Come nasce la Costituzione

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ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 18 MARZO 1947

ASSEMBLEA COSTITUENTE

LXVII.

SEDUTA ANTIMERIDIANA DI MARTEDÌ 18 MARZO 1947

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TERRACINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE CONTI

INDICE

Interrogazioni (Svolgimento):

Presidente                                                                                                        

Gasparotto, Ministro della difesa                                                                     

Malagugini                                                                                                      

Scelba, Ministro dell’interno                                                                             

Benedetti                                                                                                         

Selvaggi                                                                                                           

Villabruna                                                                                                      

 

Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni (Seguito della discussione):

Presidente                                                                                                        

Carboni, Relatore                                                                                              

Scelba, Ministro dell’interno                                                                              

Meda                                                                                                                 

Mannironi                                                                                                        

Caroleo                                                                                                           

Persico                                                                                                             

Bubbio                                                                                                              

Basile                                                                                                               

Fuschini                                                                                                            

Bovetti                                                                                                             

Molinelli                                                                                                         

Camangi                                                                                                           

 

Presentazione di una relazione:

Camposarcuno                                                                                                 

 

Comunicazioni del Presidente:

Presidente                                                                                                        

 

Interrogazioni con richiesta d’urgenza:

Silipo                                                                                                                

Mancini                                                                                                            

Scelba, Ministro dell’interno                                                                              

Interrogazioni (Annunzio):

Presidente                                                                                                        

La seduta comincia alle 10.

SCHIRATTI, Segretario, legge il processo verbale della precedente seduta antimeridiana.

(È approvato).

Interrogazioni.

PRESIDENTE L’ordine del giorno reca: Interrogazioni. La prima interrogazione è quella dell’onorevole Bellavista:

«Al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro della difesa, per sapere se sia vera la notizia pubblicata da alcuni giornali della sostituzione e dell’esonero del generale Zingales, istruttore del processo relativo al tesoro di Dongo, e dei motivi che l’avrebbero determinata; e per conoscere, inoltre, se il Governo intenda interferire, o meno, sul normale svolgimento delle istruzioni giudiziarie, anche se connesse a processi di ricettazione di profitti di regime».

Non essendo presente l’onorevole interrogante, s’intende che vi abbia rinunziato:

Sullo stesso argomento l’onorevole Malagugini ha presentato, chiedendo lo svolgimento d’urgenza, la seguente interrogazione:

«Interrogo il Ministro della difesa per conoscere le ragioni della sostituzione del generale Zingales nelle indagini circa il cosiddetto tesoro di Dongo, sostituzione che ha dato luogo a clamorosi commenti di una parte della stampa».

L’onorevole Ministro della difesa ha fatto sapere di essere pronto a rispondere all’onorevole Malagugini, e quindi, di conseguenza, all’onorevole Bellavista.

Ha facoltà di parlare.

GASPAROTTO, Ministro della difesa. Le interrogazioni degli onorevoli Bellavista e Malagugini in merito alle notizie divulgate dalla stampa circa l’istruttoria del processo cosiddetto del «Tesoro di Dongo», mi danno modo di rettificare interpretazioni inesatte che sono state presentate alla pubblica opinione.

Sta in fatto che, dopo un primo periodo di indagini condotte in via sommaria dal pubblico ministero, l’istruttoria – data l’importanza e la delicatezza delle questioni che sconsigliavano il prosieguo della stessa in via sommaria – da circa 20 giorni è stata affidata in rito formale al giudice istruttore del Tribunale militare di Milano, capitano Bruni, il quale vi attende tuttora. Di ciò fu data pubblica notizia.

Il procuratore militare non è, pertanto, attualmente l’istruttore del procedimento, ma egli esercita solo quelle facoltà di inchiesta e di assistenza agli atti istruttori previste dalla legge processuale penale.

Titolare della procura militare di Milano è il maggior generale della giustizia militare Venuti, il quale, già per alcuni mesi ammalato, trovasi in licenza di convalescenza. Per non lasciare scoperta la procura militare di Milano, la procura generale militare vi destinò l’8 gennaio, in temporanea missione, il maggior generale Zingales, distogliendolo dalla sua sede di Firenze. Ma successivamente è sembrato conveniente alla procura generale militare, tenuto conto dell’atteggiamento assunto dal funzionario con l’esprimere apprezzamenti e valutazioni dei fatti attraverso la stampa, con possibile pregiudizio dell’istruttoria in corso, di far rientrare lo Zingales alla sua sede di Firenze, sostituendolo con altro magistrato militare (il maggior generale Berutti, procuratore militare di Torino) sempre in via di temporanea missione, in attesa che il Venuti riprenda il suo posto.

Per un inatteso incidente il Berutti non ha potuto eseguire la disposizione nel giorno stabilito. La procura generale militare pertanto, poiché alla data del 13 marzo era stato stabilito il ritorno a Firenze dello Zingales, ha dovuto provvedere altrimenti proponendo la partenza per Milano del procuratore militare di Roma maggior generale Bellini. Questi avrà l’incarico di reggere temporaneamente la procura militare e nei riguardi del processo di Dongo avrà solo le facoltà normalmente spettanti al pubblico ministero, cioè di seguire il corso dell’istruttoria, senza invadere il campo riservato dalla legge al giudice istruttore.

È ancora da osservare che tutt’ora compito dell’Autorità giudiziaria militare è quello di stabilire se i fatti formanti oggetto del procedimento costituiscano il reato di abuso di preda bellica ovvero reato diverso. Ciò perché, solo nel primo caso la competenza rimarrebbe incardinata presso il tribunale militare, mentre diversamente la Corte Suprema di cassazione sarebbe chiamata a risolvere un eventuale conflitto di giurisdizione. È infatti inesatto dire, come è stato detto, che le Sezioni Unite della Corte di cassazione si siano già pronunciate in merito alla competenza. Con sentenza del 27 settembre 1946, le dette Sezioni Unite si limitarono invece a riconoscere che un conflitto di giurisdizione non esisteva, in quanto non due giudici si erano ricusati di prendere cognizioni del procedimento, ma un giudice ed un pubblico ministero. Non v’è alcuno in questa Assemblea che non avverta la portata di questo conflitto che involge una questione delicata in fatto e in diritto.

Questa la situazione risultante dagli atti. Sulla quale osservo che col passaggio già avvenuto dall’istruttoria al rito formale, per cui l’iniziativa passa al giudice istruttore, la procedura offre le maggiori garanzie di giustizia, sia per l’accusa che per la difesa.

Indipendentemente da ciò, ogni iniziativa processuale, sia da parte del pubblico ministero che del giudice istruttore, deve essere contenuta in termini di accorta riservatezza, con assoluta rinunzia a certe forme pubblicitarie che sono le meno adatte a condurre all’accertamento della verità, in quanto destinate a mettere in allarme denunziandi e testimoni. Se è sembrato alla procura generale militare, diretta da un reputato giurista che è sempre stato estraneo ai partiti e mai ad alcuno di essi legato, che il metodo usato dal procuratore militare di accettare, se non di provocare, interventi di stampa non sia conforme alle buone regole giudiziarie, il Ministro della difesa, che si propone di assicurare alla giustizia militare la più perfetta neutralità politica, non si sente di dissentire.

Ora l’istruttoria sarà continuata dal giudice istruttore con tutti i mezzi che la norma di legge gli appresta, e particolarmente con gli organi di polizia giudiziaria solleciti spesso più ancora dei giudici.

La risposta del Governo agli onorevoli interroganti è precisa: esso non intende mai intervenire sul normale svolgimento delle istruzioni giudiziarie, anche se comunque connesse a processi di ricettazione di profitti di regime. Per quanto riguarda il processo del cosiddetto «Tesoro di Dongo», il Governo raccomanda pubblicamente al magistrato di agire con tutta severità ed esemplare obiettività e di astenersi da manifestazioni pubblicitarie.

Se vi sono partigiani che hanno adombrato con illeciti profitti l’onore delle loro gesta militari, essi saranno giudicati con serenità, senza che questo possa dare ombra alla pagina che le formazioni partigiane hanno scritta nelle giornate della liberazione. I padri e le madri dei figli fucilati nelle piazze o spenti nelle carceri, guardando oltre le pagine del processo di Dongo, non possono che benedire le squadre popolane dell’alto lago di Como, le quali, senza attendere ordini da alleati, hanno sbarrato il passo all’uomo nefasto che aveva proclamato la guerra civile contro gli italiani (Vivi applausi) e hanno posto fine allo spettacolo miserando di lui e dei suoi pretoriani che, dopo aver tenuto in pugno i destini d’Italia, ad altro non pensavano che di mettersi in salvo colle loro amanti e coi tesori frodati al Paese. (Vivissimi applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Malagugini ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

MALAGUGINI. Dopo le parole nobilissime del Ministro della difesa, il mio compito si limita a prendere atto delle sue dichiarazioni sul terreno propriamente legale e giuridico, le quali fugano ogni dubbio avanzato da una parte della stampa che nel provvedimento di sostituzione del generale Zingales si dovesse vedere un illecito intervento del potere esecutivo nello svolgimento di una istruttoria penale.

Ma, quello che ha riempito l’animo mio, e – a giudicare dai consensi che ha provocato – della grande maggioranza di questa Assemblea, di profonda soddisfazione, è il tono caloroso e vibrato con cui l’onorevole Ministro ha rivendicato l’epopea dei partigiani. Perché, o colleghi, o amici, non dobbiamo nasconderci che attraverso la campagna scatenata a proposito del cosiddetto tesoro di Dongo si è cercato e si cerca di colpire gli uomini della resistenza e di infangare in blocco il movimento partigiano, arrivando fino alla improntitudine di mettere in dubbio la giustizia dell’atto compiuto su colui che bene il Ministro Gasparotto ha definito il responsabile principale delle sventure del nostro Paese. Il colonnello Valerio, chiunque esso sia, col suo gesto non ha soltanto obbedito a una deliberazione ed eseguito un ordine del C.V.L. che aveva il potere di darlo, ma ha raccolto l’incitamento e interpretato la volontà di tutto il popolo italiano. (Vivi applausi a sinistra).

PRESIDENTE. Sono state presentate interrogazioni con richiesta di svolgimento d’urgenza, alle quali il Governo ha dichiarato che intende rispondere subito. Se ne dia lettura.

SCHIRATTI, Segretario, legge.

«Il sottoscritto interroga il Ministro dell’interno per sapere cosa gli risulta e quali provvedimenti ha adottato al fine di far luce sull’assassinio del giornalista De Agazio.

«Benedetti».

«I sottoscritti interrogano il Ministro dell’interno per conoscere quali provvedimenti abbia preso o intenda prendere:

  1. a) per le proditorie e premeditate violenze e percosse, cui è stato brutalmente sottoposto il 16 marzo 1947, l’onorevole Ottavio Mastrojanni, unitamente ad elementi del Fronte liberale democratico dell’U.Q., in località Sant’Elpidio a Mare (Ancona), da parte di circa 50 individui ben qualificabili e individuabili, mentre l’onorevole Mastrojanni ed i suoi amici, dopo una manifestazione politica svoltasi nel massimo ordine, consumavano il loro pasto in un pubblico locale;
  2. b) per l’aggressione di cui sono stati oggetto, e che ha portato a ferimento, con arma da punta e taglio e corpi contundenti, elementi del Fronte liberale democratico dell’U.Q. nello stesso giorno 16 marzo 1947, in Civitavecchia, da parte di elementi di estrema sinistra bene individuabili. Il modo col quale si è svolta l’aggressione e il numero degli aggressori (circa un centinaio) danno la netta impressione che l’aggressione avvenuta nella pubblica via fosse premeditata contro gli elementi del Fronte liberale democratico dell’U.Q., che si recavano alla spicciolata ed in numero esiguo (non più di sette), e non in corteo, ad un pubblico comizio dopo aver constatato la distruzione (sempre ad opera di elementi avversari) della sede del Fronte;
  3. c) per la serie di aggressioni che si svolgono in varie parti d’Italia contro elementi e sedi del Fronte liberale democratico dell’U.Q., aggressioni che, per il ritmo crescente e la contemporaneità, danno la precisa sensazione di rispondere ad un piano preordinato su tutto il territorio nazionale e al tempo stesso minacciano la libertà e la democrazia del popolo italiano, gettando il discredito sul Governo e sulla sua autorità ed offendono, per le violenze e gli oltraggi ad elementi dell’Assemblea Costituente, la dignità stessa del massimo organo politico e legislativo italiano.

«Selvaggi, Russo Perez, Bencivenga, Mastrojanni, Rodinò Mario, Tieri, Puoti».

«Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’interno per conoscere, di fronte alle aggressioni organizzate contro oratori politici, intensificatesi in questi ultimi giorni, quali provvedimenti abbiano preso ed intendano prendere:

1°) per reprimere tali incidenti e per individuarne i diretti autori ed i loro ispiratori;

2°) per evitarne il ripetersi, e per garantire la libertà di parola e l’incolumità individuale.

«Villabruna».

PRESIDENTE. L’onorevole Ministro dell’interno ha facoltà di rispondere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Per quanto riguarda l’assassinio del giornalista De Agazio sono in corso accertamenti da parte degli organi di polizia. Riterrei pericoloso comunicare all’Assemblea quelli che sono i primi accertamenti fatti dagli organi di polizia. Quando questi accertamenti saranno compiuti, l’Assemblea e il Paese ne saranno pienamente informati.

Devo aggiungere che alla polizia di Milano sono stati forniti tutti i mezzi necessari perché i responsabili di questo assassinio siano rintracciati e ritrovati. La ricerca di questi assassini è, peraltro, estremamente difficile, date le circostanze di tempo e di luogo in cui l’assassinio stesso è stato consumato.

Per quanto si riferisce alle violazioni contro la libertà di parola e di riunione che si sono verificate domenica scorsa, sento anzitutto il dovere di riportare i fatti nei termini precisi in cui si sono verificati, secondò le informazioni pervenute al Ministero dell’interno.

Mi riferisco anzitutto al caso dell’onorevole Lucifero: il comizio tenuto dall’onorevole Lucifero a Livorno, per quanto disturbato, si è potuto svolgere, e le aggressioni si sono verificate dopo il comizio. Gli aggressori, a seguito di intervento immediato e tempestivo del Ministro dell’interno presso gli organi di polizia di Livorno, sono stati scoperti e denunziati all’autorità giudiziaria.

Per quanto riguarda Civitavecchia, era stato indetto un comizio per l’inaugurazione della sede dell’«Uomo Qualunque». Con la polizia era stato concordato l’itinerario del corteo, che si doveva svolgere nella città; contrariamente agli accordi presi con gli organi di polizia, si è tentato di fare il corteo per altra via, facendo scontrare i rappresentanti dell’«Uomo Qualunque» con appartenenti al Partito repubblicano, i quali in quel giorno tenevano un altro comizio a Civitavecchia.

Sono nati incidenti e tafferugli. La situazione estremamente tesa, che si è determinata nella città, ha consigliato gli stessi rappresentanti dell’«Uomo Qualunque» a desistere dalla manifestazione che era stata indetta. Accertamenti sono in corso per scoprire i responsabili delle violenze compiute, soprattutto ed esclusivamente contro il «qualunquismo».

Per quanto riguarda gli incidenti di S. Elpidio, che sono stati più gravi, in quanto uno dei nostri colleghi è stato ferito, anche qui devo precisare che la manifestazione politica si è svolta liberamente e regolarmente, e che l’aggressione contro l’onorevole Mastrojanni si è verificata dopo il comizio, mentre l’onorevole Mastrojanni si accingeva a consumare il suo pasto. Egli è stato aggredito da un gruppo di partigiani che quel giorno tenevano un altro convegno. Anche qui, l’intervento pronto ed immediato degli organi di polizia, sollecitati personalmente dal Ministro dell’interno, è valso a scoprire i responsabili dell’aggressione e ad arrestarne due, mentre due sono latitanti e denunziati all’autorità giudiziaria. Questi sono i fatti nella loro realtà. Le conseguenze e le osservazioni che posso fare sono molto semplici: anzitutto noi non possiamo che deplorare la rinascita di questo spirito di intolleranza…

CAPUA. Questo è squadrismo!

SCELBA. Ministro dell’interno …ed il ritorno a metodi incivili di lotta politica e di aggressione. (Interruzioni a sinistra).

LEONE GIOVANNI. Quando riguarda voialtri, vi annunciano l’arresto dei responsabili. Quando ammazzate i nostri, si annunciano le scarcerazioni. E fate i martiri!

SCELBA. Ministro dell’interno. Noi non possiamo che deplorare, dicevo, il ritorno a metodi incivili. (Interruzioni degli onorevoli Russo Perez e Molinelli).

Dobbiamo deplorare l’aggressione di un Deputato, anche se pranzava con tre fascisti.

Coloro che della democrazia sono veramente assertori, non possono essere che unanimi nel deplorare questo ritorno ad uno spirito di intolleranza e a sistemi politici di cui il Paese ha fatto la tragica esperienza. (Applausi al centro e a destra).

Noi non possiamo non reagire contro questi tentativi che discreditano, non il Governo, ma soprattutto il regime democratico.

Dagli accenni che ho fatto, è risultato il pronto e tempestivo intervento del Governo, ed il Governo assicura l’Assemblea che, per quanto lo riguarda, farà il proprio dovere. Il problema dall’ordine pubblico non è soltanto un problema di polizia, ma se non è possibile evitare la violazione delle libertà politiche e civili, nessuno si attenda dal Governo l’impunità per le violazioni di esse che eventualmente siano commesse.

TOGLIATTI. Meno quando si tratta di violenze contro i comunisti, perché quelle restano impunite. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Non restano impunite, onorevole Togliatti. (Rumori a sinistra). Io posso ricordare all’onorevole Togliatti che quando un sindaco e una squadra dell’«Uomo Qualunque» nel leccese, rievocando sistemi fascisti, hanno compiuto un’azione punitiva contro una sezione del Partito comunista, il Ministro dell’interno è intervenuto personalmente presso il Prefetto, perché disponesse l’arresto immediato dei violatori, che sono stati arrestati.

Noi non facciamo una politica di parte, ma facciamo la politica della legge che è uguale per tutti. (Applausi).

SCOCCIMARRO. Ci dica, perché sono stati liberati gli assassini di Sciacca. (Commenti).

SCELBA, Ministro dell’interno. Ho risposto ad una precedente interrogazione del genere. La risposta non può darla il Ministro dell’interno, ma l’autorità giudiziaria. (Interruzioni a sinistra).

PASTORE RAFFAELE. L’autorità giudiziaria indipendente!

SCELBA, Ministro dell’interno. Ciò detto, onorevoli colleghi, io non posso non deplorare l’atteggiamento di certa stampa la quale cerca di presentare, per speculazione politica, in termini drammatici, una situazione che non è drammatica e cerca di svalutare l’opera del Governo. La stampa, che oggi pubblica a grandi titoli che il nemico è alle porte, non ha sentito il dovere di comunicare quello che il Governo aveva fatto per reprimere la violazione e per colpire i violatori della legge. (Rumori Commenti).

Onorevoli colleghi, se noi vogliamo che le lotte politiche italiane si svolgano sul terreno della serenità democratica, è necessario che tutti i partiti collaborino a quest’opera, perché la democrazia non è nella polizia, e non è negli istituti politici, ma è nel costume dei cittadini, è nel costume dei partiti e nel riconoscimento dell’autorità dello Stato e dell’opera che il Governo fa, perché, onorevoli colleghi, quando viene svalutata l’azione del Governo non si fa che aumentare la tensione che esiste nel Paese.

Occorre che tutti i partiti, occorre che tutti gli uomini, i quali sono preoccupati e sentono la necessità dello stabilimento di un regime democratico, collaborino con saggezza, serenità, obiettività, a questo fine. (Interruzione dell’onorevole Togliatti Applausi).

PRESIDENTE. L’onorevole Benedetti ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.

BENEDETTI. Ringrazio l’onorevole Ministro per le sue dichiarazioni e mi rendo perfettamente conto della necessità che si continuino le indagini con tutta discrezione e che, pertanto, non è possibile per il momento dare maggiori comunicazioni all’Assemblea. Non aggiungerei parola se si trattasse di un delitto comune, ma, purtroppo, si tratta di un delitto politico, e l’assassinato è un giornalista.

Come uomo politico e come giornalista, mando anzitutto alla memoria del collega assassinato un reverente saluto. Io parlo, onorevoli colleghi, senza stimolo e senza odio di parte, da antifascista di tutte le ore, da uomo di cuore, da patriota che vede con trepidazione infinita il riformarsi della stessa situazione che ci condusse alla catastrofe venticinquennale, per la quale tutti noi abbiamo tanto sofferto. Un giornalista è stato assassinato, è caduto sulla breccia, quasi, direi, sul campo del dovere e dell’onore.

MOLINELLI. Sul campo della diffamazione contro i partigiani d’Italia! (Rumori Interruzioni a destra).

BENEDETTI. Io sono partigiano come voi, antifascista come voi.

Ma non mi domando se egli era fascista o antifascista. (Interruzioni all’estrema sinistra).

PRESIDENTE. Prego di far silenzio.

BENEDETTI. Egli era reo soltanto di aver voluto indagare il mistero nel quale s’intravedono mani adunche che afferrano oro e grondano sangue! (Rumori a sinistra).

TOGLIATTI. Mani fasciste! Mani che finanziano i vostri giornali!

BENEDETTI. Oro maledetto! Fatale eredità di delitti! Era un fascista? Era un antifascista? Fu colpito dalle SS tedesche riportandone lesioni permanenti? Fu imprigionato dai repubblicani del nord? Fu imprigionato dai partigiani? Io non lo so. Questo per me non conta. Qualunque cosa egli sia stato, è morto per compiere l’altissimo dovere della ricerca della verità, quel dovere che tutti i giornalisti compiono con tanta abnegazione e con tanto coraggio.

Se per avventura, onorevoli colleghi, egli avesse ecceduto (e non pare, perché sotto lo pseudonimo di Alberto Rossi i suoi scritti sono stati accolti dai giornali più seri), se avesse ecceduto, il castigo avrebbe dovuto venire da voi, Governo, applicando non le leggi eccezionali, ma il Codice penale. La vostra (indica il banco del Governo) e, forse, anche la nostra responsabilità – di tutti noi – sta in ciò: che voi e noi abbiamo lasciato formarsi una situazione che consente libertà di azione ai sopraffattori di ogni sorta e di ogni tendenza, ai violenti, agli assassini, a tutti coloro che non rispettano l’autorità dello Stato e che credono soltanto nella forza delle loro organizzazioni armate.

Voi, Governo, avete il dovere di ristabilire il prestigio e l’autorità dello Stato. Se non voleste, se non poteste, se non sapeste, voi non sareste Governo e la vostra opera sarebbe soltanto l’inizio di una nuova eclissi della democrazia ed il preludio della guerra civile.

Noi, onorevoli colleghi, tutti noi, tutti i nostri amici, tutti i nostri compagni di fede, abbiamo il dovere di aiutare il Governo in questo compito. L’esortazione che sorge dalla tomba di Franco De Agazio, come da quelle di tutti indistintamente i martiri ed i morti della lotta politica, primo fra ogni altro Giacomo Matteotti, è che cessino… (Rumori all’estrema sinistra).

Una voce a sinistra. Non diffami Matteotti!

BENEDETTI …è che cessino, una volta per sempre le follie fratricide…

LI CAUSI. Mettere insieme Matteotti e De Agazio! È una spudoratezza! (Commenti Interruzioni).

BENEDETTI. Ripeto, perché lei ben comprenda, onorevole Li Causi, che il dovere di tutti noi è che cessi, una volta per sempre, la follia fratricida che insanguina e avvilisce l’Italia. (Applausi a destra Commenti).

RUSSO PEREZ. È veramente deplorevole che non sappiamo unirci tutti per eliminare le violenze, da qualunque parte esse vengano. È vergognoso! (Interruzioni. Rumori).

PRESIDENTE. Facciano silenzio! L’onorevole Selvaggi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

SELVAGGI. Dopo le dichiarazioni fatte dall’onorevole Scelba, in merito all’interrogazione presentata da me e da altri colleghi, devo dire che non sono completamente soddisfatto.

L’onorevole Scelba ha parlato di intervento pronto per trovare i colpevoli delle violenze, ma non ci ha parlato dell’intervento per impedire che le violenze, da qualunque parte esse vengano, di qua o di là, siano finalmente bandite, dalla democrazia italiana. E questo punto incide non solo sul discredito della democrazia, ma discredita la stessa autorità del Governo. Ed è sul Governo che principalmente ricade la responsabilità di quanto accade. Ed il passato lo sta a dimostrare. Troppe inchieste sono state insabbiate, troppe cose l’opinione pubblica non ha saputo. Troppe inchieste, come quella del Viminale e quella dei fatti dell’Emilia, sono ancora sospese.

MALAGUGINI. Abbiamo già letto il suo articolo di fondo.

SELVAGGI. Grazie. Lo senta a voce, adesso.

Ora, tutto questo porta ad una situazione per cui il Paese si sente coartato non solo moralmente ma anche materialmente. Questa situazione non ha che una alternativa: o il Governo applica in pieno la sua autorità e fa rispettare la legge a tutti, a qualsiasi parte, oppure si ricorre all’autodifesa e, come diceva il collega Pertini, si ritorna ai tempi del 1922, cioè si va verso la dittatura e della dittatura il popolo italiano non ne vuol sapere, qualunque colore essa abbia. (Vivi commenti Interruzioni).

LEONE FRANCESCO. Ci sono troppi squadristi. (Rumori a destra).

MICCOLIS. Squadristi siete voi che seguite gli stessi metodi. (Rumori).

LEONE FRANCESCO. Troverete pane per i vostri denti, questa volta, (Rumori Commenti).

CONDORELLI. Anche qui dentro sentiamo le minacce!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano!

COVELLI. Onorevole Presidente, ci si minaccia anche qui dentro! A questo siamo arrivati! (Rumori vivissimi Interruzioni).

PRESIDENTE. Onorevole Covelli, quando lei si rivolge, così come fa, ai colleghi dell’Assemblea, fa male, ma è un impulso comprensibile e me ne rendo conto; ma quando si rivolge a me con affermazioni come quelle che sta facendo, lei offende l’Assemblea nel suo complesso. (Approvazioni).

Prego anche i colleghi della sinistra di far silenzio; specialmente lei, onorevole Leone Francesco.

Onorevole Selvaggi, la prego di continuare.

SELVAGGI. L’onorevole Ministro Scelba ha detto che il problema della democrazia italiana è un problema di educazione e di costumi. Molto giusto; ma bisogna toccare il punto fondamentale; bisogna disarmare; troppe armi ci sono ancora in Italia e non abbiamo ancora sentito da parte del Governo l’annuncio di provvedimenti in questo senso. Bisogna disarmare materialmente e anche molti spiriti. Troppa agitazione c’è, troppi odii ci sono, (Interruzioni a sinistra) quando invece il Paese avrebbe bisogno della concordia di tutti per ricostruirsi e per mostrare la propria dignità di fronte a tutto il mondo. (Commenti Interruzioni).

Una voce a sinistra. Voi provocate con i vostri giornali.

SELVAGGI. Non abbiamo bisogno di lezioni da nessuno e meno che mai da voi. (Vivi rumori Interruzioni a sinistra).

L’onorevole Scelba ha parlato di giornali che non avrebbero riportato il comunicato del Governo. Prego l’onorevole Scelba di leggere i nostri giornali del mattino e troverà in essi riportato il comunicato dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio in merito all’episodio di Livorno dell’onorevole Lucifero e a quello dell’onorevole Mastrojanni. L’abbiamo riportato; abbiamo però il dovere di esprimere le nostre obiezioni, le nostre osservazioni e le nostre critiche perché su questi elementi si basa la democrazia e questo è il costume democratico. (Applausi a destra Commenti).

PRESIDENTE. L’onorevole Villabruna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

VILLABRUNA. Sento il dovere di ringraziare l’onorevole Ministro dell’interno per le assicurazioni che ci ha fornito; però, con altrettanta lealtà, dichiaro che attendo di conoscere e di controllare l’opera del Governo prima di dichiararmi completamente soddisfatto. I fatti che noi lamentiamo, e per i quali diciamo una parola di accorata protesta, ci preoccupano e ci rattristano per il momento in cui sono accaduti, e per il modo con cui si sono svolti. Io avverto un senso di amara ironia se penso che questi tentativi di violenza, diretti a soffocare la libera espressione della parola e del pensiero, avvengono proprio in questi giorni, mentre noi ci prepariamo a compilare quella Carta costituzionale che, nel rinnovato costume democratico, intende riconsacrare i diritti imprescrittibili della parola e del pensiero. (Approvazioni).

Ma soprattutto mi preoccupa il modo in cui questi fatti si sono svolti. Non si tratta di fatti sporadici o isolati. È una serie di attentati alla libertà, che con impressionante sincronismo si vanno verificando di città in città, e che si sono intensificati in questi ultimi giorni.

E allora noi abbiamo il diritto di pensare che questi fatti non abbiano carattere occasionale, ma che, sotto di essi, si celi il freddo calcolo di un piano prestabilito e di una organizzazione. (Interruzioni all’estrema sinistra Commenti).

A me pare, onorevoli colleghi, che sia legittimo il chiedersi: chi ispira, chi sobilla, chi prepara queste manifestazioni?

LI CAUSI. Ecco: chi sobilla? Risponda lei stesso a questa domanda. (Commenti).

VILLABRUNA. Ebbene, quando noi leviamo una protesta per questi attentati alla libertà, non intendiamo dolerci soltanto per l’offesa che è stata recata ad un collega, che appartiene al nostro partito, ma il nostro cuore e il nostro pensiero, si elevano al disopra dei partiti, perché noi pensiamo che quando la libertà dovesse andare perduta andrebbe perduta per tutti. (Commenti a sinistra).

Ora noi rivolgiamo una viva parola di raccomandazione al Governo, perché esso intervenga energicamente, e reagisca energicamente contro questi attentati alla libertà. E il Paese, onorevole Presidente del Consiglio, ve ne sarà grato. È ora di rassicurare il Paese, di dargli una fiducia, che comincia ad essere scossa e turbata. Soltanto per questa via, onorevole Presidente del Consiglio, convincerete il Paese che l’Italia è – non soltanto a parole – la terra della vera democrazia e della vera libertà. (Applausi).

PRESIDENTE. Poiché in due di queste interrogazioni si è parlato anche delle violenze che hanno subito nella giornata di domenica 16 marzo due membri di questa Assemblea, voglio e devo esprimere io stesso il sentimento di rammarico e di deplorazione per ciò che è avvenuto. Io credo che se le passioni di parte – pur comprensibili – che agitano ancora di questi tempi il nostro Paese, in conseguenza delle rovine materiali e morali che non solo la guerra, ma la dittatura, hanno lasciato in tutto il nostro territorio e in mezzo al nostro popolo, riescono ancora a spiegare la violenza della lotta politica, tuttavia deprecabile io credo che si debba però senz’altro deprecare il fatto che queste violenze giungano fino al misconoscimento dell’autorità morale rappresentata nell’Italia repubblicana dall’Assemblea Costituente e che si incorpora e si riverbera in ciascun componente di essa.

Noi sappiamo che vi sono gravi responsabilità che ancora non sono state scontate; che vi sono situazioni locali esacerbate forse dalla troppo tenace difesa di vecchie posizioni, che non comprendono le necessità dei tempi; vi sono, noi lo sappiamo, dei tentativi di rivalsa di forze le quali non comprendono che, anche solo con il mostrarsi, offendono l’animo popolare.

Ma tutto ciò penso debba costituire piuttosto oggetto di considerazioni da lasciare allo storico di domani; oggi dobbiamo pensare, invece, che ogni atto di violenza, tanto più quando si rivolga contro i rappresentanti eletti della Nazione, non può non colpire contemporaneamente l’autorità della nuova democrazia italiana e la dignità della nostra Assemblea.

È per questo che io ritengo di dover esprimere il più vivo rammarico per i fatti avvenuti e che perciò auspico che essi restino isolati in questa cronaca dura e dolorosa dei tempi attuali del popolo italiano. (Vivissimi generali applausi).

È così trascorso il tempo assegnato allo svolgimento delle interrogazioni.

Presidenza del Vicepresidente CONTI

Seguito della discussione del disegno di legge: Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca: Seguito della discussione del disegno di legge: Modifiche al testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 5 marzo 1934, n. 383, e successive modificazioni.

Essendo stata chiusa la discussione generale, si passa all’esame degli articoli. Ha chiesto di parlare l’onorevole relatore. Ne ha facoltà.

CARBONI, Relatore. Ho chiesto di parlare per premettere alla discussione sui singoli articoli e sui singoli emendamenti alcune considerazioni che spero gioveranno a semplificarla.

Come dicevo ieri, l’attuale disegno di legge ha un oggetto limitato a tre temi: controlli, adeguamento dei valori, commissioni di disciplina.

Il disegno di legge propone l’abolizione del controllo di merito attribuito al prefetto dalla legge del 1934 su tutte le deliberazioni dei comuni e delle provincie, fatta eccezione di alcune poche. Questo controllo generale di merito fu introdotto dal Governo fascista, invocando il principio della dipendenza gerarchica, allo scopo di rendere sempre più stretta la soggezione degli enti locali verso l’autorità governativa. Era naturale che, caduto il fascismo, ripristinata la democrazia, una delle prime preoccupazioni del Governo fosse quella di tornare all’antico sistema, di abolire questo controllo di merito, che è antitetico al principio democratico dell’autarchia degli enti locali, intesa come facoltà di agire liberamente nei limiti della legge.

Il disegno di legge che noi discutiamo si caratterizza precipuamente con l’abolizione del controllo di merito. Abolizione sulla quale io non ho bisogno di insistere, perché su di essa tutti o pressoché tutti gli oratori, che hanno partecipato alla discussione generale, sono stati concordi, fatta eccezione dell’onorevole Condorelli, il quale ha manifestato qualche preoccupazione per ragioni di carattere contingente più che sostanziale. L’onorevole Condorelli ritiene che non sia opportuna l’abolizione del controllo di merito in questo momento di risorgente democrazia, nel quale ancora non si hanno, secondo lui, amministratori sufficientemente capaci e competenti.

Ma alla preoccupazione dell’onorevole Condorelli si risponde facilmente, osservando che il controllo di merito non è abolito in maniera totale: è abolito il controllo deferito al prefetto; resta la tutela della Giunta provinciale amministrativa per le più importanti deliberazioni degli enti locali, per le deliberazioni che hanno contenuto finanziario; e si risponde altresì osservando che il sistema democratico offre in se stesso sufficienti sostitutivi di quel controllo prefettizio con la collegialità degli organi deliberanti, con il controllo delle minoranze, con il sindacato della pubblica opinione.

C’è un altro punto del disegno di legge, che merita un’attenta considerazione, ed è quello che si riferisce alla sostituzione di un potere di annullamento per motivi di legittimità al sistema, preesistente al fascismo, del visto preventivo di legittimità. Su questo punto – ed è spiegato nella nostra relazione – la Commissione ebbe qualche perplessità, perché si rappresentò il pericolo ed il danno dell’immediata esecuzione di deliberazioni annullate per illegittimità. E si preoccupò anche la Commissione che il prefetto, di fronte al fatto dell’avvenuta esecuzione, finisse col non fare più uso della facoltà di annullamento, nonostante la constatata illegittimità della deliberazione. Queste preoccupazioni furono superate non tanto per le ragioni esposte nella relazione ministeriale, quanto perché si considerò che le deliberazioni immediatamente esecutive sarebbero state quelle di minore importanza, essendo richiesta per le altre l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa, e che di regola gli amministratori, nel loro senso di responsabilità, si sarebbero astenuti dal dare esecuzione prima della scadenza del termine fissato per la pronuncia di annullamento. Ad ogni modo i motivi d’incertezza possono essere eliminati con l’accettazione dell’emendamento Castelli Avolio, che concilia le opposte tendenze stabilendo che le deliberazioni divengono esecutive dopo quindici giorni di pubblicazione all’albo pretorio, e dopo l’invio al prefetto. Però la Commissione, accettando l’emendamento Castelli Avolio, propone d’introdurvi una correzione per quanto attiene alla maggioranza, con la quale dovrebbe esser dichiarata l’immediata esecuzione delle deliberazioni urgenti. L’onorevole Castelli Avolio propone che questa maggioranza sia rappresentata dai due terzi dei componenti dei collegi deliberanti. La Commissione ha considerato che sia molto difficile, se non impossibile, raggiungere una maggioranza di due terzi per le deliberazioni dei Consigli dei comuni dove vige il sistema proporzionale, ed anche per le deliberazioni delle attuali Deputazioni provinciali, e quindi ritiene opportuno che la maggioranza richiesta per la dichiarazione di immediata esecuzione sia ridotta alla metà più uno dei componenti dei collegi deliberanti.

Sempre sul tema dei controlli, la Commissione accetta anche l’emendamento Perassi, relativo all’articolo 19 del disegno di legge.

PRESIDENTE. Penso che sugli emendamenti la Commissione possa esprimere il suo parere articolo per articolo, per evitare che si faccia un doppio lavoro. Il Relatore potrebbe fare un accenno generico per quanto si riferisce agli emendamenti presentati.

CARBONI, Relatore. Col suo consenso, onorevole Presidente, riterrei non inutili questi sommari accenni preventivi, perché, indicando sin d’ora quali emendamenti sono accettati dalla Commissione, molto probabilmente si semplificherà la discussione, nel senso che i colleghi i quali avranno appreso che i loro emendamenti vengono accettati potranno forse dispensarci dal discuterli, e gli altri, che avranno appreso le ragioni per cui la Commissione non accetta quelli da loro proposti, potranno forse rinunciarvi.

Sulla materia degli emendamenti relativi ai controlli ero giunto al termine delle mie dichiarazioni e mi proponevo di passare agli altri due temi del disegno di legge: adeguamento dei valori e commissioni di disciplina, sui quali non ho da aggiungere nulla a quello che è detto nella relazione. Siccome però sul primo di questi temi c’è una folla di emendamenti, che si dovranno forse contemporare fra loro, credo che sia opportuno di dire fin da questo momento che la Commissione aderisce al concetto degli onorevoli Meda e Fuschini circa uno speciale trattamento per i comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti. E per quanto riguarda l’adeguamento dei valori al mutato potere di acquisto della lira, la Commissione ritiene che quelli indicati nel disegno di legge debbano essere aumentati ed essere portati ai limiti degli emendamenti Preti-Villani, che sono i più corrispondenti al livello attuale della lira, con l’augurio che in un prossimo avvenire si possano convenientemente ridurre.

Dopo quanto ho detto circa il contenuto del disegno di legge e circa quelle correzioni che senz’altro possono essere accolte, debbo dichiarare che la Commissione condivide la opinione della unanimità o della quasi unanimità dei colleghi che hanno partecipato alla discussione generale, che cioè questo disegno sia troppo modesto ed incompleto in confronto alle esigenze universalmente sentite per una ben congegnata libertà degli enti locali.

Però la Commissione, come già dissi ieri, non può accettare quegli emendamenti i quali non attengano, più o meno direttamente, all’oggetto del disegno di legge, e ciò per evitare il pericolo di una legiferazione improvvisata, senza la preventiva ponderazione e senza il necessario coordinamento con altre disposizioni di legge, o per evitare la necessità di rinvio al Governo, che eliminerebbe i risultati modesti, ma pure utili, ottenibili dal presente disegno di legge. In questo caso si produrrebbe un effetto opposto a quello desiderato, in quanto che si differirebbe anche l’attuazione di quel primo avviamento alla libertà che è nel disegno stesso.

La riforma totale avverrà dopo la Costituzione, ed io spero che sia infondato o almeno eccessivo il timore di ritardo manifestato dall’onorevole Dozza, perché mi auguro che il Governo ed il futuro Parlamento sentiranno, tra i primi doveri, quello di deliberare la nuova legge che dovrà sostituire quella comunale e provinciale in aderenza ai principî della nuova Costituzione.

Con riserva di ulteriori delucidazioni, se ed in quanto necessarie, nella discussione dei singoli articoli, dichiaro intanto che la Commissione aderisce in pieno all’ordine del giorno proposto dall’onorevole Dozza per la riforma delle finanze locali, riforma indispensabile per dare un contenuto concreto di libertà agli enti locali.

La Commissione aderisce pure al ripristino dell’azione popolare, proposto dall’onorevole Persico. È una materia non strettamente attinente al tema del presente disegno, ma che pure ha una qualche relazione con esso. L’azione popolare, che costituisce indubbiamente un valido ausilio degli enti locali e che fu soppressa dal Governo fascista per antipatia verso tutto quanto ha sapore democratico, ha, dicevo, una certa attinenza con il tema dei controlli, perché fornisce un mezzo di concorso, di indiretto controllo popolare sull’attività delle amministrazioni, supplendo all’inerzia della loro azione.

Un altro punto, nel quale anche la Commissione concorda con quanto si è detto in questa discussione, è quello relativo alla modificazione della composizione delle Giunte provinciali amministrative. Oggi esse, con una lieve modificazione apportata dal Governo Badoglio, sono sempre costituite sulla base della legge fascista che dà la prevalenza all’elemento governativo sull’elemento elettivo. Ritiene la Commissione che la situazione si debba capovolgere. Questo è il proposito espresso in un emendamento dell’onorevole Persico. Ma la Commissione pensa che la composizione delle Giunte provinciali amministrative debba essere più snella di quella indicata dal collega Persico, e che esse potrebbero essere costituite da tre membri governativi e da quattro elettivi. La Commissione ha portato anche la sua attenzione sulla proposta soppressione dell’articolo 19, proposta fatta dall’onorevole Zotta, ma dichiara, con dispiacere, ch’essa, allo stato, non può essere accettata, perché esula completamente dal tema del presente disegno di legge. Così deve dirsi per l’emendamento Cosattini, relativo alle farmacie, che comporterebbe la necessità della modificazione di una legge speciale, che non può essere introdotta affrettatamente ed incidentalmente nella legge comunale e provinciale, come si propone dall’onorevole Cosattini, e che esigerebbe invece un esame attento ed approfondito.

La Commissione, pur apprezzando il concetto che ha ispirato l’onorevole Lami nella presentazione di un emendamento tendente alla costituzione di commissioni di bilancio presso i Consigli comunali eletti col sistema proporzionale, nei quali è molto difficile raggiungere la maggioranza necessaria per la approvazione dei bilanci, è d’opinione che neanche esso possa essere accolto, perché non attinente alla materia del disegno di legge.

C’è, infine, un altro argomento trattato nella discussione generale e sul quale convien dire qualche parola, ed è il tema della destatizzazione dei segretari comunali, tema molto delicato e grave, che la Commissione ritiene non potersi risolvere in questo momento, non soltanto perché esso implica la necessità di un ponderato esame, che non è stato fatto, e di una regolamentazione, che non si può improvvisare, ma anche perché conviene attendere l’esito degli studi e le proposte della Commissione paritetica, all’uopo costituita, di rappresentanti delle amministrazioni e dei segretari comunali.

Dopo tutte queste premesse, mi sia lecito esprimere l’opinione che il disegno di legge sottoposto al vostro esame, pur con l’eliminazione di quegli allargamenti che sono stati proposti nel corso della discussione generale, rappresenta un progresso, modesto ma pure apprezzabile, sulla via di quella libertà degli enti locali che è nelle aspettative democratiche di tutti noi. E non è motivo di soprassedere all’approvazione, perché esso non soddisfa in pieno alle esigenze di una completa libertà. Se – come non è dubbio – l’approvazione del disegno di legge costituisce una utilità, sarebbe dannoso differirla in attesa di una maggiore riforma non realizzabile prontamente.

Concludendo, la Commissione vi invita, onorevoli colleghi, a dare voto favorevole al disegno di legge in discussione opportunamente emendato, con la certezza che gli amministratori dei comuni e delle provincie d’Italia sapranno esser degni della fiducia del popolo anelante alla ricostruzione morale e materiale del Paese, nella libertà, nella democrazia e nella giustizia. (Vivi applausi).

SCELBA, Ministro dell’interno. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SCELBA, Ministro dell’interno. Dichiaro che concordo pienamente con le osservazioni e con le conclusioni fatte dal Relatore, anche su punti specifici, quale il problema delle farmacie ed il problema dei segretari comunali.

Desidero aggiungere soltanto qualche parola per quanto riguarda l’articolo 19.

Sono pienamente convinto che l’articolo 19 in un ben ordinato regime democratico non dovrebbe esistere, perché il regime democratico si caratterizza dai limiti del potere discrezionale dell’autorità politica. Meno ampio è questo limite e più il regime è veramente democratico, cioè rispettoso delle leggi.

L’articolo 19 rappresenta una vecchia eredità fascista, in base alla quale si soppressero in Italia le libertà politiche e le libertà civili, perché, in base al vecchio articolo 3 della legge di pubblica sicurezza, trasfuso poi nell’articolo 19, il fascismo, senza nessun’altra disposizione, soppresse in Italia tutte le libertà, i partiti e la stampa.

Quindi, condivido pienamente le preoccupazioni espresse dai vari oratori intorno alla permanenza di questo articolo nella nostra legislazione. E le preoccupazioni sono fondate anche per l’assurda applicazione che molti prefetti, a seguito di pressioni o di agitazioni e di situazioni particolari, fanno, in concreto, di questo articolo 19.

Comunque, posso assicurare l’Assemblea di aver richiamato, fin dal primo giorno della mia assunzione del dicastero dell’interno, i prefetti sulla necessità che l’applicazione dell’articolo 19 sia riportata a quello che è lo spirito di questo articolo, soprattutto inteso nella nuova situazione e nel nuovo clima politico. Ed ho stabilito che i prefetti, applicando l’articolo 19, devono rimettere al Ministero dell’interno tutti i provvedimenti che essi emettono perché possa esercitarsi un sindacato da parte del potere centrale. Posso assicurare l’Assemblea che, dopo questa disposizione, di applicazioni dell’articolo 19 in Italia non se ne sono fatte più.

È, soprattutto, inammissibile che in base all’articolo 19 l’autorità politica possa interferire nel diritto privato. I fatti che si sono qui lamentati corrispondono veramente alla realtà: prefetti che intervengono a sospendere, in base all’articolo 19, l’esecuzione delle sentenze, o prefetti i quali instaurano, attraverso lo stesso articolo, il regime corporativo, dando valore legale o coattivo ad accordi fra le parti, che possono aver valore in quanto sono accordi fra le parti e rispettati dalle parti stesse. Tutte queste applicazioni arbitrarie che si sono verificate nel passato, oggi vengono meno perché ho dato istruzioni precise, richiamando al senso di responsabilità i prefetti che applicano questo articolo. Per quanto oggi non sia possibile sopprimere questa disposizione, poiché la soppressione o la modificazione dovrà essere inquadrata in tutto il nuovo ordinamento giuridico dello Stato, posso dare assicurazioni all’Assemblea che gli abusi lamentati non avranno più a ripetersi, perché, come ho detto, disposizioni precise sono state date per riportare l’applicazione di questo articolo nei limiti strettamente necessari e, soprattutto, tenendo conto della nuova situazione politica.

Sono un deciso autonomista ed assertore dell’economia comunale, non soltanto per educazione personale, non soltanto per studi, ma per tendenza politica. Quindi, in me troveranno piena e larga comprensione i voti di coloro i quali tendono a realizzare nelle leggi queste aspirazioni di autonomia comunale. Purtroppo esse oggi trovano una remora e un limite nella situazione finanziaria dei comuni, perché veramente non si può parlare di autonomia comunale quando non c’è una corrispettiva autonomia finanziaria, quando cioè i comuni, per la loro vita quotidiana, hanno bisogno del quotidiano intervento del Governo, il quale deve naturalmente assicurarsi un determinato controllo perché le somme – e sono diecine di miliardi – che lo Stato dà ai comuni non siano malamente spese.

Accogliendo i voti che sono stati espressi in emendamenti, io mi propongo di sottoporre al più presto possibile all’Assemblea un nuovo schema di disegno di legge che possa venire incontro alle aspettative e ai desideri dei comuni, per allargare il campo dell’autonomia comunale che il fascismo aveva assolutamente annientata e annullata.

Oggi viene presentato un disegno di legge del quale non ho la paternità se non in quanto faccio parte del Governo che lo ha approvato. Però, dopo avere studiato questo provvedimento, mi sono convinto che esso realizza qualche cosa di concreto e di positivo. Non è certo l’optimum che noi vorremmo; ma oggi rinviare e non approvare questo provvedimento di legge significherebbe danneggiare in concreto le amministrazioni comunali, le quali trovano nell’attuale legislazione una remora alla loro attività, che oggi è notevole perché è in una fase importante di ricostruzione. Prego quindi, l’Assemblea di volere approvare questo disegno di legge nei termini indicati, salvo le modificazioni che possiamo concretare con la Commissione e coi presentatori delle modifiche stesse, senza aggiunte però ed emendamenti che snaturino il disegno di legge, perché noi non possiamo introdurre in esso norme nuove che dovrebbero essere valutate ed esaminate in una più ampia visione di tutto il problema.

In sede di esame dei singoli articoli mi riservo di esprimere il parere del Governo sugli emendamenti presentati.

Per quanto si riferisce agli articoli aggiuntivi che sono stati presentati, devo esprimere, in linea di principio, il proposito del Governo di non accettarli o di accettarli solo come raccomandazioni, perché il Governo predisponga un nuovo disegno di legge in cui essi possano trovare accoglimento. Dichiaro anzi, fin da ora, che sono d’accordo in sostanza coi presentatori di questi emendamenti e li accetto senz’altro come raccomandazioni.

PRESIDENTE. L’onorevole Dozza, ha presentato il seguente ordine del giorno:

«L’Assemblea Costituente, mentre auspica alla realizzazione dell’autonomia amministrativa per i Comuni, fa voti affinché si provveda alla sollecita discussione del disegno di legge che reca modifiche alla legge sulle finanze locali, che è all’esame della competente Commissione, come necessario complemento delle modifiche alla legge comunale e provinciale».

Chiedo al Governo di esprimere il suo parere su quest’ordine del giorno.

SCELBA, Ministro dell’interno. Sono pienamente d’accordo con l’onorevole Dozza e accetto il suo ordine del giorno come raccomandazione.

PRESIDENTE. Do atto della dichiarazione del Governo relativa all’ordine del giorno dell’onorevole Dozza.

Passiamo ora alla discussione degli articoli.

Art. 1.

«L’articolo 87 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, è abrogato e sostituito dal seguente:

«I contratti dei comuni riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono, di regola, essere preceduti da pubblici incanti, con le forme stabilite pei contratti dello Stato.

«È consentito di provvedere mediante licitazione privata:

  1. a) per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 500.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 100.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazioni di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 500.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. b) per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti o che, pure avendo popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, siano capoluoghi di provincia, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 300.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 500,000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili se il canone complessivo non superi le lire 2,500,000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. c) per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 150,000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 30,000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non ecceda le lire 150,000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni.

«Si può anche procedere alla trattativa privata quando il valore complessivo dei contratti non ecceda, per le singole classi di comuni, la metà delle cifre suindicate.

«Anche all’infuori dei casi previsti nel comma secondo, il prefetto può consentire che i contratti seguano a licitazione privata, quando tale forma di appalto risulti più vantaggiosa per l’amministrazione.

«Può anche autorizzare la trattativa privata, allorché ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessità o la convenienza».

A questo articolo gli onorevoli Meda e Fuschini hanno presentato il seguente emendamento:

Sostituirlo col seguente:

«L’articolo 87 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, è abrogato e sostituito dal seguente:

«I contratti di comuni riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono di regola essere preceduti da pubblici incanti con le forme stabilite pei contratti dello Stato.

«È consentito di provvedere mediante licitazione privata:

  1. a) per i comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 2,500,000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 500,000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazioni di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non ecceda le lire 150.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni.

  1. b) per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 500,000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 100,000 ed il comune non resti obbligato oltre cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazioni di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 500,000 e la durata del contratto non ecceda i novi anni;

  1. c) per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti o che, pure avendo popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, siano capoluoghi di provincia, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 300,000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 60.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazioni di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 300.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. d) per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 150.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 30.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 150,000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

«Si può anche procedere alla trattativa privata, quando il valore complessivo dei contratti non ecceda per le singole classi di comuni la metà delle cifre suindicate.

«Anche all’infuori dei casi previsti nel comma 2°, il Prefetto può consentire che i contratti seguano a licitazione privata, quando tale forma di appalto risulti più vantaggiosa per l’Amministrazione.

«Può anche autorizzare la trattativa privata allorché ricorrano circostanze eccezionali e ne siano evidenti la necessità e la convenienza».

Gli onorevoli Preti e Villani hanno presentato, a loro volta, il seguente emendamento:

Al terzo comma sostituire il seguente:

«È consentito di provvedere mediante licitazione privata:

  1. a) per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non eccede le lire 1.500.000;

2°) di spesa che non superi annuale mente le lire 250.000 ed il comune non resti obbligato oltre cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 1.500.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. b) per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, siano capoluoghi di provincia, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 750.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 150.000 ed il comune non resti obbligato oltre cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 750.000 e la durata del contratto non superi i nove anni;

  1. c) per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 400.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 75.000 ed il Comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non ecceda le lire 400.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni».

Domando agli onorevoli proponenti Meda e Fuschini se sono d’accordo con l’emendamento presentato dagli onorevoli Preti e Villani.

MEDA. Siamo d’accordo in questo senso, che il relatore ha già assicurato che aumenterà gli stanziamenti in conformità dell’emendamento Preti-Villani. Bisognerebbe perciò coordinare i due emendamenti e fonderli in uno solo.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Relatore a esprimere il parere della Commissione.

CARBONI, Relatore. La Commissione accetta l’emendamento Meda-Fuschini che introduce la categoria di comuni con oltre 500.000 abitanti. Tuttavia, per quanto riguarda i singoli valori, essa crede doversi adottare quelli proposti nell’emendamento Preti-Villani. Occorre in conseguenza sostituire le cifre indicate nell’emendamento Meda-Fuschini con quelle proposte dagli onorevoli Preti-Villani, per modo che si potrebbe mettere in votazione l’emendamento Meda così corretto.

PRESIDENTE. Sono stati presentati inoltre i seguenti emendamenti:

Sostituire la lettera a) con la seguente:

  1. a) per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti o che, pur non avendo popolazione superiore ai 100.000 abitanti, siano capoluogo di provincia.

«Sostituire la lettera b) con la seguente:

  1. b) per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti.

«Mannironi».

«Sopprimere il terz’ultimo comma.

«Caroleo».

«Prima del penultimo comma aggiungere il seguente:

«Quando si tratti di acquisti di derrate, di combustibili, di carburanti e di simili generi di consumo si potrà procedere alla trattativa privata, qualunque sia il loro importo, purché gli acquisti stessi siano fatti in base ai prezzi desumibili da mercuriali e bollettini ufficiali ed i quantitativi siano limitati al fabbisogno di un quadrimestre.

«Bubbio».

Domando all’onorevole Mannironi se mantiene il suo emendamento.

MANNIRONI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Caroleo se mantiene il suo emendamento.

CAROLEO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Domando all’onorevole Bubbio se mantiene il suo emendamento.

BUBBIO. Lo mantengo.

PRESIDENTE. L’onorevole Mannironi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

MANNIRONI. Il mio emendamento tende a salvaguardare la posizione di quei capoluoghi di provincia – pochi, pochissimi in verità – che hanno una popolazione inferiore non solo ai 100.000, ma ai 20.000 abitanti. Ora faccio rilevare che la proposta di voler considerare i comuni capoluoghi di provincia come comuni di prima categoria, venendo in tal modo ad annoverarli fra quelli che hanno una popolazione massima, è vecchia. Tale richiesta già venne avanzata dall’Associazione dei comuni, nel 1911, in un congresso tenuto a Roma.

Credo opportuno dover richiamare l’attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che i comuni che, sia pure con scarsa popolazione, sono assurti alla dignità di capoluoghi di provincia, si sono venuti a trovare in una condizione particolare proprio per il fatto che sono capoluoghi di provincia, e che pertanto molti dei loro problemi sono affini a quelli dei capoluoghi di provincia che hanno una popolazione molto più numerosa.

Debbo del resto far rilevare che la legge elettorale del gennaio 1946 ha equiparato tutti i capoluoghi di provincia, anche di scarsa popolazione, alle città più grandi, nel senso che ha consentito anche per essi che le elezioni avvenissero col sistema proporzionale.

Ora io proporrei che la posizione di questi capoluoghi di provincia con popolazione inferiore sia considerata alla stessa stregua dei comuni che oggi, dopo la proposta Meda-Fuschini, diventano di seconda categoria, cioè che hanno una popolazione superiore ai 100.000 abitanti.

PRESIDENTE. Domando alla Commissione se essa intende di confermare la sua dichiarazione, cioè se essa intende tuttora non accettare l’emendamento.

CARBONI, Relatore. La Commissione ritiene che sia opportuno mantenere i comuni capoluoghi di provincia nelle categorie previste nella legge vigente, con la quale si fa un trattamento di favore a tutti quei capoluoghi di provincia che non raggiungono la popolazione di 20 mila abitanti.

Per gli altri, non c’è ragione di passarli ad una categoria superiore.

PRESIDENTE. Invito il Governo a manifestare il suo avviso al riguardo.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si oppone all’emendamento, perché il criterio tenuto a base è stato quello della popolazione, non già quello del capoluogo di provincia. Non possiamo, pertanto, accettare questo emendamento che verrebbe a sovvertire il criterio della legge.

MANNIRONI. Io volevo soltanto far rilevare che la qualità di capoluogo di provincia porta al sorgere di problemi così gravi e complessi da fare ravvicinare questi centri a quelli dei capoluoghi di provincia con popolazione maggiore.

PRESIDENTE. Ad ogni modo, il Governo e la Commissione non accettano il suo emendamento: ella lo mantiene?

MANNIRONI. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento Mannironi, di cui è già stata data lettura.

(È approvato).

Segue l’emendamento dell’onorevole Caroleo, di soppressione del terz’ultimo comma.

Il terz’ultimo comma è il seguente: «Si può anche procedere alla trattativa privata, quando il valore complessivo dei contratti non ecceda, per le singole classi di comuni, la metà delle cifre suindicate».

L’onorevole Caroleo, ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

CAROLEO. Ho detto già le ragioni che consiglierebbero la soppressione della forma della trattativa privata nei contratti comunali. La disposizione in esame significa, infatti, che, per la metà dei valori indicati nell’articolo, tutte le contrattazioni degli enti comunali possono avvenire attraverso la forma della trattativa privata.

Ora, non per prevenzione contro gli amministratori, ma per liberare soprattutto costoro dal discredito e dall’ombra del sospetto, io proporrei questa soppressione, tanto più che l’ultimo comma dell’articolo 1 stabilisce che la trattativa privata può essere autorizzata in ogni caso dal prefetto, quando ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessità o la convenienza.

È vero che anche nelle forme dell’asta pubblica e della licitazione privata sono possibili le preordinazioni maliziose fraudolenti; ma c’è questo di diverso, che nelle licitazioni private e nell’asta pubblica le preordinazioni possono essere imputabili a coloro i quali sono chiamati a concorrere alla contrattazione, senza ingerenza dell’amministratore; mentre nella trattativa privata il sospetto e il discredito possono colpire principalmente l’amministratore, perché è da lui che proviene l’indicazione, la designazione, la scelta dell’unico partecipante alla trattativa. Perciò io insisto nel mio emendamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Relatore.

CARBONI, Relatore. La Commissione, pur considerando apprezzabili le ragioni esposte dall’onorevole Caroleo, è dell’opinione che sia opportuno mantenere l’istituto della trattativa privata. Chi ha esperienza di vita amministrativa sa che in taluni casi è indispensabile ricorrere alla trattativa privata.

D’altra parte, il disegno di legge – che ripete la disposizione della legge del 1915; e per quanto io ne sappia, gravi inconvenienti non si sono frequentemente verificati – mantiene la trattativa privata in limiti molto più modesti della licitazione privata. Il pensiero dell’onorevole Caroleo, del resto, è contradetto dall’onorevole Bubbio, il quale invece vorrebbe che la trattativa privata per certi determinati acquisti fosse consentita senza limitazioni.

La Commissione perciò non accetta l’emendamento Caroleo.

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Ho chiesto la parola, perché a me sembra che l’emendamento Caroleo risponda ad un criterio molto opportuno. Se abbiamo accettato l’emendamento Preti-Villani che aumenta le aliquote del limite massimo degli appalti, evidentemente noi avremmo che un appalto di un milione e cinquecentomila lire, cioè un appalto notevole – e sarà più notevole se la lira sarà rivalutata – potrebbe per metà della cifra, cioè per 750 mila lire, essere assegnato mediante trattativa privata.

Ora, noi sappiamo, specialmente nei piccoli comuni, a quali inconvenienti gravissimi dà luogo la trattativa privata. Siccome c’è la valvola di sicurezza dell’ultimo capoverso che consente sempre la trattativa privata quando ricorrono circostanze eccezionali e sia evidente la necessità della convenienza a farla, non credo che dobbiamo dare la via libera alle trattative private tutte le volte che si arriva alla metà della somma stabilita dall’articolo stesso. Quindi, pregherei i colleghi di approvare l’emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo al Governo di esprimere il suo parere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo si rimette all’Assemblea.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento dell’onorevole Caroleo, non accettato dalla Commissione, di sopprimere il terz’ultimo comma dell’articolo 1.

(È approvato).

Passiamo ora all’emendamento presentato dell’onorevole Bubbio, di cui è già stata data lettura.

L’onorevole Bubbio ha facoltà di svolgerlo.

BUBBIO. Chiunque abbia qualche pratica di amministrazione può riconoscere che nei comuni ricorrono frequentemente e periodicamente i casi di forniture di generi di consumo che debbono essere fatte di volta in volta ai prezzi correnti, con conseguente impossibilità di ricorrere alla licitazione privata e all’asta pubblica. Per esempio, un comune, che debba acquistare il pane pel suo convitto civico, non può ricorrere alla licitazione privata o peggio ancora all’asta pubblica, con tutte le formalità e le complicazioni relative, trattandosi di genere il cui prezzo è ufficiale.

Non mi si risponda che si potrà in tali casi ricorrere alla trattativa privata, mediante la autorizzazione prefettizia, giacché l’ultimo capoverso dell’articolo 1 del disegno di legge richiede che ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessità o la convenienza; due elementi, che invece non ricorrono nella fattispecie, in cui è vero il contrario, e cioè la normalità e la frequenza per l’ente di addivenire a siffatte forniture.

Un sindaco mi diceva ieri che in tali casi egli non prende alcuna deliberazione, il che è certo contro legge. Se noi vogliamo essere realisti, dobbiamo ammettere che in queste fattispecie, in cui si tratta di derrate di consumo, le quali abbiano un prezzo ufficiale desumibile da bollettini o mercuriali o quando l’acquisto sia limitato al periodo di un quadrimestre, ope legis, il comune possa fare gli acquisti a trattativa privata.

Coi tre requisiti predetti non ci può essere pericolo di sconfinamento e resta attuata la massima garanzia.

Col valore attuale della lira, anche un comune di limitata importanza per acquistare la legna per i suoi propri uffici, per un mese o due, supera il limite di cui al disegno di legge; quindi non si dovrebbe ostacolare questa innovazione che risponde a criterio di assoluta praticità.

È vero che, con l’emendamento Preti, il minimo è stato discretamente elevato, ma tuttavia non è ancora sufficiente per i casi esaminati, per i quali occorrono celerità e facilità di deliberazione, senza eccessive formalità.

Il concetto mio si inspira al principio dell’autonomia, e gli amministratori comunali, che hanno un senso di responsabilità, sapranno fare saggio uso di questa eventuale facoltà, nei casi ben determinati e ben precisati. Quindi insisto sull’emendamento.

PRESIDENTE. Quale è il parere della Commissione?

CARBONI, Relatore. La Commissione rileva che non vi dovrebbe essere bisogno di interloquire dopo che l’Assemblea ha voluto abolire l’istituto della trattativa privata. L’Assemblea ha considerato che l’istituto della trattativa privata non sia da mantenere, mentre invece l’emendamento Bubbio vorrebbe estendere la iniziativa privata senza limite, senza neppure quei limiti per i quali il disegno di legge l’ammetteva.

Quello che è il pericolo temuto dall’onorevole Bubbio, può, del resto, essere eliminato coll’applicazione dell’ultimo comma dell’attuale articolo 87, dove, come richiamava l’onorevole Persico, può essere autorizzata la trattativa privata, allorché ricorrano circostanze eccezionali e ne sia evidente la necessità o la convenienza.

BUBBIO. Non è così.

CARBONI, Relatore. La Commissione pensa che possa ricorrersi all’applicazione di questo ultimo comma per le ragioni già esposte e pertanto crede che non sia da accettare l’emendamento Bubbio.

PRESIDENTE. Invito il Governo a esprimere il suo parere.

SCELBA, Ministro dell’interno. Credo anch’io che l’Assemblea non possa, per coerenza, che respingere l’emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento dell’onorevole Bubbio, non accettato né dalla Commissione, né dal Governo.

(Non è approvato).

BASILE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa?

BASILE. Trovo che dopo la votazione che abbiamo fatto ora e quella precedente, se noi approvassimo l’articolo 1, così come è stato proposto, vi sarebbe una incongruenza, perché noi abbiamo voluto evitare che i Prefetti potessero consentire licitazioni private prima che siano esperiti pubblici incanti ed abbiamo autorizzato la trattativa privata allorché ricorrano circostanze eccezionali.

PRESIDENTE. Questa parte dell’articolo è rimasta. È stato sostituito soltanto il terz’ultimo comma.

BASILE. Ora, il primo comma dell’articolo 1 dice che i contratti dei comuni riguardanti alienazioni, acquisti, appalti, ecc., di regola devono essere preceduti da pubblici incanti. «Di regola», che cosa significa? che si potrebbe dire sempre: questa volta no, lo faremo la prossima volta.

Oggi non si fa credito, domani sì. In altri termini, questa formula sarebbe una scappatoia, darebbe la possibilità che un’amministrazione comunale si sottraesse, negli affari più importanti, all’obbligo – che è garanzia di moralità – dell’asta pubblica che deve essere sempre osservato.

Propongo pertanto, il seguente emendamento:

«All’articolo 1, comma primo, dopo le parole: appalti di opere devono, sopprimere le parole: di regola.

PRESIDENTE. Qual è il parere della Commissione su questa proposta?

CARBONI, Relatore. Le due parole «di regola» del primo comma dell’articolo sono necessarie, perché nel secondo comma si prevede l’eccezione, che è quella della licitazione privata.

Di regola si deve procedere ai pubblici incanti stabiliti nel primo comma; eccezionalmente alla licitazione privata prevista nel secondo comma. Se si abolissero le parole «di regola», faremmo una disposizione contradittoria, perché stabiliremmo nel primo comma l’obbligatorietà dell’asta pubblica, mentre, col secondo comma, ammettiamo la possibilità della licitazione privata.

BASILE. Già, è il contrario: distruggete la norma e lasciate le eccezioni?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Fuschini. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Noi insistiamo nella nostra proposta e siamo contrari all’emendamento Basile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’onorevole Molinelli. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Anche noi siamo contrari all’emendamento Basile.

PRESIDENTE. L’onorevole Basile mantiene il suo emendamento?

BASILE. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento dell’onorevole Basile.

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione dell’articolo 1.

Gli onorevoli colleghi tengano presente che è stato approvato l’emendamento Mannironi, che ha sostituito le lettere a) e b) del testo della Commissione. Ricordo che è stato approvato l’emendamento Caroleo per la soppressione del terz’ultimo comma. Ora si tratta di coordinare l’emendamento Meda-Fuschini con l’emendamento Preti e Villani, nel senso di sostituire le cifre proposte dagli onorevoli Preti e Villani a quelle dell’emendamento Meda-Fuschini.

In base a questo coordinamento, e tenendo conto degli emendamenti Mannironi e Caroleo, già approvati, l’articolo 1 risulta così formulato:

«L’articolo 87 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, è abrogato e sostituito dal seguente:

«I contratti di comuni riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono di. regola essere preceduti da pubblici incanti con le forme stabilite pei contratti dello Stato.

«È consentito di provvedere mediante licitazione privata:

  1. a) per i comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 2.500.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 500.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili se il canone complessivo non superi le lire 2.500.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. b) per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti o che, pur non avendo popolazione superiore ai 100.000 abitanti, siano capoluoghi di provincia, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 1.500.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 250.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 1.500.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. c) per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 750.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 150.000 ed il comune non resti obbligato oltre cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazioni di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non superi le lire 750.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni;

  1. d) per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, quando si tratti:

1°) di contratti il cui valore complessivo e giustificato non ecceda le lire 400.000;

2°) di spesa che non superi annualmente le lire 75.000 ed il comune non resti obbligato oltre i cinque anni, sempre che per lo stesso oggetto non vi sia altro contratto, computato il quale si oltrepassi il limite anzidetto;

3°) di locazione di fondi rustici, fabbricati od altri immobili, se il canone complessivo non ecceda le lire 400.000 e la durata del contratto non ecceda i nove anni.

«Anche all’infuori dei casi previsti nel comma 2°, il Prefetto può consentire che i contratti seguano a licitazione privata, quando tale forma di appalto risulti più vantaggiosa per l’Amministrazione.

«Può anche autorizzare la trattativa privata allorché ricorrano circostanze eccezionali e ne siano evidenti la necessità e la convenienza».

Chiedo alla Commissione e al Governò di dichiarare se accettano la formulazione dell’articolo 1, così come è stata letta.

CARBONI, Relatore. La Commissione ha già dichiarato di accettare l’emendamento Meda-Fuschini, aggiornato nei valori con quello Preti-Villani.

SCELBA, Ministro dell’interno. Il Governo accetta i valori indicati nell’emendamento Meda-Fuschini, ma quelli indicati nell’emendamento Preti-Villani gli sembrano eccessivi.

Devo pregare l’Assemblea di tener conto della realtà obiettiva. Per quanto la svalutazione della moneta possa giustificare prezzi così elevati, qui si tratta di contratti molto alti. Allo stato delle cose, personalmente, sarei contrario.

CARBONI, Relatore. Il rapporto tra i valori indicati nell’emendamento Preti-Villani e quelli della legge vigente è di uno a venti, e quindi credo che corrisponda con sufficiente approssimazione, se mai in difetto, al rapporto tra la lira attuale e quella d’anteguerra.

FUSCHINI. Vorrei far rilevare all’Assemblea che con la soppressione del terz’ultimo comma, per cui non si può procedere alla trattativa privata quando il valore complessivo dei contratti non ecceda, per le singole classi di comuni, la metà delle cifre indicate nei comuni in esame, mi pare che si possano accettare i valori proposti dagli onorevoli Preti e Villani. Noi abbiamo avuto la preoccupazione che fosse in vigore ancora la possibilità di arrivare alla trattativa privata per i contratti e per gli acquisti che erano inferiori alla metà delle cifre indicate nell’articolo. È peraltro da osservare che la trattativa privata sarà concessa soltanto con le garanzie stabilite dalla legge.

PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento proposto dagli onorevoli Meda e Fuschini, con gli aggiornamenti di cifre proposti dagli onorevoli Preti e Villani.

(È approvato).

Pongo ai voti l’articolo 1, nel suo complesso, con tutti gli emendamenti approvati, nella formulazione di cui ho già dato lettura.

(È approvato).

Passiamo ora all’articolo 2:

«L’articolo 88 del testo unico predetto è abrogato e sostituito dal seguente:

«Sono comunicati al Consiglio di Prefettura, per il parere, i progetti di contratto da stipularsi dai comuni quando superino le lire 1.000.000 per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti; le lire 600.000 per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, siano capoluoghi di provincia; le lire 300.000 per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti.

«Il Consiglio di Prefettura dà il suo parere tanto sulla regolarità del progetto, quanto sulla convenienza amministrativa».

È stato presentato dall’onorevole Mannironi il seguente emendamento:

Sostituirlo con il seguente:

«L’articolo 88 del testo unico è abrogato».

L’onorevole Mannironi mantiene questo emendamento?

MANNIRONI. Lo mantengo e desidero dirne le ragioni.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANNIRONI. Sono d’accordo con coloro i quali hanno ritenuto che questo disegno di legge non consente eccessive innovazioni e radicali modificazioni della legge comunale e provinciale, perché penso che tutta questa materia debba essere rifusa e vista in un insieme organico per cui la riforma debba essere totale e tempestiva. Però ritengo che, mentre alcune modificazioni si stanno apportando, col disegno di legge in esame, sia opportuno arrivare anche qui ad una innovazione che mi sembra essenziale, fondamentale, se vogliamo snellire le amministrazioni comunali e se vogliamo ridare ad esse maggiore libertà ed autonomia.

L’articolo 88 della legge comunale e provinciale prevede che i progetti di alcuni contratti che hanno un certo limite di valore debbono essere sottoposti all’approvazione del Consiglio di prefettura. Al riguardo faccio rilevare che l’esame del Consiglio di prefettura è un doppione rispetto a quello della Giunta provinciale amministrativa. Il Consiglio di prefettura è composto solamente di impiegati di prefettura, completamente ligi alla volontà del Prefetto. Ora, quando noi invece sottoponiamo – com’è previsto e disposto in altro articolo della legge – questi contratti all’approvazione della Giunta provinciale amministrativa, abbiamo tutte le garanzie necessarie perché i contratti stessi siano esaminati e controllati seriamente. Quindi mi pare che noi realizziamo una notevole economia di lavoro e di tempo.

Faccio rilevare all’Assemblea che tutti i contratti di una certa importanza, per l’articolo 99 del testo unico, sono sottoposti alla Giunta provinciale amministrativa che esprime un giudizio giuridico, tecnico ed amministrativo. Ora, se il giudizio è dato da questo organismo più completo che dà maggiori garanzie anche perché comprende membri elettivi, non vi è ragione per richiedere anche l’esame del Consiglio di prefettura che d’altronde si limita ad esprimere un semplice parere. Tale parere può ritenersi del tutto superfluo di fronte al giudizio pieno di merito che ne dà la Giunta provinciale amministrativa, della quale, del resto, fanno parte in genere gli stessi funzionari del Consiglio di prefettura.

Per tali motivi io proporrei senz’altro l’abolizione di questo articolo 88.

PERSICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERSICO. Non mi sembra che sopprimere l’articolo 88 giovi all’economia della legge, perché c’è un equivoco in quello che ha detto l’onorevole Mannironi: infatti non è richiesta l’approvazione del Consiglio di prefettura, che invece dà soltanto un parere sulla regolarità e la convenienza dei contratti. L’approvazione spetta poi alla Giunta provinciale amministrativa.

E che male c’è a sentire questo parere, non obbligatorio e non vincolante? Si potrà discutere sui limiti del contratto e sul progetto di spese, e sarà anche bene accettare le modifiche proposte dagli onorevoli Meda e Fuschini per gli aumenti in relazione all’adeguamento del valore della moneta. Ma, ripeto, non c’è ragione di sottrarre queste deliberazioni ad un semplice parere che, pur non essendo vincolante, può mettere in rilievo degli eventuali errori tecnici o amministrativi.

BOVETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOVETTI. Desidero insistere sull’emendamento Mannironi. Chi abbia pratica di vita amministrativa sa che i Consigli di prefettura non hanno mai funzionato. È un organo pleonastico: significherebbe ora dar vita a funzioni e ad un organo che sono strettamente legati e subordinati al potere esecutivo.

PERSICO. I Consigli di prefettura possono funzionare ottimamente, se il prefetto li sa far funzionare.

BOVETTI. Nella maggior parte delle provincie non hanno mai funzionato. Ora a me pare che l’approvazione della Giunta provinciale amministrativa sia una garanzia più che sufficiente. Accettando invece il mantenimento della formula proposta dalla Commissione noi verremmo a creare un notevole intralcio all’esecuzione di queste opere che devono essere compiute con la maggiore sollecitudine. Mi associo quindi all’emendamento Mannironi.

MOLINELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. A nome del Gruppo comunista dichiaro che voteremo a favore dell’emendamento Mannironi.

FUSCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FUSCHINI. Vorrei far presente agli onorevoli colleghi e alla Commissione che mi pare che la proposta dell’onorevole Mannironi riguardi una modificazione che noi, in linea di massima, potremmo accettare se fossimo in sede di riforma totale sui controlli preventivi e consuntivi dell’amministrazione dei comuni.

Questo problema dei controlli è gravissimo ed io credo che debba essere ristudiato completamente; ma noi non possiamo smontare, di un sistema, una piccola ruota, anche se questa piccola ruota potrebbe, in questo momento, esser messa da parte. Il controllo preventivo sui progetti deve essere un controllo preventivo di merito anche sulla convenienza o meno.

Una voce al centro. Quel controllo lo fa la Giunta.

FUSCHINI. Noi creeremmo un disordine amministrativo che sarebbe oltremodo grave. Noi faremo la legge con concetti completamente nuovi; non possiamo perciò incominciare con lo smontare un sistema di controlli, finché non ne avremo trovato un altro che potremo esser sicuri che andrà bene.

Mi oppongo quindi personalmente alla soppressione dell’articolo 88 proposta dall’amico onorevole Mannironi. Nell’articolo 88 si fa, in sostanza, un adeguamento di cifre adeguato alla svalutazione monetaria.

PRESIDENTE. Invito la Commissione e il Governo ad esprimere il loro avviso al riguardo.

CARBONI, Relatore. La Commissione si rimette all’Assemblea.

SCELBA, Ministro dell’interno. A me pare che l’onorevole Mannironi abbia accennato al fatto che questo controllo rappresenta un intralcio all’attività dei comuni. Credo che questo intralcio si possa superare accettando l’emendamento dell’onorevole Dozza, il quale fissa un termine al parere del Consiglio di prefettura, nel limite di venti giorni.

Stabilendo tale termine, avremmo tolto la possibilità di allungare notevolmente queste pratiche, mantenendo un controllo che, di per sé, può essere molto utile, soprattutto in questo momento, di vita caotica dell’amministrazione, data la stessa impreparazione degli uomini chiamati alla vita amministrativa.

Io credo, pertanto, che in questo momento si possa mantenere tale controllo, salvo ad esaminare, in un momento successivo, la possibilità della sua totale, abrogazione.

Ripeto, comunque, che l’argomentazione su cui l’onorevole Mannironi poggia il suo emendamento viene superata dall’emendamento dell’onorevole Dozza che io accetterei, stabilendo il termine di venti giorni al Consiglio di prefettura per l’espressione del proprio parere.

In questo senso sono contrario all’emendamento dell’onorevole Mannironi.

CAMANGI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMANGI. Aderisco all’emendamento dell’onorevole Mannironi, per le ragioni di carattere pratico che sono state già abbondantemente illustrate, ma anche per altre ragioni che mi permetto di sottoporre all’attenzione degli onorevoli colleghi.

Io credo che, se veramente vogliamo fare dell’autonomismo e della democrazia, bisogna incominciare a dare ai nostri amministratori il senso di responsabilità derivante soltanto dal senso della propria autonomia.

Finché noi metteremo infatti gli amministratori nella condizione di spirito di dover sempre, anche preventivamente, chiedere il parere e il permesso dei superiori, questo senso democratico non lo faremo mai nascere e sviluppare negli amministratori locali.

È sotto questo punto di vista che insisto sull’emendamento dell’onorevole Mannironi, sorprendendomi lo strano autonomismo del collega onorevole Persico, il quale invece tende sensibilmente a sottoporre gli amministratori locali al parere preventivo in tutte le loro azioni.

PRESIDENTE. Devo ora mettere ai voti l’emendamento Mannironi, che propone la soppressione dell’articolo 88 del testo unico.

MOLINELLI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MOLINELLI. Ho presentato un emendamento, che porta la firma dell’onorevole Dozza e di altri; quello dell’onorevole Mannironi assorbe il nostro, in quanto toglie anche i 20 giorni proposti nel nostro emendamento per l’approvazione del Consiglio di prefettura.

Quindi, noi voteremo pregiudizialmente l’emendamento Mannironi, salvo ad insistere sul nostro, qualora non fosse approvato.

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento dell’onorevole Mannironi.

(È approvato).

S’intende allora ritirato il seguente emendamento:

Sostituire l’articolo 2 col seguente:

L’articolo 88 del testo unico predetto è abrogato e sostituito dal seguente:

«Sono comunicati al Consiglio di prefettura, per il parere, i progetti di contratto da stipularsi dai comuni, quando superino le lire 5.000.000 per i comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, le lire 2.000.000 per i comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti; le lire 1.000.000 per i comuni con popolazione superiore ai 20.000 e non ai 100.000 abitanti, o che pur avendo popolazione non superiore ai 20.000 abitanti siano capoluoghi di provincia; le lire 500.000 per gli altri comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti.

«Entro venti giorni dal ricevimento il Consiglio di Prefettura dà il suo parere sulla regolarità del progetto».

Dozza, Molinelli, Platone, Ravagnan, Ruggeri.

Il seguito della discussione è rinviato alla seduta antimeridiana di sabato 22, alle ore 10.

Presentazione di una relazione.

PRESIDENTE. Invito l’onorevole Camposarcuno a recarsi alla tribuna per presentare una relazione.

CAMPOSARCUNO. Ho l’onore di presentare all’Assemblea la relazione della Prima Commissione permanente legislativa in merito a tre disegni di legge presentati dal Ministro della giustizia onorevole Gullo, cioè:

«Modificazioni al regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento delle Corti di assise»;

«Norme complementari al regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 560, relativo alla riforma dell’ordinamento delle Corti di assise»;

«Procedura per i reati di competenza della Corte di assise».

PRESIDENTE. Questa relazione sarà stampata e distribuita.

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Ieri il Governo ha presentato direttamente all’Assemblea, a norma dell’articolo 3 del decreto 16 marzo 1946, tre disegni di legge di carattere costituzionale.

Per questi, come per altri della stessa natura, che potessero essere presentati in seguito, l’esame preliminare e la relazione potrebbero essere affidati alla Commissione per la Costituzione, anche per il necessario coordinamento.

Se non vi sono osservazioni, così rimarrà stabilito.

(Così rimane stabilito).

Interrogazioni con richieste d’urgenza.

SILIPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILIPO. Ho presentato una interrogazione al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’interno, riguardante la città di Crotone in provincia di Catanzaro ed avente carattere di estrema urgenza. Il Governo si è riservato di dare una risposta. Desidererei sapere quando il Governo è disposto a rispondere, data la situazione insostenibile che si è determinata in quella città.

MANCINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCINI. Ho presentato anch’io un’interrogazione sullo stesso argomento. Sono passati ormai quattro giorni e desidererei sapere quando il Governo intende rispondere. Si tratta di piroscafi di grano, che non arrivano mai, tanto è vero che le popolazioni hanno fermato i treni, dando l’assalto alle merci. Ed il Governo tace su questo, come tace su tutto ciò che riguarda il Mezzogiorno.

PRESIDENTE. Chiedo al Governo quando intende rispondere.

SCELBA. Ministro dell’interno. Il Governo risponderà nella seduta antimeridiana di sabato 22.

Interrogazioni.

PRESIDENTE. Si dia lettura delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

RICCIO, Segretario, legge:

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri (Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica) e il Ministro dei lavori pubblici, per sapere se non ritengano necessario, anzi indispensabile, l’istituzione di un Sanatorio antitubercolare nella provincia di Reggio Calabria, dove, per carenza di tale istituto, gli ammalati di tubercolosi sono costretti ad andare lontano dalle proprie famiglie, in altre provincie, con grave dispendio economico per la povera gente, fra cui la tubercolosi è più diffusa, con grave sofferenza morale per i familiari, obbligati a rimanere lontani, nei momenti in cui si richiede l’assistenza affettiva e morale dell’ammalato e con grave pregiudizio della sanità pubblica, in quanto molti affetti da tubercolosi rifiutano il ricovero per le ragioni suesposte.

«L’interrogante ricorda che il Comitato provinciale della Croce Rossa di Reggio Calabria ebbe a presentare istanza, in tal senso, all’Alto Commissariato per la sanità pubblica e che questi, accoltala, si fermò davanti ad ostacoli di carattere economico: ostacoli che l’interrogante ritiene invece superabili, perché esistono edifici militari, ormai disponibili, e riattatoli allo scopo e che, in ogni modo, una spesa fatta per ragioni di interesse pubblico, a favore di classi povere, non è mai onerosa per le ragioni sociali che la consigliano.

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se non ritiene doveroso per lo Stato incoraggiare la trasformazione agraria, che, in questi ultimi mesi, è in pieno fervore, specie nella Calabria e particolarmente nella provincia di Reggio Calabria, mercé la concessione di contributi dati in base al decreto 1° luglio 1946, n. 32, per miglioramenti agrari, con l’assegnare a ciascun Ispettorato provinciale agrario, in proporzione del successo ottenuto precedentemente, maggiori fondi di quelli finora concessi e che si appalesarono assolutamente insufficienti, date le numerose richieste di coltivatori diretti e piccoli agricoltori.

«L’interrogante fa rilevare che la concessione dei contributi ai miglioramenti agrari, nella forma in cui è stata attuata, e cioè debitamente controllata e sorvegliata, ha risposto in pieno alle aspettative, sia per il sollievo della disoccupazione, sia per la grande utilità che deriva direttamente all’economia rurale e, indirettamente, alla ricostruzione economica nazionale.

«Musolino».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’interno, per sapere quali provvedimenti urgenti intenda adottare per venire incontro ai giusti desiderata dei Vigili del fuoco, vale a dire di una delle categorie di lavoratori maggiormente benemerita, in mezzo alla quale esiste in questo momento un vivo fermento a causa delle gravi insopportabili condizioni in cui versa in questo periodo. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Montagnana Mario».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della pubblica istruzione, per conoscere se, tenendo presente che l’annessione degli Istituti superiori di magistero alle Università come Facoltà, si verificò senza modificare in alcun punto l’ordinamento di tali Istituti, non ritenga equo ed opportuno riconoscere il titolo di dottore a quanti conseguirono il diploma di magistero in lettere o filosofia presso quegli Istituti in epoca precedente all’annessione di cui sopra: provvedimento quanto mai necessario, che si richiama ad un precedente in materia di concessione del titolo dottorale agli ingegneri, che venne esteso anche a tutti coloro che avessero completato gli studi di ingegneria in epoca precedente al provvedimento legislativo in merito. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Mastrojanni».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri e l’Alto Commissario dell’alimentazione, per sapere se loro consta che alcune provincie, fra le quali Mantova, Verona e Venezia, contravvengono scandalosamente agli ordini di consegna di cereali e cruscami alla provincia di Trento, trattenendo per sé le quote di germi e crusche dovute a quest’ultima provincia in relazione agli ordini d’assegnazione, e come intendano provvedere. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, per sapere se intenda accelerare la trasformazione dei Consorzi agrari e dell’Ente «Aziende agrarie» di Trento in vere e proprie cooperative di agricoltori. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Carbonari».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri, l’Alto Commissario dell’alimentazione, e il Ministro delle finanze e tesoro, per sapere se, in relazione alle difficoltà imposte dalle speciali disposizioni a suo tempo emanate circa la qualità del prodotto, ed ai ritardi nella distribuzione alla popolazione civile, a mezzo tessere, della marmellata confezionata nell’estate 1946 con zucchero di assegnazione sia nel Nord che nel Centro-Sud; ed in considerazione del fatto che tale marmellata messa a disposizione delle Sezioni provinciali dell’alimentazione, in parte fu da esse rifiutata, in parte restò invenduta, con la conseguenza che le ditte produttrici furono esposte a perdite ed oneri rilevanti; non ritengano di dover concedere, in tutto o in parte, e con le modalità che saranno considerate più idonee, l’esonero dal pagamento del sovraprezzo sullo zucchero, fissato dal Comitato interministeriale dei prezzi, in data 28 marzo 1946, rispettivamente in lire 71,85, per le aziende del Nord ed in lire 50, per le aziende del Centro-Sud, per ogni chilogrammo di zucchero assegnato. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Persico».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della marina mercantile, per conoscere per quali motivi molti ufficiali superiori della Marina militare, che, in seguito all’avvenuta riduzione degli organici hanno lasciato il servizio attivo, pur essendo in possesso di tutte le condizioni previste dalla legge vigente (articolo 64 del Codice marittimo), non abbiano ancora ottenuto, dopo mesi di reiterate e continue richieste, né il libretto, né la patente di grado nella Marina mercantile, quando tale ritardo ingiusto ed illegale porta detrimento non lieve ed ostacolo gravissimo a quanti sono in attesa di inserirsi nella vita civile in un campo di attività perfettamente aderente alle capacità e naturali esperienze acquisite, e dove, pertanto, la loro opera potrà sicuramente dare un utile e considerevole apporto alla ricostruzione nazionale. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tieri».

«Il sottoscritto chiede d’interrogare il Ministro della difesa, per conoscere quali urgenti provvedimenti intenda adottare a favore dei 4000 ex operai arsenalotti di La Spezia, che in seguito ad ordini ricevuti 1’8 settembre 1943, abbandonarono l’Arsenale e furono costretti ad allontanarsi dalla città per trovare temporaneamente altrove lavoro e sfuggire ai frequentissimi rastrellamenti compiuti nella zona, e che tuttora sono in attesa di essere riassunti, mentre i loro posti sono occupati da mano d’opera arbitrariamente assunta dagli allora C.N.L. di fabbrica, in assenza della regolare autorità militare marittima. (L’interrogante chiede la risposta scritta).

«Tieri».

PRESIDENTE. Le interrogazioni testé lette saranno inscritte all’ordine del giorno e svolte al loro turno, trasmettendosi ai Ministri competenti quelle per le quali si chiede la risposta scritta.

La seduta termina alle 12.25.