ASSEMBLEA COSTITUENTE
COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE
SECONDA SOTTOCOMMISSIONE
(SECONDA SEZIONE)
5.
RESOCONTO SOMMARIO
DELLA SEDUTA DI SABATO 14 DICEMBRE 1946
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CONTI
INDICE
Potere giudiziario (Seguito della discussione)
Presidente – Leone Giovanni, Relatore – Calamandrei, Relatore – Targetti – Bulloni – Laconi – Bozzi – Mannironi – Cappi – Ravagnan – Di Giovanni.
La seduta comincia alle 9.
Seguito della discussione sul potere giudiziario.
PRESIDENTE avverte che prosegue l’esame dell’articolo 4 del progetto Calamandrei.
LEONE GIOVANNI, Relatore, propone che l’articolo sia così modificato: «La sentenza irrevocabile non può essere annullata o modificata, neppure con legge, eccetto il caso della legge penale abrogativa e delle impugnazioni straordinarie.
«L’esecuzione della sentenza irrevocabile non può essere sospesa, eccetto i casi espressamente previsti dalla legge».
CALAMANDREI, Relatore, osserva che l’espressione usata nella formula Leone è tautologica, perché, se la sentenza è irrevocabile, evidentemente non può essere annullata o modificata in nessun caso.
Avverte che qui si tratta di stabilire che la sentenza, esperiti tutti i rimedi ordinari e straordinari, non può essere annullata né modificata, neppure con l’intervento del potere legislativo. Propone quindi la seguente formulazione:
«La sentenza, non più impugnabile con rimedi giudiziari, non può essere annullata o modificata neanche con atti del potere legislativo, eccettuati i casi della legge penale abrogativa».
Fa rilevare che con tale formula si verrebbe ad escludere anche il caso della impugnazione straordinaria.
LEONE GIOVANNI, Relatore, chiarisce che, con il termine «irrevocabile», aveva voluto precisamente dire che contro le sentenze non sono sperimentabili i rimedi ordinari ammessi dalle leggi, nel senso inteso dall’onorevole Calamandrei. Fa notare che lo stesso termine è usato, con analogo significato, nell’articolo 576 del Codice di procedura penale, che dice: «Sono irrevocabili le sentenze contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione».
CALAMANDREI, Relatore, osserva che, mentre le sentenze che il Codice di procedura penale definisce irrevocabili sono sempre soggette al procedimento di impugnazione straordinaria, nel caso in esame si tratta di escludere la possibilità dell’impugnazione mediante atto di altro potere.
LEONE GIOVANNI, Relatore, propone allora di dire: «La sentenza non può essere soggetta ad impugnazione», esprimendo però il timore che, in sede di delibazione, si possa pensare che la Costituzione impedisca la disciplina dell’impugnazione straordinaria.
TARGETTI propone la dizione: «La sentenza, non più soggetta ad impugnazione giudiziaria di qualsiasi specie…».
LEONE GIOVANNI e CALAMANDREI, Relatori, si dichiarano d’accordo.
LEONE GIOVANNI, Relatore, ritiene inutile il capoverso dell’articolo proposto, rilevando che, nella parte riguardante il potere legislativo, si tratterà degli istituti dell’indulto e dell’amnistia, mentre la grazia rientrerà nelle prerogative del Capo dello Stato.
TARGETTI osserva che, se non se ne parlasse in questa sede, vi sarebbe contradizione tra il disposto del primo comma dell’articolo e le affermazioni su quei tre istituti, inserite in altre parti della Costituzione.
LEONE GIOVANNI, Relatore, ricorda che una legge si deve interpretare nel complesso delle sue norme, ed è evidente che, se in una parte della Costituzione si dice che l’amnistia estingue il reato e che la grazia è una prerogativa del Capo dello Stato, si ammette l’esistenza di tali istituti e non vi sarà contradizione con le disposizioni sull’immutabilità del giudicato. È tuttavia disposto a che sia inserita, per inciso, l’ammissione dei tre istituti nell’articolo in esame, facendo però rilevare che, con la frase «è fatta eccezione per il giudicato penale», sembra che si voglia svalutare una serie di giudicati.
BULLONI, riferendosi al primo comma dell’articolo, insiste affinché sia mantenuto il termino «immutabile».
LACONI fa presente che è principio accettato quello per cui nessuno può essere punito per un fatto che, per legge posteriore, costituisca reato, principio che risulterebbe in contraddizione, almeno formale, con l’articolo in esame.
BOZZI è contrario al termine «immutabile», che dà un tono quasi scolastico all’articolo, e ritiene che possa essere soppresso o che altrimenti debbano essere tolte le parole: «non può essere modificata o annullata».
LEONE GIOVANNI, Relatore, concorda con l’onorevole Bozzi, rilevando che il concetto del termine «immutabile» è implicito, quando si dice che «la sentenza non può essere modificata o annullata». Non ritiene invece che il dubbio espresso dall’onorevole Laconi abbia ragione di essere, pur riconoscendo che si dovrebbe trovare una formulazione più chiara dell’articolo riguardante la irretroattività. Propone a tal fine di adottare l’articolo 2 del Codice penale.
CALAMANDREI, Relatore, pensa che l’articolo potrebbe essere così formulato:
«La sentenza, non più soggetta ad impugnazione straordinaria di qualsiasi specie, è immutabile, né potranno esserne modificati gli effetti per atti del potere legislativo, ad eccezione dei soli casi di legge penale abrogativa e dell’esercizio del potere di amnistia, indulto e grazia secondo le norme della presente Costituzione».
LEONE GIOVANNI, Relatore, è d’accordo, in linea di massima, su questa formulazione Calamandrei, ma fa presente che gli effetti penali sono una parte limitata degli effetti veri e propri del giudicato penale, che la dottrina non è riuscita a individuare tutti con precisione. Ora, con la formulazione proposta, sembrerebbe che tutti gli effetti del giudicato penale possano essere modificati. A suo avviso, quindi, si deve trovare una formula, identica nel contenuto, ma meno pericolosa di quella proposta. Ricorda in proposito che, secondo il Codice penale del 1930, l’amnistia estingue il reato e perciò anche i suoi effetti.
LACONI avverte che il Comitato di redazione, esaminando in una delle sue sedute il problema della irretroattività della legge e della irrevocabilità del giudicato, ha messo in evidenza la necessità di non prevedere soltanto il caso di revoca per determinati reati, ma anche quello della diminuzione della pena. Fa osservare che nella proposta Calamandrei non è previsto il caso della disposizione più favorevole al reo.
LEONE GIOVANNI, Relatore, chiede se il Comitato di redazione sia d’avviso di mantenere l’attuale sistema legislativo, nel senso che la disposizione più favorevole giova al reo solo se è stata emanata prima del giudizio, o se voglia estenderlo anche al caso che sia stata emanata dopo il giudizio stesso. Con il Codice penale vigente vi sono due possibilità: o la legge abrogativa, o la lex mitior: la prima tocca il giudicato, mentre la seconda interviene solamente se ancora questo non si è formato. Quindi, se il Comitato di coordinamento intende mantenere l’attuale sistema, il rilievo non ha ragione d’essere.
LACONI risponde che il Comitato non è giunto a delle conclusioni, ma che la tendenza è di adottare il sistema più lato.
CALAMANDREI, Relatore, propone la seguente nuova formulazione:
«La sentenza, non più soggetta ad impugnazioni giudiziarie di qualsiasi specie, è immutabile. Non potrà esserne modificata o sospesa la efficacia neanche per atti del potere legislativo, all’infuori dei casi di legge penale abrogativa o più favorevole al reo, e dell’esercizio del potere di amnistia, indulto e grazia, secondo le norme della presente Costituzione».
BOZZI osserva che in tale formula sembra che la grazia sia un esercizio di potere e che si voglia costituire un’eccezione per il potere legislativo.
TARGETTI non ritiene esatto, dal punto di vista giuridico, dire che l’amnistia modifica e toglie efficacia al giudicato penale.
LEONE GIOVANNI, Relatore, propone allora di adottare la formula proposta nella relazione presentata dalla Corte di cassazione («La sentenza non più impugnabile non potrà essere annullata o modificata neppure per legge, eccetto i casi di legge penale abrogativa, di amnistia, di indulto e di grazia»), nella quale non si prende posizione sul problema di togliere o meno efficacia agli effetti del giudicato.
MANNIRONI chiede all’onorevole Calamandrei se, dicendo che le sentenze non sono più soggette a impugnazioni giudiziarie, intenda comprendere anche la revisione e la revoca.
CALAMANDREI, Relatore, risponde che con la frase «di qualsiasi specie» si comprendono tutti i casi.
Ritiene che si potrebbe anche dire: «La sentenza non più soggetta ad impugnazione giudiziaria di qualsiasi specie è immutabile e non può essere modificata né sospesa neanche per atto del potere legislativo all’infuori, ecc.».
LEONE GIOVANNI, Relatore, desidera che si eviti una casistica che non prevederebbe tutte le ipotesi. A suo parere bisognerebbe affermare nel primo comma dell’articolo che: «La sentenza non può essere annullata o modificata» (con le eccezioni previste) e nel capoverso che «l’esecuzione del giudicato irrevocabile non può essere sospesa eccetto i casi espressamente previsti dalla legge»; così da lasciare la possibilità della sospensione dell’esecuzione del giudicato penale che potrebbe anche essere prevista per taluni casi della materia civile.
BOZZI propone la seguente formula:
«La sentenza non più soggetta ad impugnazioni giudiziarie di qualsiasi specie è immutabile e non può essere annullata o modificata, neanche per atti del potere esecutivo o legislativo, tranne che nei casi di legge penale abrogativa, di amnistia, di indulto e di grazia.
«L’esecuzione della sentenza irrevocabile non può essere sospesa, se non nei casi espressamente previsti dalla legge».
PRESIDENTE fa osservare che, dal punto di vista della concordanza formale tra la prima e la seconda parte, l’accenno al potere legislativo dovrebbe precedere quello al potere esecutivo.
LACONI, dopo le parole «legge penale abrogativa», aggiungerebbe le altre: «o modificativa» ovvero «o più favorevole».
PRESIDENTE è d’accordo di inserire le parole «o più favorevole», ponendole tra parentesi e con un punto interrogativo, per richiamare l’attenzione del Comitato di redazione stilla questione.
Mette ai voti l’articolo così definitivamente formulato:
«La sentenza, non più soggetta ad impugnazione di qualsiasi specie, è immutabile; e non può essere annullata o modificata, neanche per atto del potere legislativo o esecutivo, salvo i casi di legge penale abrogativa (o più favorevole?), di amnistia, di indulto e di grazia.
«L’esecuzione della sentenza irrevocabile non può essere sospesa, se non nei casi espressamente previsti dalla legge».
LEONE GIOVANNI, Relatore, dichiara di votare a favore, con la riserva che, essendo egli contrario all’amnistia, riproporrà la questione in altra sede.
(È approvato).
PRESIDENTE, dopo aver ricordato che l’esame dell’articolo 10 del progetto Patricolo è rinviato in sede di discussione sulla Suprema Corte costituzionale, pone in discussione l’articolo 5 del progetto Calamandrei:
«Garanzia del giudice precostituito.
«Nessuno può essere sottratto alla competenza del giudice che già si trova precostituito per legge al momento in cui avviene il fatto da giudicare: non potranno perciò, neanche per legge, essere istituiti tribunali straordinari per giudicare su fatti già avvenuti».
CALAMANDREI, Relatore, fa notare che tale articolo non è altro che la traduzione in linguaggio tecnico della formula dello Statuto albertino: «Nessuno può essere sottratto ai suoi giudici naturali». Gli sembra che, anche formalmente, parlare di giudici «naturali» sia improprio, perché si potrebbe dubitare che esistano anche dei giudici… «artificiali».
LEONE GIOVANNI, Relatore, segnala l’opportunità di introdurre nelle norme transitorie della Costituzione un articolo che disciplini una particolare forma di impugnazione straordinaria avverso le sentenze dei Tribunali straordinari in vigore, in particolare i Tribunali militari straordinari per le rapine.
Inoltre, dato che la prima Sottocommissione ha già formulato un articolo analogo, propone che l’articolo, dopo attento esame, venga immediatamente inviato al Comitato di redazione.
BOZZI approva la formula dell’onorevole Calamandrei, salvo a sostituire le parole: «alla competenza del giudice che già si trova precostituito» con le altre: «al giudice precostituito».
TARGETTI invece dell’espressione: «al momento in cui avviene il fatto» direbbe «al momento del fatto».
CAPPI sopprimerebbe anche le parole «neanche per legge».
PRESIDENTE non sopprimerebbe tali parole, in quanto, a suo avviso, servono a rafforzare il concetto.
Sostituirebbe invece alla parola «neanche» l’altra «neppure».
LACONI fa presente che, dicendosi: «Tribunali straordinari per giudicare su fatti già avvenuti», si restringe il concetto.
LEONE GIOVANNI, Relatore, ricorda all’onorevole Laconi che il principio della irretroattività della giurisdizione ordinaria è previsto in una successiva norma.
BOZZI crede che l’articolo potrebbe essere così formulalo:
«Nessuno può essere sottratto al giudice precostituito per legge al momento del fatto. Non potranno perciò essere istituiti, neppure per legge, tribunali straordinari per giudicare su fatti già avvenuti».
PRESIDENTE mette in votazione l’articolo 5 nella dizione di cui ha dato lettura l’onorevole Bozzi, con l’avvertenza che, se approvato, sarà immediatamente trasmesso al Comitato di redazione.
(È approvato).
Da lettura dell’articolo 6:
«Pubblicità delle udienze: principio del contradittorio.
«Le udienze sono pubbliche ed i dibattimenti si svolgono oralmente, in quanto la legge non disponga altrimenti nell’interesse della giustizia e dell’ordine pubblico.
«Nessuna causa può essere giudicata, se non dopo che sia stata data alle parti, secondo la legge, la possibilità di essere udite a propria difesa».
Apre la discussione sul primo comma.
CAPPI teme che quanto attiene alla moralità non possa ritenersi compreso nell’ordine pubblico. Fa poi rilevare che l’espressione «in quanto la legge non disponga altrimenti» non può riferirsi alla oralità del dibattimento, ma solo alla pubblicità delle udienze. Si dovrebbe perciò modificare convenientemente la forma del primo comma.
CALAMANDREI, Relatore, ritiene che la questione di forma potrebbe essere superata, sopprimendo l’accenno alla oralità del dibattimento.
Circa la questione della moralità, dopo le parole «ordine pubblico» aggiungerebbe le altre «e del buon costume».
TARGETTI, non ritenendo cosa facile lo specificare le eccezioni al principio della pubblicità delle udienze, farebbe riferimento solo ai divieti che potranno essere posti dalla legge procedurale. Formulerebbe, pertanto, così il comma:
«Le udienze sono pubbliche, in quanto la legge procedurale non disponga altrimenti».
BOZZI propone la soppressione di tutto il primo comma, non perché lo ritenga non importante, ma in quanto i principî contenuti sono talmente acquisiti nei codici che gli sembra inutile ripeterli nella Costituzione.
CALAMANDREI, Relatore, crede che principî che non possano essere violali, perché acquisiti nelle leggi o nei codici, non esistano, e se ne è avuta la prova nel ventennio fascista.
LEONE GIOVANNI, Relatore, fa rilevare che, se l’articolo si limita ad affermare solo che le udienze sono pubbliche, il legislatore non potrà in nessun caso stabilire delle eccezioni. D’altra parte, se si dicesse: «salvo i casi previsti dalla legge», si cadrebbe nell’eccesso opposto, in quanto si darebbe modo ad una fazione che, diventata maggioranza, andasse al potere, di stabilire che i processi per determinali reati, per esempio politici, si celebrino a porte chiuse.
Il problema, quindi, è di trovare una formula intermedia, che abbia la sinteticità di una legge costituzionale o disciplini nel modo più rigoroso possibile i casi di eccezione. Per questo motivo nella sua formulazione si era riferito all’articolo 423 del Codice di procedura penale, non certamente per inserire nella Costituzione il richiamo ad un articolo del Codice, ma per richiamare l’attenzione della Sottocommissione sulla casistica contenuta in tale articolo. Fa infine rilevare che, essendo l’esigenza della pubblicità richiesta maggiormente por le cause penali, sarebbe più esatto parlare di dibattimenti, invece che di udienze.
TARGETTI insiste sull’opportunità di non fare una casistica nella Costituzione.
BOZZI, per mettere in evidenza che normalmente le udienze devono essere pubbliche, salvo deroghe di carattere eccezionale, propone la seguente dizione:
«Le udienze giudiziarie sono pubbliche, salvo i casi eccezionali stabiliti dalla legge».
RAVAGNAN sarebbe favorevole alla formula adottata dal progetto della Corte di cassazione, che è analoga a quella proposta dal progetto dell’Associazione dei magistrati:
«Le udienze sono pubbliche, salvo esigenze di moralità o di ordine pubblico».
MANNIRONI nota che la proposta dell’onorevole Targetti è meno restrittiva, in quanto rimette al legislatore penale la fissazione delle eccezioni alla pubblicità delle udienze. Ad ogni modo, dichiara di essere favorevole alla formula della Cassazione.
LEONE GIOVANNI, Relatore, teme che, adottando la formula della Cassazione, qualunque legge che limiti la pubblicità delle udienze, per motivi che non siano strettamente di moralità o di ordine pubblico, potrebbe essere dichiarata incostituzionale.
DI GIOVANNI desidera che sia conservato il principio della oralità dei dibattimenti, che è stato anche affermato in un recentissimo progetto del Guardasigilli.
BOZZI, d’accordo con l’onorevole Leone, propone la seguente dizione: «Le udienze giudiziarie sono pubbliche. Il giudice tuttavia può disporre la segretezza con provvedimento motivato, solo per casi di moralità e di ordine pubblico».
CALAMANDREI, Relatore, formulerebbe così il comma:
«I dibattimenti si svolgono oralmente. Le udienze giudiziarie sono pubbliche, in quanto la legge non disponga altrimenti, per ragioni di ordine pubblico e del buon costume».
MANNIRONI, invece delle parole «del buon costume», direbbe «di moralità». Sopprimerebbe poi la parola «giudiziarie» perché superflua.
BOZZI, più precisamente, da un punto di vista formale, modificherebbe così l’ultima parte «…in quanto la legge per ragioni di ordine pubblico o di moralità non disponga altrimenti».
PRESIDENTE crede che la formula definitiva del primo comma possa essere la seguente:
«I dibattimenti si svolgono oralmente; le udienze sono pubbliche in quanto la legge, per ragioni di ordino pubblico o di moralità non disponga altrimenti».
La mette ai voti.
(È approvata).
Apre la discussione sul secondo comma:
«Nessuna causa può essere giudicata, se non dopo che sia stata data alle parti, secondo la legge, la possibilità di essere udite a propria difesa».
LEONE GIOVANNI, Relatore, fa presente che nel corrispondente articolo 20 della sua relazione è stato, per errore tipografico, omesso un comma del seguente tenore:
«All’imputato deve essere riconosciuto il diritto all’assistenza difensiva anche durante l’istruzione».
LACONI rileva che il contenuto del capoverso in esame coincide con un articolo formulato dalla prima Sottocommissione, e già coordinato in sede di Comitato di redazione:
«Ogni cittadino può agire in giudizio per la tutela del proprio diritto. La difesa in ogni stadio e grado del procedimento è un diritto inviolabile».
Ritiene che con questa formula si comprenderebbe anche la fase istruttoria.
CALAMANDREI, Relatore, osserva che la formula da lui proposta non fa che riprendere quella del diritto romano: Nemo inauditus damnari potest. Dichiara di essere favorevole a tale formulazione, dato che in materia civile vi sono casi in cui il contradittorio è differito (procedimento monitorio o sequestro) e altri nei quali il giudice emana il provvedimento inaudita altera parte. Per ovviare a ciò, ha inserito l’espressione «secondo la legge», che sta a significare che la legge procedurale concederà alla parte la possibilità di difendersi, col mezzo dell’opposizione. Così nel campo penale vi è il decreto penale, col quale la parte può essere condannata prima di essere udita, salvo poi il diritto di fare opposizione.
LACONI ritiene che la formula della prima Sottocommissione sia comprensiva e soddisfi tutte le esigenze. Sarà il legislatore che, in concreto, concederà il diritto alla difesa, che potrà essere esercitata personalmente per quanto attiene alla materia penale, o per mezzo di un procuratore in materia civile. Ciò che interessa è fissare nella Costituzione il principio del diritto alla difesa in ogni grado e stadio del procedimento.
DI GIOVANNI osserva che il principio affermato dalla prima Sottocommissione costituisce un’affermazione astratta, quella cioè dell’inviolabilità del diritto alla difesa, mentre la formula Calamandrei si riferisce all’applicazione pratica del principio stesso.
PRESIDENTE è d’avviso che non si debba discutere sull’articolo approvato dalla prima Sottocommissione, ma che si possa soltanto dire che la Sezione vi aderisce, lasciando poi al Comitato di redazione il compito di provvedere al coordinamento, in sede più opportuna.
TARGETTI ritiene che sia proprio questa la sede più opportuna, in quanto, dopo aver sancito che il dibattito deve essere pubblico e orale, è bene dire che chi è interessato al dibattito stesso deve avere diritto alla difesa.
BULLONI, sulla formula proposta, osserva che si deve tener presente che il Codice di procedura militare non consente la difesa nel periodo istruttorio. Ritiene pertanto che bisognerebbe stabilire fin da ora che anche il Codice di procedura penale militare dovrà essere modificato.
PRESIDENTE risponde che, una volta emanata la Costituzione, evidentemente le leggi dovranno essere modificate e adattate ad essa.
LEONE GIOVANNI, Relatore, informa che si sta già predisponendo una legge affinché sia modificato il Codice di procedura penale militare.
CAPPI propone, allo scopo di togliere parole superflue, la seguente formulazione:
«Nessuno può essere giudicato, se non dopo aver avuto la possibilità di essere udito a propria difesa».
CALAMANDREI, Relatore, preferirebbe dire:
«Nessuno può essere giudicato, se non dopo avergli dato, secondo la legge, la possibilità di essere sentito».
BOZZI osserva che, con la formula proposta dall’onorevole Cappi, non potrebbe più emanarsi il decreto penale.
LEONE GIOVANNI, Relatore, ritiene accettabile la formula proposta dalla prima Sottocommissione. Crede che nella Costituzione non si debba scendere al dettaglio, ma soltanto riconoscere che è necessario assicurare la difesa in ogni grado e stadio del procedimento, avuto particolarmente riguardo alla materia penale e alla giurisdizione militare. Dichiara di avere tuttavia il timore che, con l’espressione «diritto alla difesa», si possa intendere la difesa personale ed escludere quindi quella tecnica.
BULLONI fa rilevare che dicendo: «la difesa in ogni stadio e grado del procedimento è un diritto inviolabile», si fa riferimento alla difesa tecnica e si sottintende che l’imputato può personalmente rendere il suo interrogatorio.
Si domanda però se, nella formulazione di tale principio, possa rientrare anche il diritto del difensore di assistere al primo interrogatorio dell’imputato da parte del magistrato, che è l’atto essenziale di ogni procedimento penale. Ricorda che in Francia ogni imputato ha diritto all’assistenza del difensore, anche durante questa prima fase.
BOZZI ritiene troppo vaga la formula adottata dalla prima Sottocommissione e anche pericolosa per quel che riguarda il procedimento monitorio civile e il decreto penale di condanna. Ritiene quindi che vi dovrebbe essere aggiunta l’espressione «le forme stabilite dalla legge».
PRESIDENTE pone in votazione la formula approvata dalla prima Sottocommissione, con l’aggiunta proposta dall’onorevole Bozzi:
«La difesa in ogni stadio o grado del procedimento, nelle forme stabilite dalla legge, è un diritto inviolabile».
Tale formula formerà il capoverso dell’articolo in discussione.
(È approvata).
Apre la discussione sull’articolo 7 del progetto Calamandrei:
«Motivazione delle sentenze.
«Le sentenze e gli altri provvedimenti dei giudici devono essere motivate»;
e sulla corrispondente formulazione proposta dall’onorevole Leone:
«Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati».
LEONE GIOVANNI, Relatore, comunica che l’onorevole Calamandrei ha accettato la formula da lui proposta, ritenuta meglio rispondente al principio da affermare, in considerazione dei provvedimenti del giudice riguardanti disposizioni regolamentari, i quali non richiedono la motivazione. Ricorda che, nell’attuale disciplina degli atti emanati dal giudice, vi sono tre forme: la sentenza, l’ordinanza e il decreto. La sentenza e l’ordinanza hanno un carattere giurisdizionale, mentre il decreto ha carattere amministrativo. La dottrina e la legislazione sono d’accordo nel richiedere la motivazione soltanto per i provvedimenti che abbiano carattere essenzialmente giurisdizionale, cioè per quei provvedimenti che risolvono un conflitto fra due parti; mentre il decreto, puramente amministrativo, non è mai stato motivato. Per queste considerazioni, la frase «tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati» è più esatta, perché limitativa dell’obbligo della motivazione soltanto alla sentenza e all’ordinanza, che rivestono carattere giurisdizionale.
PRESIDENTE pone in votazione la formula proposta dall’onorevole Leone.
(È approvata).
La seduta termina alle 10.15.
Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cappi, Conti, Di Giovanni, Farini, Laconi, Leone Giovanni, Mannironi, Ravagnan, Targetti.
Assenti: Patricolo, Porzio e Uberti.