Come nasce la Costituzione

VENERDÌ 15 NOVEMBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

47.

RESOCONTO SOMMARIO

DELLA SEDUTA DI VENERDÌ 15 NOVEMBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

 

INDICE

Autonomie locali (Seguito della discussione)

Presidente – Fuschini – Ambrosini, Relatore – Piccioni – Laconi – Perassi – Lussu – Mannironi – Mortati – Bordon – Conti – Nobile – Fabbri – Finocchiaro Aprile – Vanoni – Castiglia – Rossi Paolo – Bozzi – Codacci Pisanelli – Zuccarini – Lami Starnuti – Tosato – La Rocca.

La seduta comincia alle 16.25.

Seguito della discussione sulle autonomie locali.

PRESIDENTE comunica che l’onorevole Ambrosini ha chiesto che sia stralciata dalla sua relazione la parte speciale. Poiché è convinto che anche la parte anzidetta della relazione sull’ordinamento regionale costituisce un prezioso apporto di idee alla risoluzione del problema in esame, sicuro di interpretare il pensiero di tutti i componenti la Sottocommissione, invita l’onorevole Ambrosini a recedere dalla sua richiesta.

FUSCHINI assicura che la richiesta di spiegazioni da lui rivolta all’onorevole Ambrosini, nella riunione precedente, a proposito dell’articolo 17 del progetto sull’autonomia regionale non era ispirata ad alcun motivo di critica dell’opera veramente egregia prestata dal Relatore. Si associa pertanto al voto espresso dal Presidente.

AMBROSINI, Relatore, ringrazia ed afferma che la sua opera, per quanto modesta, è e sarà sempre a completa disposizione della Sottocommissione.

PRESIDENTE avverte che la discussione verte ancora sull’articolo 2 del progetto sull’autonomia locale.

PICCIONI dubita che lo spirito dell’ordine del giorno, approvato dalla Sottocommissione all’inizio dei suoi lavori, sia stato tenuto presente nella formulazione del secondo comma dell’articolo 2. In quell’ordine del giorno si faceva richiamo alle situazioni particolari esistenti in alcune Regioni, relativamente, però, alla necessità di una formulazione di progetto di ordinamento regionale avente carattere generale. Ciò poteva significare, o la necessità di coordinare in un solo testo gli Statuti regionali già esistenti e il provvedimento di carattere generale sull’ordinamento regionale, o l’altra di considerare gli Statuti regionali già esistenti come guide per la formulazione del progetto generale dell’ordinamento regionale. Si trattava, cioè, di inquadrare gli Statuti già esistenti nel nuovo ordinamento regionale, nel senso che, riconoscendosi l’esistenza di particolari condizioni in talune Regioni, tali condizioni avrebbero dovuto essere precisate obiettivamente nel testo generale dell’ordinamento regionale, in modo che unica rimanesse pur sempre la fonte costituzionale. Ciò non è stato fatto dal Comitato, e con l’articolo 2 si creano due tipi ben distinti di Regioni: quelle per cui ha valore il testo generale dell’ordinamento regionale e quelle, in tutto quattro, a cui invece si lascia un’assoluta autonomia di ordinamento nei confronti della legge fondamentale. Ciò non gli sembra opportuno, onde non crede che il secondo comma dell’articolo 2 possa essere approvato.

Avrebbe poi gradito che si fosse compiuto un esame comparativo fra il progetto di carattere generale sull’ordinamento regionale e i due Statuti speciali già esistenti, allo scopo di individuare le condizioni particolari delle Regioni a cui tali Statuti si riferiscono. Così, se da questo esame comparativo fosse risultata l’opportunità di tener presenti tali condizioni particolari, esse avrebbero potuto essere specificate nel testo fondamentale dell’ordinamento regionale, e ciò non solo per consacrare i motivi che possono giustificare un diverso trattamento fatto a quelle Regioni, ma anche per evitare che ad esse possa essere dato un ordinamento eccessivamente e ingiustificatamente diverso da quello comune. Ancor meno può essere favorevole alla formula proposta dall’onorevole Laconi, con la quale, assai più chiaramente, si prevedono due distinte categorie di Regioni; argomento che non ha mai formato oggetto di discussione e tanto meno di convergenza di opinioni.

LACONI si richiama, circa le affermazioni dell’onorevole Piccioni, sull’opportunità di specificare alcune particolari situazioni regionali nel testo della Costituzione, al progetto dello Statuto regionale sardo, preparato dal Partito della democrazia cristiana, in cui si fanno rivendicazioni di tale natura, che indubbiamente non potrebbero trovar posto in una Carta costituzionale.

PERASSI riconosce che esistono determinati problemi per alcune Regioni, ma non ha mai pensato che l’ordinamento regionale in Italia debba essere attuato soltanto per far fronte alle particolari esigenze di talune Regioni. Qualcuno ha voluto ricordare Mazzini; ma lo stesso Mazzini, che nel 1861 propose l’istituzione della Regione come organo intermedio fra il Comune e lo Stato, voleva un ordinamento regionale, non già in vista di un maggiore o minore coordinamento delle varie nostre Regioni provenienti da Stati diversi, bensì da un punto di vista generale, come un nuovo modo, cioè, di organizzazione dello Stato italiano. Si tratta quindi, con l’ordinamento regionale, di realizzare in Italia una democrazia effettiva e di dare allo Stato una struttura più rispondente alla varietà delle Regioni. Avuto riguardo, però, ad alcune particolari condizioni geografiche, storiche ed economiche, è da considerare la possibilità di dare a talune Regioni un ordinamento in qualche punto diverso da quello fissato per tutte le altre. A tale proposito resta da risolvere il problema, giuridico-formale, dell’inquadramento di tali particolari ordinamenti nell’ordinamento regionale dello Stato. Si può quindi esaminare la possibilità di apportare qualche modifica al secondo comma dell’articolo 2, nel senso di affermare che gli ordinamenti regionali speciali non debbano essere nettamente distinti dall’ordinamento generale regionale. A suo avviso, anziché parlare di Statuti speciali, si potrebbe parlare di ordinamenti autonomi stabiliti con legge costituzionale.

LUSSU ritiene che, per giungere ad una soluzione univoca del problema in esame, sarebbe opportuno che gli onorevoli Nobile e Laconi ritirassero le loro proposte di emendamenti all’articolo 2, e ciò per dissipare alcune preoccupazioni che possono essere anche giustificabili. Da qualcuno, infatti, si teme che con l’adozione di Statuti speciali per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, possano essere adottati principî in contrasto con quelli fondamentali della Carta costituzionale. Ora, questo timore è infondato, tanto più che nell’articolo 3 è detto assai chiaramente che l’autonomia di ogni Regione deve essere in armonia con la Costituzione e con i principî fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato. Solo se ciò non fosse, le preoccupazioni manifestate da qualche collega avrebbero una ragion d’essere, perché si avrebbe non più uno Stato unitario democratico, ma uno Stato anarchico, ed allora veramente sarebbe il caso di parlare di separatismo. Ma è chiaro che nessuno in Italia, tranne forse l’onorevole Finocchiaro Aprile, può pensare, nemmeno lontanamente, a una simile impostazione dell’ordinamento regionale.

Aderisce, quindi, alle giuste osservazioni dell’onorevole Perassi sull’autonomia regionale intesa da un punto di vista generale, come un nuovo modo di organizzazione dello Stato italiano. Non è il caso di nutrire alcun timore circa il disposto del secondo comma dell’articolo 2, tanto più che gli Statuti speciali ivi previsti, dovranno essere sottoposti innanzi tutto all’esame della Sottocommissione e poi a quello della Commissione, per essere infine discussi in seno all’Assemblea costituente, alla quale soltanto spetta il compito di dire su di essi l’ultima parola. Si hanno così tutte le garanzie per premunirsi da ogni eventuale sorpresa.

D’altra parte giova riconoscere che esistono condizioni particolari nelle quattro Regioni menzionate nella seconda parte dell’articolo 2, ed è necessario tenerle presenti, anche e soprattutto per necessità politiche. Si potrà discutere in seguito su alcune norme contenute, ad esempio, nello Statuto per la Sicilia, o su alcuni particolari problemi riguardanti l’economia regionale sarda, od anche sulla già avvenuta concessione di una zona franca alla Val d’Aosta; ma quando ciò dovrà farsi, si dovrà tener presente che per la Sicilia e la Val d’Aosta non si potrà ritornare su talune disposizioni già prese, che rappresentano ormai un diritto acquisito, come anche non potranno essere ostacolate alcune aspirazioni della popolazione sarda, perché sono legittime e profondamente sentite. Ciò non sarebbe assolutamente opportuno per ragioni politiche, come anche sarebbe un grave errore, per lo stesso motivo, modificare la formulazione del secondo comma dell’articolo 2, non menzionando espressamente la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige secondo quanto, ad esempio, ha proposto anche l’onorevole Rossi. Si tratta in fondo di un problema di forma, ma che ha grande importanza nel momento attuale.

Per queste considerazioni ritiene che la formulazione dell’articolo 2, così come è stata proposta dal Comitato possa senz’altro essere approvata.

MANNIRONI è del parere che innanzi tutto occorra risolvere il problema da un punto di vista generale; è necessario, cioè delineare un tipo di ordinamento regionale che possa servire per tutte le Regioni d’Italia, e quindi anche per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige. Con ciò non intende negare i diritti quesiti della Sicilia e della Val d’Aosta, che hanno ormai uno Statuto speciale, o le condizioni particolari delle quattro Regioni menzionate. Ciò che importa, una volta che sia stato fissato l’ordinamento regionale per tutte le Regioni italiane, è di adattare in sede costituzionale a tale ordinamento gli Statuti speciali già concessi per legge, e le esigenze particolari delle quattro Regioni. Si tratta, in altri termini, di creare prima la regola e poi, se sarà necessario, l’eccezione e non già questa prima di quella.

Il concetto da lui esposto non è dettato dalla preoccupazione, come alcuno potrebbe credere, che con il futuro ordinamento regionale dello Stato possa essere indebolita l’unità dello Stato stesso, bensì dal timore che si voglia attuare una riforma regionale soltanto per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, e non già per tutta l’Italia. E proprio a ciò, secondo il suo avviso, sembra tendere il disposto dell’articolo 2, che in sostanza riproduce la proposta fatta, in sede di Comitato di redazione per l’autonomia regionale, dall’onorevole Grieco, con la quale proposta si creavano due distinte categorie di Regioni, quelle aventi soltanto uno status di enti autarchici, senza un potere normativo primario, quindi senza una vera e propria autonomia, e quelle aventi effettivamente una tale autonomia, ossia le quattro Regioni già ricordate. Se tale criterio dovesse essere posto a base dell’ordinamento regionale, verrebbe meno in realtà ogni ordinamento regionale nel senso di una nuova organizzazione dello Stato, adottata per giungere ad una più schietta e radicale democrazia. È proprio ciò che egli, regionalista convinto, vuole assolutamente evitare.

Per tali considerazioni è del parere che dovrebbe essere adottata la originaria formulazione dell’articolo 2 proposta dall’onorevole Ambrosini.

MORTATI, per mozione d’ordine, osserva che è inutile procedere nell’esame del secondo comma dell’articolo 2, se prima non sia deciso l’ordinamento delle varie Regioni. Occorre prima risolvere il problema della creazione dell’Ente Regione da un punto di vista generale, e poi preoccuparsi del trattamento speciale da riservare a determinate Regioni. Propone pertanto di rinviare la discussione sull’ultimo comma dello articolo 2.

PRESIDENTE nota che, con l’approvazione della proposta di rinvio fatta dall’onorevole Mortati, si verrebbe in realtà a pregiudicare, o quanto meno ad affrettare la soluzione dell’importante problema in discussione. È chiaro, infatti, che coloro che sono favorevoli a due distinte categorie di Regioni, voteranno contro la proposta di rinvio dell’onorevole Mortati, mentre voteranno a favore di essa coloro che vogliono un ordinamento di carattere generale per tutte le Regioni, che consenta soltanto la regolamentazione di alcune determinate situazioni particolari, se ciò risulterà necessario. Comunque, se l’onorevole Mortati insiste nella sua proposta, la metterà in votazione.

MORTATI insiste nella sua proposta, osservando che con l’eventuale accoglimento di essa non si verrebbe affatto a pregiudicare la possibilità di riprendere in esame, al momento opportuno, il disposto del secondo comma dell’articolo 2 e di inserirlo definitivamente nel progetto sulle autonomie locali. Si tratta soltanto di una semplice proposta di sospensiva.

BORDON non ritiene opportuno sospendere la discussione sul secondo comma dell’articolo 2. Se si dovesse arrivare ad una simile decisione, sarebbe anche necessario rinviare l’esame della prima parte dell’articolo suddetto, perché non possono essere fissate norme generali per l’ordinamento di tutte le Regioni, quando esistono già Statuti speciali per alcune Regioni o determinati territori, come ad esempio la Valle d’Aosta. Ciò potrebbe essere inteso nel senso che si vogliano pregiudicare i diritti già acquisiti dalle quattro Regioni menzionate; ed egli, come rappresentante della Valle d’Aosta, che ha già uno Statuto speciale, dichiara di essere decisamente contrario alla proposta fatta dall’onorevole Mortati.

PICCIONI non trova esatto ciò che ha affermato il Presidente a proposito della proposta dell’onorevole Mortati. Il rinvio della discussione sul secondo comma dell’articolo 2 non può avere altro significato che quello di consentire, al momento opportuno, un più approfondito esame di quanto dispone il comma anzidetto. Se il voto dato, in un senso o nell’altro, a una proposta di rinvio della discussione di un dato problema dovesse avere il significato di voler pregiudicare la decisione sul merito, non sarebbe più possibile fare alcuna proposta di sospensiva.

Per tali considerazioni dichiara di essere favorevole alla proposta dell’onorevole Mortati.

CONTI fa presente che, con il mantenimento della formulazione dell’articolo 2, si può pregiudicare il futuro ordinamento regionale dello Stato, perché evidentemente, quanto dispone il secondo comma dell’articolo anzidetto tende a ridurre la portata di ciò che si stabilisce nel primo. Sarà bene quindi rinviare la discussione sul secondo comma al momento in cui tale discussione potrà sembrare più opportuna. A suo avviso, la proposta dell’onorevole Mortati ha appunto tale significato e non può essere presa in altro senso.

AMBROSINI, Relatore, non ritiene che il disposto del secondo comma indebolisca quello del primo, visto che con esso si mira soltanto a regolare alcune situazioni particolari rispetto alle disposizioni di massima riguardanti le regioni in generale.

NOBILE è del parere che innanzi tutto occorrerebbe decidere se si voglia o pur no uno Stato unitario, perché, mentre nel primo comma dell’articolo 2 si parla di unità e indivisibilità dello Stato, nel secondo tale principio viene ad essere inficiato, attribuendosi a determinate Regioni forme e condizioni particolari di autonomia. Nonostante che per mentalità ed educazione sia contrario ad ogni forma di regionalismo, può benissimo ammettere che si voglia un ordinamento regionale, specialmente se ha lo scopo di decentrare l’amministrazione statale. Ciò, però non dovrebbe in nessun caso implicare la creazione di uno speciale ordinamento autonomo per alcune determinate regioni.

LACONI è perfettamente d’accordo con quanto ha affermato il Presidente. Chi, infatti, interpreta il disposto del secondo comma dell’articolo 2 come un’eccezione al principio di un ordinamento regionale attuabile per tutte le regioni, può essere favorevole alla proposta dell’onorevole Mortati; è invece contrario ad essa chi considera la situazione delle quattro Regioni menzionate in quel comma come parte integrante di tutta la concezione del riordinamento, su base regionale, dello Stato italiano. Per tale motivo, se l’esame del secondo comma dovesse essere rinviato, si risolverebbe automaticamente la questione di merito in ordine al problema in discussione. Non ritiene quindi opportuno accogliere la proposta dell’onorevole Mortati; al più potrebbe essere presa in considerazione quella dell’onorevole Ambrosini, di rinviare, cioè, la discussione di tutto l’articolo 2.

MORTATI si associa alla proposta dell’onorevole Ambrosini, di rinviare l’esame dell’intero articolo 2.

LUSSU non crede opportuno nemmeno il rinvio della discussione su tutto l’articolo 2, perché ciò costituirebbe un errore da un punto di vista politico. Suggerisce piuttosto di mettere in votazione l’articolo anzidetto con riserva di sottoporlo a revisione al momento opportuno.

PRESIDENTE, poiché la proposta dell’onorevole Mortati è stata modificata, nel senso di sospendere, come è stato poi suggerito dall’onorevole Ambrosini, la discussione di tutto l’articolo 2, dichiara che personalmente vi è contrario, perché dietro di essa si nasconde una ragione politica; il che, del resto, è naturale che avvenga in un’assemblea formata di rappresentanti politici.

PICCIONI è favorevole alla proposta di sospendere l’esame di tutto l’articolo 2, e dichiara di respingere decisamente il significato politico che ad un voto in tal senso è stato dato dal Presidente. Nessun significato politico particolare rivestono la proposta dell’onorevole Mortati ed il voto favorevole che ad essa viene dato. I rappresentanti del suo partito hanno apertamente e recisamente affermato di essere favorevoli all’instaurazione di un ordinamento regionale, come hanno sempre ammesso la necessità di tenere presente la particolare situazione delle quattro Regioni menzionate nel secondo comma dell’articolo 2. È proprio per un più approfondito esame della situazione particolare delle Regioni anzidette che è stato proposto il rinvio della discussione sull’articolo in questione. Quell’esame non è possibile, se prima non sia risolto il problema dell’ordinamento regionale da un punto di vista generale. Questo e non altro è il significato del voto favorevole che egli darà alla proposta di sospensiva.

FABBRI è contrario alla proposta di sospensiva, perché crede opportuno che si proceda subito all’esame dell’articolo 2, a cui per altro dovrebbe essere apportata qualche modificazione di forma. Tiene a dichiarare, in ogni modo, che è favorevole ad un ordinamento regionale di carattere uniforme per tutte le Regioni, pur riconoscendo che debbano essere tenute presenti le particolari condizioni della Sicilia, della Sardegna, della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige.

PRESIDENTE mette ai voti la proposta di sospendere la discussione dell’articolo 2.

(Con 12 voti favorevoli e 14 contrari non è approvata).

FINOCCHIARO APRILE osserva che l’onorevole Nobile è stato nel giusto quando ha dichiarato che, con l’instaurazione di un ordinamento regionale, si viene a disintegrare l’organizzazione unitaria creata al tempo del Risorgimento. Ciò, in fondo, corrisponde al pensiero degli onorevoli Einaudi, Nitti ed altri, i quali hanno sempre affermato che, tutt’al più, si potrebbe concedere alle Regioni un certo decentramento burocratico; non mai l’autonomia, in quanto questa avrebbe l’effetto, appunto, di scardinare l’unità dello Stato italiano. Ora, dal suo punto di vista, non ha che a confermare ciò che già ebbe occasione di proclamare in seno all’Assemblea costituente e nella stessa Sottocommissione, vale a dire che il «Movimento per l’Indipendenza della Sicilia», che ha l’onore di rappresentare, non può considerare l’autonomia come fine a se stessa, ma come mezzo al fine di raggiungere la tanto auspicata indipendenza della patria siciliana.

Non crede che, ammettendo forme speciali di autonomia per la Sicilia, per la Sardegna, per la Valle di Aosta e per il Trentino-Alto Adige, si venga a stabilire una qualche cosa di anormale, una situazione che contrasti eccessivamente con l’ordinamento generale dello Stato, una posizione di privilegio di alcuni Paesi in confronto di altri, perché la realtà è la seguente: in Italia si è cominciato a parlare della possibilità di attuare un ordinamento autonomistico soltanto dopo la grandiosa agitazione indipendentista siciliana e come antidoto contro di essa. Prima, dopo il fallimento del progetto Minghetti e dei successivi tentativi, se n’era parlato come di un’esigenza dottrinale de jure condendo. All’agitazione siciliana seguirono le richieste della Sardegna, della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige, sia pure in forme alquanto diverse tra loro. Nessun’altra regione espresse mai il desiderio dell’autonomia. Quella che si vuole dare alle altre Regioni, e ne è molto discutibile la necessità, è un’autonomia che si vuol far piovere dall’alto, non un ordinamento germinato, sia anche a titolo di transazione, dalla viva espressione della volontà popolare. Da ciò dipende quella pretesa contraddizione che si vuole rimproverare all’oratore per essersi regolato in conseguenza, di essere cioè indipendentista in Sicilia e centralista a Roma. Tale contraddizione è solo apparente, in quanto l’autonomia bisogna darla a quelle Regioni che la desiderino, non imporla a quelle che non sanno che farsene, specie poi nella forma che è in gestazione. Per questo non può essere soppressa la menzione delle speciali forme di autonomia da attribuirsi alle quattro Regioni, perché, se ciò venisse fatto, verrebbe meno la vera ragione della discussione in ordine al problema autonomistico.

Nel progetto presentato dal Comitato, frutto evidentemente di molti compromessi, non è previsto un completo, vero e proprio ordinamento autonomo per tutte le altre Regioni, diverse dalle quattro specificate.

Si hanno, così, due distinte categorie di Regioni: quelle a tipo decentrativo e quelle autonomiste. Qui non si vogliono considerare che le prime, in quanto, per le seconde, le cui popolazioni hanno già fatto valere le loro aspirazioni in senso autonomista, esistono già o saranno presto stabiliti ordinamenti speciali.

Per ciò che riguarda la Sicilia è stato promulgato, com’è noto, uno Statuto che è insufficiente ai bisogni delle popolazioni siciliane, ma che dovrà, ciò che è peggio, essere coordinato con la Costituzione, secondo una norma contenuta nello Statuto medesimo. Ora c’è da osservare che il termine «coordinamento» si presenta già in modo assai equivoco. Che cosa si vuole intendere con esso? Forse la revoca di alcune facoltà considerate eccessive, come ad esempio – così si è detto – l’autonomia tributaria? Ma queste facoltà sono giudicate invece insufficienti alle esigenze delle popolazioni siciliane. Comunque, sono state già concesse dal legislatore. Si potrebbero aumentare, non diminuire o modificare. Se si volesse fare ciò, si commetterebbe un grave errore non solo da un punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista politico; sarebbe assai pericoloso, infatti, togliere alla Sicilia ciò che ormai le è stato attribuito. E poi necessario che si sappia presto e con sicurezza se lo Statuto siciliano dovrà far parte integrante della nuova Costituzione o resterà una legge a sé, coordinata alla Costituzione dal solo punto di vista formale: ed è pure necessario sapere quando infine debba entrare in esecuzione. Un chiarimento in questo senso sarebbe opportuno che fosse dato dall’onorevole Ambrosini e dal Comitato, se hanno chiesto notizie al Governo e sono stati informati.

Anche la Valle di Aosta, come la Sicilia, ha ormai un suo Statuto speciale. Ora, per quanto lo Statuto della Valle di Aosta, a differenza di quello siciliano, sia già entrato in attuazione, esso non ha soddisfatto punto le popolazioni valdostane, come del resto quello per la Sicilia, approvato ma non attuato, ha scontentato le genti siciliane. Nella riunione precedente l’onorevole Bordon, che è un nobile rappresentante ed un innamorato della sua terra, ha detto che le popolazioni della Valle di Aosta non hanno alcuna intenzione di richiedere una garanzia internazionale. Ciò non è esatto. La verità è che la Valle di Aosta aspira a qualcosa di assai diverso dall’autonomia e di più sostanziale. A tale proposito basta considerare il programma dell’Unione Valdostana, movimento antifascista di resistenza al nazionalismo centralizzatore di Roma, che si basa sui seguenti quattro punti: 1°) un regime cantonale di tipo svizzero; 2°) una zona franca totale e permanente; 3°) l’istituzione di un demanio regionale valdostano comprendente le acque, le miniere e il sottosuolo; 4°) la garanzia internazionale dei diritti del popolo valdostano, cioè a dire la garanzia della Carta delle libertà valdostane, che deve sanzionare in un modo indissolubile i tre punti precedenti. Le suddette aspirazioni delle popolazioni valdostane gli sono state manifestate espressamente da autorevoli rappresentanti di quella Regione quali il presidente del Consiglio Caveri, il professore Deffeyes e l’avvocato Page, venuti a lui per dirgli fra l’altro che sono costretti settimanalmente a recarsi a Roma perché, anche per le questioni ormai rientranti nell’ambito dell’autonomia, l’amministrazione centrale oppone un deplorevole ostruzionismo. Ora ciò deve cessare. La Valle di Aosta è una terra benedetta da Dio che ha incomparabili bellezze naturali, che ha possibilità eccezionali di sviluppo industriale, che è ricca di boschi, di sorgenti e di miniere, che ha, soprattutto, una magnifica popolazione intelligente, piena d’iniziative ed operosa. La Valle di Aosta ha, dunque, diritto che le sue aspirazioni siano riconosciute. Non farlo sarebbe atto di suprema ingiustizia.

Quanto alla garanzia internazionale, giova ricordare che essa formò oggetto di un’esplicita richiesta anche da parte del «Movimento per l’Indipendenza della Sicilia» al tempo della occupazione anglo-americana. Fu allora dichiarato dagli Alleati che i siciliani avevano perfettamente il diritto di richiederla.

Occorre anche tener presente la situazione dell’Alto Adige. Come è noto vi è colà il «Südtiroler Volkspartei» che aveva lo scopo principale di ottenere, in virtù di autodecisione, la riunione con il Tirolo del nord dal quale gli altoatesini furono staccati nel 1920 dal trattato di pace di San Germano, mentre l’unione era durata quasi 15 secoli. Ma, negato dai «Quattro Grandi» l’accoglimento di tale richiesta, gli altoatesini aderirono alla convenzione, tra l’Italia e l’Austria onde avere almeno una larga autonomia, garantita internazionalmente, in modo, in caso di diniego, di potere ricorrere all’O.N.U. oppure alla Corte internazionale dell’Aia.

Gli altoatesini sono ora decisi a tenersi strettamente alle clausole di questa convenzione, nonché alle lettere interpretative scambiate fra i ministri De Gasperi e Gruber e chiedono l’immediata riunione di tutte le zone facenti anteriormente parti integranti del Sudtirolo, ma staccate nel 1926 dalla provincia di Bolzano, come il territorio mistilingue che va da Bronzolo a Salorno, il territorio ladino di Livinallongo e l’Ampezzano.

La riunione di queste sparse membra di un unico corpo non può essere negata, come è giusto sia accolta la domanda degli altoatesini di immediata partecipazione all’amministrazione pubblica in tutti gli uffici statali, parastatali, provinciali e comunali in relazione almeno alla popolazione.

Nello stesso tempo gli altoatesini ricusano decisamente il progetto di uno Statuto di autonomia regionale per le provincie di Bolzano e di Trento, redatto, d’ordine del Governo, dal consigliere di Stato Innocenti. Essi hanno preparato un disegno di organizzazione cantonale, pubblicato nel giornale «Volksbote», meritevole della maggiore attenzione e considerazione; disegno nel quale la vera e piena autonomia dovrà essere garantita internazionalmente. Anche, dunque, dalle popolazioni altoatesine si avanzano le stesse richieste che vengono da altre parti.

Occorre assolutamente tener presente tale situazione di fatto.

È da augurarsi che i voti delle popolazioni suddette trovino comprensione e soddisfazione nell’Assemblea costituente. Sarà atto di saggezza politica, specie in un periodo in cui l’Austria avverte, ancor più dell’Italia, le funeste conseguenze della guerra e si accentuano le simpatie di quelle popolazioni verso di noi.

Ma il problema fondamentale dell’autonomia della Sicilia, della Sardegna, della Valle di Aosta e del Trentino-Alto Adige non si risolve con la formulazione di norme più o meno generiche, sibbene creando le condizioni necessarie perché veramente l’amministrazione centrale si persuada di attuare sul serio l’ordinamento autonomistico. È chiaro che il Governo non è affatto animato da tale proposito, come dimostra il suo contegno in rapporto alla Sicilia, e ciò offende le popolazioni che oggi esigono di reggersi autonomamente ed invocano una garanzia internazionale.

(La riunione, sospesa alle 18.30 è ripresa alle 18.45).

PRESIDENTE avverte che al secondo comma dell’articolo 2 sono state presentate due proposte di emendamento: una dell’onorevole Bozzi, del seguente tenore: «Con legge costituzionale possono essere attribuiti alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d’Aosta e al Trentino-Alto Adige e alle altre Regioni che ne facciano richiesta, condizioni diverse di autonomia»; l’altra degli onorevoli Tosato, Piccioni, Cappi e Fuschini, così concepita: «In relazione alle loro particolari esigenze, alle Regioni mistilingui della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige, come a quelle insulari della Sicilia e della Sardegna, sono riconosciute forme e condizioni speciali di autonomia, che in quanto divergano dalle norme seguenti, sono stabilite con legge costituzionale».

LUSSU crede che i colleghi rappresentanti i vari partiti sentiranno l’opportunità di non procedere nella discussione dell’articolo 2, come se essi fossero per la prima volta chiamati a prenderne conoscenza. Il Comitato di redazione per l’autonomia regionale, infatti, era composto di rappresentanti di tutti i partiti e quindi nella formulazione ha tenuto conto delle varie opinioni in contrasto, ed un certo grado d’intesa dovrebbe sussistere nella riunione odierna.

PRESIDENTE è d’accordo completamente con l’onorevole Lussu, e fa presente quindi ai colleghi la necessità di terminare nella seduta odierna la discussione sull’articolo 2.

AMBROSINI, Relatore, risponderà brevemente all’onorevole Finocchiaro Aprile, che gli ha domandato se lo Statuto siciliano dovrà o pur no essere inserito nella Costituzione, e quali sono le ragioni per cui esso non ancora è entrato in esecuzione. Circa quest’ultima domanda, osserva che andrebbe rivolta al governo. Comunque nota che lo Statuto siciliano ha già avuto un principio di esecuzione, con la nomina della Commissione paritetica che è prevista dall’articolo 43 di esso Statuto che è chiamata a «determinare le norme transitorie relative al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, nonché le norme per l’attuazione dello Statuto».

Circa la prima domanda, rispondendo a titolo semplicemente personale, rileva che l’attuale Statuto siciliano potrà esser preso in esame – e soltanto per quanto riguarda il suo «coordinamento» con le norme della Costituzione – dopo che queste norme saranno deliberate dall’Assemblea costituente, e non prima, giacché fino a-quando tali norme non sono deliberate manca il presupposto stesso a cui riferirsi per il coordinamento. Il che naturalmente non deve impedire che lo Statuto siciliano abbia per intanto attuazione, specialmente con l’apprestamento della legge elettorale e la successiva immediata convocazione dei comizi per l’elezione della Assemblea regionale. Se poi, dopo il «coordinamento» suddetto, lo Statuto dovrà essere aggiunto alla Costituzione come un allegato o essere lasciato a parte come un testo autonomo, a sé stante, è questione di forma, che potrà risolversi in un senso o nell’altro. Quello che conta è la sostanza, e la sostanza è questa: che in ogni caso lo Statuto ha carattere e valore di legge costituzionale.

Quanto alle altre considerazioni dell’onorevole Finocchiaro Aprile, manifesta il suo netto dissenso, rilevando che l’autonomia regionale va considerata ed attuata non solo e non tanto nell’interesse particolaristico delle Regioni, quanto nell’interesse generale dello Stato, a cui le Regioni potenziate daranno un apporto più volonteroso ed efficace nel difficilissimo compito della ricostruzione. Proprio come siciliano, dichiara inoltre recisamente che non sarebbe mai e poi mai da chiedere o da accettare qualsiasi, anche minima, garanzia internazionale, la quale ripugna e contrasta non solo col sentimento, ma anche con la ferma convinzione che, per risorgere, il Paese non può fare appello che alle sue proprie forze.

VANONI dichiara che le poche osservazioni che intende svolgere saranno fatte da lui a titolo puramente personale e in un campo strettamente tecnico, ossia quello economico.

Al riguardo l’onorevole Piccioni ha insistito più volte sulla necessità di esaminare in concreto le esigenze particolari di quelle Regioni, per le quali alcuni colleghi vogliono che siano formulati Statuti speciali. Ciò non è stato fatto, per quanto la richiesta dell’onorevole Piccioni fosse perfettamente logica, perché non può essere dubbia la necessità di stabilire quali siano le esigenze locali che possono consigliare particolari soluzioni dei problemi economici di determinate Regioni. Soltanto l’onorevole Lussu ha rapidamente accennato, a titolo esemplificativo, ad alcuni problemi che, secondo lui, dovrebbero essere risolti in un modo particolare per le quattro Regioni menzionate nel secondo comma dell’articolo 2. Ad esempio, egli ha affermato che i beni demaniali in Sardegna dovrebbero essere di proprietà della Regione. Ma se ciò fosse opportuno per la Sardegna, non si comprende perché non si dovrebbe adottare un’eguale misura per le altre Regioni. Lo stesso si può dire per le miniere: una materia che dev’essere regolata uniformemente, tanto è vero che la formazione di un diritto minerario è stata imposta proprio dal fatto che in questa materia oggi non è più possibile fare una politica regionalistica.

Un altro problema da risolvere è quello del regime delle acque; ma in questo campo o si adotta una regolamentazione di tipo svizzero, secondo cui la proprietà delle acque spetta agli enti autarchici rivieraschi, o si deve fare ricorso alla norma per cui le acque sono di proprietà dello Stato. Anche qui, dunque, bisogna sapere a che cosa si vuol giungere, ed egli crede che si possa trovare il modo di contemperare le esigenze locali con quelle di carattere nazionale, senza creare situazioni profondamente diverse nelle varie Regioni.

Il progetto in esame stabilisce che compete alla Regione la potestà legislativa in materia di strade, e trova giusto che la soluzione dei problemi della viabilità sia affidata alle Regioni, perché là dove esiste un godimento deve anche essere un concorso alla spesa. È sperabile che sarà così contrastata la tendenza a centralizzare le spese, per cui i Comuni hanno sempre cercato di far classificare le loro strade fra quelle provinciali, e le Provincie di far classificare le loro fra quelle nazionali.

Altri due problemi assai importanti sono quelli della zona franca concessa alla Valle d’Aosta e dell’autonomia tributaria riconosciuta alla Sicilia. Circa il primo, osserva che potrebbe essere risolto senza includere una specifica norma al riguardo nella Costituzione, in analogia a quanto è avvenuto in casi consimili. Ad esempio, il comune Livigno gode ormai da lungo tempo di una forma speciale di zona franca, creata con apposita legge. Egualmente importante, ma assai più grave, è la disposizione contenuta nello Statuto siciliano, con la quale si riconosce alla Sicilia l’autonomia tributaria, nei confronti della quale reciso è il suo dissenso, perché la misura dell’autonomia di un ente è data sempre dalla sua autonomia in materia finanziaria; e appunto perché si deve cercar di creare un sistema di autonomia che non distrugga ma integri l’unità dello Stato, è doveroso adottare un ordinamento tributario regionale che non indebolisca, ma rafforzi l’ordinamento tributario del Paese. Una Regione autonoma che continui a far parte di tutto il complesso nazionale non può mai porsi in una situazione tale da diminuire le possibilità di percezione delle imposte da parte dello Stato. L’attività tributaria di ogni Regione dev’essere contemperata con l’attività tributaria generale dello Stato. La forma di autonomia finanziaria prevista dall’articolo 8 del progetto, cioè di un’autonomia finanziaria coordinata con la finanza dello Stato, è l’unica che possa essere concessa; l’altra, quella stabilita nello Statuto siciliano, per cui lo Stato è subordinato, nell’esercizio della sua attività tributaria, all’attività tributaria della Regione, è un elemento di anarchia nel sistema dell’organizzazione statale. Si tratta di un grave problema, che dev’essere senz’altro riesaminato, perché altrimenti si arriverebbe alla deprecabile conseguenza che lo Stato non potrebbe, in caso di necessità, integrare le spese della Sicilia, verso cui ha il dovere di intervenire per riparare alle gravi ingiustizie che da decenni sono state commesse ai danni della sua popolazione, proprio per la posizione di quasi completa indipendenza che sarebbe assunta dalla Sicilia nei confronti del sistema tributario generale del Paese. Bisogna rendersi conto di queste esigenze di carattere tecnico senza suscettibilità politiche, perché tali suscettibilità passano e la Costituzione resta, se veramente si vuole che lo Stato autonomistico si affermi e prosperi.

Ritiene perciò opportuno esaminare, prima di ogni altra questione relativa alla determinazione di un ordinamento regionale dello Stato, le situazioni particolari di alcune determinate Regioni, allo scopo di rendersi conto se esse veramente siano tali da imporre nella Costituzione una regolamentazione speciale, o se esse non possano rientrare nel quadro di quell’autonomia generale che si ha in animo di concedere a tutte le Regioni d’Italia.

NOBILE riconferma la sua avversità per qualsiasi soluzione del problema dell’autonomia regionale, che possa, anche per una minima parte, compromettere non solo l’unità politica, ma anche quella economica dello Stato. È assurdo nel mondo moderno parlare di un’economia regionalistica. In Francia, sebbene vi siano fautori dell’autonomia regionale, non si è fatta parola nella nuova Costituzione di un ordinamento regionale autonomo.

L’onorevole Finocchiaro Aprile ha apertamente dichiarato che l’autonomia siciliana è da lui considerata come un primo passo verso l’indipendenza della Sicilia. Ciò è una riprova che il problema regionalistico in Italia non può non destare, quale che sia la soluzione che ad esso si intenda dare, serie preoccupazioni. Non riesce a simpatizzare col movimento regionalistico, forse perché non è attaccato ad alcuna particolare Regione d’Italia e si sente soltanto italiano; o forse anche perché è convinto che come conseguenza della rivoluzione meccanica tutte le comunità umane debbono tendere verso l’unificazione. Comunque, non può capire come si voglia da taluno disunire la stessa nostra Patria, la cui unità è costata tanti sacrifici.

La sola esigenza che può ammettere è quella di provvedere a concedere una conveniente autonomia alle zone mistilingui di confine, per le quali l’autonomia può anche essere imposta da accordi internazionali, come sta avvenendo per l’Alto-Adige, o da considerazioni di opportunità internazionale. Si tratta, infatti, in tal caso di concedere Statuti speciali per la protezione delle minoranze etniche. Ma non può assolutamente comprendere le esigenze prospettate dagli onorevoli Finocchiaro Aprile e Lussu relativamente all’autonomia della Sicilia e della Sardegna, terre italianissime. Non è certo la difficoltà delle comunicazioni con la Sardegna che può consigliare, come ha affermato l’onorevole Lussu, l’autonomia di questa Regione. Si tratta di difficoltà di carattere contingente, destinate rapidamente a sparire, sicché probabilmente fra qualche anno si impiegherà, per recarsi da Roma a Cagliari, molto minor tempo di quello che oggi sia necessario per spostarsi da un punto all’altro di Roma.

CASTIGLIA è favorevole all’emendamento dell’onorevole Bozzi, con la riserva però che la formulazione dell’articolo 2 proposta dal Comitato abbia valore di riconoscimento dei diritti acquisiti dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla Valle d’Aosta c dal Trentino-Alto Adige. In ogni modo, quale che possa essere la formulazione definitiva dell’articolo 2, occorre che in esso si faccia menzione delle particolari condizioni delle quattro Regioni suddette, a cui è necessario riconoscere un’autonomia più ampia per la loro speciale situazione geografica ed economica.

Non crede di poter controbattere con altrettanta perizia le eccezioni di carattere economico o finanziario sollevate dall’onorevole Vanoni: può soltanto rilevare che è bene rinviare la soluzione del problema dell’autonomia finanziaria al momento in cui si dovrà affrontare l’esame dei singoli Statuti speciali, per un’evidente esigenza di coordinamento con il testo della Costituzione. In ogni modo non crede che le osservazioni fatte dall’onorevole Vanoni possano costituire una ragione valida perché debba essere soppresso il secondo comma dell’articolo 2.

L’onorevole Nobile si è mostrato seriamente preoccupato che, con l’adozione di particolari Statuti per la Sicilia e la Sardegna, possa essere disintegrata l’unità dello Stato e a riprova dei suoi timori ha fatto riferimento ad alcune affermazioni dell’onorevole Finocchiaro Aprile. Può dichiarare, nella maniera più esplicita, che egli è decisamente contrario alle opinioni espresse dall’onorevole Finocchiaro Aprile. Non solo, ma può affermare categoricamente, come rappresentante del popolo siciliano, che la maggioranza dei siciliani non aspira affatto a quella indipendenza di cui ha fatto parola l’onorevole Finocchiaro Aprile. Ciò, del resto, è stato ampiamente dimostrato dall’esito delle elezioni del 2 giugno, con le quali il popolo siciliano ha inviato all’Assemblea costituente deputati che in maggioranza, pure appartenendo a diversi partiti, sono di sentimenti unitari. La Sicilia è unitaria: lo è sempre stata e lo sarà, anche se ha dovuto subire ingiustizie ed incomprensioni da parte delle altre Regioni d’Italia e dei vari Governi che si sono succeduti al potere. Non teme di essere monotono ripetendo l’abusato motivo che la Sicilia vanta un diritto di priorità nel grande movimento rivoluzionario che condusse, nel secolo scorso, il popolo italiano all’unità della Patria.

PRESIDENTE ricorda che al primo comma dell’articolo sono stati presentati due emendamenti nella riunione precedente dall’onorevole Laconi e dall’onorevole Mortati.

Quello dell’onorevole Laconi dice:

«Nel quadro dell’unità ed indivisibilità dello Stato, le Regioni sono costituite in enti autarchici secondo i principî fissati negli articoli seguenti.

«Alle Regioni sono delegati tutti quei servizi statali che possono utilmente essere decentrati secondo la legge sulla riorganizzazione dei servizi dello Stato».

Quello dell’onorevole Mortati è così formulato:

«Nel quadro dell’unità ed indissolubilità nazionale, le Regioni sono costituite in enti autonomi con poteri e funzioni propri, secondo i principî generali o speciali, fissati nei seguenti articoli».

Poiché l’emendamento dell’onorevole Laconi è quello che più si discosta dal testo proposto dal Comitato, lo mette in votazione, con l’intesa che, ove sia respinto, prima di passare alla votazione sull’emendamento dell’onorevole Mortati, questi dovrebbe chiarire il suo pensiero, dato che l’emendamento in questione mira a sostituire non solo il primo, ma anche il secondo comma dell’articolo 2.

Mette in votazione l’emendamento dell’onorevole Laconi.

LUSSU dichiara di votare contro, perché ritiene che il testo proposto dal Comitato risponda maggiormente a criteri d’ordine generale, dato che alla redazione dell’articolo 2 hanno collaborato i rappresentanti di tutti i partiti.

(Non è approvato).

MORTATI dichiara di ritirare la sua proposta di emendamento.

PRESIDENTE mette in votazione il primo comma dell’articolo 2 nel testo proposto dal Comitato:

«Nel quadro dell’unità e indivisibilità dello Stato le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati negli articoli seguenti».

(È approvato).

Ricorda che al secondo comma sono stati presentati vari emendamenti, nella riunione precedente, dagli onorevoli Rossi, Nobile, Fabbri, Laconi e Bordon; nella riunione odierna dagli onorevoli Bozzi e Tosato unitamente agli onorevoli Piccioni, Cappi e Fuschini.

L’onorevole Rossi ha proposto la seguente dizione:

«Alle Regioni insulari ed a quelle di confine mistilingui possono venire attribuite, ecc.».

L’emendamento dell’onorevole Nobile è il seguente:

«Per le Regioni mistilingui potranno concedersi particolari condizioni di autonomia, con Statuti speciali di valore costituzionale».

L’onorevole Bordon ha proposto:

«Alla Val d’Aosta e alla Regione Tridentina, dato le loro condizioni geografiche, economiche e linguistiche, nonché alle Regioni insulari verranno attribuite forme e condizioni particolari di autonomia con Statuti speciali di valore costituzionale».

L’onorevole Fabbri:

«Alle Regioni mistilingui di confine, quali la Val d’Aosta ed il Trentino-Alto Adige, ed a quelle insulari, quali la Sicilia e la Sardegna, sono attribuite, in relazione a queste circostanze, forme ecc.».

L’onorevole Laconi:

«Alla Sicilia, alla Sardegna e alle Regioni mistilingui di confine sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia con Statuti speciali di valore costituzionale».

Ridà infine lettura delle due proposte odierne:

Bozzi: «Con legge costituzionale possono essere attribuiti alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d’Aosta e al Trentino-Alto Adige e alle altre Regioni che ne facciano richiesta, condizioni diverse di autonomia»,

Tosato, Piccioni, Cappi e Fuschini: «In relazione alle loro particolari esigenze, alle Regioni mistilingui della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige, come a quelle insulari della Sicilia e della Sardegna, sono riconosciute forme e condizioni speciali di autonomia, che in quanto divergano dalle norme seguenti, sono stabilite con legge costituzionale».

FABBRI dichiara di voler sopprimere nel testo dell’emendamento da lui proposto la parola «quali», riferita alle Regioni mistilingui della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige e alle Regioni insulari della Sicilia e della Sardegna, perché potrebbe far pensare a una menzione fatta soltanto a titolo esemplificativo.

CONTI domanda se con l’espressione di «Regioni insulari», contenuta nell’emendamento proposto dall’onorevole Rossi, si debbano intendere soltanto la Sicilia e la Sardegna.

ROSSI PAOLO risponde che egli intendeva riferirsi soltanto alla Sicilia e alla Sardegna. In ogni modo, affinché non possano sorgere equivoci in proposito, dichiara di mutare la forma del suo emendamento facendo espressa menzione delle isole anzidette.

PRESIDENTE mette in votazione l’emendamento dell’onorevole Nobile, come quello che più si differenzia dal testo del secondo comma proposto dal Comitato.

(Non è approvato).

Fa presente che, fra i vari emendamenti proposti al secondo comma, occorre distinguere quelli che prevedono soltanto la possibilità di un’attribuzione di particolari forme di autonomia a determinate Regioni e quelli che stabiliscono categoricamente di concedere a date Regioni tali particolari forme di autonomia. Nel primo gruppo rientrano gli emendamenti degli onorevoli Rossi e Bozzi, nel secondo, quelli degli onorevoli Fabbri, Laconi, Bordon e Tosato.

LACONI osserva che occorrerebbe adottare anche un altro criterio di distinzione a proposito dei vari emendamenti proposti, vale a dire quello per cui si ammette, oppur no, la concessione di forme particolari di autonomia con Statuti speciali. Di ciò, ad esempio, non si fa menzione nell’emendamento proposto dall’onorevole Tosato. La questione è assai importante, perché esiste evidentemente una notevole differenza fra l’attribuire condizioni particolari di autonomia per mezzo di una legge, sia pure costituzionale, e il concedere tale forma di autonomia per mezzo di uno Statuto speciale. Una legge, infatti, è sempre emanata dal potere centrale, mentre uno Statuto è formulato dagli organi della Regione, anche se poi dovrà essere riconosciuto dallo Stato.

BOZZI vuol chiarire la ragione per cui egli ha usato la parola «possono» nel suo emendamento. Tale termine sta ad indicare la possibilità che siano attribuite forme particolari di autonomia non solo alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d’Aosta e al Trentino-Alto Adige, ma anche a tutte le altre Regioni che ne facciano richiesta. Inoltre l’adozione del termine suddetto è dovuta anche ad un’altra ragione: più volte è stato affermato, in seno alla Sottocommissione, che potrà aversi una legge costituzionale che stabilisca in materia di autonomia una disciplina diversa da quella generale. Si potrà quindi avere una legge costituzionale diversa dalla Costituzione, salvo che non si vogliano allegare alla Costituzione stessa gli Statuti speciali per le quattro Regioni anzidette, nel qual caso ogni questione sarebbe risolta e, invece di usare il termine «possono», potrebbe essere adottato quello di «sono». In ogni modo si dichiara pronto a sostituire la parola «sono» all’altra «possono», purché sia fatta salva la possibilità per altre Regioni di chiedere una diversa forma di autonomia.

PRESIDENTE invita la Sottocommissione a pronunciarsi sulla questione, se l’indicazione delle Regioni a cui si dovrà concedere uno Statuto speciale debba formare oggetto di un’elencazione tassativa o di un’elencazione che lasci la possibilità a tutte le altre Regioni di fare richiesta di condizioni particolari di autonomia, attribuibili sempre con Statuti speciali.

CODACCI PISANELLI fa presente che il Comitato ha preferito adottare nell’articolo 2 l’indicazione delle Regioni, a cui si dovrà concedere una forma speciale di autonomia, per mezzo di un’elencazione tassativa, allo scopo di evitare che richieste del genere possano essere fatte da altre Regioni. Se la concessione di una speciale forma di autonomia si è dovuta fare alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d’Aosta e al Trentino-Alto Adige in un momento critico della nostra storia nazionale, è bene per l’avvenire garantirsi da altre simili concessioni. Per tale ragione è favorevole al mantenimento del secondo comma dell’articolo 2.

ZUCCARINI è stato l’unico, in seno al Comitato, a non approvare la formulazione del secondo comma in esame. Benché egli fosse il rappresentante, in seno al Comitato stesso, della tendenza favorevole alla forma più larga di autonomia, si rifiuta di ammettere che possano esservi due tipi di autonomia. È pericoloso, a suo avviso, stabilire due forme di autonomia, una eguale per la grande maggioranza delle Regioni, l’altra, differenziata e più larga con speciali Statuti, per la Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, perché le altre Regioni potrebbero essere incoraggiate a richiedere quelle forme particolari di autonomia che venissero concesse alle quattro Regioni suddette. Si cadrebbe così in quel particolarismo che si voleva evitare e non si otterrebbe quel coordinamento delle autonomie già concesse e riconosciute nell’ordinamento generale dello Stato.»

Poiché è convinto che non si debba dare motivo alle altre Regioni di dolersi che ad esse non sia concessa un’autonomia eguale a quella che verrebbe ad essere attribuita soltanto a quattro Regioni, voterà contro il mantenimento del secondo comma, pur non intendendo con tale voto esprimersi contro le autonomie già riconosciute. A suo avviso tali diritti di autonomia dovrebbero essere estesi a tutte le Regioni d’Italia.

LAMI STARNUTI è favorevole al mantenimento del secondo comma; si riserva tuttavia di sollevare il problema del Trentino-Alto Adige quando sarà posto in discussione l’articolo 22, sulla costituzione delle Regioni secondo la tradizionale ripartizione geografica dell’Italia.

MANNIRONI è pure favorevole al mantenimento del testo del secondo comma proposto dal Comitato, poiché l’onorevole Ambrosini non ha creduto opportuno insistere sulla formulazione originaria dell’articolo 2.

PRESIDENTE mette ai voti il principio che si debba fare un’elencazione tassativa delle Regioni a cui si dovranno concedere con Statuti speciali condizioni particolari di autonomia.

(È approvato).

TOSATO fa presente che sarebbe bene risolvere, prima di procedere alla votazione dell’intero secondo comma, una questione puramente tecnica, relativa all’espressione «Statuti speciali di valore costituzionale». Non comprende, infatti, perché soltanto gli Statuti delle quattro Regioni indicate nel comma suddetto debbano avere valore costituzionale. Appunto per questo ha presentato l’emendamento di cui il Presidente ha dato lettura.

PRESIDENTE fa osservare all’onorevole Tosato che la diversità fra gli Statuti delle varie Regioni è data proprio dal fatto che si avranno Statuti speciali per le Regioni elencate nell’articolo 2. Non vede poi perché anche le altre Regioni debbano avere ciascuna un proprio Statuto, quando esse dovranno tutte essere assoggettate alla stessa disciplina stabilita dalla Costituzione in materia di ordinamento regionale. È vero che l’articolo 21 del progetto accenna al fatto che ogni Regione avrà un proprio Statuto, deliberato in armonia ai principî informatori della legge sull’ordinamento regionale, ma evidentemente tali Statuti non dovranno contenere disposizioni che possano far pensare ad una diversità di diritti fra una Regione e un’altra. Anche ai Comuni verrà attribuita l’autonomia, ma sarebbe assurdo consentire che ogni Comune deliberasse un proprio Statuto. Tanto l’ordinamento comunale come quello regionale non potranno discendere che da una sola fonte: dalla Costituzione dello Stato. Una eccezione a tale principio è quella costituita dagli Statuti speciali per le quattro Regioni menzionate nel secondo comma.

TOSATO osserva che non è detto che gli Statuti delle singole Regioni debbano essere eguali per tutte. Difatti, l’articolo 6 del progetto stabilisce che spetta alla Regione l’amministrazione nelle materie di propria competenza legislativa, e in quelle altre materie che sono di competenza dello Stato, ma che lo Stato intenda affidare ad essa. Nulla, quindi, impedisce che lo Stato trasferisca a una Regione l’amministrazione di alcune determinate materie e non la trasferisca ad un’altra; onde ogni Regione dovrà avere un proprio Statuto, deliberato dalla Regione stessa e sottoposto per la ratifica al Parlamento.

PERASSI ritiene che l’accenno fatto agli Statuti, nel secondo comma dell’articolo 2, possa dar luogo ad equivoci, perché nell’articolo 21 si ha un altro accenno agli Statuti regionali. È del parere, tuttavia, che l’articolo 21 non debba essere modificato, perché gli Statuti ivi menzionati non hanno altro scopo che quello di disciplinare, per ciascuna Regione, l’attuazione dei principî costituzionali concernenti la Regione stessa, soprattutto nell’ipotesi, accennata dall’onorevole Tosato, che ad una data Regione venga attribuita dallo Stato una competenza non ammessa per un’altra. L’idea, quindi, di uno Statuto che sia sottoposto, ai fini di una certa garanzia, all’approvazione del Parlamento è perfettamente logica, e non deve turbare gli scrupoli dei più ferventi fautori di un ordinamento regionale autonomo. Nella stessa Svizzera, che è uno Stato federale, la Costituzione stabilisce che le Costituzioni cantonali debbono essere sottoposte alla approvazione dell’Assemblea. Dove non conviene parlare di Statuti, visto che se ne parla nell’articolo 21, è nell’articolo 2, e ciò perché, fra l’altro, con tale articolo si mira a stabilire che occorre una legge costituzionale per attribuire a certe Regioni un ordinamento regionale diverso da quello comune. Non si tratta qui di Statuti deliberati da appositi organi costituiti e poi sottoposti all’approvazione del Parlamento, bensì di norme speciali, poste in essere dalla stessa deliberazione del Parlamento.

Per tali considerazioni sarebbe bene parlare nell’articolo 2 soltanto di condizioni particolari di autonomia stabilite con legge costituzionale.

LUSSU non è favorevole all’emendamento dell’onorevole Tosato, perché a suo avviso le parole «Statuti speciali» devono restare nel testo della Costituzione. Ritiene inoltre, che le dichiarazioni fatte dallo stesso onorevole Tosato a proposito dell’espressione «Statuti speciali con valore costituzionale», non abbiano reale consistenza, perché è chiaro che anche gli Statuti speciali dello quattro Regioni indicate nell’articolo 2 non potranno non avere un valore costituzionale, visto che saranno sottoposti all’approvazione dell’Assemblea costituente.

LA ROCCA è del parere che non si possa assolutamente accettare l’idea di una diversità di Statuti fra Regione e Regione, fatto salvo naturalmente il principio che, in vista di situazioni particolari, dovranno essere riconosciute forme speciali di autonomia alle quattro Regioni indicate nel secondo comma dell’articolo 2.

AMBROSINI, Relatore, si rende conto delle varie obiezioni mosse relativamente alla questione in esame, tanto più che esse furono fatte da alcuni colleghi anche in seno al Comitato. Si pensò di eliminarle col sistema di allegare alla Costituzione gli Statuti speciali per le quattro Regioni elencate nel secondo comma. Ciò considerato, ritiene che possa senz’altro essere messo in votazione il testo del secondo comma proposto dal Comitato.

PRESIDENTE crede che la formulazione proposta dall’onorevole Tosato esprima più chiaramente la possibilità a cui ha accennato l’onorevole Ambrosini.

LACONI osserva che, per quanto riguarda gli Statuti speciali, non si tratta di leggi che siano emanate dallo Stato ed estese alle Regioni, ma di norme formulate dalle Regioni e che hanno riconoscimento da parte dello Stato. In altri termini, si tratta di dare alle Regioni la facoltà di riorganizzarsi dall’interno, secondo le loro particolari esigenze. Altro è invece il significato della parola «Statuto» nell’articolo 21, ossia di norma regolamentare interna. Sarebbe bene pertanto uscire dall’equivoco: coloro che non vogliono riconoscere alle quattro Regioni menzionate nel secondo comma una speciale forma di autonomia, dovrebbero dirlo chiaramente. Adottare una formula che riduce a nulla la disciplina speciale prevista per le quattro Regioni suddette, pur mantenendola apparentemente, non gli sembra cosa opportuna.

VANONI rileva, con preoccupazione, che nel corso della discussione si è accentuata la distinzione fra due tipi di autonomia; per il primo si hanno quattro Regioni con un vero e proprio ordinamento autonomo; per il secondo, tutte le altre Regioni dovrebbero avere soltanto un ordinamento decentrato.

Viceversa, gli sembra che il concetto politico, da cui la maggioranza almeno dei componenti la Sottocommissione è partita, fosse quello di ammettere un’effettiva autonomia per tutte le Regioni. Ed è per questo che l’articolo 21 del progetto prevede uno Statuto per ciascuna Regione, che non è già un regolamento interno, secondo quanto ha affermato l’onorevole Laconi, bensì il vero e proprio atto costitutivo della Regione; l’atto che, attraverso la parola dei cittadini viventi nella Regione, determina il sorgere della Regione stessa. Le norme che a tal proposito debbono essere fissate nella Costituzione sono semplicemente quelle che riconoscono la capacità dei cittadini a costituire la Regione. Se così non dovesse essere, si avrebbe soltanto un decentramento amministrativo.

Ora, se si tratta di riconoscere, a causa di motivi particolari, una forma diversa di autonomia per alcune determinate Regioni, una volta che si sia convinti dell’obiettività di tali motivi, si può accedere al concetto di ammettere speciali Statuti che divergano dalla media degli altri. Ma se si dovesse arrivare alla conclusione che soltanto quattro Regioni abbiano diritto di formularsi uno Statuto per propria iniziativa, che lo Stato poi riconosce, mentre le altre dovrebbero soltanto accettare lo Statuto dato ad esse dallo Stato, crede che tale conclusione non risponderebbe al concetto di autonomia che si ha in animo di realizzare.

LUSSU pensa che le preoccupazioni dell’onorevole Vanoni non abbiano ragione d’essere, visto che il Comitato non ha adottato la formulazione proposta dall’onorevole Grieco, secondo cui veramente si faceva una distinzione fra Regioni autonome e Regioni non autonome. I colleghi poi possono testimoniare che egli, in seno al Comitato ha sempre sostenuto il principio dell’autonomia per tutte le Regioni d’Italia.

PRESIDENTE mette in votazione l’emendamento dell’onorevole Tosato.

(Non è approvato).

AMBROSINI, Relatore, propone di mettere in votazione il testo del secondo comma dell’articolo 2 presentato dal Comitato, con la seguente modifica: sostituire alle parole «Statuti speciali di valore costituzionale» le seguenti: «Statuti speciali approvati con legge costituzionale».

PRESIDENTE mette in votazione il secondo comma dell’articolo 2 che, emendato secondo la proposta dell’onorevole Ambrosini, risulta così definitivamente formulato:

«Alla Sicilia, alla Sardegna, alla Valle d’Aosta o al Trentino-Alto Adige sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia con Statuti speciali approvati con legge costituzionale».

(È approvato).

La seduta termina alle 21.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Fabbri, Farini, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti, Vannoni e Zuccarini.

In congedo: Calamandrei, Leone Giovanni.

Assenti: Di Giovanni, Einaudi, Grieco, Patricolo e Porzio.