perché, per quanta propaganda facciano, la razionalizzazione dell’industria, intesa nel senso di un inserimento nella produzione capitalistica del concetto di massa, è ormai una innegabile necessità. Accogliendosi il criterio della razionalizzazione dell’economia in senso nazionale, verrebbe implicitamente ad essere risolta anche la vessata questione del problema meridionale.

FANFANI, Relatore, osserva che la prima parte del suo articolo, più o meno rimaneggiata, è stata riportata nelle varie formulazioni proposte da altri membri della Sottocommissione; della seconda parte, che deve ormai considerarsi superata, basta tenere presente l’accenno ai consigli economici, cioè a quegli organismi che, in particolare, devono esercitare un’attività coordinatrice delle iniziative private e pubbliche in materia economica.

Tenendo presente anche la proposta dell’onorevole Giua, avrebbe concretato una nuova formulazione, distinta in due parti che possono costituire due articoli, come sarebbe suo desiderio, ovvero due commi dello stesso articolo. La prima parte si ispira ai seguenti concetti: 1°) che l’attività, sia privata che pubblica, deve avere come fine precipuo di mettere, nelle forme più razionali e più efficienti, la maggior quantità possibile di beni a disposizione dei singoli cittadini per il loro benessere e della collettività nel suo complesso, sia per provvedere al suo funzionamento, sia per gli aiuti che deve fornire ai singoli; 2°) che l’attività privata, pur ammessa e protetta, non essendo capace da sola a raggiungere tutti i fini sociali, deve essere armonizzata, coordinata e controllata da organi speciali periferici e centrali.

In relazione a questi concetti, la prima parte è così formulata: «L’attività economica, privata e pubblica, nelle forme tecniche più efficienti e razionali, deve rivolgersi a provvedere ogni cittadino dei beni necessari al suo benessere e la società di quelli utili al bene comune. A tal fine l’attività privata, ammessa e protetta, è finalizzata ai fini sociali da forme diverse di controllo periferico e centrale, determinate dalla legge».

Circa il controllo del credito, è del parere che esso possa ritenersi conglobato nella dizione di carattere generale che ha proposto. In un primo tempo aveva formulato sulla materia un articolo speciale, ma gli è sorto il dubbio che, non prevedendosi un analogo controllo per altri rami di attività, si svisava tutto il problema e si correva il rischio, come è stato da più parti rilevato, o di creare un organismo manchevole, ovvero di aprire la strada ad un’unica possibilità, cioè a quella della gestione collettiva del credito da parte dello Stato, con le conseguenze che è facile immaginare.

Premesso che con le sue proposte non intende precludere la possibilità all’onorevole Marinaro di fare, circa il controllo del credito, delle proposte specifiche che volentieri prenderà in esame, passa alla seconda parte della sua formulazione.

In questa si è preoccupato di far risaltare la necessità che nel nostro ordinamento giuridico-costituzionale si debba accennare non soltanto ad un Consiglio nazionale, ma anche a Consigli regionali, senza scendere ad ulteriori specificazioni e salvo vedere, in sede di coordinamento, se si dovrà inserire nei singoli articoli qualche accenno più specifico ad organi periferici di controllo.

Questa seconda parte è del seguente tenore: «Al controllo sociale dell’attività economica pubblica e privata e al coordinamento della legislazione relativa presiedono Consigli economici regionali e nazionali costituiti con rappresentanze professionali e sindacali».

TOGNI a suo avviso, l’onorevole Fanfani ha fatto un gran passo innanzi verso quella che sarà la formula definitiva, in quanto i due articoli che ha proposti svolgono esattamente il tema del controllo sociale dell’attività economica che gli era stato assegnato. Esprime però il parere che non si debba lasciar cadere il problema del controllo del credito, anche se può sembrare in certo modo non opportuno dare ad esso una specifica considerazione. Bisogna, infatti, rendersi conto che il credito ha un valore particolare, soprattutto se attuato nella forma di rispondenza funzionale e territoriale, che si potrebbe del resto estendere anche a tutte le altre attività. Sarebbe quindi dell’opinione di includere in questi due articoli, o in un articolo a parte, le proposte dell’onorevole Marinaro.

Preciserebbe, inoltre, assai chiaramente il riferimento agli organi periferici e centrali di controllo, i quali – per ripetere le parole dell’onorevole Marinaro – dovranno servire per stimolare, controllare e coordinare, perifericamente e centralmente le singole attività della produzione e del lavoro. La Sottocommissione, però, anche prendendo in considerazione la proposta dell’onorevole Fanfani, farà un lavoro incompleto se non affronterà in un modo più chiaro la questione dei rapporti tra capitale e lavoro, tra – come si diceva nel primo testo dell’onorevole Fanfani – la gestione, la proprietà, gli utili e la partecipazione dei lavoratori all’azienda.

A tale proposito dichiara di non essere completamente d’accordo sul testo dell’articolo approvato circa i consigli di gestione. Ritiene, infatti, che su un problema tanto vivamente sentito dalle masse lavoratrici non sia possibile limitarsi solo a stabilire per il lavoratore il diritto di partecipare all’azienda, lasciando alla legge di fissare i modi e i limiti dell’applicazione di tale diritto. Per completare quella formulazione, che deve considerarsi come un semplice anticipo, domanda che sia ripresa la discussione, che gli sembra sia stata troncata con una troppo affrettata approvazione, riservandosi, appena possibile, di presentare una proposta precisa al riguardo.

PRESIDENTE fa osservare che non può parlarsi di decisione affrettata, perché alla redazione dell’articolo si è arrivati dopo matura discussione. Ad ogni modo, l’onorevole Togni ha sempre la possibilità di formulare tutte le proposte che crede in tema di controllo della attività economica.

GIUA rileva che nella formulazione da lui proposta aveva incluso anche un accenno al Consiglio nazionale del lavoro, non tanto in relazione alla stipulazione dei contratti collettivi, quanto perché tale organo avrebbe potuto colmare nella Carta costituzionale la gravissima lacuna dell’igiene sociale, introducendo quelle garanzie che sono necessarie per arrivare ad una razionale organizzazione della produzione. Come chimico si riferisce particolarmente agli operai di alcune industrie chimiche, i quali, se abbandonati alla libera iniziativa privata, potrebbero essere condannati a gravissime malattie professionali. Prega il collega Fanfani di tener conto di questa particolare esigenza.

FANFANI, Relatore, ricorda che in una delle precedenti riunioni, parlandosi delle convenzioni internazionali, si tenne specificatamente presente il problema dell’igiene del lavoro, abbinandolo, anche nella formula adottata, a quello della sicurezza. Personalmente sarebbe favorevole a rivedere la dizione per inserire la parola «igiene».

PRESIDENTE crede che la preoccupazione dell’onorevole Giua possa essere eliminata dal comma aggiunto al terzo articolo: «La Repubblica provvederà con speciali norme alla protezione del lavoratore e favorirà ogni regolamentazione internazionale diretta a tal fine».

GIUA trova che questa formula è troppo generica.

PESENTI è del parere che le proposte fatte per il tema in esame, anche quelle presentate dall’onorevole Fanfani, siano da accogliere come espressione di concetti generali, rinviando la precisa formulazione in sede di un successivo coordinamento dei lavori della Sottocommissione. Osserva, inoltre, che per quel che riguarda la Carta costituzionale si dovrà tener presente il testo delle altre Costituzioni, nel senso di limitarsi ad una formulazione generica per evitare specificazioni che possano far correre il rischio di troppo rapidi mutamenti, specialmente per quanto riguarda le denominazioni di determinati organi.

GIUA crede che sulla necessità di una Costituzione generica siano tutti d’accordo. Cita, in proposito, il pensiero dell’onorevole Togliatti, quale risulta dall’ultimo numero di «Rinascita» in relazione al quarto congresso dei Soviet.

PRESIDENTE rinvia la riunione al pomeriggio.

La seduta termina alle 12.20.

Erano presenti: Assennato, Canevari, Fanfani, Federici Maria, Ghidini, Giua, Marinaro, Merlin Angelina, Molè, Noce Teresa, Pesenti, Togni.

Erano assenti: Colitto, Lombardo, Paratore, Rapelli, Taviani.

In congedo: Dominedò.