Come nasce la Costituzione

MARTEDÌ 15 OTTOBRE 1946

ASSEMBLEA COSTITUENTE

COMMISSIONE PER LA COSTITUZIONE

SECONDA SOTTOCOMMISSIONE

29.

RESOCONTO SOMMARIO

dELLA SEDUTA DI MARTEDÌ 15 OTTOBRE 1946

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

INDICE

Sugli Statuti siciliano e sardo

Presidente – Ambrosini – Laconi – Lussu – Nobile – Patricolo – Fuschini – Piccioni – Conti – Zuccarini.

Organizzazione costituzionale dello Stato (Seguito della discussione)

Presidente – Piccioni – Perassi – Fuschini – Lussu – Targetti – Laconi – Tosato – Bozzi – Fabbri – Lami Starnuti – La Rocca – Ambrosini – Codacci Pisanelli – Mannironi – Uberti – Cappi – Bordon – Rossi Paolo – Mortati, Relatore – Conti, Relatore – Nobile.

La seduta comincia alle 16.30.

Sugli Statuti siciliano e sardo.

PRESIDENTE prega l’onorevole Ambrosini, prima che sia ripreso l’esame del problema della formazione della seconda Camera, di dare brevemente qualche ragguaglio sui lavori del Comitato incaricato di redigere il progetto per le autonomie regionali.

AMBROSINI comunica che il Comitato ha esaminato nelle due ultime sedute il progetto da lui stesso formulato e quelli degli onorevoli Lami Starnuti, Grieco e Zuccarini, oltre naturalmente gli emendamenti proposti durante la discussione. I lavori del Comitato hanno realizzato notevoli progressi: restano ancora da risolvere alcune questioni, ma è da sperare che si possa presto giungere alla conclusione. Se l’onorevole Grieco, che in seno al Comitato rappresenta una autorevole corrente di pensiero, tornerà a partecipare, dopo una sua temporanea assenza da Roma, alle riunioni, all’inizio della settimana prossima potrà essere presentato al Presidente della Sottocommissione il testo degli articoli votati, con l’indicazione delle varianti che non sono state approvate dalla maggioranza, ma che è doveroso sottoporre all’esame della Sottocommissione, affinché essa possa farsi un’idea completa del lavoro compiuto dal Comitato di redazione.

PRESIDENTE, preso atto delle comunicazioni dell’onorevole Ambrosini, avverte che, in conformità alla decisione adottata nell’ultima seduta plenaria della Commissione, la seconda Sottocommissione è stata investita dell’esame dello Statuto siciliano, il quale – come è noto – dev’essere coordinato con la futura Costituzione dello Stato.

Pensa che tale compito potrebbe essere affidato allo stesso Comitato delle autonomie regionali, al quale per l’occasione potrebbero affiancarsi rappresentanti della prima e della terza Sottocommissione, affinché le deliberazioni del Comitato in merito al grave e delicato problema dell’autonomia siciliana rappresentino il più possibile l’espressione della volontà dell’intera Commissione per la Costituzione.

AMBROSINI ritiene opportuna la proposta del Presidente. Osserva però che il coordinamento tra lo Statuto siciliano e la nuova Costituzione dello Stato potrà effettuarsi soltanto dopo che saranno definite le norme della Costituzione stessa, specie quelle relative al problema delle autonomie regionali, e che nel frattempo lo Statuto va attuato, avendo già efficacia di legge. All’uopo la Commissione prevista dallo Statuto deve elaborare le norme del relativo regolamento, in modo che possa procedersi al più presto all’elezione dell’Assemblea nazionale.

Quanto al coordinamento suaccennato, reputa opportuno che venga fatto contemporaneamente all’esame degli Statuti speciali per la Sardegna, la Valle d’Aosta ed il Trentino-Alto Adige, in guisa che questi quattro Statuti, pur avendo attribuita una fisionomia particolare, vengano inquadrati in una armonica visione d’insieme.

LACONI rileva che l’onorevole Ambrosini ha accennato alla possibilità che il progetto per l’autonomia della Sardegna sia sottoposto all’esame della Costituente insieme a quello per l’autonomia siciliana. Ciò senza dubbio è giusto; ma a tale proposito sorge una difficoltà rappresentata dal fatto che non esiste ancora uno Statuto per la Sardegna, perché la Consulta regionale sarda respinse la proposta fatta a suo tempo di estendere automaticamente lo Statuto della Sicilia alla Sardegna; né uno Statuto per la Sardegna può essere redatto da quella Consulta, che da circa sei mesi non esiste più.

È stata affacciata l’ipotesi che un progetto di Statuto possa essere elaborato dal Gruppo parlamentare sardo. È una proposta che senz’altro merita di essere presa in considerazione, perché i deputati sardi sono persone tra le più qualificate a rappresentare gli interessi dell’Isola. In merito però a tale progetto sorgono due questioni: la prima relativa alla procedura, che dovrà essere diversa da quella seguita per la formulazione dello Statuto siciliano; e la seconda relativa al riconoscimento del Gruppo parlamentare sardo come organo competente a cui affidare la redazione di un progetto di Statuto per l’autonomia della Sardegna. Ritiene, comunque, che tale problema dovrà essere esaminato e risolto in una sede più opportuna, affinché lo Statuto per la Sardegna sia esaminato insieme con quello per la Sicilia, per evitare il sorgere di giuste preoccupazioni presso le popolazioni sarde.

LUSSU non può aderire alla proposta fatta dal Presidente, perché, a suo avviso, il Comitato per le autonomie ha discusso con la massima capacità le diverse questioni sottoposte al suo esame, e l’immissione in esso di altri membri potrebbe far sorgere delle difficoltà nelle discussioni e nell’espletamento dei lavori. È del parere quindi che il Comitato debba continuare il suo lavoro ed esaminare lo Statuto della Sicilia, per poi riferire alla seconda Sottocommissione e in ultima istanza alla Commissione plenaria.

D’altra parte la questione delle autonomie particolari, quali quelle per l’Alto Adige, il Trentino, la Val d’Aosta, la Sicilia e la Sardegna, non può far sorgere grandi difficoltà, all’infuori di quelle che il problema presenta per se stesso. La seconda Sottocommissione, quando abbia concluso i suoi lavori sulle autonomie in generale, dovrà esaminare anche la questione dell’autonomia di quelle regioni e località e presentare in proposito una sua relazione.

Circa la questione particolare dello Statuto per la Sardegna, accennata dall’onorevole Laconi, ricorda che esiste un progetto di Statuto formulato dal partito sardo, che è stato sempre favorevole all’autonomia dell’Isola e che anzi si può dire è stato il primo ad affermarla ventisette anni or sono, contro e durante il fascismo, e che la riafferma nel momento presente con spirito di assoluta lealtà nazionale. Naturalmente non si può pretendere che tutti siano favorevoli a un tale progetto; ma dell’esame di esso dovrebbero essere incaricati gli attuali deputati sardi, che sono gli unici qualificati a rappresentare la volontà delle popolazioni sarde, in quanto da esse eletti a suffragio universale.

Lo stesso criterio dovrebbe essere seguito per l’esame delle questioni relative all’autonomia del Trentino e della Val d’Aosta. Quest’ultima zona ha già un suo Statuto, ma è chiaro che questo dovrà essere coordinato con le disposizioni della nuova Costituzione dello Stato.

NOBILE trova strano che si parli di Statuti speciali per la Sicilia e per la Sardegna, come se già fosse accettato da tutti il principio delle autonomie regionali. Questo problema invece non è stato ancora dibattuto e risolto dalla Sottocommissione. Comunque non possono essere accomunate le italianissime popolazioni della Sardegna e della Sicilia con quelle mistilingui dell’Alto Adige e della Val d’Aosta.

È del parere pertanto che si debba innanzitutto portare a termine l’esame della questione delle autonomie regionali e che soltanto dopo una decisione in proposito potrà essere presa in considerazione l’opportunità o meno di dare uno Statuto speciale alla Sicilia e alla Sardegna.

AMBROSINI ricorda che lo Statuto per la Sicilia è stato emanato con provvedimento legislativo e precisamente col decreto legislativo luogotenenziale 15 maggio 1946, e che quindi ha valore di legge. Dissente perciò decisamente dall’opinione espressa dal precedente oratore, giacché non può esservi dubbio che lo Statuto in questione è già entrato a far parte del diritto positivo italiano. Rileva che l’articolo unico del suddetto decreto legislativo, che approva lo Statuto, dispone che esso dovrà essere sottoposto alla Costituente per essere coordinato con la nuova Carta costituzionale, ma che ciò non esclude che debba per intanto essere attuato, cominciandosi con l’elezione di quell’Assemblea regionale, la quale potrà, con la dovuta autorità e responsabilità, riesaminare le singole norme dello Statuto e proporre essa stessa alla Costituente gli emendamenti che credesse opportuni per il previsto coordinamento con la nuova Costituzione.

Passando a riguardare la questione dal punto di vista politico, richiama i precedenti lontani e vicini, e specialmente gli impegni tassativi assunti di fronte alla popolazione siciliana dai vari governi succedutisi dopo la liberazione di Roma, le sollecitazioni rivolte dal Presidente Parri e poi dal Presidente De Gasperi all’Alto Commissario ed alla Consulta della Sicilia per l’elaborazione di un progetto di Statuto regionale, la presentazione al Governo di tale progetto e la sua approvazione con provvedimento legislativo in seguito all’esame e al voto favorevole della Consulta Nazionale. Rileva che non si può, per ragioni intuitive, tornare indietro, e prega pertanto i colleghi di considerare fin da ora con la dovuta comprensione la situazione e lo stato d’animo particolare della popolazione siciliana.

PATRICOLO fa presente che lo Statuto per la Sicilia non è stato accolto con molto favore dalle popolazioni dell’Isola, perché è stato emanato poco democraticamente, senza adeguati studi preparatori e dopo troppo breve elaborazione. Richiamandosi a quanto è stato proposto dall’onorevole Lussu per la Sardegna, ritiene che sarebbe opportuno interpellare la volontà del popolo siciliano per mezzo dei suoi rappresentanti all’Assemblea Costituente. Ciò anche per aggiornare le disposizioni dello Statuto alle ultime necessità del momento e al pensiero politico del popolo siciliano. In questo campo, come giustamente ha affermato l’onorevole Ambrosini, non è possibile tornare indietro; occorre, anzi, fare qualche passo in avanti, rielaborando e possibilmente in qualche punto emendando quello Statuto.

È anche d’accordo con gli onorevoli Lussu e Ambrosini sulla opportunità di fissare prima i principî generali sulle autonomie regionali per procedere in un secondo momento al coordinamento fra tali principî e le autonomie particolari.

FUSCHINI fa presente, secondo quanto ha già osservato l’onorevole Ambrosini, che la Sottocommissione non è in grado di compiere un’opera di coordinamento dello Statuto per la Sicilia con la nuova Costituzione dello Stato, né può affidare tale incarico ad un Comitato, perché appunto non ancora sono stati stabiliti i principî fondamentali in materia di autonomia regionale che dovranno essere inclusi nella Costituzione.

Dichiara poi di essere alquanto perplesso circa l’opportunità della proposta fatta dal Presidente, di invitare alcuni membri della prima e della terza Sottocommissione a far parte del Comitato di redazione. Il Presidente della Commissione ha trasmesso il testo dello Statuto per la Sicilia al Presidente della Sottocommissione, perché esso appunto ha attinenza con uno dei problemi a questa affidati.

Ritiene quindi che la Sottocommissione debba soprassedere all’esame dello Statuto per la Sicilia fino a quando il Comitato di redazione non avrà ultimato i suoi lavori.

PRESIDENTE ricorda che il progetto per lo Statuto della Sicilia fu elaborato dalla Consulta siciliana e da questa trasmesso al Governo, il quale lo presentò alla Consulta Nazionale, che espresse in merito alcuni determinati pareri. Il Governo ultimamente, con apposito provvedimento legislativo, ha dato vigore di legge allo Statuto per la Sicilia, disponendo che esso debba essere coordinato con la nuova Costituzione dello Stato. Lo Statuto così è stato trasmesso alla Costituente e il Presidente dell’Assemblea lo ha inviato alla Commissione per la Costituzione, che ha deciso di affidare l’incarico di studiare il coordinamento tra lo Statuto stesso e la futura Costituzione dello Stato alla seconda Sottocommissione.

Dopo le osservazioni fatte da alcuni oratori, ritiene che meriti maggiore considerazione la proposta di soprassedere all’opera di coordinamento fino a quando sarà ultimata, da parte del Comitato di redazione, l’elaborazione del progetto sulla autonomia regionale.

Mette quindi ai voti la seguente proposta:

«La seconda Sottocommissione affida al Comitato che sta elaborando il progetto sulla autonomia regionale l’esame dello Statuto siciliano, affinché esso provveda a tempo opportuno ad assolvere il compito di cui la Sottocommissione stessa è stata incaricata».

(È approvata).

LACONI richiama nuovamente la questione dello Statuto della regione sarda.

PRESIDENTE osserva che la Sottocommissione non è stata ancora investita ufficialmente della questione accennata dall’onorevole Laconi. Sta quindi ai deputati sardi sollecitare una decisione di merito alla formulazione di un progetto di Statuto per la Sardegna.

LUSSU avverte che in Sardegna l’esigenza autonomistica è stata sempre profondamente sentita, forse più che in Sicilia. Se non ancora è stato presentato uno Statuto per la Sardegna, così come è avvenuto per la Sicilia, ciò è da attribuirsi a molteplici cause che per ora non è il caso di enumerare. Prospetta frattanto l’opportunità di annunciare alla stampa che l’esame dello Statuto per la Sicilia verrà fatto insieme a quello dello Statuto per la Sardegna.

PICCIONI domanda da quale organo dovrà essere preparato lo Statuto sardo.

LUSSU dichiara di aver trasmesso ai componenti il Comitato per le autonomie regionali un progetto di partito in merito alla questione dell’autonomia sarda. Naturalmente è ben lontano dal pensare che tale progetto possa essere accettato integralmente.

Torna ad osservare frattanto che i rappresentanti della Sardegna all’Assemblea Costituente sono quelli che oggi hanno piena potestà di esprimere il pensiero della popolazione sarda sulla questione dell’autonomia dell’Isola.

In ogni modo ripete che, da un punto di vista politico, sarebbe opportuno che in occasione dell’annuncio della discussione del progetto per l’autonomia della Sicilia si desse anche quello dell’esame dello Statuto autonomistico per la Sardegna.

CONTI condivide le osservazioni fatte dall’onorevole Lussu e crede che sarebbe opportuno annunciare che la Sottocommissione, mentre procede all’esame e al coordinamento dello Statuto siciliano, intende anche passare allo studio di un progetto di Costituzione sarda. È opportuno, infatti, che l’iniziativa per la formulazione di tale progetto sia presa dalla stessa Sottocommissione.

PRESIDENTE osserva che la Sottocommissione ha avuto una speciale delega per redigere il testo della Costituzione dello Stato, mentre nessuna investitura essa ha avuto per elaborare un progetto di Statuto della Sardegna. Se la Sottocommissione avesse i poteri che l’onorevole Conti intende attribuirle, qualsiasi regione potrebbe chiederle un progetto di Statuto.

ZUCCARINI ritiene che non ci si debba occupare di progetti particolari finché è in elaborazione il progetto per le autonomie regionali. Soltanto quando questo sarà pronto, il Comitato di redazione potrà prendere in esame lo Statuto siciliano e gli altri Statuti eventualmente proposti.

CONTI non può condividere l’opinione del Presidente. Ritiene che la Sottocommissione non abbia bisogno di una speciale investitura per esaminare e risolvere un determinato problema. In ogni modo, la richiesta dell’onorevole Lussu è assai semplice: si tratta soltanto di annunciare alla stampa, per ragioni di opportunità politica, che la Sottocommissione, mentre passa all’esame dello Statuto siciliano, intende anche occuparsi della questione dello Statuto per la Sardegna.

PRESIDENTE avverte che non sono trasmessi comunicati ufficiali alla stampa. Di solito i giornalisti sono informati privatamente delle decisioni prese in seno alla Sottocommissione e tali informazioni, non ufficiali, per ovvie ragioni di opportunità, non possono riferirsi che ai lavori eseguiti dalla Sottocommissione. Ora, se egli dovesse dare qualche informazione sulla seduta odierna, comunicherebbe che si è parlato soltanto del modo in cui esaminare lo Statuto siciliano, ma non potrebbe aggiungere altro perché la Sottocommissione non ha preso altra decisione.

PICCIONI ritiene che non sia opportuna la richiesta di investire la Sottocommissione del problema relativo alla formulazione di un progetto di Statuto per la Sardegna. A suo avviso, occorre attendere che sia elaborato lo Statuto generale delle regioni. Se questo poi non dovesse soddisfare le esigenze di alcune regioni, soltanto allora potrebbe sorgere il problema di dare a queste appositi Statuti. Certi apriorismi in questo campo possono essere pericolosi oltreché dannosi, perché vengono a svalutare il nuovo ordinamento regionale dello Stato. I diversi interessati quindi, prima di esigere Statuti particolari per determinate regioni, farebbero bene ad attendere che sia ultimata l’elaborazione del progetto generale dell’Ente regionale.

LUSSU dichiara che, a suo avviso, anche in comunicazioni non ufficiali alla stampa sarebbe arbitrario parlare soltanto dello esame, da parto della Sottocommissione, dello Statuto per l’autonomia della Sicilia. E ciò perché nell’ordine del giorno, già approvato, dell’onorevole Piccioni, e nell’articolo 2 del progetto del Comitato per le autonomie regionali, si fa riferimento non solo alla Sicilia, ma anche alla Sardegna, alla Val d’Aosta, all’Alto Adige e al Trentino. Pertanto la Sottocommissione, se affronta il problema dall’autonomia siciliana, è tenuta anche ad affrontare quello dell’autonomia sarda. Insiste quindi, per evitare il sorgere di giustificabili risentimenti, che sia data comunicazione che la Sottocommissione passerà anche allo studio, in occasione dell’esame dello Statuto siciliano, dell’autonomia della Sardegna, della Val d’Aosta, dell’Alto Adige e del Trentino.

PRESIDENTE osserva che tutti gli italiani che leggono i giornali presumibilmente sono già informati che la Sottocommissione ha posto sullo stesso piano l’autonomia della Sicilia, della Sardegna, della Val d’Aosta, del Trentino e dell’Alto Adige, in quanto la stampa ha già dato notizia, non solo dell’ordine del giorno dell’onorevole Piccioni, ma anche dei lavori della Sottocommissione. Non crede quindi che, qualora venga comunicato che la Sottocommissione è stata investita dall’Assemblea Costituente dell’esame dello Statuto per l’autonomia siciliana, possa nascere la preoccupazione che essa non voglia occuparsi anche dell’autonomia sarda, qualora le sia posto questo problema in seguito all’iniziativa di qualche interessato.

Dichiara chiusa la discussione su questo argomento.

Seguito della discussione sull’organizzazione costituzionale dello Stato.

PRESIDENTE ricorda che nella precedente seduta si decise di sospendere i lavori, per consentire ai rappresentanti democristiani di partecipare a una riunione del loro Gruppo, indetta per l’esame della dibattuta questione relativa alla formazione della seconda Camera. Invita pertanto i rappresentanti democristiani ad informare la Sottocommissione delle conclusioni a cui sono pervenuti.

PICCIONI dà notizia che il suo Gruppo ha ritenuto che il progetto formulato in seguito ai contatti con alcuni colleghi, particolarmente quelli di parte socialista, non rispondo innanzitutto alla esigenza pratica di una concreta realizzazione, e in secondo luogo alle necessità, già prospettate dallo stesso Gruppo democratico cristiano, visto che pone fra l’altro come una pregiudiziale insuperabile l’elezione a suffragio universale diretto. I rappresentanti democristiani si trovano quindi nella necessità di ribadire i loro punti di vista particolari, ancorché sentano che essi non siano condivisi dalla maggioranza della Sottocommissione. Non si rifiutano, tuttavia, in linea subordinata, di esaminare, salvo ad apportarvi alcuni emendamenti che non ne modifichino la struttura fondamentale, lo schema presentato alla Presidenza dall’onorevole Perassi, in quanto esso, anche se non viene incontro al punto di vista particolare della rappresentanza degli interessi, pone tuttavia il problema in termini di più facile realizzazione e prevede l’elezione di secondo grado, che riveste una notevole importanza ai fini di impedire che la seconda Camera diventi un doppione della prima.

PRESIDENTE osserva che dalle dichiarazioni dell’onorevole Piccioni si può concludere che l’accordo auspicato fra i rappresentanti dei vari gruppi in merito alla questione della formazione della seconda Camera non è stato raggiunto.

V’è frattanto la proposta articolata dall’onorevole Perassi, sulla quale l’onorevole Piccioni ha detto di essere disposto a discutere, e che è così concepita:

«La seconda Sottocommissione, tenuti presenti i principî già adottati per quanto concerne il sistema bicamerale e la formazione della seconda Camera, delibera di procedere alla formulazione delle norme relative alla formazione della seconda Camera sulla base dei criteri seguenti:

1°) la seconda Camera sarà interamente elettiva;

2°) è esclusa l’elezione, anche parziale, dei membri della seconda Camera da parte di distinti collegi elettorali costituiti su base professionale o di categorie;

3°) la seconda Camera sarà composta di 315 membri, di cui 300 eletti dalla regione e 15 dalla Camera dei Deputati (ovvero Assemblea Nazionale);

4°) i seggi attribuiti alle regioni saranno ripartiti in proporzione della rispettiva popolazione, previa assegnazione di 5 seggi a ciascuna regione;

5°) in ciascuna regione i membri della seconda Camera saranno eletti;

  1. a) per un terzo dall’Assemblea regionale, con libera scelta fra cittadini aventi uno dei requisiti di capacità e di esperienza nei diversi rami dell’attività produttiva che saranno stabiliti dalla legge concernente l’elezione della seconda Camera;
  2. b) per il resto da delegati dei consigli comunali, ciascuno dei quali eleggerà un numero di delegati che sarà determinato in relazione al numero degli elettori iscritti nel comune. Le modalità di applicazione saranno determinate dalla detta legge speciale;

6°) il requisito dell’età sarà stabilito in quello di 35 anni compiuti per tutte le categorie di membri della seconda Camera;

7°) per i membri della seconda Camera di elezione regionale sarà requisito di eleggibilità l’essere nato nella regione od avervi la residenza da almeno 5 anni;

8°) nessuno potrà essere contemporaneamente membro delle due Camere».

PICCIONI propone di votare per divisione l’ordine del giorno dell’onorevole Perassi e di mettere innanzi tutto in votazione la disposizione contrassegnata dal n. 2.

PRESIDENTE accede al desiderio dell’onorevole Piccioni e pone pertanto in votazione la seguente formula contrassegnata dal n. 2 nell’ordine del giorno Perassi: «È esclusa l’elezione, anche parziale, dei membri della seconda Camera da parte di distinti collegi elettorali costituiti su base professionale o di categorie».

PICCIONI dichiara, a nome del suo gruppo, di votare contro. Tiene altresì a far presente che il pensiero del suo Gruppo, in merito al problema della formazione della seconda Camera, è rappresentato dai seguenti punti contenuti nell’ordine del giorno dell’onorevole Mortati:

«Art. 1. – Il potere legislativo è esercitato collettivamente dalla Camera dei Deputati e dal Senato.

«Art. 2. – La formazione e cessazione delle due Camere avvengono contemporaneamente.

«Art. 3. – Il Senato è composto da membri eletti dalle regioni, in numero di 300, per la durata di 5 anni. Il numero dei senatori assegnato ad ogni regione è proporzionale a quello dei cittadini in essa domiciliati. Tuttavia nessuna regione potrà avere un numero di rappresentanti superiore a … né inferiore a …

«Art. 4. – I seggi di senatori assegnati ad ogni regione sono per metà coperti con elezioni a suffragio diretto universale, e per l’altra metà con elezione da effettuarsi nell’ambito di speciali collegi elettorali, formati in base alla appartenenza dei cittadini ad una delle seguenti categorie di attività produttiva:

  1. a) agricoltura e pesca;
  2. b) industria, comprese quelle dei trasporti e bancaria;
  3. c) commercio;
  4. d) scuola e cultura;
  5. e) giustizia;
  6. f) urbanistica, sanità ed igiene;
  7. g) amministrazione pubblica.

«Art. 5. – L’assegnazione del numero dei membri da eleggere dalle singole categorie nell’ambito di ciascuna regione sarà fatta con legge costituzionale da sottoporre a revisione periodica ogni 10 anni, tenendo conto del diverso grado di efficienza di ognuno.

«Art. 6. – I procedimenti elettorali per la nomina dei due gruppi dei senatori saranno determinati da apposita legge.

«Art. 7. – Partecipano alle elezioni per la parte dei senatori da eleggere a suffragio universale tutti i cittadini i quali abbiano compiuto il 25° anno di età. Sono elettori nei collegi speciali i cittadini appartenenti alle singole categorie che abbiano compiuto il 21° anno di età (oppure che abbiano raggiunta la maggiore età).

«Art. 8. – Sono eleggibili alla carica di senatore i cittadini i quali, oltre a possedere i requisiti richiesti per le elezioni alla Camera dei Deputati, abbiano raggiunto l’età di anni 40 e abbiano ricoperto per almeno due anni una delle seguenti cariche:

(Omissis).

«Per l’elezione nei collegi speciali occorre altresì che i candidati appartengano effettivamente alla categoria corrispondente a ciascuno dei collegi stessi».

(Il n. 2 dell’ordine del giorno Perassi è approvato con 17 voti favorevoli e 10 contrari).

PERASSI fa presente che la formula contrassegnata dal n. 3 nel suo ordine del giorno consta di due parti: nella prima si fissa il numero dei senatori da eleggersi nelle regioni; nella seconda è prevista l’elezione di un piccolo numero di essi da parte della Camera dei Deputati o dell’Assemblea Nazionale, cioè da parte delle due Camere riunite. Propone che per il momento sia messa in votazione soltanto la prima parte della formula in esame.

FUSCHINI osserva che, dal momento che per la prima Camera si è preferito, al criterio di un numero fisso, quello di un numero proporzionale alla popolazione, sarebbe consigliabile, anche nei riguardi della seconda Camera, seguire lo stesso criterio, stabilendo però un rapporto diverso fra il numero degli abitanti ed ogni eligendo.

LUSSU rileva che, prima di addivenire alla votazione della formula proposta dall’onorevole Perassi, occorrerebbe che il proponente illustrasse anche le disposizioni contenute nei numeri successivi del suo ordine del giorno, che sono in stretto rapporto con la formula anzidetta.

TARGETTI si associa. Infatti, dal solo contesto del n. 3 non ci si può rendere conto se le regioni debbano essere intese come circoscrizioni elettorali o come corpo elettorale.

LACONI rileva che la formula proposta dall’onorevole Perassi implica già, pur senza dirlo esplicitamente, l’elezione di secondo grado, in quanto parla di eletti dalla regione. Chiede pertanto che la votazione avvenga su una formula più semplice, con la quale si stabilisca se la elezione della seconda Camera debba avvenire sulla base del suffragio universale, difetto e segreto, ovvero mediante elezione di secondo grado.

TOSATO propone, allo scopo di facilitare la discussione, di mettere in votazione soltanto il principio che la seconda Camera sia composta di 300 membri eletti su base regionale. Con tale formula non si pregiudicherebbe la decisione sul suffragio diretto o indiretto.

BOZZI propone di passare senz’altro alla discussione della formula contrassegnata dal n. 5 nell’ordine del giorno dell’onorevole Perassi, perché essa appunto investe tutta la questione in esame».

PRESIDENTE crede preferibile prendere in considerazione la proposta dell’onorevole Laconi, in vista della sua semplicità, mentre con la formula del n. 5 si dà già per accettata una soluzione e si stabilisce il modo di attuarla.

LUSSU dichiara di votare in favore della elezione di secondo grado, nel desiderio di arrivare ad una conclusione che sia accettata dalla maggioranza della Sottocommissione.

FABBRI fa presente che sarebbe stato favorevole al suffragio diretto qualora i componenti della seconda Camera fossero stati effettivamente i rappresentanti delle forze vive della Nazione.

LAMI STARNUTI dichiara che non sarebbe contrario ad una elezione di secondo grado, se il sistema proposto offrisse determinate garanzie. Poiché nessuno dei sistemi di secondo grado finora escogitati gli sembra offrire le necessarie garanzie, voterà a favore dell’elezione a suffragio diretto.

LA ROCCA voterà per la elezione di primo grado, perché ritiene che con essa si potrà avere la più ampia rappresentanza, compresa quella delle forze vive e delle categorie professionali, e si assicurerà maggiore autorità e prestigio alla seconda Camera.

AMBROSINI è favorevole all’elezione di secondo grado per le ragioni già da lui esposte nella seduta precedente.

CODACCI PISANELLI voterà per la elezione di secondo grado, anche in considerazione dell’opportunità di giungere ad una formazione della seconda Camera diversa da quella della prima, cosa che è prevista in quasi tutte le Costituzioni degli altri Stati.

PRESIDENTE pone in votazione il principio che l’elezione della seconda Camera avvenga con il sistema del suffragio diretto.

(Con 11 favorevoli e 15 contrari, non è approvato).

Fa presente che con la votazione testé avvenuta resta implicitamente approvato il principio che l’elezione della seconda Camera debba avvenire con il sistema del suffragio di secondo grado.

Resta ora da esaminare la proposta dell’onorevole Fuschini, per la quale il numero dei membri della seconda Camera dovrà essere proporzionale alla popolazione secondo un determinato coefficiente.

MANNIRONI è favorevole alla proposta dell’onorevole Fuschini, purché essa concordi con quanto successivamente è stabilito nell’ordine del giorno dell’onorevole Perassi circa il numero fisso minimo di componenti di ogni regione in seno alla seconda Camera.

UBERTI fa presente che, esclusa la rappresentanza professionale o di categoria, si corre ora il rischio di compromettere anche la rappresentanza degli enti territoriali, perché sarà difficile, se si vuole dare una rappresentanza ai comuni o alle regioni, applicare con precisione il principio della proporzionalità alla popolazione. Se si pone soltanto questo principio, si corre il pericolo di non avere più una rappresentanza degli enti territoriali. Resterebbe pertanto svuotata di ogni contenuto la votazione testé fatta, con la quale è stata approvata la formazione della seconda Camera con elezioni di secondo grado.

CAPPI richiama l’attenzione sul fatto che, adottando il criterio della proporzionalità fra popolazione e numero dei rappresentanti alla seconda Camera, si verrebbe a scartare la disposizione contenuta nel numero 4 del progetto dell’onorevole Perassi, con la quale si assegna un dato numero fisso di seggi alle regioni, indipendentemente dalla loro popolazione.

TOSATO fa presente che due sono, a suo avviso, le questioni di principio: se ad ogni regione debba essere attribuito un numero fisso di senatori; e se il numero complessivo dei membri della seconda Camera debba essere esplicitamente stabilito nella Costituzione o debba essere determinato in relazione all’entità della popolazione.

FUSCHINI ritiene che si dovrebbe innanzitutto stabilire che il numero dei componenti la seconda Camera sia proporzionale alla popolazione, secondo un dato coefficiente. Una volta accolto tale principio, si potrebbe tuttavia accedere alla proposta dell’onorevole Perassi, per la quale ogni regione dovrebbe avere un numero fisso minimo di senatori e i seggi non compresi in questo numero minimo fisso dovrebbero essere divisi in rapporto alla popolazione. La determinazione del numero complessivo dei senatori sulla base della popolazione non esclude la possibilità di accettare la proposta dell’onorevole Perassi, perché tra le due ipotesi non c’è alcuna contraddizione.

MANNIRONI riterrebbe opportuno concretare in un’unica formula il principio proposto dall’onorevole Fuschini.

CAPPI ripete che, accogliendo la proposta dell’onorevole Fuschini, si renderebbe inefficiente la disposizione contenuta nel n. 4 del progetto dell’onorevole Perassi.

FUSCHINI ritiene che ciò non sia esatto.

PRESIDENTE osserva che la preoccupazione manifestata dall’onorevole Cappi è infondata. Nel pensiero dell’onorevole Fuschini si tratta di adottare una formulazione che non determini un numero fisso di componenti la seconda Camera, ma stabilisca che ad ogni elezione il numero dei membri varierà in rapporto alla popolazione. Dato ciò, pensa che i numeri 4 e 5 dell’ordine del giorno dell’onorevole Perassi possano restare inalterati, perché essi si propongono di suddividere i membri con un determinato sistema, che potrà essere applicato anche se dovesse essere accolto il principio di un numero complessivo di componenti la seconda Camera variabile a seconda della popolazione.

Mette in votazione la proposta Fuschini, che il numero dei membri della seconda Camera debba essere proporzionale alla popolazione secondo un determinato coefficiente.

CAPPI dichiara di votare a favore della proposta, restando inteso che essa non pregiudica l’accettazione del criterio di un numero minimo fisso di seggi da assegnarsi a ciascuna regione.

MANNIRONI si associa alle dichiarazioni dell’onorevole Cappi.

TOSATO dichiara di astenersi dal voto.

(Con 15 voti favorevoli e 9 contrari, la proposta dell’onorevole Fuschini è approvata).

PRESIDENTE fa presente che si tratta ora di determinare il coefficiente di proporzionalità fra la popolazione e gli eligendi.

LAMI STARNUTI dichiara, anche a nome dei rappresentanti del suo Gruppo, che sarebbe opportuno eleggere un membro della seconda Camera per ogni 150.000 abitanti.

LUSSU ritiene che dovrebbe essere messa prima in votazione la disposizione contenuta nel numero 4 dell’ordine del giorno Perassi, relativa all’assegnazione di un numero minimo fisso di seggi per ciascuna regione.

FABBRI domanda se i seggi da attribuirsi di diritto alle varie regioni siano da considerarsi come compresi nel numero di quelli da assegnarsi in ragione della popolazione. Osserva, a questo proposito, che, mentre l’onorevole Cappi ha inteso che i cinque membri da assegnarsi di diritto ad ogni regione, secondo la proposta dell’onorevole Perassi, non debbano essere compresi fra quelli da distribuirsi in rapporto alla popolazione, egli ha creduto perfettamente il contrario. Teme che tale incertezza di interpretazione possa avere influito sulla votazione precedente.

PRESIDENTE chiarisce che, in occasione della votazione già avvenuta, si era dotto che, con la proposta dell’onorevole Fuschini, si mirava ad evitare che la seconda Camera avesse un numero fisso di componenti e non a pregiudicare il modo con cui i componenti, calcolali di volta in volta in base al numero degli abitanti, dovranno essere ridistribuiti fra le varie regioni.

CAPPI osserva che la formula del n. 4 del progetto Perassi è assai chiara. Se le regioni saranno 18, si avranno 90 rappresentanti assegnati alle regioni, ossia 5 rappresentanti per ciascuna regione, qualunque sia il numero dei suoi abitanti. Gli altri rappresentanti, invece, saranno distribuiti in proporzione della popolazione. Propone frattanto che sia eletto un senatore per ogni 200.000 abitanti. Si avrebbe così un totale di 310 membri.

LUSSU rileva che nella tabella allegata al progetto Perassi non si fa parola della Val d’Aosta. Ora, se la proposta dell’onorevole Perassi dovesse essere accolta, la Val d’Aosta, che ha un solo deputato, verrebbe ad avere cinque senatori, cosa che a suo avviso non è ammissibile. Lo stesso inconveniente sorgerebbe per il Molise, se esso dovesse diventare una regione a sé. Desidererebbe in proposito qualche chiarimento dall’onorevole Perassi.

PERASSI dichiara che la tabella annessa al suo progetto ha un valore puramente indicativo, ed è stata compilata con riferimento all’attuale ripartizione regionale e ai dati del censimento del 1936. In essa quindi non si poteva far menzione della Val d’Aosta.

PRESIDENTE fa presente all’onorevole Lussu che per la Val d’Aosta sarà probabilmente usata una denominazione particolare, come ad esempio quella di territorio o zona autonoma. Essa quindi non sarà considerata come una regione.

BORDON osserva che il criterio di determinare il numero dei seggi in base alla popolazione non dovrebbe essere stabilito in modo assoluto, e ciò per dare la possibilità anche a regioni con meno di 150.000 abitanti di avere i loro rappresentanti alla seconda Camera.

ROSSI PAOLO non è favorevole ad ammettere un numero fisso di rappresentanti nella seconda Camera, perché vorrebbe evitare l’inconveniente costituito dal fatto che mentre alcune provincie, come quelle di Potenza, Matera e Avellino, avrebbero un senatore per ogni 90-95.000 abitanti, altre, ad esempio quelle di Genova, Torino e Milano, ne avrebbero uno per ogni 180.000 abitanti, ciò che sovvertirebbe completamente il criterio della proporzione.

MANNIRONI è favorevole alla proposta dell’onorevole Perassi; ma vorrebbe che invece di cinque fossero assegnati sei seggi a ciascuna regione, per ristabilire un certo equilibrio nel criterio della rappresentanza basata sul numero degli abitanti, a vantaggio delle regioni più povere e meno popolale.

MORTATI, Relatore, concorda con l’onorevole Mannironi, facendo osservare all’onorevole Rossi che, con l’adozione del principio di fissare un minimo di seggi per ogni regione, non si verifica già un sovvertimento del criterio della proporzionale, ma si attuano soltanto piccole rettifiche a vantaggio delle ragioni meno popolate. D’altra parte ricorda che tutte le Costituzioni basate su un ordinamento regionale stabiliscono un minimo di seggi per le regioni e qualcuna anche un massimo.

CONTI, Relatore, si associa alle dichiarazioni degli onorevoli Mannironi e Mortati.

PERASSI dichiara che con la sua proposta ha cercato una via di conciliazione tra due tesi contrapposte: quella di fissare per ogni regione un numero di seggi eguale e quella di determinare il numero dei seggi in ragione proporzionale alla popolazione. D’altra parte, visto che nella nuova Costituzione dello Stato sarà adottato il principio dell’ordinamento regionale, si renderà indispensabile che ogni regione abbia un minimo di membri nella seconda Camera. Circa tale numero si potrà discutere; ma un minimo di cinque seggi da assegnarsi a ciascuna regione non gli sembra irragionevole.

TARGETTI è dell’avviso che sia necessario rinviare l’approvazione del principio relativo alla determinazione di un numero minimo di seggi per ciascuna regione a quando sarà stabilita la struttura delle varie regioni. Finché non se ne conosce il numero e la delimitazione dei confini, non si può approvare il principio anzidetto senza correre il rischio di inficiare il criterio proporzionale che già è stato approvato.

Coloro poi che sono particolarmente favorevoli al nuovo ordinamento regionale dovrebbero essere assai guardinghi nell’accogliere il principio in discussione, che potrebbe far nascere opposizioni ancora più forti tra gli avversari dell’ente regione.

PRESIDENTE propone, anche per venti e incontro alle osservazioni dell’onorevole Targetti, di votare per ora soltanto il principio contenuto nella proposta dell’onorevole Pelassi, rinviando la determinazione del numero minimo dei seggi ad un secondo momento. Mette pertanto in votazione la seguente formula:

«Sarà assicurato ad ogni regione, qualunque sia il numero dei suoi abitanti, un numero minimo fisso di rappresentanti in seno alla seconda Camera».

(È approvata).

LAMI STARNUTI domanda se il numero minimo dei seggi per ciascuna regione andrebbe in diminuzione o in aumento dei seggi assegnati alle regioni in relazione alle rispettive popolazioni.

MANNIRONI crede che occorra fare due calcoli: il primo in base alla popolazione, per stabilire il numero complessivo dei rappresentanti, il secondo dopo aver tolto il numero minimo dei seggi spettanti ad ogni ragione, per ripartire tra la popolazione il numero degli altri seggi.

LAMI STARNUTI osserva che, così facendo, sarebbe sottratta, a favore delle piccole regioni, una quota dei seggi spettanti alle grandi.

PRESIDENTE fa presente che nella proposta testé approvata era appunto implicita la conseguenza accennata dall’onorevole Lami Starnuti. Le piccole regioni non potranno avere il loro numero minimo di rappresentanti che detraendolo dal numero totale dei componenti la seconda Camera.

LAMI STARNUTI rileva che, secondo la proposta dell’onorevole Perassi, non si trattava di garantire soltanto un minimo di seggi alle varie regioni, ma di assegnare a ciascuna di esse, oltre a questo minimo, anche un numero di seggi proporzionale alla popolazione.

NOBILE osserva che fissare un minimo di seggi per ogni regione, una volta ammesso il criterio del rapporto con la popolazione, è cosa che oggi riveste un significato, ma che avrà un significato diverso fra qualche anno, dato il continuo incremento della popolazione, Quando sarà aumentato il numero degli abitanti, e con esso quello dei membri della seconda Camera, il numero minimo fisso dei seggi per ciascuna regione acquisterà un valore diverso da quello che ha attualmente. Di qui l’inopportunità di introdurre nella Costituzione una norma di valore mutevole.

LA ROCCA ritiene che occorra precisare che il numero fisso dei rappresentanti per ciascuna regione deve esser compreso in quello che dovrà essere determinato in base alla popolazione.

PRESIDENTE crede che il concetto accennato dall’onorevole La Rocca sia implicito nella formulazione testé approvata. In ogni modo, a maggior chiarezza potrebbe essere messa in votazione una formula aggiuntiva, allo scopo di precisare che il numero minimo dei seggi va inteso nel senso che esso non debba poi essere aumentato del numero dei seggi risultante dal rapporto proporzionale con la popolazione.

LACONI dichiara di essere favorevole al principio di un numero minimo fisso di seggi per ciascuna regione, purché tale numero sia compreso in quello risultante dal rapporto proporzionale con la popolazione.

MORTATI, Relatore, obietta che, così facendo, il principio di assegnare un numero minimo fisso di seggi ad ogni regione sarebbe svuotato quasi di ogni contenuto, perché il vantaggio consisterebbe soltanto nell’attribuire un paio di seggi alla Lucania ed alla Venezia Tridentina, posto sempre che il numero minimo dei seggi resti fissato in cinque. Sarebbe quindi integralmente rispettato il criterio della proporzionale, salvo che per due regioni. Viceversa col sistema suggerito dall’onorevole Parassi sarebbe maggiormente rispettata l’esigenza, già prospettata da qualcuno, di dare maggiore peso e influenza all’ordinamento dell’ente regione.

CAPPI propone la seguente formula:

«Oltre al numero minimo fisso, ciascuna regione avrà diritto ad eleggere un deputato alla seconda Camera ogni duecentomila abitanti».

PRESIDENTE osserva che nella formula proposta dall’onorevole Cappi sarebbe meglio togliere l’indicazione della cifra relativa al numero degli abitanti, che sarà meglio decidere in seguito.

CAPPI accetta di sostituire alle parole: «ogni duecentomila abitanti», le seguenti: «in proporzione alla popolazione».

MANNIRONI concorda con l’onorevole Cappi.

PRESIDENTE ritiene che sarebbe meglio usare l’espressione: «ogni x abitanti»; in tal modo apparirà più chiaramente che ci si riserva di inserire nella formula proposta l’indicazione del numero degli abitanti.

LUSSU è favorevole alla formula proposta, con la riserva però che il numero dei deputati non possa mai essere inferiore a quello dei senatori.

CAPPI è d’accordo con l’onorevole Lussu.

ROSSI PAOLO osserva che l’inconveniente accennato dall’onorevole Lussu si potrà verificare in Lucania, in Umbria, negli Abruzzi, nel Molise, se esso diventerà regione a sé, e nel Trentino.

Ad esempio nella Lucania, oltre i cinque senatori di diritto, se ne potranno avere altri tre: in totale otto, mentre si avranno soltanto cinque deputati, se sarà accolto definitivamente il principio di eleggere un deputato ogni 100.000 abitanti.

CONTI, Relatore, osserva che la questione non ha alcuna importanza relativamente al numero complessivo dei componenti delle due Camere, perché certamente il numero dei membri della seconda Camera non potrà superare quello della prima. Si domanda in ogni modo quali pericoli possano derivare dal fatto che in una regione vi siano 5 deputati ed 8 senatori.

CAPPI è d’accordo con l’onorevole Conti nel ritenere impossibile che il numero dei membri della seconda Camera possa superare quello dei componenti la prima. Ricorda in ogni modo che la Sottocommissione ha preso già una decisione nel senso che la prima Camera debba avere un numero di deputati notevolmente superiore a quello dei senatori.

ROSSI PAOLO dichiara che ciò che lo preoccupa è soltanto che l’inconveniente accennato possa verificarsi nell’ambito della regione.

LUSSU propone, come emendamento, una frase con la quale si dica che nell’ambito della regione il numero dei deputati alla seconda Camera non possa mai essere superiore al numero dei deputati alla prima.

PRESIDENTE osserva che la formula suggerita dall’onorevole Lussu è un’aggiunta. Sarà bene quindi mettere in votazione prima la proposta e poi l’aggiunta.

LACONI suggerisce la seguente formula in contrapposizione a quella dell’onorevole Cappi: «Il principio precedentemente affermato si intende nel senso che, qualora il numero dei deputati della seconda Camera, spettante a qualche regione, fosse inferiore al numero di 5, esso verrebbe aumentato fino a raggiungere tale cifra».

PRESIDENTE osserva che anche nella formula proposta dall’onorevole Laconi sarebbe meglio sostituire all’indicazione del numero dei deputati della seconda Camera, che non è stato ancora fissato, una frase come la seguente: «al numero minimo fissato».

MANNIRONI chiede che la votazione sia fatta sulla proposta dell’onorevole Cappi che esclude quella dell’onorevole Laconi.

NOBILE dichiara di astenersi dal voto, perché i vari conteggi fissati nelle formule proposte non hanno, a suo parere, alcun valore pratico.

PRESIDENTE fa presente che, se nella formula dell’onorevole Cappi sarà inclusa l’aggiunta suggerita dall’onorevole Lussu, coloro che sono favorevoli alla formula anzidetta, probabilmente si asterranno dal voto, perché hanno già dichiarato di non condividere l’opinione espressa dall’onorevole Lussu.

PICCIONI propone di votare per divisione.

LUSSU non è favorevole alla proposta Piccioni, perché egli sarebbe obbligato a votare favorevolmente per la formula dell’onorevole Cappi, che invece respingerebbe se la sua aggiunta non fosse approvata.

CONTI, Relatore, dichiara di non essere favorevole alla proposta dell’onorevole Lussu.

LA ROCCA è contrario alla proposta dell’onorevole Cappi perché è favorevole alla proporzionale pura. In ogni modo, dichiara di accedere, in linea subordinata, alla determinazione di un numero fisso di seggi, affinché possa essere data una rappresentanza certa anche alle regioni meno popolose.

PRESIDENTE pone ai voti la proposta dell’onorevole Cappi nel seguente testo definitivo: «Oltre al numero fisso minimo, ciascuna regione avrà diritto ad eleggere un deputato alla seconda Camera ogni x abitanti».

(Con 14 voti favorevoli e 11 contrari, è approvata).

Pone quindi in votazione l’aggiunta proposta dall’onorevole Lussu: «Nell’ambito della regione il numero dei deputati alla seconda Camera non può essere superiore al numero dei deputati alla prima».

(Con 13 voti favorevoli, 13 contrari e un astenuto, non è approvata).

Fa presente che si tratta ora di fissare il quoziente di proporzionalità. A tal fine ricorda che l’onorevole Cappi aveva proposto di eleggere un deputato alla seconda Camera ogni 200.000 abitanti, mentre gli onorevoli Fuschini e Lami Starnuti avevano proposto l’elezione di uno ogni 150.000 abitanti.

CODACCI PISANELLI desidera precisare che il criterio della proporzionalità non è affatto incompatibile con quello del numero fisso stabilito nel progetto dell’onorevole Perassi. Se si ammette che il numero dei membri della seconda Camera debba essere di 315, si può determinare, ogni qual volta si faranno le elezioni, in proporzione alla popolazione della regione, quale dovrà essere il numero dei membri da eleggere.

BORDON è favorevole ad una riduzione del quoziente di proporzionalità, specialmente per ciò che concerne la Val d’Aosta.

CONTI, Relatore, teme che, accettando il quoziente di 150.000 abitanti, la seconda Camera possa risultare troppo numerosa, considerato anche il fatto che si avrà un dato numero fisso di rappresentanti per ogni regione. Per queste ragioni è favorevole al quoziente di 200.000 abitanti.

NOBILE ritiene che il numero minimo fisso di seggi per ogni regione, che non è stato ancora precisato, debba essere in relazione con il quoziente di proporzionalità che ora si vuole determinare. Dato ciò, non vede come si possa precisare il numero degli abitanti, se non si stabilisce anche il numero minimo fisso di seggi.

PRESIDENTE avverte che alcuni commissari gli hanno domandato di rinviare alla prossima riunione la votazione sul quoziente di proporzionalità, al che ritiene di aderire.

La seduta termina alle 19.40.

Erano presenti: Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Calamandrei, Cappi, Codacci Pisanelli, Conti, Fabbri, Farini, Fuschini, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Patricolo, Perassi, Piccioni, Ravagnan, Rossi Paolo, Targetti, Terracini, Tosato, Uberti, Zuccarini.

In congedo: Castiglia, Grieco, Leone Giovanni.

Assenti: Bulloni, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Finocchiaro Aprile, Porzio, Vanoni.