ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
80.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI LUNEDÌ 20 GENNAIO 1947
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI
INDICE
Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)
Presidente – Targetti – Nobile – Piccioni – Fabbri – Laconi – Perassi – Cappi – Mortati, Relatore – Lussu – Tosato – Einaudi – Grieco – Uberti – Bulloni – Fuschini.
La seduta comincia alle 18.
Seguito della discussione sulla organizzazione costituzionale dello Stato.
PRESIDENTE comunica che la formula riassuntiva proposta dall’onorevole Mortati, dei principî approvati, con riserva di ulteriore esame, in materia di referendum nella riunione precedente, è la seguente:
«Dovrà essere indetto il referendum su una legge approvata dal Parlamento, quando ne facciano richiesta 500.000 elettori o 9 Assemblee regionali, nel termine di due mesi dalla sua pubblicazione provvisoria».
«Analoga facoltà compete, alle stesse condizioni, nel caso di rigetto di una legge.
«Il referendum non potrà essere indetto, se il disegno di legge sia stato approvato con la maggioranza dei tre quinti dei componenti delle due Camere».
TARGETTI è del parere che occorra mettere in debito risalto la necessità che siano pubblicati i disegni di legge non approvati dal Parlamento, appunto perché su di essi può essere richiesto il referendum secondo le decisioni approvate nell’ultima riunione della Sottocommissione.
Osserva poi che, entro il termine di due mesi dalla pubblicazione di un disegno di legge, non è facile raccogliere le 500.000 firme di elettori necessarie per indire il referendum e che occorre, quindi, prolungarlo, se effettivamente si vuol dare all’istituto del referendum la possibilità di pratica attuazione.
NOBILE non è d’accordo con l’onorevole Targetti, perché è convinto che un partito bene organizzato possa raccogliere in un tempo assai più breve di due mesi le 500.000 firme di elettori richieste per poter indire il referendum.
PICCIONI non ritiene necessaria la formalità di una speciale comunicazione al pubblico nel caso di un disegno di legge respinto dal Parlamento. Difatti, coloro che nelle due Camere erano favorevoli all’approvazione hanno sempre il modo di promuovere su di esso il referendum. Gli sembra eccessivo che un’opposizione al rigetto di un disegno di legge possa sorgere al di fuori del Parlamento. Piuttosto sarebbe necessario stabilire il momento in cui dovrà cominciare a decorrere il termine di due mesi richiesto per poter promuovere il referendum; e crede possa essere quello in cui il rigetto è stato deliberato dal Parlamento.
FABBRI osserva che per il rigetto di un disegno di legge basta il voto contrario di una delle due Camere. Ciò considerato e tenendo anche presente il fatto che le notizie relative all’attività del Parlamento possono essere date dalla stampa in modo poco preciso, ritiene che debba essere prescritto un sistema di pubblicità, tanto per il caso di rigetto, quanto per quello di approvazione dei disegni di legge. Soprattutto della mancata approvazione di un disegno di legge si potrebbe dare notizia nella Gazzetta Ufficiale, pubblicando di questo un breve sunto.
Non è del parere, poi, che il termine di due mesi richiesto per potere indire il referendum debba essere prolungato, perché con ciò sarebbe ulteriormente prorogato il termine per la promulgazione delle leggi approvate dal Parlamento, ciò che costituirebbe una remora troppo grave al funzionamento del potere legislativo.
LACONI ricorda che, nella riunione precedente, la Sottocommissione decise di approvare con riserva di ulteriore esame i principî che hanno dato luogo alla formulazione proposta dall’onorevole Mortati, di cui il Presidente ha dato lettura. A ciò si addivenne perché la Sottocommissione, all’ultimo momento, si accorse che, per dare possibilità di ricorrere all’istituto del referendum, si dovrebbe lasciare in sospeso per due mesi ogni legge approvata dal Parlamento, ciò che costituirebbe un troppo grave ostacolo alla attività legislativa. Da questa considerazione, a suo avviso, dovrebbe muovere il riesame delle deliberazioni prese nella riunione precedente.
PERASSI fa presente che nella riunione antecedente fu prospettata l’opportunità di escludere il procedimento del referendum per i disegni di legge aventi carattere di urgenza. Si domanda se non sia il caso di risolvere nella riunione odierna questo problema, specialmente in considerazione delle osservazioni ora fatte dall’onorevole Laconi. A tal fine ricorda che era stato proposto di non sottoporre al referendum i disegni di legge il cui carattere di urgenza fosse stato approvato dalle due Camere con una data maggioranza.
CAPPI crede che sarebbe grave ammettere il principio secondo cui un disegno di legge non dovrebbe essere sottoposto a referendum perché dichiarato urgente, sia pure a maggioranza qualificata. Il criterio dell’urgenza, infatti, è sempre abbastanza elastico: potrebbe così verificarsi il caso di un disegno di legge dichiarato urgente dalla maggioranza parlamentare soltanto per evitare che su di esso fosse indetto il referendum. D’altro lato, può darsi il caso di disegni di legge effettivamente urgenti, indipendentemente da una dichiarazione analoga del Parlamento. Ciò considerato, suggerisce di ridurre a un mese il termine per poter promuovere il referendum: in tal modo sarebbe notevolmente abbreviato il periodo della vacatio legis, a cui ha fatto riferimento l’onorevole Laconi.
MORTATI, Relatore, ritiene che si potrebbe modificare l’ultimo comma della formulazione in esame nel senso di escludere che siano sottoposti a referendum soltanto i disegni di legge dichiarati urgenti da una maggioranza qualificata dei componenti le due Camere. Verrebbe a cadere così la disposizione secondo cui il referendum non potrebbe essere indetto per quei disegni di legge che fossero stati approvati con la maggioranza dei tre quinti dei componenti di ciascuna Camera. Il referendum si basa sul presupposto che il sentimento popolare possa divergere da quello del Parlamento; e tale contrasto può sussistere anche se un disegno di legge sia approvato da una maggioranza di tre quinti dei componenti le due Camere, maggioranza che può essere sorta in seguito a compromessi e ad espedienti parlamentari. Precludere la possibilità di un referendum in tal caso sarebbe veramente fuori luogo, perché, proprio in simile situazione di effettivo contrasto tra volontà popolare e Parlamento, occorrerebbe ricorrere all’appello al popolo. Sarebbe bene pertanto lasciare che, ad escludere tale appello, fosse il Parlamento ad assumere, di fronte al Paese, la responsabilità di dichiarare urgente un dato disegno di legge. Sarebbe in realtà un espediente poco decoroso per il Parlamento quello di dichiarare urgente un disegno di legge quando in realtà esso non fosse tale, ed è da ritenere che le Camere non vi ricorrerebbero molto facilmente.
LUSSU osserva che da parte di taluno si è manifestata qualche perplessità sulle decisioni approvate nell’ultima riunione in materia di referendum. Egli stesso sente la necessità di rivedere il proprio atteggiamento.
Innanzi tutto, non è favorevole a che possa essere indetto immediatamente il referendum su un disegno di legge respinto dal Parlamento, perché con ciò potrebbe originarsi un contrasto tra il popolo e i suoi rappresentanti. Non può neanche ammettere che una legge approvata dal Parlamento possa decadere per effetto della volontà contraria manifestata dal popolo mediante referendum. Inoltre è d’avviso che la volontà espressa da coloro che abbiano preso parte a un referendum non dovrebbe aver alcun peso nel caso di un largo numero di astenuti dal referendum stesso. Il referendum deve costituire un mezzo di espressione di volontà democratica, da usarsi non tanto nell’ambito del territorio nazionale, quanto in quello più ristretto delle Regioni e dei Comuni. Sarebbe meglio quindi non ammettere il referendum nazionale. Ricorda che nella recente Costituzione francese l’uso del referendum è stato limitato alle materie di carattere costituzionale.
TOSATO fa presente che l’articolo 5 del progetto proposto dall’onorevole Mortati sul referendum stabilisce che non possono essere oggetto di referendum le leggi finanziarie, quelle di autorizzazione alla stipulazione dei trattati internazionali e le leggi di ratifica. Con quell’articolo, in altri termini, si dispone che non possano essere sottoposti a referendum disegni di legge aventi carattere di urgenza. Si domanda se non sia il caso di allargare la disposizione nel senso di prevedere altri disegni di legge che, in riferimento a determinate materie, possano avere egualmente un carattere di urgenza. Con simile accorgimento si potrebbe evitare la proclamazione dell’urgenza da parte delle Camere, cosa che porterebbe di fatto all’abolizione del referendum, in quanto esso praticamente potrebbe aver luogo soltanto in caso di iniziativa popolare. Dichiara anche di essere contrario a che siano sottoposti a referendum i disegni di legge respinti dal Parlamento.
LACONI ritiene che dovrebbe essere ammesso il referendum soltanto in caso di iniziativa popolare per nuove leggi e per quelle respinte dal Parlamento e in caso di richiesta da parte di un determinato numero di deputati. Con ciò non si renderebbe più necessario il termine di due mesi per poter promuovere il referendum, che rende troppo lungo il processo formativo delle leggi.
PRESIDENTE osserva che potrebbe essere adottato il principio di promulgare subito le leggi approvate dal Parlamento e di sospendere l’efficacia soltanto di quelle su cui sia stato richiesto il referendum, e ciò perché sicuramente il referendum non sarà richiesto che per un numero assai ristretto di disegni di legge approvati dalle due Camere.
CAPPI ritiene che occorra stabilire un termine per promuovere il referendum, ma che si debba anche evitare che l’efficacia di una legge possa rimanere in sospeso per un troppo lungo tempo. Questi due scopi potrebbero essere raggiunti riducendo a 45 giorni o anche ad un mese il termine per promuovere il referendum e contemporaneamente stabilendo che la richiesta del referendum debba essere fatta soltanto da un dato numero di Assemblee regionali o di Consigli comunali rappresentanti un determinato numero di elettori. Tale sistema presenterebbe due vantaggi: di rendere più agevole il ricorso al referendum, perché eliminerebbe la difficoltà della raccolta delle firme di 500.000 elettori, e di evitare ogni contestazione sull’autenticità delle firme anzidette.
EINAUDI crede che il modo più semplice per risolvere la questione relativa all’ammissibilità o alla non ammissibilità del referendum per i disegni di legge respinti dal Parlamento consista nello stabilire che per essi possa aversi soltanto l’iniziativa popolare.
Quanto ai disegni di legge approvati dal Parlamento, occorre dire francamente se per essi si voglia o no ammettere il referendum. Se si ha l’effettiva volontà di farvi ricorso, bisogna convincersi che esso presenta qualche difficoltà nella sua attuazione. D’altra parte, stabilendo molteplici e complesse condizioni perché un referendum possa essere indetto, se ne renderebbe praticamente impossibile l’attuazione.
Non è favorevole poi alla proposta dell’onorevole Cappi, perché con il referendum si vuole dare il modo alla volontà popolare di manifestarsi direttamente, il che non avverrebbe invece, ove la richiesta dovesse essere fatta dai Consigli comunali.
Egualmente non crede che possa essere presa in considerazione la proposta del Presidente, che favorirebbe il sorgere di gravi questioni giuridiche. Ammettendo, infatti, la promulgazione immediata delle leggi approvate dal Parlamento e la sospensione dell’efficacia giuridica soltanto per quelle da sottoporre a referendum, si avrebbero praticamente vari tipi di legge: leggi che esercitano subito la loro efficacia perché per esse non si richiede il referendum; leggi la cui efficacia viene sospesa perché si richiede siano sottoposte a referendum; queste ultime poi potrebbero essere respinte o approvate dalla volontà popolare. Si può comprendere facilmente come tutti questi casi possano dare luogo a un’infinità di questioni giuridiche assai ardue a risolversi.
Ciò considerato, ritiene che possa essere approvato il termine di due mesi fissato nella riunione precedente per poter indire il referendum. All’inconveniente, che in ultima analisi non è troppo grave, della sospensione per un periodo di due mesi dell’efficacia giuridica di una legge approvata dal Parlamento, potrà porsi riparo ammettendo la possibilità della dichiarazione di urgenza da parte del Parlamento stesso.
FABBRI ritiene che con il referendum si debba dare il modo alla volontà popolare di esprimersi direttamente, non già quindi attraverso la volontà delle Assemblee regionali o dei Consigli comunali. Ciò anche in considerazione del fatto che per la rappresentanza alla seconda Camera è stato deciso di ricorrere al sistema della elezione di secondo grado. L’uso quindi della rappresentanza di secondo grado sarà largamente ammesso nel nuovo Stato italiano. La proposta, poi, di accordare alle Assemblee regionali o ai Consigli comunali la facoltà di richiedere il referendum pone la questione se tali organismi siano qualificati a farlo più del Parlamento, e la risposta a tale domanda non può essere dubbia.
Ritiene infine che il termine di due mesi debba essere ridotto, e che soprattutto debba essere notevolmente diminuito il numero di 500.000 firme richiesto per poter promuovere il referendum. Si tratta, in verità, di un numero enorme. Per convincersene basti pensare che in Svizzera il referendum può indirsi dietro richiesta soltanto di 30.000 elettori. Ora, facendo il debito rapporto fra la popolazione dell’Italia e quella della Svizzera, e tenendo conto del diverso grado di educazione democratica esistente fra i due Paesi, si deve ammettere che in Italia per poter promuovere il referendum possano bastare le firme di 300.000 elettori. Con ciò si sarebbe indubbiamente assai indulgenti verso coloro i quali desiderano che il referendum sia richiesto da un largo numero di elettori, perché, a rigor di termini, facendo il debito rapporto fra le diverse condizioni culturali e di educazione democratica esistenti in Italia e nella Svizzera, bisognerebbe moltiplicare il numero di 30.000 al massimo per cinque o per sei, ammettendo che siano sufficienti in Italia 180.000 elettori.
GRIECO ritiene che potrebbe essere accolta la proposta dell’onorevole Laconi, secondo la quale dovrebbe essere ammesso ii referendum di iniziativa popolare per i disegni di legge respinti dal Parlamento. Del progetto presentato dall’onorevole Mortati potrebbe essere approvata soltanto la disposizione che si riferisce all’iniziativa popolare per un referendum con cui si chieda l’abrogazione di una legge già in vigore.
LUSSU ritiene opportuno, per le considerazioni già da lui esposte, proporre la seguente formulazione di principî:
«1°) Il referendum è possibile solo per i Comuni e le Regioni.
«2°) L’iniziativa popolare si esercita mediante la presentazione di un progetto redatto in articoli da parte di almeno 100.000 elettori.
«Tale progetto deve essere subito presentato al Parlamento e per divenire legge segue la procedura normale.
MORTATI, Relatore, desidera fare alcune dichiarazioni, visto che l’onorevole Lussu, con la sua proposta, ha messo nuovamente in discussione l’istituto del referendum nel suo complesso.
Fa presente che nella riunione odierna è stato proposto di limitare il referendum al solo caso dell’iniziativa popolare, tanto per l’emanazione di una legge nuova, quanto per l’abrogazione di una legge già in vigore. Su tale soluzione occorre ben riflettere. L’onorevole Lussu, nel presentare la sua proposta, che in parte risponde alla soluzione anzidetta, ha invocato l’esempio della Francia. Ora la Francia è il Paese tipico del regime parlamentare puro, o assembleare; anche la sua recente Costituzione è improntata a tale sistema; e il quesito che occorre proporsi è se convenga oppur no instaurare in Italia un regime di puro parlamentarismo, senza, cioè, che sia accordata alcuna possibilità al popolo di invalidare la volontà del Parlamento. Per suo conto ritiene che la possibilità di un veto popolare non solo possa essere utile ai fini dell’interesse generale, ma possa anche servire benissimo a rafforzare l’autorità del Parlamento. Il Parlamento può anche errare e pertanto non riflettere esattamente la volontà popolare. Può, quindi, essere opportuno ammettere il referendum come forma di veto popolare, tanto più che non è stato accolto il principio del referendum su iniziativa del Governo. Ora, o si ammette che la sovranità risiede nella volontà del popolo, e allora si dovrà anche ammettere il veto popolare mediante referendum; o non si ammette quel principio, e in tal caso si può giustificare la richiesta di coloro che non vogliono il referendum come forma di voto popolare. Ammettere un simile correttivo dell’azione spiegata dal Parlamento da parte dell’opinione pubblica potrà essere utile al Parlamento stesso. Il Parlamento, infatti, sapendo in precedenza che un dato disegno di legge da esso approvato potrà non incontrare il favore dell’opinione pubblica, sarà più cauto e scrupoloso nelle deliberazioni che dovrà adottare. Ciò verrà, in ultima analisi, a limitare i casi di applicazione del referendum.
Si tenga anche presente che, mediante il referendum, si rende possibile fare interessare maggiormente il popolo a questioni che possono essere di vitale importanza per il Paese. Con il referendum, quindi, si potrà conseguire una maggiore educazione politica delle masse popolari, cosa da tutti auspicata, e lo sviluppo di una sana democrazia in Italia.
Non è favorevole alla proposta dell’onorevole Cappi. Non sarebbe opportuno, infatti, indire il referendum su richiesta dei Consigli comunali, perché questi sono organi amministrativi, non politici, e le loro funzioni verrebbero a snaturarsi, se essi assumessero la facoltà di richiedere il referendum; il che implica sempre una valutazione di carattere politico che non può desumersi dal mandato loro conferito dagli elettori.
Non condivide l’avviso di coloro che hanno osservato che il termine di due mesi per indire il referendum è troppo lungo. In ogni modo, se si vuole evitare che l’efficacia di ogni legge debba restare in sospeso per tutto questo termine, si potrebbe accogliere una proposta formulata dall’onorevole Fuschini, secondo la quale basterebbe il preannuncio di richiesta di referendum da parte di un certo numero di elettori, entro un termine di 15 giorni dalla pubblicazione provvisoria della legge, per sospendere l’efficacia della legge stessa per il periodo di due mesi. Se tale preannuncio non vi fosse, allo scadere del termine dei 15 giorni la legge avrebbe immediatamente corso.
PRESIDENTE mette in votazione la proposta dell’onorevole Lussu, come la più radicale, in quanto mira ad ammettere l’istituto del referendum soltanto nell’ambito dei Comuni e delle Regioni.
UBERTI dichiara di votare contro, perché il referendum, anche se debba essere usato con parsimonia, costituisce un mezzo assai utile nei casi in cui sia necessario avere una manifestazione diretta della volontà popolare.
(Non è approvata).
PRESIDENTE pone ora in discussione la proposta dell’onorevole Laconi di escludere il referendum per i disegni di legge respinti dal Parlamento, tanto più che con il diritto di iniziativa popolare tali disegni di legge possono essere riproposti.
NOBILE osserva che, con l’eventuale accoglimento della proposta dell’onorevole Laconi, può avvenire che un disegno di legge respinto dal Parlamento sia riproposto con facilità maggiore di quella che vale per la richiesta del referendum. Difatti, per richiedere il referendum occorrono, secondo il progetto dell’onorevole Mortati, 500.000 firme di elettori, mentre si può dar luogo alla iniziativa popolare con soltanto 100.000 firme.
LACONI osserva, innanzitutto, che per promuovere l’iniziativa popolare non è detto che debba essere richiesto il numero di firme proposto dall’onorevole Mortati: la Sottocommissione, infatti, potrebbe stabilire che l’iniziativa popolare sia promossa da un numero di elettori superiore ai 100.000. In secondo luogo, con l’iniziativa popolare si ripropone alle Camere un disegno di legge, ma ciò non implica che le Camere debbano approvarlo.
PRESIDENTE fa presente che la proposta dell’onorevole Laconi è sostanzialmente diversa da quella dell’onorevole Mortati, relativa al caso di iniziativa popolare. Difatti, secondo il progetto Mortati, l’iniziativa popolare viene esercitata mediante la presentazione di un progetto, redatto in articoli, da parte di almeno 100.000 elettori. Ove tale progetto presentato al Parlamento non venga, nel termine di sei mesi dalla presentazione, preso in considerazione, o sia rigettato, o sottoposto ad emendamenti, si deve procedere a referendum su di esso. L’onorevole Laconi invece ha sostanzialmente proposto che un disegno di legge respinto dal Parlamento possa essere ripresentato al Parlamento stesso per iniziativa popolare, ma che su di esso non possa aver più luogo il referendum nel caso in cui non sia stato, in seguito alla riproposizione, approvato dalle Camere.
PERASSI rileva che l’osservazione dell’onorevole Nobile proviene forse da un equivoco. Il progetto dell’onorevole Mortati prevede, relativamente al caso dell’iniziativa popolare, due numeri di elettori: il numero di centomila elettori è richiesto soltanto per l’iniziativa della presentazione di un progetto al Parlamento. Ove le Camere respingano il progetto presentato per iniziativa popolare, avrà luogo su di esso il referendum soltanto se, inizialmente o successivamente, sia stato richiesto da 500.000 elettori.
PRESIDENTE avverte che la proposta dell’onorevole Laconi mirava unicamente ad escludere il referendum per i disegni di legge respinti dal Parlamento.
Mette in votazione questa proposta.
(È approvata).
Avverte che ora è in discussione la proposta dell’onorevole Grieco, per la quale le leggi approvate dal Parlamento dovrebbero senz’altro essere promulgate e la richiesta di referendum su di esse potrebbe essere fatta in qualsiasi momento da parte di un dato numero di elettori. In base a tale proposta, non si verrebbe a stabilire alcun termine per poter promuovere il referendum, ma il referendum stesso potrebbe essere richiesto in qualsiasi momento, quando cioè le leggi approvate dal Parlamento sarebbero già entrate in esecuzione. Inoltre le leggi per le quali fosse richiesto il referendum continuerebbero ad avere la loro efficacia sino all’esito della consultazione popolare; in altri termini, la richiesta di referendum non ne sospenderebbe l’applicazione.
CAPPI dichiara di essere contrario alla proposta dell’onorevole Grieco, perché con essa si potrebbe giungere all’abrogazione di una legge già entrata in esecuzione, ciò che potrebbe dar luogo a gravi inconvenienti, in quanto ogni legge che entri in applicazione crea sempre uno stato giuridico. È assai preferibile, in vista dell’eventualità di una richiesta di referendum, mantenere in sospeso l’efficacia di una legge approvata dal Parlamento per un dato periodo di tempo, che potrebbe anche essere più breve di quello di due mesi approvato nella riunione precedente.
PRESIDENTE mette in votazione la proposta dell’onorevole Grieco.
(Non è approvata).
Avverte che ora è in discussione la proposta dell’onorevole Fuschini, secondo la quale si dovrebbe stabilire la possibilità di un preannunzio della richiesta di referendum da parte di un più ristretto numero di elettori entro il termine di 15 giorni dalla pubblicazione provvisoria della legge approvata dal Parlamento. Naturalmente il completamento del numero delle firme richieste per farsi luogo al referendum dovrebbe avvenire entro il termine di due mesi dalla data della pubblicazione anzidetta.
BULLONI osserva che il preannunzio di un referendum potrebbe a volte essere causato da una volontà ostruzionistica delle minoranze. Difatti, con tale preannunzio la esecuzione della legge resterebbe in sospeso. In seguito il completamento del numero delle firme per poter indire il referendum potrebbe non raggiungersi, ma si sarebbe conseguito il risultato di sospendere l’efficacia della legge, sia pure per due mesi.
FUSCHINI fa presente che potrebbero essere stabilite determinate penalità per chi propone artificiosamente un referendum. In ogni modo, potrebbe essere adottalo il criterio di richiedere, nel momento in cui si dia il preannunzio del referendum, una cauzione in denaro.
PERASSI ritiene utile la proposta dell’onorevole Fuschini, perché con essa si avrebbe il vantaggio di sapere, dopo quindici giorni dalla pubblicazione di una legge, se la legge stessa dovrà, oppur no, essere sottoposta a referendum.
EINAUDI osserva che si potrebbe stabilire che, ove entro 15 giorni non sia stato presentato il preannuncio di richiesta di referendum, la prima pubblicazione della legge abbia anche il valore di promulgazione.
MORTATI, Relatore, ritiene che sarebbe meglio mantenere il termine di un mese necessario per la promulgazione. Pertanto, se allo scadere del termine anzidetto non fosse stata preannunciata alcuna richiesta di referendum, la legge entrerebbe subito in vigore.
PERASSI rileva che la proposta dell’onorevole Einaudi muoveva da un altro concetto: che la legge, cioè, dovesse essere subito promulgata, ma che la sua entrata in vigore fosse subordinata al mancato preannuncio della richiesta di referendum. Ora, nella prassi costituzionale italiana più volte si sono promulgate leggi contenenti determinate condizioni per la loro entrata in vigore, condizioni che possono anche non verificarsi. Basti ricordare a tale proposito le leggi di esecuzione dei trattati internazionali, nelle quali si ha sempre una disposizione con cui si stabilisce l’entrata in vigore delle leggi stesse in conformità alle clausole dei trattati. Se i trattati non entrano in vigore, le leggi relative all’esecuzione dei trattati stessi decadono.
Piuttosto, per ciò che si riferisce a tale questione in materia di referendum, si può fare un’obiezione di carattere giuridico. Secondo l’opinione prevalente il referendum, una volta richiesto, diventa un elemento necessario per la formazione della legge e pertanto la promulgazione della legge non può avvenire se non quando la legge stessa è perfezionata nel suo procedimento.
BULLONI ritiene non soddisfacente la proposta di sottoporre a cauzione in denaro il preannuncio di referendum, perché, se il deposito cauzionale è contenuto in limiti modesti, la cauzione diventa irrisoria; se invece è stabilito in misura notevole, ha carattere antipopolare e in contrasto con la ragione stessa del referendum.
È meglio quindi ammettere un termine di vacatio legis, affinché possa essere promosso il referendum, senza troppo preoccuparsi del ritardo della promulgazione delle leggi.
LACONI è contrario alla proposta di imporre una cauzione in denaro, affinché possa essere preannunciata la richiesta di un referendum. Nell’esercizio di un diritto democratico non è possibile porre una condizione inaccettabile da parte delle masse popolari. Può darsi inoltre che una persona, in perfetta buona fede, raccolga il numero delle firme necessarie per il preannuncio del referendum e poi non riesca a completare il numero delle firme richieste affinché il referendum stesso possa essere indetto. In tal caso non si comprende perché quella persona dovrebbe perdere la cauzione.
FUSCHINI richiama il precedente della legge elettorale inglese, in cui è stabilito che per presentarsi come candidato nelle elezioni occorre versare una cauzione in denaro, che viene incamerata se il candidato non risulta eletto.
PRESIDENTE fa presente che, per mettere in votazione la proposta dell’onorevole Fuschini, occorre stabilire il numero più ristretto di firme necessarie per presentare il preannuncio della richiesta di referendum.
TOSATO propone che sia stabilito un numero di 25.000 firme.
BULLONI è favorevole alla proposta dell’onorevole Fuschini, alla condizione però che il numero degli elettori necessario per presentare il preannuncio della richiesta di referendum sia almeno di 50.000, e che tale numero sia computato in quello complessivo degli elettori stabilito perché possa essere indetto il referendum entro il termine di due mesi.
NOBILE propone che sia stabilito un numero di 100.000 elettori.
PRESIDENTE mette prima in votazione la proposta dell’onorevole Fuschini, indipendentemente dalla determinazione del numero degli elettori da richiedersi per la presentazione del preannuncio del referendum.
(È approvata).
Mette in votazione la proposta di fissare in 100.000 il numero degli elettori necessario per la presentazione del preannuncio di referendum.
(Non è approvata).
Mette in votazione la proposta di fissare in 50.000 il numero degli elettori necessario per la presentazione del preannuncio di referendum.
(È approvata).
Mette in votazione la proposta dell’onorevole Fabbri di ridurre da 500.000 a 300.000 il numero degli elettori necessario perché possa essere indetto il referendum su una legge approvata dal Parlamento, entro il termine di due mesi dalla pubblicazione provvisoria della legge stessa.
(Non è approvata).
Avverte che, poiché non sono state presentate altre proposte e quella dell’onorevole Fabbri è stata respinta, il numero degli elettori necessario perché possa essere in detto il referendum resta stabilito in 500.000, secondo quanto era stato approvato nella riunione precedente.
Mette in discussione la questione se la richiesta di referendum possa essere avanzata su qualunque disegno di legge approvato dal Parlamento, oppure se essa debba essere esclusa per i disegni di legge approvati dalle due Camere con la maggioranza di tre quinti dei rispettivi componenti, secondo quanto era stato deliberato nella riunione precedente.
NOBILE ricorda che nella riunione precedente aveva proposto di escludere la possibilità del referendum per i disegni di legge approvati dalle due Camere, non già con la maggioranza di tre quinti dei rispettivi componenti, ma a maggioranza assoluta. Ritiene opportuno ripresentare la sua proposta, dato che nella riunione odierna sono state riprese in esame e modificate le deliberazioni adottate nella riunione antecedente.
MORTATI, Relatore, riferendosi alle dichiarazioni già fatte in un precedente suo intervento, chiede che sia messa in votazione la seguente proposta:
«Non potrà essere sottoposto a referendum un disegno di legge per il quale le due Camere, a maggioranza assoluta, abbiano dichiarato il carattere di urgenza».
PRESIDENTE mette in votazione la proposta dell’onorevole Nobile, secondo la quale non dovrebbero essere sottoposti a referendum i disegni di legge approvati dal Parlamento a maggioranza assoluta.
(Non è approvata).
Mette in votazione la proposta dell’onorevole Mortati, secondo cui non potrà essere sottoposto a referendum un disegno di legge per il quale le due Camere, a maggioranza assoluta, abbiano dichiarato il carattere di urgenza.
(È approvata).
Avverte che, con l’approvazione di questa proposta dell’onorevole Mortati, si intende decaduta la deliberazione presa nella riunione precedente, secondo la quale non avrebbero potuto essere sottoposti a referendum i disegni di legge approvati dalle due Camere con la maggioranza di tre quinti dei rispettivi componenti.
Mette in votazione la deliberazione già approvata nella riunione precedente, per la quale la richiesta di referendum può essere presentata anche da nove Assemblee regionali, avvertendo che egli voterà contro per le considerazioni già esposte in precedenza.
(Con 9 voti favorevoli e 9 contrari, non è approvata).
PICCIONI osserva che, vista la deliberazione approvata nella riunione precedente, concernente la possibilità di richiesta di referendum anche da parte delle Assemblee regionali, sarebbe stata necessaria, nella riunione odierna, per annullare quella la deliberazione, una votazione con esito positivo: con la parità dei voti contrari e favorevoli si può respingere una proposta, non già annullare una deliberazione precedentemente approvata.
PRESIDENTE trova giusta l’osservazione dell’onorevole Piccioni e dichiara che, a seguito dell’esito di questa votazione, resta confermata la deliberazione per la quale la richiesta di referendum può essere presentata anche da parte di nove Assemblee regionali.
TOSATO propone di tornare sulla deliberazione, decidendo che il numero delle Assemblee regionali sia ridotto da nove a sette.
PRESIDENTE non ha difficoltà ad aderire, se la Sottocommissione lo consente. Avverte inoltre che occorre anche fissare il numero delle Assemblee regionali per la presentazione del preannuncio del referendum: a tal fine potrebbero essere sufficienti tre Regioni. Mette in votazione la proposta che il numero delle Assemblee regionali per potere indire il referendum sia ridotto da nove a sette, e che la presentazione del preannuncio del referendum possa essere presentata anche da tre Assemblee regionali.
(È approvata).
Avverte che, secondo le deliberazioni testé approvate, potrebbe essere adottata la seguente formulazione complessiva:
«Sarà indetto il referendum su una legge approvata dal Parlamento, quando ne facciano richiesta 500.000 elettori o sette Assemblee regionali. Il termine della promulgazione è sospeso se, entro 15 giorni dalla pubblicazione provvisoria della legge approvata, 50.000 elettori o tre Assemblee regionali dichiarino di prendere l’iniziativa del referendum. Il completamento del numero delle firme richieste o delle adesioni delle Assemblee regionali per farsi luogo al referendum, ai sensi del primo comma, deve avvenire entro due mesi dalla stessa data di pubblicazione.
«Non potrà essere sottoposto a referendum un disegno di legge per il quale le due Camere, a maggioranza assoluta, abbiano dichiarato il carattere di urgenza».
Mette in votazione questa formulazione.
(È approvata).
Mette in discussione il quesito posto dall’onorevole Mortati con l’articolo 5 del progetto da lui presentato, secondo cui non dovrebbero formare oggetto di referendum le leggi finanziarie, di autorizzazione alla stipulazione dei trattati internazionali e le leggi di ratifica.
EINAUDI propone che dalla formulazione suggerita dall’onorevole Mortati siano tolte le leggi finanziarie, perché, a suo avviso, tali leggi possono benissimo formare oggetto di referendum. Se d’altra parte sembrasse opportuno escludere per una data legge finanziaria la possibilità del referendum, il Parlamento potrebbe dichiararne il carattere di urgenza.
PERASSI è d’accordo con l’onorevole Einaudi nel ritenere che le leggi finanziarie possano essere sottoposte a referendum. Chiede poi all’onorevole Mortati perché ha distinto le leggi di autorizzazione alla stipulazione dei trattati internazionali da quelle di ratifica.
MORTATI, Relatore, dichiara che con l’espressione «leggi di ratifica» ha inteso riferirsi a quelle che non hanno carattere sostanziale di legge.
FABBRI osserva che l’onorevole Mortati intendeva evidentemente riferirsi alle cosiddette leggi formali.
MORTATI, Relatore, conferma il chiarimento dell’onorevole Fabbri, ed aggiunge che anche una legge di bilancio è una legge formale.
PERASSI rileva che nella formulazione proposta dall’onorevole Mortati sarebbe stato meglio parlare di leggi tributarie, anziché finanziarie, appunto per distinguerle dalle leggi di bilancio.
EINAUDI propone che all’espressione «leggi finanziarie» sia sostituita quella di «leggi di bilancio». Così facendo, le leggi tributarie potrebbero essere sottoposte a referendum.
MORTATI, Relatore, insiste perché sia mantenuta l’esclusione dal referendum di ogni legge riguardante i tributi, contrariamente alla tesi esposta ora dall’on. Einaudi. Propone poi che all’espressione: «leggi di ratifica» sia sostituita l’altra: «leggi di approvazione».
FABBRI osserva che l’espressione «leggi finanziarie» è troppo vaga, perché ogni legge può avere un carattere finanziario. È perciò favorevole alla proposta dell’onorevole Einaudi.
FUSCHINI non ritiene che, ammettendo la possibilità di sottoporre a referendum le leggi tributarie, si faccia l’interesse del Paese. Data l’odierna situazione italiana, per la quale il popolo dovrà essere assoggettato a gravi oneri tributari, sarà molto difficile che una legge tributaria, sottoposta a referendum, possa essere approvata.
PERASSI propone la seguente formulazione:
«Non possono essere oggetto di referendum le leggi di autorizzazione alla ratifica idei trattali internazionali, le leggi di bilancio e quelle di approvazione».
MORTATI, Relatore, insiste perché sia estesa l’esclusione a tutte le leggi tributarie, per le ragioni esposte dall’onorevole Fuschini. È meglio affidare in ogni caso il compito di deliberare su problemi di carattere tributario a un organo più selezionato, quale il Parlamento, in cui i vari interessi possono essere esaminati e coordinati con maggior ponderazione ed imparzialità.
CAPPI dichiara, per le ragioni testé addotte dall’onorevole Fuschini, di essere contrario a che le leggi tributarie possano essere sottoposte a referendum.
TOSATO propone che, invece di: «quelle di approvazione», si dica: «e le altre leggi di approvazione».
EINAUDI domanda che cosa s’intenda con l’espressione «leggi di approvazione».
TOSATO chiarisce che una legge di approvazione è quella, ad esempio, con cui si stabilisce l’ammontare degli assegni per il Presidente della Repubblica. In altri termini una legge di approvazione non ha contenuto giuridico, ma solo amministrativo.
FABBRI fa presente che con l’espressione «leggi di approvazione» debbono intendersi quelle leggi che non hanno contenuto normativo per la generalità dei cittadini e che pertanto nel diritto costituzionale sono considerate leggi formali.
NOBILE domanda se nella categoria delle leggi di approvazione possa rientrare una legge di approvazione del regolamento sul traffico.
PERASSI risponde negativamente, facendo presente che una legge di approvazione, ad esempio, è quella con cui si viene a concedere una pensione straordinaria alla vedova di una personalità.
PRESIDENTE dichiara, data l’esemplificazione fatta dall’onorevole Perassi, che sarebbe molto esitante a dare il suo voto favorevole alla proposta di escludere dal referendum le leggi di approvazione. Può accadere infatti che il Governo voglia concedere una pensione straordinaria alla vedova di un personaggio non degno: in tal caso si domanda per quale ragione la legge relativa non dovrebbe essere sottoposta a referendum.
EINAUDI propone che la formulazione suggerita dall’onorevole Perassi sia votata per divisione.
PRESIDENTE mette in votazione la prima parte della formulazione proposta:
«Non possono essere oggetto di referendum le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali».
(È approvata).
Mette in votazione la successiva espressione: «le leggi di bilancio».
(È approvata).
Mette in votazione l’ultima parte: «e le altre leggi di approvazione».
(Non è approvata).
Fa presente che, secondo l’esito delle votazioni testé avvenute, il testo dell’articolo approvato è il seguente:
«Non possono essere oggetto di referendum le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di bilancio».
La seduta termina alle 20.20.
Erano presenti: Ambrosini, Bozzi, Bulloni, Cappi, De Michele, Einaudi, Fabbri, Farini, Fuschini, Grieco, Laconi, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti.
Assenti: Bocconi, Bordon, Calamandrei, Cannizzo, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, Di Giovanni, Finocchiaro Aprile, Lami Starnuti, Leone Giovanni, Mannironi, Porzio, Rossi Paolo, Vanoni e Zuccarini.