Come nasce la Costituzione

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GIOVEDÌ 30 GENNAIO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

87.

RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ 30 GENNAIO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Consigli ausiliari e Consiglio economico (Seguito della discussione)

Presidente – Nobile – Grieco – Ruini – Tosato – Lussu – Fabbri – Perassi – Mortati – Laconi – Bozzi – Einaudi.

La seduta comincia alle 17.30.

Seguito della discussione sui Consigli ausiliari e sul Consiglio economico.

 

PRESIDENTE riassume le proposte dell’onorevole Mortati sui Consigli ausiliari e sul Consiglio economico, che hanno servito finora per base della discussione, ed esprime l’opinione che, poiché finora gli argomenti sono stati trattati congiuntamente, sia opportuno formulare al riguardo un solo articolo, in quanto anche nelle conclusioni non ritiene si possa scindere un problema dall’altro. Fa poi presente che le proposte degli onorevoli Fabbri e Nobile ammettono la costituzione di Consigli ausiliari, mentre quella dell’onorevole Bulloni si limita ad ammettere la costituzione di un Consiglio economico, ma tutte e tre queste proposte divergono sensibilmente da quella dell’onorevole Mortati.

NOBILE, dato che non si può disporre del tempo necessario per approfondire l’argomento, ritiene sia opportuno di non scendere a disposizioni particolari che potrebbero limitare eccessivamente la libertà del futuro legislatore; perciò egli, nella sua proposta, pur ammettendo l’esistenza di tali Consigli, rinvia alla legge la determinazione della loro composizione e delle loro funzioni. Oltre all’emendamento presentato, crede anche necessario stabilire un coordinamento dell’attività di questi Consigli.

Rilevata poi l’importanza del Consiglio economico, le cui funzioni tendono a svilupparsi sempre di più, ricorda come anche in Inghilterra – secondo una proposta di Churchill – sia stato presentato uno schema di sub-parlamento economico i cui componenti dovrebbero essere nominati dai capi partito (in proporzione delle forze che i partiti stessi hanno nella Camera dei Comuni) tra esperti, rappresentanti delle trades-unions e dei sindacati industriali, e membri della Camera dei Pari. Funzione di quest’organo dovrebbe essere quella di collaborare col Parlamento e dare un semplice parere consultivo. Anche per il Consiglio economico riterrebbe perciò più opportuno limitarsi ad affermare in un articolo della Costituzione che esso verrà costituito, rimandando ad una legge speciale la determinazione dei particolari.

GRIECO si è già dichiarato favorevole ad includere nella Costituzione un articolo concernente la creazione di un Consiglio economico ed accetta perciò la prima parte della proposta dell’onorevole Bulloni. Non ritiene invece opportuno che si parli di questioni arbitrali, come fa l’onorevole Bulloni nella seconda parte della sua proposta, sia perché vi è personalmente contrario per le ragioni ieri dette dal Presidente, sia perché non crede corretto che la questione dell’arbitrato, la quale ha notevole importanza, debba entrare per inciso nella Costituzione attraverso la creazione di questi Consigli.

RUINI conviene nella inopportunità di introdurre l’istituto dell’arbitrato nella Costituzione ed in una forma così indiretta: tutt’al più si potrebbe chiedere l’intervento di questo nuovo organo per la risoluzione di questioni di lavoro, ma non sotto l’aspetto arbitrale vero e proprio.

Circa l’istituzione del Consiglio economico nazionale, pur non inserendo particolari norme per la sua composizione, riterrebbe opportuno stabilire nella Costituzione che in tale Consiglio debbano aver voce le rappresentanze delle varie categorie produttive ed anche i consumatori, data la situazione di economia non controllata che durerà ancora per molto tempo, la quale permette di risolvere i conflitti tra datori di lavoro e lavoratori rivalendosi sul consumatore. Ricordati i precedenti storici di detto Consiglio supremo economico, fa presente come, senza scendere a specificazioni sulle sue attribuzioni, sia consigliabile adottare una espressione più elastica, che non limiti troppo la portata della disposizione; anzi – tenendo presenti le norme di altre Costituzioni e le tendenze che si vanno manifestando – riterrebbe opportuno di ampliarla, stabilendo che il Consiglio economico sarà organo ordinario di consulenza dello Stato o della Repubblica. In una siffatta formula resta insita la possibilità per il Parlamento di rivolgersi al Consiglio per averne giudizi e pareri.

Circa i Consigli presso i singoli dicasteri, dichiara di non essere d’accordo su quanto suggerisce l’onorevole Nobile nella sua proposta, secondo la quale essi funzionerebbero come organi superiori tecnici. Sarebbe molto lieto se fosse possibile abbattere la barriera che separa le varie Amministrazioni dalla vita; e ritiene che questo fine potrebbe raggiungersi se, in seno a vari Ministeri, si potesse istituire un piccolo Consiglio non soltanto tecnico ma anche economico, composto dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori delle attività interessate in quella determinata branca; Consiglio il quale consentirebbe una collaborazione più efficace e permetterebbe alla vita di penetrare nelle varie Amministrazioni. Rileva che in tal modo si avrebbe una compenetrazione dal di dentro e sarebbe possibile una collaborazione diretta con le forze vive del Paese. Aggiunge che tale concezione è assolutamente diversa da quella del sistema corporativo, giacché il corporativismo creava enormi organismi i quali non riuscivano a funzionare; in questo caso, invece, si tratterebbe di stabilire che gli amministratori avessero vicino a sé degli esperti con i quali consigliarsi. Crede che in tal modo si aprirebbe uno spiraglio ad una riforma che potrebbe riuscire utilissima, poiché ritiene che solo per questa via di vera ed efficace collaborazione si può salvare l’Amministrazione.

Concludendo, dichiara di ritenere opportuno sostituire nella proposta dell’onorevole Bulloni, alle parole: «Il Consiglio economico esprimerà il proprio parere…», una frase come la seguente: «Il Consiglio economico è l’organo di consulenza della Repubblica in materia economica»; e poi considerare l’istituzione ed il funzionamento presso le singole Amministrazioni o gruppi di amministrazioni di un più ristretto Consiglio speciale per i vari rami di attività attinenti a quelle Amministrazioni, al fine di cercare di attivare la collaborazione delle forze vive del Paese. Fa presente che tutto ciò non toccherebbe minimamente la funzione degli altri organismi, che trovano il loro fondamento sull’attività amministrativa dello Stato, quali la Corte dei conti e il Consiglio di Stato, perché il compito di questo nuovo Consiglio sarebbe quello di dare un giudizio limitatamente alla opportunità economica di un determinato progetto.

GRIECO conviene in alcune delle considerazioni fatte dall’onorevole Ruini, circa i Consigli tecnici economici, ma dubita che tale argomento costituisca materia costituzionale. Sarebbe perciò contrario ad una loro inserzione nella nuova Carta, tanto più che il problema dovrebbe esser visto in tutti i suoi aspetti e non in quelli soltanto considerati ora dall’onorevole Ruini. Quanto al Consiglio economico, pensa che l’onorevole Bulloni si sia, nella sua proposta, inspirato alla Costituzione francese, la quale in un titolo di un solo articolo «Del Consiglio economico» dispone appunto che il Consiglio economico, il cui statuto sarà regolato dalla legge, esamina e dà pareri sui progetti e sulle proposte di legge di sua competenza (che si può supporre sarà la materia economica); e che questi progetti sono sottoposti all’Assemblea Nazionale prima che essa deliberi. E soggiunge che il Consiglio economico può essere consultato dal Consiglio dei Ministri; ma deve essere consultato obbligatoriamente sull’elaborazione di un piano economico nazionale avente per oggetto l’impiego degli uomini e l’utilizzazione razionale delle risorse nazionali.

Ripete di essere favorevole, salvo qualche correzione di forma, alla prima parte della proposta dell’onorevole Bulloni, che risponde al significato che si vuole abbia il Consiglio economico, lasciando alla legge di stabilire la formazione di esso e la sfera della sua competenza.

PRESIDENTE osserva che la proposta dell’onorevole Bulloni, nella prima parte, considera la collaborazione del Consiglio economico col Parlamento e, nel periodo successivo, prevede quella col Governo. Prospetta l’opportunità di usare una frase riassuntiva, dicendo che il Consiglio economico è l’organo di consulenza economica del Parlamento e del Governo. Ritiene poi che nella Costituzione si potrebbe predisporre un capitolo, da collocarsi dopo la trattazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, dedicato al Consiglio di Stato, alla Corte dei conti e al Consiglio economico, i quali organi, pur non rientrando nella materia specifica dei tre poteri, sono tuttavia organi costituzionali.

TOSATO obietta che un organo, anche se formalmente costituzionale, non è tale se non ha attribuzioni e poteri costituzionali. A proposito dei Consigli ausiliari e specialmente del Consiglio economico, pensa che sia necessario risolvere un quesito: se si dà a questi organi soltanto una funzione ausiliaria, ovvero se si dà loro anche una competenza propria e diretta, per cui determinati atti dello Stato non possono porsi in essere senza la loro partecipazione: poiché in questo secondo caso si inseriscono nell’organizzazione costituzionale.

RUINI rileva innanzi tutto che, dicendo soltanto che il Consiglio economico «dà pareri sui progetti di legge», si verrebbe ad escludere l’esame dei piani economici: pensa perciò che per comprendere tutto riassuntivamente, si potrebbe adottare una formula più elastica anche di quella accennata dal Presidente e dire che il Consiglio economico è organo di consulenza della Repubblica o dello Stato. Osserva poi che non si tratta di classificare o meno tra gli organi costituzionali questi istituti ausiliari, perché veri organi costituzionali sono solo il Governo, il Senato e la Camera. Senza dare quindi a quegli istituti un rilievo costituzionale vero e proprio, essi potrebbero praticamente essere collocati nella Costituzione dopo la parte riguardante il Governo – il quale va considerato anche come amministrazione – laddove si dice come devono essere organizzati i pubblici uffici.

PRESIDENTE ritiene si debba dare rilevanza costituzionale soltanto al Consiglio economico che, ricollegato ad un’attività non ancora ben definita, si può pensare come il preannunzio di un metodico intervento dello Stato nel processo economico, il quale si manifesta con iniziative che vanno sempre collegate l’una all’altra attraverso un organo. Governo e Parlamento saranno liberi di creare tale organo, quando si avvertirà l’esigenza di questo nuovo strumento; ed allora sarà il caso di considerarlo con maggiore ponderatezza e con maggiore ampiezza di possibilità di quanto non si possa fare ora.

LUSSU dichiara di essere arrivato alle stesse conclusioni alle quali è giunto il Presidente. Rileva che l’importanza dei Consigli ausiliari è secondaria in confronto di quella del Consiglio economico, concepito in una forma del tutto moderna, con il quale lo Stato interviene per coordinare e dirigere un’attività generale così importante. Ritiene perciò indispensabile fissare nella Costituzione il concetto del solo Consiglio economico, che risponde alle esigenze del lavoro e della produzione nazionale, e dire con una formulazione concisa che «il Consiglio economico, il cui ordinamento sarà stabilito dalla legge, è organo consultivo in materia economica del Parlamento e del Governo». Ricorda che anche la Costituzione francese considera l’elaborazione di un piano economico, adoperando però una formulazione più ampia.

MORTATI rileva che la Costituzione francese dice pure che il parere di questo Consiglio è in certi casi obbligatorio.

LUSSU non vorrebbe che questo concetto della obbligatorietà fosse fissato nella Costituzione: ritiene sufficiente inserire il concetto del nuovo istituto, lasciando ad esso la più ampia libertà di sviluppo per l’avvenire.

FABBRI circa i Consigli ausiliari, propenderebbe a non farne menzione nella Costituzione, ritenendo questo più un inconveniente che un pregio, dato che non si precisano né il modo di loro formazione né le loro attribuzioni fondamentali.

Quanto al Consiglio economico, vorrebbe che nella proposta dell’onorevole Bulloni si chiarisse che è una facoltà e non un obbligo quello di sottoporre leggi e regolamenti a questo Consiglio; perché egli sarebbe contrario ad assegnargli una funzione costituzionale anche in una forma indiretta. Per quanto riguarda gli elementi costitutivi, senza che si tentino inutili divagazioni, pensa che si tratti di un organo di natura corporativa, in cui dovrà trovar posto una rappresentanza di datori di lavoro e di lavoratori; e rileva a questo proposito le affinità delle funzioni stabilite per questo Consiglio nella proposta dell’onorevole Mortati con quelle contenute nell’articolo 165 nella Costituzione di Weimar.

Conclude affermando che, se non si volesse pregiudicare in questo momento quella che potrà essere l’attività del futuro legislatore a seconda degli sviluppi dell’economia moderna, non si dovrebbe ora dare un riconoscimento specifico al Consiglio economico, senza che si sappia come nasca e come funzioni. Né gli sembra siano da mettere neanche lontanamente sullo stesso piano del Consiglio economico il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, organi che hanno indubbiamente funzioni di carattere costituzionale.

PERASSI è d’accordo che si debba rinviare alla legge il problema della istituzione dei Consigli ausiliari che ritiene non rientrino nella materia costituzionale. Quanto al Consiglio economico, pensa che una disposizione che lo riguardi, inserita nella Costituzione, dovrebbe avere soltanto il significato di impegnare il futuro legislatore alla creazione di questo organo: crede che non convengano maggiori precisazioni (a somiglianza di quanto fa la Costituzione francese) e che sia sufficiente l’affermazione che il Consiglio economico sarà un organo di carattere consultivo generale, il cui ordinamento sarà stabilito dalla legge.

NOBILE rileva ancora una volta l’opportunità di far menzione nella Costituzione anche dei Consigli ausiliari e tecnici i quali, oggi che lo Stato esercita tante funzioni di carattere tecnico ed anche industriale, dovrebbero assumere un’importanza ben maggiore di quella che hanno i Consigli attualmente esistenti, i quali andrebbero riformati, perché non rispondono più alle moderne esigenze. Di quei Consigli dovrebbero essere chiamati a far parte non solo i rappresentanti delle industrie, ma gli esperti, in modo che veramente riuscissero di aiuto allo Stato. Crede anzi che il vantaggio che da tali istituti si potrebbe ricavare sarebbe maggiore, se alle funzioni puramente consultive ora ad essi affidate si volessero aggiungere, in determinati casi, funzioni deliberative.

PRESIDENTE rilegge l’emendamento presentato dall’onorevole Nobile nella precedente seduta:

«Presso le singole Amministrazioni centrali o gruppi di esse, funzioneranno come organi superiori tecnici, dei Consigli, i cui compiti, composizione e ordinamento saranno determinati dalla legge.

«I Consigli suddetti, su richiesta del Parlamento, daranno parere su disegni o proposte di legge».

Poiché tali Consigli ausiliari di fatto già esistono, si pone, se mai, il problema della loro riorganizzazione, che potrà essere affrontato dal Parlamento senza la necessità di inserire nella Costituzione una disposizione al riguardo. Tale necessità è più sentita invece per quanto riflette il Consiglio economico; ed avverte che anche per questo l’onorevole Nobile ha presentato una proposta di emendamento del seguente tenore:

«A collaborare col Governo e col Parlamento per tutte le questioni di carattere economico, sarà istituito un Consiglio economico con funzioni consultive. Il suo ordinamento, composizione e nomina saranno fissati dalla legge».

Fa notare come questa proposta si avvicini moltissimo alla prima parte della proposta dell’onorevole Bulloni.

Aggiunge che presenta anch’egli una formulazione la quale si allontana, ancor più di quella dell’onorevole Bulloni, dalla formula originaria dell’onorevole Mortati, e ne dà lettura:

«Un Consiglio economico il cui ordinamento sarà stabilito dalla legge, funzionerà sia per la consulenza in materia economica del Parlamento e del Governo, sia per quegli altri compiti che gli vengano legislativamente attribuiti».

NOBILE ritira la sua proposta.

MORTATI, circa i Consigli ausiliari – ai quali si è negata una rilevanza costituzionale – ritiene che si dovrebbe prima risolvere il quesito sulla opportunità di chiamare a concorrere, accanto agli organi amministrativi, organi di natura elettiva. Se tale principio si dovesse ammettere, esso avrebbe senza dubbio carattere costituzionale.

Anche per il Consiglio economico – che non vorrebbe fosse un organo burocratico – crede sarebbe opportuno affermare il principio della elettività dei suoi membri, perché anche questa è materia di Costituzione e tale da vincolare il futuro legislatore. Riguardo alle sue funzioni, oltre la facoltà di dare pareri, di cui qualcuno si potrebbe pensare vincolante, non ritiene sarebbe opportuno escludere a priori il principio di conferirgli il potere di iniziativa per progetti di legge. Dichiara inoltre che sarebbe importante sapere se questo Consiglio economico debba assorbire o meno un eventuale Consiglio del lavoro, perché in caso affermativo – per il quale egli propende – sorgerebbe l’altro problema della sua competenza in materia di rapporti di lavoro, al quale si riconnette il principio dell’arbitrato. Desidererebbe che la Commissione esprimesse il suo parere al riguardo.

PRESIDENTE ritiene che sui primi tre quesiti posti dall’onorevole Mortati (elettività dei membri dei Consigli ausiliari ed economico – potere d’iniziativa – arbitrato) la Commissione potrebbe decidere.

Egli personalmente è favorevole ad inserire nella Costituzione il principio della elettività dei membri, almeno in parte, del Consiglio economico ed anche dei Consigli ausiliari, qualora si fosse d’accordo di inserirne l’indicazione nella Costituzione. Si dichiara però contrario ad attribuire un diritto di iniziativa legislativa sia al Consiglio economico che a quelli ausiliari, come è contrario ad affidare al Consiglio economico il compito dell’arbitrato. Quanto al quarto quesito, relativo al Consiglio del lavoro, ritiene che sarebbe difficile pronunziarsi, perché questo Consiglio del lavoro, costituito con disposizione legislativa, potrebbe con una nuova legge vedersi tolti tutti o parte dei suoi compiti che potrebbero essere trasferiti ad altri organi.

Nota però che, secondo la sua proposta, resterebbe sempre aperta la via al trasferimento di funzioni al Consiglio economico, in quanto in essa è detto che il Consiglio economico funzionerà anche «per quegli altri compiti che gli vengano legislativamente attribuiti».

FABBRI non è personalmente contrario al principio elettivo nella forma più larga di applicazione, ma in questo caso, considerata l’importanza dell’organo che riflette l’economia dell’intero Paese e dato che non si conoscono gli elettori, né quale sistema di elezione sarà applicato, non crede si possa inserire tale Consiglio nella Costituzione. A suo avviso, tanto varrebbe allora consentire che i membri di questo Consiglio siano nominati dal Parlamento, dagli organi professionali, dalle associazioni sindacali, ecc., quantunque anche questo sistema non dia grande affidamento, perché non si conosce il peso delle aziende che rientrano in talune categorie che designano i rappresentanti. Esprime perciò i suoi dubbi circa questa designazione elettiva, che sarà facile inserire nella Costituzione, ma che in pratica potrà condurre ad una situazione del tutto caotica.

PRESIDENTE fa notare che una indicazione approssimativa sul sistema di elezione di questi Consigli è inclusa nella proposta dell’onorevole Mortati e che nessuno ha mai pensato ad una elezione e suffragio universale.

LACONI osserva che nessuno potrebbe negare la propria adesione al principio dell’elettività, ma ritiene che si potranno verificare anche qui le stesse difficoltà pratiche che si prospettarono quando si discusse sul sistema di elezione della seconda Camera sulla base delle categorie di interessi: basterebbe cioè un’alterazione della proporzione fra le varie parti, perché fosse tradito il principio della elettività e della democraticità dell’organo e consentito qualsiasi arbitrio: senza dire che si costituirebbe qualche cosa di monco, se contemporaneamente si sottraesse alla competenza della Costituzione la parte che riguarda la composizione di questo nuovo organo e la proporzione tra le varie categorie. E perciò d’opinione che non se ne debba parlare nella Costituzione.

MORTATI osserva che all’inconveniente lamentato dall’onorevole Laconi non si ovvia non dicendo niente nella Costituzione, perché in tal caso l’arbitrio del legislatore sarebbe ancora più largo.

PRESIDENTE pone in votazione i seguenti principî:

che si debba inserire nel testo della Costituzione una norma relativa ai Consigli ausiliari e tecnici;

(Non è approvato).

che si debba inserire nel testo della Costituzione una norma relativa al Consiglio economico;

(È approvato).

che in questa disposizione dovrà essere contenuta l’indicazione relativa al modo elettivo di formazione del Consiglio economico.

BOZZI dichiara di astenersi.

(Non è approvato).

PRESIDENTE pone in votazione i principî:

che si debba inserire nel testo della Costituzione una norma secondo la quale il Consiglio economico abbia diritto di iniziativa legislativa;

(Non è approvato).

che il Consiglio economico debba avere costituzionalmente la facoltà di esercitare l’arbitrato nelle controversie di lavoro;

(Non è approvato).

che si debba inserire nella Costituzione una norma secondo la quale al Consiglio economico siano affidati i compiti propri del Consiglio del lavoro.

(Non è approvato).

Dovrebbe porre in votazione la proposta dell’onorevole Lussu.

LUSSU dichiara di ritirarla.

PRESIDENTE dà allora lettura e pone in votazione la formula da lui proposta:

«Un Consiglio economico, il cui ordinamento sarà stabilito dalla legge, funzionerà sia per la consulenza in materia economica del Parlamento e del Governo, sia per quegli altri compiti che gli vengano legislativamente attribuiti».

(È approvato).

EINAUDI, premessa la sua piena adesione alla proposta di soppressione degli Ordini cavallereschi, da lui auspicata fin da trent’anni fa, ricorda come l’articolo 78 dello Statuto albertino contiene un paragrafo in cui è detto che le dotazioni di questi Ordini non possono essere impiegate in altro uso fuorché in quello prefisso dalla relativa istituzione. Fa presente che questa disposizione ha salvato l’Ordine Mauriziano come istituto ospitaliero. Rammenta l’importanza delle proprietà immobiliari dell’Ordine in Piemonte e come con i redditi di quelle, conservate attraverso i secoli per l’esistenza di quella disposizione vincolante, esso provveda al mantenimento di numerose opere ospitaliere. Ricorda pure che una tale disposizione riproduce, senza saperlo, la norma di un vecchio statuto della Regina Elisabetta d’Inghilterra, in forza della quale gli istituti delle Università di Oxford e di Cambridge non potevano vendere i loro beni immobiliari. Propone pertanto che nelle disposizioni transitorie della Carta costituzionale si inserisca un articolo il quale dica semplicemente che l’Ordine Mauriziano è mantenuto come organo autonomo ospitaliero, e che le dotazioni delle quali presentemente gode non possono essere impiegate in altro uso fuorché in quello prefisso dalle proprie istituzioni e che il suo ordinamento è regolato dalla legge. Dichiara che, conservando all’istituto soltanto la funzione ospitaliera di assistenza e beneficenza, non solo si farà cosa molto grata ai piemontesi, ma si darà loro modo di continuare, con lasciti e doni, ad accrescere ancora il patrimonio di questa istituzione tanto cara al loro cuore.

RUINI ritiene che quando si disporrà sulla questione della Consulta Araldica e sulla abolizione dei titoli nobiliari e cavallereschi, si potrà aggiungere una norma la quale specifichi che l’Ordine Mauriziano rimane unicamente con funzione ospitaliera: in tal modo pensa che la norma possa giustificarsi. Propone però che si tolga l’aggettivo «autonomo»: si dica cioè che l’Ordine Mauriziano è mantenuto come ente ospitaliero, riassumendo anche la parte centrale della proposta dell’onorevole Einaudi.

LACONI osserva che lo scioglimento degli Ordini cavallereschi, così come altre disposizioni della Costituzione, importeranno conseguenze finanziarie e amministrative. Non ritiene perciò che si possa introdurre nella Costituzione una norma limitata ad un Ordine particolare: è la legge che provvederà a regolare l’amministrazione di tutti i patrimoni degli Ordini cavallereschi e quindi anche quello dell’Ordine Mauriziano.

PRESIDENTE osserva che tra gli Ordini cavallereschi soltanto quello Mauriziano ha un patrimonio. Non crede molto valida l’osservazione dell’onorevole Laconi: appunto per evitare che con una disposizione di carattere generale venga disperso il patrimonio di un ente ospitaliero, si può ritenere in questa sede di dare una garanzia immediata inserendo una disposizione particolare non nella Costituzione vera e propria, ma nelle disposizioni transitorie.

NOBILE rileva che le preoccupazioni espresse dall’onorevole Laconi potranno essere superate con la considerazione che una norma del genere presa per l’Ordine Mauriziano non comporta la sua estensione a tutti gli altri Ordini cavallereschi, perché essi non hanno un patrimonio. Sarebbe, a suo parere, ingiusto che non si facesse nulla per tutelare il patrimonio di un ente così antico e così benemerito.

LUSSU voterà contro la proposta dell’onorevole Einaudi, perché ritiene che non sia il caso di introdurre nella Costituzione una norma la quale fissi il nome e le funzioni di un istituto. Non vede neanche la ragione per cui dovrebbe essere conservato il ricordo del nome di quest’Ordine.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta dell’onorevole Einaudi, la cui esatta formulazione è rinviata al Comitato di coordinamento, di inserire come norma transitoria nella Costituzione un articolo del seguente tenore:

«L’Ordine Mauriziano è conservato come ente ospitaliero e le dotazioni delle quali presentemente gode non possono essere impiegate in altro uso fuori che in quello prefisso dalle proprie istituzioni. Il suo ordinamento è regolato dalla legge».

(È approvato).

PRESIDENTE ricorda che nella precedente seduta era stata lasciata in sospeso la questione relativa alla nomina del Presidente dei Presidenti di Sezione e dei Consiglieri del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, per le quali cariche il progetto degli onorevoli Bozzi e Ambrosini prevede la nomina con decreto del Presidente della Repubblica fra cittadini appartenenti a categorie determinate dalla legge, su proposta delle Presidenze dei due rami del Parlamento, sentite rispettivamente l’Adunanza generale del Consiglio di Stato e le Sezioni riunite della Corte dei conti.

NOBILE ricorda di aver presentato a questo proposito un emendamento che ritira, proponendosi di ripresentarlo alla Commissione plenaria. Spiega che aveva presentato quella proposta per il timore che la nomina alle alte cariche divenisse arbitraria e che perciò si potessero ledere le legittime aspettative dei funzionari i quali si vedevano preclusa la possibilità di accedere ai gradi superiori: comprende però essere opportuno che alla direzione suprema di questi istituti si proceda per via elettiva.

BOZZI fa presente che, attualmente, tanto il Consiglio di Stato che la Corte dei conti reclutano i loro funzionari in parte per concorso e in parte per scelta diretta tra determinate categorie di alti funzionari, studiosi di diritto e persone di chiara competenza. Ricorda che la proposta da lui presentata insieme all’onorevole Ambrosini stabilisce che queste nomine devono essere fatte «fra cittadini appartenenti a categorie determinate dalla legge»; il che vuol significare che la legge determinerà anche la quota di tali nomine per coloro che entrano mediante concorso. In tal modo il principio prospettato dall’onorevole Nobile resta salvaguardato.

RUINI osserva che presentemente il Governo può formalmente nominare alle alte cariche dei due istituti chiunque esso vuole, eccetto una aliquota riservata ai referendari entrati per concorso. Non crede inopportuno stabilire delle norme a questo fine, perché bisogna decidersi: o si accetta la formula latissima proposta dall’onorevole Mortati, secondo la quale la legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l’indipendenza dell’istituto e dei suoi componenti di fronte al Governo; o si entra in specificazioni, secondo la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini. In quest’ultimo caso però ritiene che si debba esplicitamente prevedere anche la garanzia della inamovibilità. Ricorda pure che per la Corte dei conti esiste già una norma secondo la quale i Magistrati di essa non possono essere rimossi se non col parere favorevole di una Commissione costituita dalla Presidenza delle due Camere. Non ha niente in contrario a che a questa garanzia si unisca la designazione dei corpi legislativi e il parere dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato o delle Sezioni riunite della Corte dei conti per procedere alla nomina delle più alte cariche da parte del Presidente della Repubblica.

EINAUDI si associa all’onorevole Ruini per ciò che riguarda l’inamovibilità, condizione che ritiene necessaria per i Magistrati che hanno funzioni elevate. Quanto al metodo di elezione, vorrebbe fosse chiarito se si tratta di un parere da chiedere alla Presidenza delle due Camere o di una vera e propria elezione da parte loro: forse si potrebbe integrare il Consiglio di Presidenza delle due Camere con la Presidenza delle Commissioni giudiziarie dei due rami del Parlamento.

RUINI osserva che nel progetto degli onorevoli Bozzi e Ambrosini si dice: «su proposta delle Presidenze dei due rami del Parlamento»; ma, trattandosi di assicurare l’indipendenza dei due istituti, la proposta per la nomina dei magistrati dovrebbe seguire la via più logica, provenire cioè dal seno stesso dei due istituti: le Presidenze dei due rami del Parlamento delibererebbero sulle proposte stesse.

LACONI osserva che il Consiglio di Stato, oltre ad essere organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo, esercita altre funzioni che sono di carattere giurisdizionale, cioè, in sostanza, un controllo sulla attività amministrativa del Governo; anzi – come rilevava l’onorevole Bozzi – mano mano che si va avanti nel tempo e nell’attuazione di determinate riforme nella struttura sociale ed economica del Paese, dovrà sempre più aumentare quella sfera di discrezionalità che deve essere affidata al Governo per la sua attività amministrativa. Per la stessa ragione il Consiglio di Stato vedrà crescere sempre più le sue competenze e prenderà sempre maggiore importanza il sindacato sull’opera del Governo. Soggiunge che a nessuno può sfuggire che il carattere di questo sindacato non è soltanto tecnico, ma è anche politico; onde tale istituto non si può concepire come organo puramente tecnico di magistrati che seguono la loro carriera, ma come organo profondamente sensibile alle esigenze del Paese e della sua evoluzione politica, a meno che non si aderisca al concetto di fare entrare il Parlamento nella designazione delle più alte cariche o si accetti la proposta dell’onorevole Ruini di includere fra le altre garanzie quella della inamovibilità. In aderenza a questa intima natura dell’ente, per dare ad esso un aspetto appropriato alle funzioni che è chiamato a svolgere di sindacato sull’attività del Governo, in modo che possa esercitarle con autorità e competenza, ritiene che la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini debba essere modificata nel senso che non la semplice designazione, ma la elezione debba provenire, non dalle Presidenze delle due Camere, ma dal Parlamento, in modo da farne una vera e propria emanazione di questo. Il Consiglio di Stato deve, a suo giudizio, rispondere infatti a due esigenze ed avere perciò non soltanto la competenza tecnica per giudicare la rispondenza di un atto del Governo alla legge, ma anche una investitura politica, in quanto continua il sindacato politico che il Parlamento ha iniziato. Per queste ragioni ritiene che la proposta degli onorevoli Bozzi e Ambrosini debba essere modificata nel senso che il Presidente, i Presidenti di Sezioni ed i Consiglieri di Stato e della Corte dei conti, nonché i Procuratori generali di quest’ultima, debbano essere nominati con decreto del Presidente della Repubblica fra cittadini appartenenti a determinate categorie soltanto su designazione delle due Camere. Propone quindi la soppressione delle parole: «sentite rispettivamente l’Adunanza generale del Consiglio di Stato e le Sezioni riunite della Corte dei conti».

MORTATI ritiene che, fissando nella Costituzione soltanto che «la legge determina le condizioni necessarie per assicurare l’indipendenza degli istituti e dei suoi componenti di fronte al Governo», si compirebbe opera più proficua, evitando di scendere ad una regolamentazione minuziosa. Dichiara che non è esatto tutto quanto ha accennato l’onorevole Laconi: la Corte dei conti in maniera speciale, esercita un controllo di legittimità, non ha ingerenza sul merito del provvedimento e non ha competenza ad esprimere un apprezzamento di carattere politico.

NOBILE fa presente che egli era andato ancora più in là di quanto ha detto l’onorevole Laconi, perché nel suo emendamento aveva proposto che le nomine di cui si tratta fossero addirittura di competenza della Camera, partendo però dal timore di un possibile arbitrario delle Presidenze delle due Camere. Ad ogni modo ritiene che la proposta migliore sia quella dell’onorevole Mortati, di rinviare alla legge.

BOZZI ricorda la lunga discussione avvenuta su questa questione in seno alla seconda Sezione della Sottocommissione e come si finì per decidere di non parlarne nella Costituzione e di rinviare alla legge. Esaminando la funzione di questi istituti sotto l’aspetto del controllo che esercitano sull’attività del Governo, ritiene che in realtà si tratta di una funzione di controllo unitario, e che la visione prospettata dall’onorevole Laconi – per tanti rispetti apprezzabile – sia un po’ troppo unilaterale. Aderisce alla proposta dell’onorevole Mortati, di fare nella Costituzione un brevissimo accenno alla garanzia della indipendenza di tali istituti.

RUINI obietta all’onorevole Laconi che se questi organi di controllo sull’attività del Governo sono costituiti su basi mutevoli a seconda del succedersi di determinati partiti al Governo, come avviene se sono costituiti soltanto su designazione del Parlamento, si viene a distruggere l’amministrazione stessa di cui essi sono i consulenti, perché i criteri del buon andamento dell’amministrazione non coincidono col puro indirizzo politico. Ricorda che è stato approvato il concetto che tutti i funzionari debbano essere indipendenti da ogni partito: se ora si stabilisce che questi magistrati debbono essere eletti dal Parlamento, questa indipendenza di fatto non ci sarà più. La proposta dell’onorevole Bozzi non comporta una ingerenza politica nelle nomine, perché richiede soltanto l’assenso di un determinato organo: ritiene però che si debba preferire la formula dell’onorevole Mortati, aggiungendo l’accenno alla inamovibilità.

FABBRI si dichiara d’accordo nel rinviare la questione alla legge, purché siano specificate le esigenze dell’indipendenza e della inamovibilità, che sono essenziali per dare la caratteristica di magistrati ai membri dei due istituti.

PRESIDENTE osserva che nel concetto di indipendenza è compreso anche quello di inamovibilità. Se eventualmente si volesse aggiungere qualche cosa di più, ritiene personalmente che bisognerebbe aggiungere qualche richiamo a quanto hanno detto gli onorevoli Laconi e Bozzi, che tuttavia è difficile riassumere in poche parole. Nella difficoltà di questa indicazione, ritiene sufficiente parlare di indipendenza.

Rilegge la formula dell’onorevole Mortati:

«La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l’indipendenza degli istituti e dei loro componenti di fronte al Governo».

LUSSU domanda se non sia pleonastico dire «di fronte al Governo».

PRESIDENTE rileva che tale specificazione è opportuna, affinché risulti chiaro che è il Governo che è controllato e non il Parlamento: con questa indicazione si stabiliscono anche certi limiti alle norme che dovranno esser redatte.

Pone ai voti la formulazione proposta dall’onorevole Mortati.

(È approvata).

Comunica, che, a proposito della questione riguardante il controllo esercitato dalla Corte dei conti sulle Amministrazioni dipendenti dallo Stato, questione che ha già formato oggetto di una deliberazione da parte della Sottocommissione, l’onorevole Nobile aveva presentato un emendamento del seguente tenore:

«Le norme per il controllo finanziario sulle Amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato saranno oggetto di particolari statuti di tali enti».

NOBILE chiarisce che il suo emendamento ha avuto origine dal fatto di avere egli creduto che, con la formula approvata, si intendesse estendere il controllo della Corte dei conti anche a quelle Amministrazioni le quali, pur essendo dipendenti dallo Stato, sono autonome ed hanno un carattere prevalentemente industriale, come ad esempio le Ferrovie dello Stato: aveva perciò ritenuto che per queste Amministrazioni il controllo finanziario dovesse essere stabilito in statuti particolari di queste stesse Amministrazioni, perché, se lo Stato esercita una attività industriale, si devono seguire anche nei suoi confronti metodi industriali, e quindi le Amministrazioni delle sue aziende debbono essere distinte dal resto dell’Amministrazione anche per ciò che si riferisce al controllo.

MORTATI osserva che le aziende a cui allude l’onorevole Nobile, come ad esempio le Ferrovie dello Stato, sono aziende statali autonome che hanno un proprio ordinamento; ma esse sono comprese nel bilancio dello Stato, sono incorporate nell’Amministrazione dello Stato ed in ogni modo collegate con l’Amministrazione centrale e quindi subiscono il controllo della Corte dei conti, sia pure in una forma particolare. Aggiunge che appunto perciò presso le Ferrovie, come presso altri enti, vi sono uffici distaccati della Corte dei conti.

RUINI ritiene che la preoccupazione dell’onorevole Nobile sia rimossa se si considera che in realtà vi è un pullulare di enti parastatali i quali sfuggono a qualunque controllo da parte dello Stato. D’altra parte rileva che l’aver detto, come nella formula approvata, che la Corte dei conti esercita il controllo anche sugli enti alla cui gestione lo Stato concorre in via ordinaria nei limiti stabiliti dalla legge, consentirà certamente una forma di controllo che non sarà molto pesante; perché dicendo «nei limiti stabiliti dalla legge» si dà la possibilità di esercitare questo controllo in una forma che potrà essere anche attenuata.

BOZZI osserva che, con la formula approvata, la legge potrà disporre che questo controllo sia esercitato in una maniera particolare: che vi sarà cioè un controllo decentrato e ridotto.

PRESIDENTE è d’avviso che non si possa pensare che certe Amministrazioni, pur essendo autonome, sfuggano a qualunque controllo, in quanto esso è ricollegato all’interesse pubblico: che del resto, anche ammessa la richiesta dell’onorevole Nobile, non è escluso che gli statuti particolari di tali enti possano prevedere un controllo della Corte dei conti. Occorrerebbe dire nettamente che per le Amministrazioni autonome dipendenti dallo Stato deve realizzarsi un controllo diverso da quello della Corte dei conti.

NOBILE non insiste nella sua proposta di emendamento.

PRESIDENTE dichiara che con ciò la Sottocommissione ha esaurito i temi deferiti al suo esame.

RUINI rileva che – secondo le norme seguite in altri Paesi durante la elaborazione della Costituzione – può darsi che questa Sottocommissione si debba ancora riunire per esaminare qualche questione che si risollevi in Assemblea costituente e che si ritenga debba esserle rinviata per una nuova decisione.

Ad ogni modo – sicuro di interpretare i sentimenti di tutta la Commissione plenaria – coglie l’occasione per rivolgere un elogio ed un plauso all’opera svolta da questa Sottocommissione, la quale ha affrontato problemi di così vasta portata, come ad esempio quello sulle autonomie regionali, che avrebbero richiesto un ben più lungo periodo di tempo per la loro soluzione. Deve riconoscere che il lavoro della Sottocommissione è stato adempiuto con grande coscienziosità e nel periodo di tempo strettamente necessario; e che questo risultato si è potuto raggiungere anche per l’opera svolta dal Presidente Terracini, al quale rivolge l’espressione del suo compiacimento più vivo, perché ha dimostrato quelle particolari attitudini che certamente saranno da lui spiegate anche in sede più alta.

La seduta termina alle 19.30.

Erano presenti: l’onorevole Ruini, Presidente della Commissione, e gli onorevoli: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Conti, De Michele, Einaudi, Fabbri, Farini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Leone Giovanni, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Perassi, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato.

Assenti: Bordon, Cannizzo, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Di Giovanni, Finocchiaro Aprile, Froggio, Fuschini, Piccioni, Porzio, Uberti, Zuccarini.